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IGNAZIO DI ANTIOCHIA



1 Cenni biografici e scritti
a) Ignazio fu il successore di Pietro come vescovo della chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere nel circo sotto l'imperatore Traiano, fu condotto dalla Siria a Roma e là subì il glorioso martirio nell’anno 107.  I suoi resti sono, unitamente a quelli di S. Clemente I, nell’urna posta sotto l’altare maggiore di S. Clemente Papa al Laterano. Dato in pasto alle fiere, le ossa furono raccolte dai fedeli che le trasportarono da Roma ad Antiochia. Qui Teodosio II (408-450) gli dedicò il tempio già della Fortuna. Con l’occupazione della città nel 637 da parte dei Saraceni, le reliquie furono riportate a Roma e deposte a S. Clemente. In seguito furono distribuite in varie chiese tra le quali S. Maria del Popolo e il SS. Nome di Gesù. In quest’ultima veniva indicata fino al secolo scorso la reliquia della testa. La tradizione presenta Ignazio come un personaggio assolutamente straordinario, dotato di una personalità ricca, affascinante, e di una fede travolgente.
b) Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere: da Smirne scrisse alle comunità dell'Asia Minore, Efeso, Magnesia e Tralli; scrisse poi ai Romani, per supplicarli di non fare alcun passo in suo favore presso l'imperatore. Da Troade invece scrisse alle comunità di Filadelfia e di Smirne, e a S. Policarpo, vescovo di quest'ultima città, avendo saputo che era cessata la persecuzione che infieriva contro la sua comunità di cristiani ad Antiochia. In questi scritti, nei quali risplende la sua tempra eccezionale e la sua grande fede, si ritrovano dati importanti sull’organizzazione della Chiesa e sui principi fondamenti della vita cristiana. Le sue calde parole d’amore a Cristo e alla Chiesa resteranno nel ricordo di tutte le generazioni future.  Le espressioni "Chiesa Cattolica" e "Cristianesimo" sono neologismi creati, sembra, da lui. Da queste lettere, caratterizzate da uno stile originalissimo, emerge una personalità profondamente religiosa, accesa di un appassionato, mistico amore per Cristo, e da un ardente anelito verso il martirio e costituiscono un  documento molto prezioso, per comprendere la vita e le convinzioni della Comunità Cristiana primitiva.

2  La verginità di Maria nella Lettera agli Efesini
a) Soltanto due dei testi ignaziani, sono pertinenti alla Madonna.  In essi si percepisce la venerazione e l'amore per la Vergine madre di Cristo: “il nostro Dio Gesù il Cristo, fu portato in grembo da Maria, secondo l’economia di Dio; da seme Davide ma da Spirito Santo. Egli fu generato e battezzato al fine di santificare l'acqua con la Passione  E rimase nascosta al principe di questo secolo la verginità di Maria e il parto di lei, allo stesso modo anche la morte del Signore: tre misteri di grido, che furono compiuti nel silenzio di Dio.” In questo testo S. Ignazio è mosso da una forte preoccupazione antidocetica che lo spinge a sottolineare tutto il processo generativo del Cristo da Maria, cominciando appunto dalla concezione, alla gravidanza, fino al parto. Con il risultato di mettere in risalto  la realtà della carne di Gesù Cristo, che non è solo nata da Maria ma è stata concepita e gestita nel suo grembo materno. Con il termine oikonomia, vocabolo spesso utilizzato da S. Ignazio nella lettera agli Efesini, intende esprimere il piano di salvezza operato da Dio, che si riassume nei principali eventi storico salvifici della vita di Cristo, chiamati da lui misteri. La gestazione di Cristo rientra nello sviluppo del disegno di salvezza e ne costituisce il primo momento. Quindi il concepimento di Gesù da Maria si realizza tramite l’intervento di due principi contrapposti e insieme uniti: il primo è un principio umano  che colloca il Cristo nella stirpe di David dandogli una carne umana, reale e storica; il secondo è il principio divino, Pneuma, che lo colloca nella consustanzialità con il Padre. I due principi sottolineano il mondo increato del divino in opposizione al mondo creato dell’umano che nel grembo di Maria sottolineano la realtà dell’intervento di Dio nella storia e la realtà della salvezza da Lui operata. La gestazione di Cristo è, perciò, presentata sia da un punto umano che divino: alle origini umane hanno concorso attivamente Maria in quanto madre, che colloca il ”figlio dell’uomo” nella stirpe di David  e lo Spirito Santo, che costituisce il Cristo come figlio di Dio. Tale Frutto umano e divino insieme non poteva che essere verginale e nascere quindi dalla verginità di Maria, dalla quale appunto Ignazio comincia a parlare esplicitamente e definendolo uno dei “tre misteri di grido”. La verginità di Maria, in quanto mistero di salvezza, deve necessariamente riferirsi ad un evento della vita di Cristo e non può essere solo una virtù peculiare della vita di Maria.  Nella successione dei misteri di Cristo, essa occupa il primo posto, dal momento che gli altri misteri quali il parto e la morte del Signore ne conseguono logicamente. Sia dalla lettura contestuale del passo, che dalla sua composizione stilistico retorica, la tipica espressione ignaziana “la verginità di Maria” sta ad esprimere la concezione verginale del Cristo nel grembo di Maria.
b)Così, com’è verginale il concepimento anche il parto risulta verginale. Un parto non verginale sarebbe in contrasto con la verginità, fin ora affermata, di Maria. Se Ignazio fosse stato conscio che il parto di Maria era un parto normale (non verginale), certamente il suo impeto polemico nei confronti dei doceti, non si sarebbe lasciata sfuggire un’occasione così favorevole nei confronti dei suoi avversari. Nella successione dei tre misteri Ignazio privilegia i primi due e in particolare la verginità della concezione perché secondo lui era questo il mistero più importante  dal punto di vista cristologico. Solo Attraverso la concezione verginale nel grembo di Maria Ignazio poteva confessare la sua fede nell’origine divina del Cristo, portato in grembo da Maria non solo realmente da seme di David ma anche verginalmente da Spirito Santo, senza intervento di padre umano.

