Maria Immacolata creatura di intatto splendore
Omelia del Card. Dionigi Tettamanzi del 8 dicembre 2003
DUOMO DI MILANO



Carissimi,
la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria ci invita a contemplare il mistero di luce che risplende nella Madre di Dio, la sua perfezione di santità, il suo intatto splendore, la sua singolare bellezza. Nel racconto evangelico dell’annunciazione, l’angelo Gabriele si rivolge a lei dicendo: «Ti saluto, o piena di grazia» (Luca 1, 28). Questo appellativo, che nel brano di Luca giunge prima del nome, ci appare come la vera qualifica di Maria, come la più radicale definizione di lei in una prospettiva celeste. Agli occhi dell’angelo, la Vergine è appunto “la piena di grazia”. È la donna che “ha trovato grazia presso Dio” (cfr. Luca 1,30), che è stata raggiunta dalla sua bontà misericordiosa e totalmente posseduta dalla sua potenza santificante. «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente – dichiarerà lei stessa nel Magnificat – e santo è il suo nome» (Luca 1,49). Bontà e bellezza si fondono in quest’opera straordinaria dello Spirito di Dio che ha voluto e ha fatto esistere l’Immacolata Concezione. «Un’idea, un sogno divino – dice Paolo VI nell’omelia della solennità dell’Immacolata Concezione nell’Anno Santo 1975 –, un capolavoro di bellezza umana, non ricercata nel solo modello formale, ma realizzata nell’intrinseca e incomparabile capacità di esprimere lo Spirito nella carne, la sembianza divina nel volto umano, la bellezza invisibile nella figura corporea». «Nessuna meraviglia perciò – osserva il Concilio Vaticano II – se presso i santi Padri invalse l’uso di chiamare la Madre di Dio la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura» (Lumen gentium, 56). Una bellezza, quella di Maria, che il Poeta canta così: «In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate» (Paradiso, XXXIII,19-21).


Contempliamo Maria, inesauribile mistero di bellezza


La liturgia che stiamo celebrando e la Parola di Dio che è stata or ora proclamata ci aiutano ad entrare con maggior intensità in questo inesauribile mistero di bellezza che è l’Immacolata Concezione di Maria. Le orazioni di questa solenne celebrazione parlano di una grazia singolare conferita alla Vergine e della sua preservazione da ogni forma di peccato sin dal primo istante della sua esistenza. La Chiesa è come tutta affascinata e ammirata davanti all’azione meravigliosa di Dio che, in previsione della morte redentrice di Cristo Signore, ha donato alla Madre di Dio la grazia di essere l’unica, tra i figli di Adamo, preservata da ogni macchia. Sì, la Chiesa è tutta affascinata e ammirata, e insieme colma di gioia e di gratitudine, perché nel volto di Maria vede i lineamenti del suo stesso volto, così come li vuole fissare l’amore di Cristo, suo Sposo. «In lei, creatura di intatto splendore – canteremo tra breve nel prefazio – trova inizio la Chiesa, Sposa di Cristo, senza macchia e senza ruga». La grazia di Dio a favore di Maria porta dunque con sé anche questa misteriosa e straordinaria immunità. La madre del Signore non ha conosciuto la colpa, non è stata toccata dalla malvagità che il cuore umano conosce fin dalle origini. La Vergine Maria non è stata ferita dal male morale. In lei contempliamo la perfezione della santità, senz’ombra alcuna di corruzione, senza la triste opacità dell’egoismo umano. Da lei traspaiono in pienezza la gloria del bene, lo splendore della giustizia, l’integrità della rettitudine. In lei tutto è luce, poiché tutto viene da Dio. Siamo di fronte a un cuore umano nel quale ogni desiderio è perfetto nel bene, ad una volontà umana totalmente protesa alla giustizia, ad una libertà radicalmente e definitivamente conquistata dall’amore e consegnata all’amore. L’Immacolata Concezione è il primo frutto della redenzione di Cristo, l’anticipazione misteriosa degli effetti di salvezza che scaturiscono dalla morte e risurrezione di Gesù. La gloria che traspare nella Vergine, preservata sin dal suo concepimento da ogni macchia di peccato, è il riflesso della gloria divina che risplende sul volto di Cristo e dal volto di Cristo si riverbera su quello di Maria, l’Immacolata. Scrive san Paolo ai cristiani di Corinto: «E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo» (2 Corinzi 4,6). E aggiunge: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2 Corinzi 5,21). Di questa vittoria della grazia sul peccato, della luce sulle tenebre, della gloria sull’orrore del male, della libertà sulla schiavitù morale la beata Vergine Maria è il primo e più grande segno.


