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LUMEN GENTIUM E MARIA


Il Concilio Vaticano II costituisce anche per la mariologia l'avvenimento più importante del XX secolo. Esso infatti è il punto di arrivo del lavoro marialogico pre-conciliare e insieme punto di partenza per una nuova impostazione del discorso su Maria.

1. L'opzione del Concilio: Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa
Considerando il laborioso cammino del capitolo VIII della Lumen gentium promulgato il 21 novembre 1964, ci pare di ravvisare in esso la microstoria della marialogia del XX secolo: i quattro anni di elaborazione del testo mariano riproducono lo sviluppo del pensiero marialogico operatosi nel quarantennio 1920-1960, quando si è alternata la prospettiva cristologica dei manuali con quella ecclesiologica proposta dai movimenti rinnovatori.

1. DISCUSSIONE CONCILIARE
In realtà il primo schema mariano, distribuito ai padri conciliari il 23 novembre 1962, risentiva troppo dell'impostazione manualistica. Esso presentava una marialogia magisteriale, in quanto mutuava espressamente tutte le espressioni dai documenti pontifici {testo e note si richiamano 117 volte ai papi, contro 57 citazioni della Scrittura e 30 dei Padri); inoltre aveva un carattere apologetico e polemico, intendendo dissipare gli errori circa Maria; infine sottolineava la prospettiva cristotipica insistendo sui privilegi di Maria e sulla sua unione con Cristo. Lo schema subisce parecchie critiche, in particolare da 13 vescovi francesi, i quali lo respingono perché lo ritengono inficiato di giuridismo, razionalismo, latinismo e occidentalismo. Altri rivelano vari difetti: è troppo dogmatico e apologetico, non sufficientemente pastorale, cristologico, teocentrico, biblico, ecclesiologico, ecumenico. Soprattutto affiora la tendenza ad inserire lo schema mariano nella Costituzione sulla Chiesa; la proposta prende consistenza con gli interventi dei cardinali Frings e Silva Henriquez, rispettivamente a nome dei padri tedeschi e scandinavi e latinoamericani, e dell'arcivescovo Garrone a nome dei vescovi francesi (30 settembre e 1 ottobre 1963). Bisognerà tuttavia attendere fino al 29 ottobre 1963 perché la votazione decida di stretta misura (1.114 voti contro 1.074) l'inclusione dello schema mariano in quello sulla Chiesa. Questa votazione, senza dubbio un «fatto notevole per la teologia mariana», è stata preceduta dalla presentazione delle due opposte correnti da parte dei cardinali Santos e Konig. La relazione del card. Santos proponeva uno schema a parte per sottolineare la preminenza e dignità di Maria nei confronti della Chiesa, come pure il legame della mariologia con la cristologia: ridurre la trattazione mariana ad un semplice capitolo del De Ecclesia sarebbe stato «meno onorifico verso la B.V. Maria». Il card. Konig invece avanzò ragioni teologiche, storiche, pastorali ed ecumeniche, per dimostrare la convenienza dell'integrazione dello schema mariano in quello sulla Chiesa: si eviterebbe tra l'altro il pericolo di separare la mariologia dalla teologia e la devozione mariana dal mistero di Cristo e della Chiesa, si ricupererebbe alla mariologia la sua vera proporzione, si coglierebbe meglio il senso ecclesiologico dei privilegi mariani. Intanto nei giorni 24-28 ottobre si svolse una grande attività dei padri e teologi, che moltiplicarono conferenze, opuscoli, voti, volantini, riscaldando l'atmosfera con toni polemici. La votazione del 29 ottobre avvenne in un clima denso di emozione: tanti padri credevano che l'inclusione dello schema mariano in quello De Ecclesia fosse una diminuzione della gloria di Maria e il moderatore di turno, il card. Agagianian, si è creduto obbligato a dichiarare che si trattava di una questione di procedura e non di diminuire la dignità di Maria. Secondo l'osservazione di H. Mühlen, «Sarebbero necessarie delle ricerche di psicologia del profondo e di psicologia di massa per scoprire il ruolo che giocarono le tendenze inconscie e non confessate». Comunque la decisione conciliare, sia pure con l'esigua maggioranza di 17 voti, rappresenta una svolta importante per la mariologia, perché determina la fine di un discorso mariano separato e indica l'ecclesiologia come necessario presupposto della mariologia.