3 La verginità di Maria nella lettera agli Smirnesi
Nella lettera agli Smirnesi, S. Ignazio confessa la sua fede, insieme alla Chiesa di Smirne, nella realtà della carne di Cristo, che lo rende uomo in carne e ossa.[8] Si rivolge a quei cristiani, in funzione antidocetica e loda Dio perché essi sono: “… pienamente convinti del Signore nostro, che realmente è della stirpe di Davide secondo la carne, figlio di Dio secondo la volontà e potenza di Dio, che realmente è stato generato da vergine, che è stato battezzato da Giovanni, perché ogni giustizia fosse da lui compiuta.” Utilizza spesso l’avverbio realmente che manifesta l’aperta polemica contro il docetismo. Nella sua professione di fede il martire afferma che l’Uomo - Dio realmente è stato generato da vergine; e questo racchiude in se la semplice ed essenziale testimonianza mariana; ribadisce ancora una volta la realtà storica della carne di Cristo contro ogni possibile negazione docetica: è vera carne, frutto di un reale processo generativo; vera carne che è stata generata da una vergine. Utilizza il verbo gegennhmenon utile per descrivere l’azione del partorire e renderla più reale, descrivendo semplicemente  che Cristo è stato generato e partorito realmente. Possiamo affermare che come si evince dai testi presi in analisi la confessione di fede mariana del vescovo martire Ignazio di Antiochia rimane ancora attuale e provoca nei cristiani del nostro tempo a riscoprire una devozione alla vergine genuina e fedele alle fonti più pure ed antiche della tradizione, tutta incentrata sul mistero di Cristo, spoglia di infiltrazioni docetiche ancora oggi incombenti in certe devozioni popolari e purificata da ridondanze devozionalistiche accumulatesi lungo i secoli. La testimonianza dell’antico martire assume, infine, un palese valore ecumenico per tutti i cristiani del terzo millennio: non separare mai  la vergine Maria dal Cristo suo figlio, e nemmeno il Figlio dalla Vergine Madre.

Bibliografia

PRINZIVALLI E. – SIMONETTI M., Testi cristiani delle origini, Mondadori, 2010. «Le lettere di Ignazio», pp. 279-285; BERGAMELLI F., Maria nelle lettere di Ignazio di Antiochia in F. Bergamelli – M. Cimosa (a cura di), Virgo fidelis, Roma 1988, pp. 145-174; ID., La verginità di Maria in Ignazio di Antiochia, in Theotokos  9 (2001), n, 2, pp.311-314; TONIOLO E., La maternità di Maria nell’antica tradizione bizantina, in Parola Spirito e vita 6 (1986), pp. 28-35; DAL COVOLO E., Il Vangelo e i Padri. Per un'esegesi teologica (= Carità Pastorale, 13), Edizioni Rogate, Roma 2010, pp. 80-190;CECCHIN A., O.S.M., Maria nell'economia di Dio, secondo I. di A., in « Marianum » 14 (1952) pp. 373-383; VONA C, Il testo crislolologico di S. I. di A.: Eph. 19, 1, nella tradizione di alcuni ecclesiastici, in « Euntes Docete» 9 (1956) pp. 64-92.

VEDI ANCHE:
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