Il cuore umano e l’insopprimibile nostalgia della bellezza


La contemplazione di Maria Immacolata, indubbio segno di amore per colei che ci è stata donata come Madre, non ci porta lontano, in un mondo bello sì, ma che non è fatto per noi; non ci strappa dalla nostra vita quotidiana e dalle sue difficoltà e speranze, ma ci immerge più profondamente accendendo in noi nuovi desideri e nuovi propositi. Se fissiamo lo sguardo sulla bellezza di Maria che rapisce il nostro cuore è perché, dalla sua contemplazione, vogliamo intensificare in noi il grande desiderio di essere, a nostra volta, partecipi della grazia di Dio, divenendo anche noi puri e senza macchia. È questa la nostra vocazione! E’ questa la nostra vera grandezza! Non dimentichiamolo mai: a grandi cose il Signore chiama ciascuno di noi, al di là della nostra pochezza e della nostra miseria. Ci chiama a vivere nella grazia. Ed è il massimo per la nostra vita! Ce lo ricorda, nella seconda lettura, l’apostolo Paolo che ci presenta la benedizione di Dio dalla quale è segnato ogni uomo che viene nel mondo. E la benedizione, nella sua essenza, consiste nell’essere predestinati ad essere figli di Dio e chiamati ad una vita santa e immacolata nella carità, vale a dire in una misteriosa ma reale partecipazione alla vita e all’amore propri di Dio, come figli accolti nella sua casa, cioè nel suo stesso cuore. Riascoltiamo le parole di Paolo, scritte ai cristiani di Efeso, come parole rivolte a ciascuno di noi: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà» (Efesini 1, 3-6) La benedizione di Dio, che in Cristo ci viene donata, è stampata indelebilmente nel nostro stesso essere: proprio perché siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo stati scelti per essere santi e immacolati, siamo stati generati come figli adottivi in Cristo, portiamo impressa nel nostro cuore la nostalgia della bellezza divina e veniamo scossi da un un’insopprimibile tensione verso lo splendore della verità e del bene. Certo, non a tutti è stato rivelato il disegno di Dio sull’uomo, non tutti hanno ricevuto e vivono il dono della fede. Eppure, se leggiamo le esigenze più profonde e più autentiche che abitano il nostro mondo interiore, scopriamo che il nostro cuore ha una sete che può essere saziata pienamente solo da Dio, dalla sua bellezza, dal suo amore, dalla sua vita, dalla sua gioia. Dando voce all’esperienza umana universale, il salmista esce in questa accorata supplica: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua» (Salmo 63, 2).