2. NUOVA IMPOSTAZIONE
Si dovette quindi procedere ad un nuovo schema, che tenesse conto delle due correnti, in modo che esso «accontentasse possibilmente tutti o quasi tutti». Ne furono incaricati P. Balie e Mons. Philips, che stesero nel febbraio 1964, dopo lungo lavoro e cinque redazioni, il testo «De Beata Maria Virgine Deipara in mysterio Christi et Ecclesiae», sostanzialmente il medesimo che verrà promulgato il 21 novembre 1964. Il capitolo VIII della Lumen Gentium, dopo le numerose modifiche apportate dai padri, risulta assai diverso dallo schema primitivo perché più biblico, ecumenico, ecclesiologico. La prima inversione di rotta si ha nel carattere biblico del testo. : «Le dichiarazioni papali hanno lasciato posto alla prospettiva biblica. Delle 117 citazioni dei documenti pontifici, cui facevano riferimento il testo e le note dello schema primitivo, non ne restano che 14, nella versione definitiva del capitolo». Il Concilio raggiunge così la finalità del movimento biblico, che consisteva nel valorizzare la Scrittura in se stessa, senza strumentalizzarla per provare delle tesi. Questo atteggiamento ha portato all'utilizzazione dei passi scritturistici mariani, compresi quelli restrittivi o considerati anti-marialogici, mai citati dalle encicliche papali: la figura di Maria non perde la sua grandezza, ma assume la dimensione concreta di pellegrina nella fede e di discepola di Cristo. Molto suggestiva è la prima parte del capitolo VIII (nn. 55-59), che descrive la funzione di Maria nella storia della salvezza sulla scorta delle parole della Scrittura con aggiunte interpretative ridotte al minimo: in tal modo la Bibbia è posta alla base di ogni discorso teologico su Maria. Ciò non ha impedito di inserire nel capitolo mariano due aspetti nei quali converge sempre più l'esegesi cattolica e protestante: Maria povera di Jahvè e Figlia di Sion (LG 55). Un secondo cambiamento operato dal Concilio è la sensibilizzazione ecumenica. Già nel primo testo mariano si erano eliminate alcune espressioni dei papi, come «Corredentrice del genere umano, riparatrice di tutto il mondo», perché difficilmente comprensibili ai fratelli separati. Nel testo definitivo non solo si esorta ad evitare parole e fatti capaci di indurre in errore «i fratelli separati» (LG 67), ma se ne offre un esempio circa la questione della mediazione. Nell'iter conciliare si nota una impostazione gradualmente restrittiva al proposito: nella fase preparatoria 300 padri desideravano la proclamazione del dogma della mediazione; nel testo autonomo del 1962 Maria è chiamata «Omnium gratiarum Mediatrix»; nel testo della sottocommissione del 1964 la mediazione di Maria precede l'affermazione dell'unico Mediatore; nel testo definitivo la parola «mediatrice» non ha rilevanza, ma vien posta insieme ad altri titoli (LG 62), inoltre viene sostituita normalmente con i termini di «maternità nell'economia della grazia» (LG 62) o di «salutare influsso» o «funzione materna» (LG 60) oppure è spiegata con una serie di riserve che rivendicano l'unica mediazione di Cristo (LG 62). In tal modo si intendeva togliere il motivo di urto con i fratelli evangelici, che con la Scrittura riservano a Cristo il titolo di mediatore. Infine il capitolo VIII si è mosso verso l'impostazione ecclesiologica riconoscendo in Maria il tipo della Chiesa e il suo modello di santità (LG 63-65). Tuttavia esso risente del compromesso tra le due tendenze cristotipica ed ecclesiotipica  presenti in Concilio, tanto che da qualcuno è stato facile «Scoprire da un lato i testi biblici scelti da Mons. Philips, dall'altro i testi scolastici dovuti al P. Balic». Sarebbe stato più logico seguire il desiderio del card. Bea, che si aspettava che tutto il capitolo fosse impostato «direttamente e formalmente » su Maria nella sua relazione con la Chiesa. Nonostante le tracce visibili delle due concezioni marialogiche, il capitolo VIII inserisce Maria nella Chiesa a titolo di membro, tipo e madre, «evitando l'impressione che Maria costituisca un pezzo separato ed isolato nel divino concerto della creazione e della grazia». Al di là dell'auspicabile omogeneità e coerenza con la Costituzione sulla Chiesa, il capitolo VIII riprende e salda nel contesto di storia della salvezza il lavoro marialogico dei manualisti, centrato sulla cristologia, e quello dei movimenti rinnovatori, orientati verso il mistero della Chiesa.

