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GIOVANNI DAMASCENO



1. Cenni biografici
Nato a Damasco da famiglia cristiana nel sec. VII, verso l’anno 732 entrava nel monastero di S. Saba, presso Gerusalemme. Ordinato Sacer­dote da Giovanni V vescovo di Gerusalemme (†725), passò la sua vita nello studio e nell’orazione. Morì nel 749. Per la sua aurea dottrina fu appellato « Chrisorroa » ( = uno che versa oro). S. G. D., devotissimo della Vergine, per primo offre, nelle sue opere, una Mariologia abbastanza completa. Il suo influsso nella Chiesa Orientale fu notevole.

2. Opere a carattere mariano
La sua dottrina mariana è contenuta nei seguenti scritti:
- De  fide orthodoxa   (PG   94,   790-1227);
- Homilia 6, in Nativitatem B. V. Mariae (PG 96, 661b-680c);
- Tre Omelie sulla Dormizione: I (PG 96, 699h-721b); II (PG 96, 721c-753a); III (PG 96, 753a-762d)
Sono anche autentici gl'inni:
- per l’Annunciazione (PG 96, 851-852),
- per la Dormizione (PG 96, 1363-1368)
- e i tropari per i funerali (PG 96,  1368-1370).
Altre opere di dubbia attribuzione sarebbero un'altra Homilia in Annuntiatione (PG 96, 643c-648a); un'Homilia in Nativitate B. V. M. (PG 96, 680c-698a) che sembra appartenente a Teodoro Studita († 826); un Frammento di un Sermone sulla Vergine (PG 96, 816ac).

3. Maria immacolata nella concezione

Spesso Giovanni Damasceno parla di Maria come di una creatura sublime e colmata di ricchezze spirituali. Seguendo questa linea espositiva, l'omelia stilla natività, ad esempio, giunge a fare delle allusioni esplicite e chiare al mistero dell'immacolata concezione, quali mai si ebbero nei secoli antecedenti. Naturalmente occorre tenere presente la diversa visione sul peccato originale che già allora divideva, la teologia bizantina da quella occidentale. Per Giovanni la concezione della Vergine Maria come pure la sua nascita furono completamente sotto l'influsso predominante della grazia divina. Questi due eventi hanno condizionato, anche il ruolo svolto dai genitori Gioacchino e Anna. La loro precedente sterilità viene coi spiegata: «Siccome da Anna sarebbe dovuta nascere la Vergine Theotokos, la natura non osò precedere il seme della grazia, ma rimase infeconda fino a quando la grazia stessa non fruttificò» (Omelie sulla Natività 2, PG 961 664 A.). La sterilità di Anna fu pertanto una condizione previamente disposta nel disegno divino affinché risultasse in pieno il ruolo preponderante della grazia. Perciò il Damasceno nomina sempre con profondo :rispetto i genitori della Vergine, i quali si prestarono ad essere come degli strumenti passivi dell'intervento taumaturgico di Dio: «O beatissimi lombi di Gioacchino, dai quali fu versato il purissimo seme! O seno glorioso di Anna, in cui il santissimo feto crebbe e si plasmò grazie all'incremento -da lei ricevuto! O seno in cui fu concepito il cielo vivente più vasto della vastità dei cieli» (Ibid. 2; PG 96; 664 B.). In queste considerazioni non prive di realismo, l'autore vuole richiamare l'attenzione sul fatto che perfino il processo fisiologico del concepimento e della nascita di Maria ha avuto uno svolgimento impeccabile, sotto la regia misteriosa dell'Onnipotente Lo stesso seme dal quale nacque Maria era perfettissimo (amàmos) Questo concetto di perfezione e dunque decisamente positivo va più in la di una semplice assenza di peccato e di corruzione. Esso comporta un'eccezionale ricchezza di grazia. Si comprende allora perché il Damasceno abbondi di lodi all'indirizzo di questa donna straordinaria. In lei contempla una specie di cielo nuovo, come una scala sublime, piantata tra cielo e terra; una specie di mezzo di comunicazione tra Dio e l'uomo. Inoltre egli sottolinea il fatto che la bellezza spirituale di Maria deriva dal suo speciale rapporto con Dio: «È tutta bella; totalmente vicina a Dio. Essa infatti, superando i cherubini ed essendo stata elevata al disopra dei serafini, si trova vicino a Dio» (Ibid. 9, PG 96, 676 D.).

