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WARDA GIORGIO


1. Cenni biografici
Giorgio Warda è il maggiore poeta siro-orientale tra la fine del sec. XII e gli inizi del sec. XIII: i suoi inni, poco dopo la sua morte, entrarono a far parte del Breviario Caldeo e sono tutt'ora in uso nella Liturgia caldea. Il nome Warda, che significa «Rosa», sembra essere un soprannome: doveva designare all'origine la raccolta dei suoi inni, ma finì in seguito per essere unito al suo nome sino a diventare un nome di famiglia. Le fonti concordano sul fatto che il poeta era originario di Arbele, la metropoli dell'Adiabene. Testimonianze di autori posteriori ed allusioni ad avvenimenti naturali e politici, contenute nella sua opera, permettono di stabilire che visse 70 anni circa, dal 1175 al 1236. Sembra infatti parlare di avvenimenti a lui contemporanei, quando riferisce della conquista di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187, o dell'arrivo dei Mongoli a Tiflis nel 1220, o della conquista di questa città e del massacro degli Armeni nel 1223. Le calamità naturali, quali siccità e carestie, che gli inni descrivono, sono realmente avvenute negli anni 1224, 1225 e 1228. Egli si fa anche eco delle vaste devastazioni operate dai Mongoli ad Arbele e dei massacri da loro perpetrati a Khermlesh e a Tella Zqipa. Deve essere deceduto non molto dopo e non sembra aver vissuto abbastanza a lungo da vedere la caduta di Bagdad, nel 1258, nelle loro mani. Warda non fu vescovo, come è stato sostenuto: il suo nome non figura in nessuna lista episcopale dell'epoca; lui stesso non lo lascia intuire, e il titolo di «Mar», riservato ai vescovi, non è mai stato apposto al suo nome. Il tono compunto e edificante dei suoi inni, lo zelo pastorale di cui fa mostra, l'autorità con la quale egli si rivolge al suo uditorio, le sue conoscenze teologiche, esegetiche, liturgiche, che gli valsero il titolo di «Dottore pieno di luce», mai dato ad un semplice laico, fanno supporre che egli fosse prete o prete-monaco (ieromonaco). La congettura diventa quasi certezza ove si tenga conto della sua profonda spiritualità, della sua perfetta conoscenza del testo sacro, meditato con assiduità, della sua vasta conoscenza delle vite dei santi e delle regole monastiche. Non alludendo inoltre mai a famiglia e a figli, tutto lascia supporre che egli conducesse una vita da celibe.

2. Le opere di Warda
a) Warda ha lasciato una vasta opera, quasi esclusivamente poetica, e non ancora del tutto conosciuta. Una tesi di laurea, rimasta manoscritta, redatta nel 1957 da padre Paul Bachi, e limitata ai soli codici vaticani, ha permesso di ritrovare non meno di 204 scritti, così divisi:
- 177 inni e omelie metriche,
- 8 cantici liturgici,
- 1 cantico funebre,
- 3 orazioni sacerdotali,
- 6 opere dubbie
- 9 opere pseudonime.
Di questa cospicua mole di testi, solo cinquanta sono stati pubblicati.
b) Gli inni di Warda sono omelie metriche che celebrano. le feste di Cristo, della Madonna e dei santi, o commentano testi biblici dell'Antico e del Nuovo Testamento in uso nei diversi periodi dell'anno liturgico Il loro scopo immediato e l'edificazione della comunità dei fedeli ai quali erano destinati. Warda vi si mostra autore fuori dal comune ed estraneo agli schemi decadenti che contrassegnano il tempo in cui egli visse. Rivolgendosi al popolo dei fedeli, egli ricorre ad uno stile semplice ed accessibile alle disposizioni intellettuali di chi lo ascolta o legge. Non ha pretese di grande teologo, nel senso speculativo del termine, e non difende determinate tesi. Il suo pensiero riflette nondimeno quello della sua Chiesa, quale era stato costituito nel grande periodo patristico. I generi letterari coltivati da Warda sono quelli della grande tradizione; gli inni sono in metri di cinque, sette o dodici sillabe per verso, simili in ciò ai lavori di Efrem, di Balai e di Giacomo di Sarug. I temi commentati sono quelli biblici, liturgici e della vita cristiana. Questo consenti all'opera di Warda di essere accolta nei libri liturgici nestoriani; ciò avvenne poco dopo la sua morte, nella riforma liturgica che ebbe luogo verso il 1250 ad opera dei monaci del «Monastero superiore» di Mossoul. La Chiesa Suo orientale tiene Warda in grande onore e gli riserva i titoli lusinghieri di «Compositore», di «Venerabile», di «Poeta», di «Cantore», di «Dottore pieno di luce», ecc.