2. Commenti al Capitolo VIII della «Lumen Gentium»
Nell'immediato dopoconcilio, alcuni studiosi cattolici si sono preoccupati di approfondire le prospettive deuterovaticane circa Maria e di divulgarle tra il popolo di Dio. Sono apparsi così una trentina di commenti al capitolo VIII del Vaticano II, che hanno compiuto un'opera di documentazione, di informazione e di spiegazione quanto mai opportune. Pur movendo da interessi storici o teologici o pastorali, essi hanno svolto il ruolo di strumenti in vista del passaggio dalla usuale impostazione mariologica a quella inaugurata dal Concilio.

1. PROSPETTIVA STORICA
Non tutti i commenti fanno spazio alle vicissitudini e redazioni del capitolo mariano del Vaticano Il. Esistono però degli studi interamente dedicati a tracciarne la cronistoria e ad offrirne i testi successivamente elaborati. Tra essi si distingue quello di G. M. Besutti, Lo schema mariano al Concilio Vaticano II. Documentazione e note di cronaca (Marianum-Desclée, Roma 1966), che riassume in questi termini il suo scopo e contenuto: «Con questo studio mi sono proposto di redigere una cronistoria il più possibile completa delle varie vicende del tema mariano al Concilio Vaticano II. Insieme ho cercato di raccogliere una documentazione ampia e sicura, anche se non mi è stato possibile realizzare completamente quello che sarebbe stato l'ideale». In realtà il lavoro di G. M. Besutti costituisce un'insuperata raccolta di tutto ciò che riguarda il capitolo VIII della Lumen gentium: testo nelle varie redazioni, discussione e interventi dei padri conciliari, spiegazioni addotte dalla commissione dottrinale, attività extra-conciliare, votazione e promulgazione. Anche se ormai esiste la collezione ufficiale degli Atti sinodali, non abbiamo trovato in essi la completezza del libro del Besutti, che rimane indispensabile per capire il capitolo mariano conciliare. La dimensione storica è però presente in altri commenti, dove essa non è ricercata in se medesima, ma in ordine alla retta interpretazione del testo partendo dalle scelte maturate in seno al Concilio. In questa linea si collocano alcuni articoli, che fanno percepire il passaggio ad un'impostazione più biblica, cristologica, ecclesiale, ecumenica della dottrina e del culto verso Maria. In particolare R. Laurentin evidenzia la sensibilità del Concilio nei confronti dei movimenti biblico, patristico, ecclesiologico, storico-salvifico, liturgico ed ecumenico. L'accoglienza di questi movimenti ha condotto il Concilio ad elaborare ed approvare un testo mariano dall'impostazione nuova, che in pratica segna la fine di un discorso autonomo o separato su Maria per inserirla nel mistero di Cristo e della Chiesa. Rappresenta un vero progresso marialogico il capitolo VIII della Lumen gentium? Risponde a tale domanda G. Barauna in un notevole articolo: «Si deve capire il progresso ed il contributo positivo del Concilio nel campo della Mariologia. Un progresso di tipo specificamente qualitativo e non quantitativo. Il fatto che nel solo spazio di un secolo si sono definiti due dommi mariani, aveva abituato certi teologi alla concezione di uno sviluppo della Mariologia in un senso esclusivamente quantitativo. C'era il pericolo dì dimenticare che lo sviluppo dottrinale non coincide necessariamente - neppure primariamente -con la definizione di nuovi dommi; quello sviluppo sta prima dì tutto nell'approfondire le verità già conosciute ed anche definite, sia per mezzo della loro inserzione in dottrine più centrali, sia per mezzo dì un ritorno al modo di parlare e pensare della Bibbia, dei Padri, della Liturgia, insomma della tradizione nei suoi organi più autentici». Il progresso della trattazione mariana conciliare va ricercato soprattutto nel suo inserimento nel grande contesto storico-salvifico: «Il capitolo sulla V ergine, dopo aver cominciato con la menzione espressa del mistero trinitario, sì conclude con un appello all'intercessione di Maria, affinché 'tutte le famiglie dei popoli', dopo il loro lungo ed accidentato pellegrinaggio terrestre verso la loro mèta escatologica, 'siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della Santissima e indivisibile Trinità' (LG 69). Maria ci appare dunque sin dall'inizio inserita totalmente nella storia della salvezza e al servizio di essa ... In questo circolo salvifico, Maria non è figura situata al di fuori del circuito oppure nella periferia, ma occupa il posto più centrale che Dio potrebbe avere mai dato ad una creatura: 'dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi' (LG 54)».