4. Maria assunta in cielo

Le tre omelie sulla dormizione dimostrano l'eccezionale importanza che assume la dottrina del Damasceno sull'assunzione di Maria in cielo. Conformandosi all'insegnamento dei suoi due celebri contemporanei, Germano di Costantinopoli e Andrea di:Creta, il nostro dottore accetta la tesi della morte previa di Maria, quale premessa dell'imminente glorificazione: «Come mai la fonte della vita e condotta alla vita attraverso la morte? Come mai colei che nel parto oltrepassò i limiti della natura, si sottomette ora alle sue leggi e il corpo immacolato sottostà alla morte? E necessario spogliarsi di ciò che è mortale e rivestirsi di immortalità, dal momento che neppure il Signore della natura si è sottratto alla morte. In realtà egli muore nella carne per distruggere la morte con la morte; alla corruzione sostituisce l'incorruttibilità; della morte fa una fonte di risurrezione» (Omelia I sulla Dormizione 10, PG 96, 713 D.). Ma se, la via alla glorificazione passa attraverso la morte, tuttavia il caso personale della madre di Dio ha ava un esito insolito rispetto al destino di tutti gli altri esse umani: «come la sua verginità rimase intatta nel momenti in cui partorì, così il suo corpo, anche dopo la morte, fu preservato dalla distruzione e fu trasferito in una dimora migliore e più divina, non soggetto alla morte, ma che dura per tutti i secoli dei secoli» (Ibid. 10, PG 96, 716 AB.). Nella seconda omelia sulla dormizione, il Damasceno lustra, ricorrendo alla tipologia biblica, tutta una serie motivi per cui era conveniente che il corpo di Maria n si consumasse in un sepolcro. Anche in questo testo, si nota la tendenza dell'omileta a motivare il privilegio dell'assunzione con il ricorso al mistero della verginità di Maria nel parto. Se però questo poteva apparire un argomento di convenienza, agli occhi del Damasceno sembrava rivestire un carattere più stringente di necessità, a causa del ruolo fondamentale svolto da Maria nel mistero dell'incarnazione. Circa le modalità esterne dell'avvenimento, il Damasceno non offre indicazioni nuove, ma si limita a riportare quei dettagli che sono noti attraverso le descrizioni apocrife. Egli però non insiste troppo sui risvolti curiosi stupefacenti contenuti in questo tipo di letteratura; il suo interesse è chiaramente rivolto agli aspetti teologici e spirituali del mistero.

5. Maria mediatrice tra terra e cielo

Giovanni introduce il concetto della mediazione di Maria con una significativa immagine veterotestamentaria, come quella cioè della scala di Giacobbe, che ama applicare alla madre del Signore: «Come quello (Giacobbe) contemplò il cielo unito alla terra però dalle estremità di una scala e gli angeli scendere e salire lungo di essa e colui che è il forte per eccellenza e l'invincibile lottare con lui simbolicamente, allo stesso modo tu sei diventata mediatrice e scala per la quale Dio discende verso di noi, allorché assume la fragilità della nostra sostanza, abbracciandola e unendola intimamente a sé. Così ha fatto dell'uomo uno spirito capace di vedere Dio e ha riunito ciò che era diviso» (Omelia I sulla Dormizione 8, PG 96, 713 A.) 10. Grande è l'efficacia che egli attribuisce alla mediazione della santa Vergine in ordine alla nostra salvezza. Maria ha una parte molto attiva nell'ottenere che ci siano applicati i frutti dell'incarnazione. Perciò egli attribuisce i benefici della salvezza quasi indifferentemente a lei e al suo Figlio divino. Il Damasceno parla pure della compassione di Maria sul Calvario, senza tuttavia includerla tra le cause della nostra redenzione. Questa particolare esperienza dolorosa di Maria è piuttosto collegata con la profezia di Simeone: «Bisognava che colei che aveva contemplato il proprio Figlio sulla croce e che era stata trafitta nel suo cuore da quella spada che aveva evitato durante il parto, lo contemplasse mentre regnava con il Padre» (Omelia II sulla Dormizione 16, PG 96,744 CD.). Parlando dei favori divini che la madre del Signore distribuisce ai cristiani in misura copiosa e in tutte le regioni del mondo, il nostro dottore rivolge un'esortazione ai suoi uditori, affinché acquistino quelle disposizioni che li rendono aperti all'azione mediatrice della Vergine: «Se ci asteniamo dunque in maniera ferma dai vizi trascorsi e amiamo le virtù con tutto il nostro cuore, prendendole per compagne della nostra vita, la Vergine visiterà di frequente i suoi servitori, portandosi dietro tutti i beni: e si farà accompagnare dal Cristo, il Figlio suo, Re e Signore dell'universo, che dimorerà nei nostri cuori» (Ibid. 19, PG 96, 752 D.). In questo passo l'autore ricorre ad un concetto che riassume le modalità con cui Maria esercita a nostro favore il suo potere di mediatrice: avendoci dato il Verbo incarnato redentore, essa ha ottenuto per noi tutte le grazie necessarie alla nostra salvezza; e, come una sorgente inestinguibile, essa continua a riversarle su di noi.