3. Warda e Maria
A lui e stato anche dato il titolo di «Dottore mariano», non solo per i numerosi inni che celebrano Maria e le sue feste, ma anche per l'elevatezza del suo pensiero al riguardo e per il profondo amore verso di lei, che egli manifesta e propone ai. fedeli. ..
a) Warda mette in piena luce la maternità divina di Maria. Fedele alla tradizione della sua Chiesa, che rigetta la definizione efesina ed il titolo di Madre di Dio, egli non la chiama mai con questo titolo, ma le diverse espressioni a cui ricorre costituiscono una professione di fede nella divina maternità di Maria. Per lui Maria è la Madre dell'Emmanuele, la Madre del Messia predetto dai profeti, la Madre dell'Ammirabile, del Salvatore, del nostro Redentore, di Cristo, del Signore Iddio, del Re dei re, del Figlio di Dio, del vero Figlio del Creatore, del Sostentatore dell'universo, del Signore e Padrone di tutti, del Liberatore, del Secondo Adamo, di colui che esiste prima di Abramo, del Signore degli angeli, del Grande Pontefice, del Pastore dei popoli, ecc. Usando altre locuzioni, egli definisce Maria madre che ha generato la vita, speranza dei popoli, madre del Fuoco, della Luce, del Frutto mirabile, del Sole, del Re delle aquile, del Pane disceso dal cielo, del Tesoro dell'Altissimo, della Perla, della Fonte vivificante, ecc. Per lui la maternità di Maria, fisica e umana, si radica negli stessi piani divini, fu rivelata in molte profezie dell'Antico Testamento e richiede la fede per essere ammessa nel suo mistero; essa fu opera di tutta la Trinità e richiese l'intervento dello Spirito santificatore; la sua realizzazione fu circondata da uno straordinario splendore. Ciò che avvenne nel seno della Vergine di Nazaret dopo il messaggio angelico è un evento inaudito, che supera l'intelletto. Maria è cantata come la più santa, bella, benedetta, felice, ricca, pura, nobile, misteriosa, privilegiata, la più vicina e la più potente presso Dio fra tutte le creature; è la creatura senza pari, inaccessibile ad uomini ed angeli, che solo il Figlio è in grado di capire, e alla quale lui solo può rendere un omaggio degno di lei.
b) Warda esalta anche la perpetua verginità di Maria conservata integra fino alla vecchiaia e alla morte Polemizzando contro quanti interpretano l'espressione «Giuseppe non la conobbe fino a quando ebbe partorito» come limitativa, egli si ribella, trovando indegno che Giuseppe abbia pensato di «conoscere» Maria dopo tutti i prodigi visti prima e dopo la nascita del Bambino, rivelatosi vero Figlio di Dio. Da notare che, per affermare la verginità di Maria, Warda conosce e ricorre a tutto il corredo di immagini veterotestamentarie trasmesso prima di lui, e non solo nella Chiesa nestoriana
c) La sublimità di Maria, secondo Warda, mette nell'obbligo non solo uomini e spiriti angelici, ma anche tutto l'universo di ammirarla, di esaltarla e di rendere la lode dovuta a questo capolavoro della creazione. L'esaltazione di Maria ed il culto a lei dovuto debbono esprimersi, secondo Warda, con inni, gesti di venerazione, volontario amore e imitazione delle virtù. Il culto dovuto a Maria è giudicato di tale importanza che rifiutarlo equivale a cadere nel precipizio della perdizione. Warda non riconosce nessun culto uguale per i santi. Per questo il Pastore Badger e gli Anglicani che hanno potuto conoscere opere di Warda lo hanno accusato, e con lui la sua Chiesa, di mariolatria

Bibliografia
GARIB G., Giorgio Warda, in AA. VV.,  Testi mariani del Primo Millennio. IV. Padri e altri autori orientali, Città Nuova Editrice, Roma 1991, pp. 370-373; MONTEVERDE P., S.J., Une invocation au Coeur de Jesus dans le libre de Warda., in Anal. Bol., 68 (1950) pp. 805-809; ASSAIG S., L'hymnographe de la Vierge, George Warda (in arabo), an Naðrm XIV, 1954, pp. 193-201; BACHI P. H,, Marie dans la doctrine de Ghiwarghis Warde d'après les manuscrits syriaques de la Bibliothèque Vaticane. Etude bistorique et doctrinal, Università Urbaniana, Roma 1957;  BEDJAN P., Breviarium juxia Ritum Syrorum Orientalium id est Chaldaeorum, 3 voll. Leipzig 1886-1887 (testo siriaco di 18 inni); CARDAHI G., Liber Thesauri de arte poetica Syrorum necnon de eorum Poetarum vitis et carminibus, Romae 1875; FOLKMAN I., Ausgewählte nestorianische Gedichte des Heilige Georg von Giwargis Warda, Kirchheim 1896;  ILGENFELD H., Ausgewählte Gesänge des Giwargis Warde von Arbel, Leipzig 1904;  SAYEGH S., Le poète de la Sainte Vierge dans l'Eglise Chaldéenne, in Al-Nadjm 14 (1954), pp.193-201 (in arabo).






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