2. INDAGINE TEOLOGICA
Ad una prima lettura il capitolo VIII, come tutto il dettato conciliare, appare semplice o comunque non lascia intravedere la sua pregnanza di contenuti. Inoltre, esso procede per asserzioni senza darsi cura di provarle se non con i rimandi patristici o magisteriali nelle note. Si comprende pertanto il compito dei commentatori di illuminare i contenuti mariologici del Concilio e le basi che li giustificano. In questo lavoro di penetrazione e fondazione teologica si distinguono diversi commenti, che apportano alcuni contributi specifici da rilevare:
a) Al principale redattore del capitolo VIII, G. Philips, si deve il commento più autorevole ed oggettivo del medesimo. Esso non costituisce un libro a parte, ma è contenuto nel grande commento a tutta la Lumen gentium: L 'Eglise et son mystère au Ile conci/e du Vatican. Con equilibrio e maestria il commentatore lovaniense precisa la intenzione del Concilio circa titoli controversi, come «madre della Chiesa che non viene recepita perché è un'espressione rara e quindi non tradizionale e d'altra parte è difficile vedere Maria come origine di tutta l'istituzione di Cristo; perciò il Concilio si limita a chiamarla con s. Agostino «madre delle membra di Cristo» (LG 53). Egli fornisce poi la chiave di lettura dei paragrafi riguardanti l'infanzia e la vita pubblica di Gesù: «Maria è unita a suo Figlio nell'opera della redenzione, dal momento della concezione verginale di Gesù fino al mistero della sua passione inclusivamente». Seguono precisazioni sul linguaggio metaforico per esprimere la maternità di Maria nell'ordine della grazia, su Maria e la Chiesa, sul culto e la predicazione. La relativa brevità del commento non ha permesso a G. Philips di illuminare tutti i punti e di trarre una valutazione complessiva del testo mariano. Egli però fa altrove un equilibrato bilancio della dottrina mariana del Vaticano Il: «Essa è tutta impregnata di profondo rispetto e di gratitudine per il mistero rivelato. E sobria, positiva, senza nulla di banale. La sua esposizione segue di proposito lo svolgersi dell'evento della salvezza, a partire dalle sue sorgenti più pure attraverso la storia divino-umana della comunità ecclesiale»;
b) La Vierge au Conci/e di René Laurentin è un commento puntuale e illuminato al testo della Lumen gentium. Ne traccia la storia e ne presenta l'esegesi quasi in dialogo con il lettore e tenendo conto della sua mentalità. L'autore ha l'arte di far risaltare la novità delle scelte conciliari procedendo in mezzo ad opposte tendenze e puntualizzando i concetti con precisione. Per esempio, circa la partecipazione di Maria all'opera redentiva, egli recensisce le teorie della ricettività (H. M. Koester), della comunione d'amore (C. Dillenschneider) e dell'azione efficace (Roschini, Llamera), per poi stabilire il pensiero conciliare che si limita ad asserire che Maria si è «associata in maniera vitale al sacrificio di Cristo». Lo stesso si dica del concetto di mediazione in Cristo, che per Maria si risolve in «una comunione-partecipazione a tutto il volere e l'agire di Cristo», quindi non «di una specie di supplenza motivata da un'insufficienza o tanto meno da una lontananza di Cristo». A conclusione dell'esegesi, si illustrano a mo' di sintesi i motivi dominanti del testo mariano conciliare, che «ritornano quasi ad ogni passo: Maria è madre di Dio, ella è anche madre nostra». Nella ricerca di un nuovo linguaggio per esprimere le realtà dello spirito, l'autore così descrive l'attività vitale di Maria: Ella è, nel Corpo di Cristo, una specie di 'gene' nel senso biologico della parola (ossia, ciò che dirige dall'interno la genesi di un processo vitale). Tutta l'opera successiva ne viene informata ed influenzata. Ella è un organo vivo, un organo pilota nel processo della salvezza iniziato con l'Incarnazione stessa di Dio fra gli uomini;
c) Più voluminoso dei precedenti commentari, quello di Stefano De Fiores Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa si propone un triplice scopo: «Stabilire l'idea centrale e il senso esatto di ogni paragrafo del capitolo VIII, tenuto conto delle elaborazioni del testo apportate dalla discussione conciliare; inserire le affermazioni mariane nel quadro generale della dottrina del Concilio e nel contesto del magistero della Chiesa e della teologia contemporanea; invitare ad un'applicazione vitale dell'insegnamento conciliare indicando 'lezioni di vita' che scaturiscono senza difficoltà dalla meditazione dei testi mariani». Il volume in esame realizza questi intenti curando un'interpretazione dei testi conciliari non solo con l'analisi e il ricorso alle discussioni conciliari, ma anche utilizzando il pensiero marialogico di teologi come Semelroth, De Lubac, Philips, Rahner, Congar, che esercitarono influsso (prossimo o remoto) sulla preparazione del Concilio. Alla luce di tale teologia pre-conciliare avanzata è stato possibile precisare le 4 dimensioni (biologica, spirituale, salvifica e personale) della maternità divina di Maria oppure il concetto di «tipo della Chiesa» costituito dalle note di concretezza, preminenza, congiunzione e somiglianza, tutte riconosciute da LG 63-64. Più impegnata di altri commenti è la parte dedicata al culto mariano, onde impostarlo nel modo voluto dal Concilio, cioè in prospettiva trinitaria e cristocentrica, evitando ogni contraffazione. Del resto le «lezioni di vita», che seguono al commento teologico di ogni paragrafo, mirano proprio a far assimilare vitalmente dai fedeli l'insegnamento mariano conciliare. La sintesi conclusiva offre una «visione d'insieme del capitolo VIII, in cui se ne evidenzia la novità di prospettiva e di accentuazione e si situa Maria nelle varie fasi della storia della salvezza. Essa infine getta uno sguardo prolungato su «Maria nel rinnovamento postconciliare » per mostrare come la Vergine sia un valido aiuto nella realizzazione dei 4 scopi del Concilio: coscienza della Chiesa, rinnovamento della vita cristiana, ricomposizione dell'unità dei cristiani e dialogo con il mondo contemporaneo.