6. Culto a Maria

Sul culto mariano, fenomeno eminentemente pratico della vita cristiana, è particolarmente interessante rilevare il pensiero di san Giovanni Damasceno, perché egli introduce una netta distinzione tra il culto di adorazione o latria, dovuto esclusivamente a Dio, e l'onore o la venerazione che si devono attribuire alla Vergine santa. In seguitò fu introdotto il termine dulia, che tuttavia il nostro dottore non conosceva ancora. Ecco un testo: «Ma noi, che consideriamo oggetto di adorazione Dio, un Dio cioè che non è venuto all'essere dal nulla, bensì che esiste da sempre, al di sopra di ogni causa, parola e concetto di tempo e di natura, onoriamo e veneriamo la madre di Dio» (Ibid. 15, PG 96, 744 A.). Il culto mariano, pur essendo inferiore a quello dovuto a Dio, è superiore a quello che viene reso agli altri santi e agli angeli in cielo. Essendo Maria la regina e la signora di tutte le cose, essa merita una venerazione adeguata alla sua grandezza e alla sua dignità unica nel suo genere. Tale venerazione può essere estesa anche alle immagini di Maria. Nei suoi discorsi in difesa delle icone sacre, il Damasceno fa delle precisazione estremamente chiare su questa forma di culto. Dio non può essere raffigurato da alcuna immagine perché è spirito purissimo, mentre al contrario possono essere raffigurati il Verbo incarnato, la Vergine, i santi e perfino gli angeli i quali, pur essendo puri spiriti, talvolta sono apparsi in sembianze umane. Il culto reso alle immagini è legittimo, perché esso non viene indirizzato alla sostanza materiale di cui esse sono fatte, ma alla persona che rappresentano. Questo culto si risolve in una specie di riconoscimento di quanto Dio opera nelle sue creature. Quanto all'icona della madre di Dio, essa merita una venerazione tutta particolare per la posizione personale di Maria nell'economia della salvezza. Al di là dell'estrema chiarezza teologica con cui il nostro dottore risolve la questione obiettiva del culto mariano, egli non si lascia condizionare da nessuna inibizione o timidezza quando intende esprimere i suoi sentimenti personali verso di lei. San Giovanni Damasceno ha proposto una pratica di devozione mariana che sembra avvicinarsi molto al concetto di consacrazione alla Vergine santa, come viene intesa e praticata nella pietà mariana odierna. La spiega in un passo di un'omelia sulla dormizione: «Anche noi oggi ti restiamo vicini, o sovrana. Sì, lo ripeto, o sovrana, madre di Dio e vergine. Leghiamo le nostre anime alla tua speranza come ad un'ancora saldissima e del tutto infrangibile, consacrandoti mente, anima, corpo e tutto il nostro essere e onorandoti, per quanto ci è possibile, con salmi, inni e cantici spirituali» (Omelia I sulla Dormizione 1, PG 96, 700 A. ). Il verbo greco usato dal Damasceno, anatíthémi, tra i vari significati, ha anche quello di dedicare, consacrare, offrire in senso religioso. Pertanto esprime bene l'atto del servitore e devoto di Maria, che offre tutto se stesso alla propria sovrana e signora. Una consacrazione, dunque.

Bibliografia
VERCRUYSSEN F., De Marieleer van den H. I. Damascenus, in Handelingen van net Vlaamsch Maria Congres, Bruxelles 1921, t. I pp. 239-249; SCHUPP M., Zur Mariologie der h.. J. D., in Div. Thom.Freib., 2 (1924) pp. 222-234; MITCHEL V. A., The Mariology of St. John Damascène, in Echos d'Orient 40 (1937) pp. 318-346; CHEVALIER C., La Mariologie de Saint Jean Damascène, in Bull. Soc Franç. Et. Mar. 1 (1935) pp. 155-178; CANAL J. M., San Juan Damasceno Doctor de la muerte y de la Asunción de Maria, in Est. Mar. 12 (1952) pp. 270-300; FERRONI L., La Vergine nuova Eva, cooperatrice alla divina Economia e Mediatrice, secondo il Damasceno, in Marianum 17 (1955), pp. 1-36; GAMBERO L., Maria nel pensiero dei padri della Chiesa, Edizioni paoline, Cinisello Balsamo 1991, pp. 457.465; FERRONI L., La Vergine, nuova Eva, cooperatrice della divina economia e mediatrice secondo il Damasceno, in Marianum, 17 (1955), pp. 1-36; GARRIDO B. M., Lugar de la Virgen en la Iglesia, segtin san Juan Damasceno, in Estudios Marianos 28 (1966), pp. 333-353; DIMITRIJEVIC D., Die Entwicklung d.er liturgischen Verehrung der Mutter Gottes nach dem Ephesinum bis zum 12. Jahrhundert, in De cultu mariano saec. VI-XI, vol. IV, Romae 1972; JELLY F. M., Mary's Mediation in the Distribution of Grace according to St. John Damascene's Homilies on her Dormition, ibid., pp. 301-312.

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