L’incompatibilità tra la verità dell’uomo e il peccato


Ma, carissimi, la festa dell’Immacolata ci chiede di decifrare un altro aspetto della nostra esperienza. Infatti, se è vero che il cuore umano è sempre pervaso da una invincibile nostalgia della bellezza spirituale, dobbiamo però anche riconoscere che le nostre coscienze sono spesso ferite dall’esperienza amara del peccato. Come belva feroce pronta a colpire, il peccato – come ci ricorda il primo libro della Bibbia – è accovacciato alla porta del nostro cuore (cfr. Genesi 4, 7), ci assedia, ci insidia, ci prende, ci ferisce e ci corrompe nel nostro essere più vero, ossia nel nostro rapporto con Dio. Nella nostra fragilità, sperimentiamo tutti e a più riprese la potenza oscura della tentazione e la desolante tristezza della colpa. Sì, tutti, sia pure in tempi e in modi diversi, veniamo tentati; tutti siamo peccatori! Eppure sentiamo che nell’intimo del nostro “io” si dà una sorta di incompatibilità strutturale tra la verità – originaria e finale – del nostro essere e la corruzione del peccato. Sentiamo che siamo stati creati per la vita e la bellezza e la gioia, e che, quando abbandoniamo la via della giustizia per consegnarci al male, le nostre origini fanno udire la loro voce, richiamandoci senza posa a quel meraviglioso “mistero del bene” dal quale veniamo e del quale siamo chiamati a partecipare. Non è forse questa esperienza intima che la prima lettura ci ricorda, quando parla dell’inimicizia posta dal Creatore tra il serpente e la donna, tra la stirpe dell’uno e la stirpe dell’altra (cfr. Genesi 3, 9ss.)? Ogni uomo, che il Creatore plasma a sua immagine e somiglianza, è destinato e chiamato a partecipare alla vita eterna di Dio. Nell’uomo è iscritta questa sua vocazione radicale. Come diceva sant’Ireneo da Lione, «L’uomo vivente è la gloria di Dio» (Gloria Dei vivens homo): niente e nessuno, dunque, possono distruggere nell’uomo il suo innato desiderio di condividere la vita e la santità stessa di Dio. Ora è la coscienza dell’uomo la voce intima che ci avverte di questo germe di vita e di santità, che reclama il diritto del Creatore sulla sua creatura, il diritto del Padre sui suoi figli amati e che impedisce al cuore umano di corrompersi totalmente senza saperlo. E così la coscienza sprigiona in noi uno stimolo e una forza che ci sono di grande sostegno nella lotta più decisiva della nostra vita: quella di non soccombere al male del peccato, ma di mantenerci sulla via della santità e della giustizia, così che in noi possa compiersi il desiderio insopprimibile di conoscere Dio, di amarlo con tutto il cuore e di riposarsi in lui come sommo bene e somma felicità. Come non renderci conto, allora, che la nostra coscienza ha grande bisogno di rimanere costantemente vigile, attenta, delicata e premurosa di fronte al male, al male sempre possibile, sempre insidioso e seducente? Soprattutto la nostra coscienza ha grande bisogno di essere sempre più formata, custodita con amore e purificata dalla grazia del Signore. E proprio sul fronte della nostra coscienza incontriamo di nuovo la figura luminosa della Immacolata Concezione. Quella donna che schiaccia la testa del serpente, alla luce del Nuovo Testamento, manifesta finalmente il suo vero volto: è il volto della Vergine Madre di Dio, la tutta santa, la piena di grazia, il primo frutto della vittoria pasquale di Cristo sul peccato e sul tentatore. Preservata da ogni macchia di peccato, Maria intercede per noi quando pecchiamo, lotta con noi perché non cediamo alla tentazione, dà luce e vigore alla nostra coscienza perché sia sempre fedelmente obbediente alla voce della verità e del bene. E così il nostro sincero desiderio di essere «liberati dalle mani dei nemici, di servire Dio senza timore, in santità e giustizia» (Luca 1, 74) potrà trovare sempre in Maria un’alleata attenta e sicura, amorevolissima e potente. Alla vergine Maria Immacolata affidiamo dunque la nostra vita e il bene della Chiesa intera nel suo difficile cammino nella storia. A lei guardiamo con la fiducia propria dei figli, mentre la contempliamo gioiosi e felici in tutto il suo splendore. E ora, facendo nostre le parole della liturgia d’oggi, eleviamo la nostra preghiera al Padre che ha predestinato la Vergine Maria quale modello di santità e avvocata di grazia per tutti i redenti. Egli doni anche a noi di andargli incontro in santità e purezza di vita: ci lavi dalle nostre colpe e ci renda degni di offrire a lui una vita immacolata, a lode della sua gloria e a testimonianza per il mondo. Amen.


+ Dionigi card. Tettamanzi Arcivescovo





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