3. Problemi aperti dal Concilio
Il giudizio sul Concilio, a qualche anno di distanza dal suo svolgimento, ha acquistato toni meno entusiastici e più realistici. In particolare il capitolo VIII della Lumen Gentium, definito da Paolo VI un «inno incomparabile di lode in onore di Maria», resta un documento ammirevole per sobrietà e fervore, per spirito pastorale ed ecumenico, per la valorizzazione della Scrittura e dei padri: è la sintesi più vasta circa Maria proposta da un Concilio ecumenico. Tuttavia è un testo che ha naturalmente i suoi limiti: è giudicato «Un tentativo di arbitrato tra la tendenza tradizionale, che voleva la conferma della dottrina mariana delle encicliche, e la tendenza che voleva un ritorno alle origini in vista della causa dell'ecumenismo ... Benché abbia valore normativo come espressione di un consenso così largo e così autorevole, non è però scritto in uno stile normativo. Non intende cristallizzare la fede e la pietà dei fedeli, ma semplicemente mettere al sicuro l'essenziale, mentre continua la ricerca e il dialogo ecumenico». Sulla scia del Concilio, la marialogia sarà più biblica, cristocentrica, ecclesiologica, ecumenica, pastorale. Essa dovrà però approfondire alcuni temi o recuperare impostazioni trascurate o appena accennate dal capitolo VIII della Lumen gentium, in particolare le dimensioni pneumatologica, antropologica, teologica.

1. APPROFONDIMENTO PNEUMATOLOGICO
Il Concilio non ha ignorato il problema pneumatologico, ha fatto anzi molto spesso riferimento allo Spirito Santo e ha toccato in vari numeri il suo rapporto con Maria. Tuttavia l'esame del capitolo VIII ha rivelato facilmente a H. Mühlen il vuoto pneumatologico della teologia conciliare: essa infatti attribuisce a Maria «funzioni identiche a quelle che dalla Sacra Scrittura vengono attribuite anzitutto ed univocamente allo Spirito Santo». Mentre lo sviluppo cristologico ha spinto il Concilio a mettere in guardia dalla confusione dei livelli tra Cristo e Maria (LG 62), esso non dice nulla contro la possibilità di un'errata interpretazione, che ponga Maria nella funzione e nel posto propri dello Spirito Santo. Sarebbe stato bene osservare espressamente riguardo ai titoli di avvocata, mediatrice, ecc ... «che, in modo simile, nulla si deve detrarre e nulla aggiungere alla dignità e all'efficacia dello Spirito Santo». Una lacuna pneumatologia è stata avvertita da E. Vigani nella «mancanza di un pur breve richiamo dello Spirito Santo in LG 68, dove Maria è presentata come segno di speranza, in prospettiva escatologica». L'approfondimento di Maria come icona rivelatrice del Paraclito aprirà ai credenti un varco per vivere esplicitamente il rapporto con lo Spirito Santo, realizzatore dell'esistenza cristiana, ma illuminerà anzitutto il problema della mediazione e partecipazione di Maria all'opera redentrice. Non mettere Maria in relazione allo Spirito è ricadere nella mentalità giudaica rimproverata da Gesù (Lc 8, 19-21; 11, 27-28) e falsare la corredenzione e la maternità spirituale.

2. CONFRONTO CULTURALE
Appena accennato dal Concilio è l'orientamento antropologico: si riprende il tema Eva-Maria e la funzione della donna nel piano della salvezza (LG 56). Manca tuttavia nel capitolo VIII della Lumen gentium sia la teologia della donna, sia il nesso percepito da autori, come K. Rahner, tra mariologia e antropologia. Forse ciò è dovuto al fatto che lo schema mariano non si è spinto sufficientemente nella via ecclesiologica e ha lasciato in sordina il significato ecclesiale, per esempio dell'Immacolata Concezione. Sarà necessario ripensare la mariologia in prospettiva antropologica, cogliendo la relatività della figura di Maria presentata dalle varie epoche culturali, demitizzandone certe concezioni, percependo gli agganci e le matrici psicologiche e sociali che la determinano, in modo da renderla significativa per l'uomo d'oggi e in particolare per la donna in cerca di promozione e liberazione.

3. MARIA E DIO PADRE
Un terzo aspetto è quasi assente nel Concilio: il rapporto tra Maria e il Padre (accenni in LG 52, 53, 56, 63, 64, 65, 66, 69). Eppure il traguardo della vita cristiana è quel ritorno al Padre di cui ha parlato s. Ireneo, in cui si realizza definitivamente la salvezza. È dunque necessario sviluppare la mariologia in funzione dell'esperienza religiosa, cogliendo il significato teologale della vicenda terrena di Maria e vedendo la sua maternità spirituale come derivazione e rivelazione della trascendente paternità di Dio.

4. LACUNA ANTROPOLOGICA
A questi tre rilievi si può aggiungere. che, rispetto allo sviluppo mariologico del XX secolo, il Concilio non ha valorizzato sufficientemente la prospettiva antropologica, ne l’acquisizione biblica dell'unione-separazione di Maria con Cristo. Quest'ultimo aspetto, richiamato espressamente dall’intervento dell'arcivescovo Djajasepoetra, avrebbe permesso di mostrare più chiaramente la trascendenza messianica di Cristo. Il Concilio ha superato la teologia precedente per lo spirito ecumenico che lo ha pervaso, ma la sua «lacuna antropologica» appare «quando omette un confronto diretto con la mentalità attuale per fermarsi al criterio negativo del non scandalo», ossia al non «indurre in errore i fratelli separati o qualunque altra persona» (LG 67). Questa mancata attenzione alla cultura in senso antropologico spiega anche le norme pastorali circa «gli esercizi di pietà» verso la Vergine (LG 67), dal tono conservatore e senza sensibilità al rinnovamento e all'impulso creativo.

Bibliografia
DE FIORES S., Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1991, pp. 108-122; ID., Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Commento al capitolo mariano del Concilio Vaticano Il, Edizioni monfortane, Roma 1984; BESUTTI G. M., Lo schema mariano del Concilio Vaticano Il. Documentazione e note di cronaca, Marianum-Desclée, Roma 196; LAURENTIN R., La Madonna del Vaticano II, Centro Studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte 1965; BARAÚNA G., La SS. Vergine al servizio dell'economia della salvezza, in La Chiesa del Vaticano II,  Vallecchi, Firenze 1965, pp. 1137-1155; PHI.LIPS G., La Vierge au II Concile du Vatican et l'avenir de la Mariologie, in Maria (Du Manoir), t. VIII, Beauchesne, Paris 1971, pp. 41-48; MÜHLEN H., Una mystica persona, Città Nuova, Roma 1968; KOESTER H., Quid iuxta investigationes hucusque peractas tamquam minimum tribuendum sit B.M. Virgini in cooperatione eius ad opus redemptionis, in Maria et Ecclesia, vol. II, Pontificia Academia Mariana Internationalis, Romae 1959, pp. 21-49; AA. VV., VARI, Doctrina mariana del Vaticano Il, in Estudios Marianos, vol. 27, Coculsa, Madrid 1966, vol. I e vol. II; AA. VV., La Madonna nella  costituzione «Lumen gentium»,  Massimo, Milano 1967; BERTETTO D., La beata Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa, in La Costituzione dogmatica sulla Chiesa, ElleDiCi, Torino 1966, pp. 935-996;  SEMMELROTH O., Die selige Jungfräuliche Gottesmutter Maria im Geheimnis Christi und der Kirche in Lexikon fiir Theologie und Kirche. Das Zweite Vatikanische Konzil, Teil1, Herder,  Freiburg 1966; RINALDI B., Maria di Nazareth, madre della Chiesa, Massimo, Milano 1967; AA. VV., La teologia del Vaticano II, Morcelliana, Brescia 1967; VIGANI E., Spirito Santo e Maria nel Concilio Ecumenico Vaticano II. Dottrina-Rapporto-Sintesi, Marianum, Roma 1974, (tesi ciclostilata); AA. VV., Maria nel Concilio. Approfondimenti e percorsi, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 2005.

VEDI ANCHE:
 - CONCILIO VATICANO II
 - DE BEATA
 - SACROSANTUM CONCILIUM






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