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DE LAUDANDO IN MARIA DEO



Opera di Ecolampadio, riformatore di Basilea (1482-1531) del 1521.

1. Ecolampadio e le origini del De laudando in Maria Deo
Nel 1518 Giovanni Ecolampadio (1482-1531) sposa la causa della Riforma, divenendone protagonista attivo a Basilea: prima come professore, poi come pastore. Era stato afferrato da quel movimento ad Augsburg, dove svolgeva funzioni di rinomato predicatore. Iindubbiamente egli è una figura di primo piano nella storia della Riforma, che contribuì a lanciare a Basilea (1526), Berna (1528), Ulm, Memmingen e Biberach (1531), con una teologia spesso più radicale di quella di Lutero. Ecolampadio è uno pseudonimo. Più esattamente è la traduzione greca del nome di famiglia "Hausschein": Haus = oikos = casa; Schein = lampas = luce. Cosi si usava allora. Anche il nome di Melantone traduce quello tedesco di Schwarzerd (terra nera = melas-chton), mentre Descartes latinizza il suo in quello di Cartesius. Siamo al tempo del Rinascimento, avido di risalire alle fonti greco-latine. Nel 1515, sul nascere della Riforma, Ecolampadio era stato segretario e collaboratore di Erasmo per l'edizione del Nuovo Testamento. Mosso dal desiderio di consacrarsi alle Lettere e alla preghiera e di vivere meglio "secondo la parola di Dio", Ecolampadio il 23 aprile 1520, con meraviglia dei circoli luterani, si ritira nel convento brigidino di Altmunster, in Baviera: un monastero misto, diretto da una badessa la quale, per volontà espressa della fondatrice, santa Brigida, rappresenta Maria. Qui Ecolampadio traduce diversi Padri greci. In questo medesimo convento ha già dato due discorsi mariani, sul Magnificat (2 luglio 1520) il primo e sul Nunc dimittis l'altro. Il 25 marzo 1521 pronuncia quello sull'Annunciazione che, forse, più ancora del trattato di Lutero sul Magnificat, è l'opera più positiva che sia stata scritta su Maria da uno dei primi Riformatori. Il discorso fu tenuto in tedesco ma dall'autore stesso venne tradotto in latino e pubblicato nell'aprile successivo. A quell'epoca Ecolampadio aveva già optato per la Riforma, nella quale diceva di aver trovato "più verità" che altrove. Egli però andava ancora cercando la sua strada più nel lavoro intellettuale, nella preghiera e nella moderazione che nei combattimenti: ciò suscitava rimpianti e critiche da parte dei suoi compagni di lotta. Sacerdote, sulla soglia degli anni quaranta, egli è ancora celibe; si sposerà più tardi nel 1528. Il suo discorso non è dunque la presa di posizione di un riformatore; bensì l'atto pastorale di un prete legato ad un monastero devotissimo di Maria, simbolo dell'autorità che la Badessa esercita nel nome di lei anche sui sacerdoti. In pari tempo è il discorso di un umanista ormai conquistato alle aspirazioni bibliche e purificatrici della Riforma. In questo discorso Ecolampadio va oltre le posizioni del 1516, data delle prediche sul Magnificat, quando ancora riteneva Maria immacolata nel suo concepimento (posizione questa alla quale lo stesso Lutero era molto vicino) e vedeva in lei un aiuto contro la collera del Figlio suo. Egli, però, vi si dimostra sempre devoto della Madre del Signore.

2. Contenuti del De laudando in Maria Deo

Il De laudando in Maria Deo inizia e termina con una lode a Maria. Sgrana litanie simboliche e cosmiche; sulla falsariga degli omileti bizantini, l'autore riscontra in Maria tutte le figure dell'Antico Testamento. Se non che il punto più lungo del discorso di Ecolampadio — il secondo — è quello consacrato alla critica degli abusi. Ve n'erano certamente, allora. Ne aveva già trattato nei primi discorsi del 1512; ora vi indugia per una preoccupazione teocentrica di glorificare anzitutto "il nome del Signore". Annovera tra gli abusi i titoli poetici dati a Maria nella Salve Regina: non già quello di "Regina", di cui si serve, ma di quelli di "vita, dolcezza, speranza", attributi che egli ritiene impropri e "non conformi al senso cristiano". Scrive in tono moderato e senza mai criticare la persona stessa di Maria, che ritiene superiore ad ogni elogio, senza restrizioni; ma è preoccupato di evitare una polarizzazione dimentica di Dio. Tale preoccupazione lo porta a censurare il rosario, che viveva allora l'alba della sua diffusione (dall'inizio degli anni 1470). Se la prende con la molteplicità di parole (cfr. Mt 6,7) e con chi vuole equiparare il numero delle Ave Maria a quello dei 150 salmi. Con più ragione rimprovera quanti pregano Maria perché hanno paura di Cristo o lo sentono più lontano. Oppone la preghiera delle labbra a quella del cuore. Critica i simpatizzanti degli apocrifi e quelli che allora celebravano più il sabato consacrato a Maria che non la domenica. Il terzo punto del discorso ritorna alla lode di Maria. È un elogio senza ombre. Ma la lode è senza rilievo dottrinale; il tono è letterario e poetico più che teologico, eccezion fatta là dove esalta Maria come Madre di Dio. Ma su questo mistero non si trattiene a lungo. Raccomanda l'imitazione di Maria ma non il ricorso a lei, pur riconoscendone apertamente l'intercessione. Sorvola abilmente sulle parole del Magnificat, osservando che queste "grandi cose" non si possono descrivere. Nulla egli intende detrarre dalla lode tributata a Maria, per la quale nutre amore sincero e che propone come modello di ogni fede fruttuosa. Il rigido teocentrismo del Riformatore non gli impedisce di esaltare con inattesi sviluppi cosmici e somatici la stretta relazione di Maria con le tre Persone divine... Può meravigliare il fatto che Ecolampadio riprenda il titolo ambiguo di Sposa dello Spirito Santo, titolo evitato dai Vangeli e dalla Tradizione più antica; ma ciò che egli dice della relazione trinitaria di Maria non manca di ispirazione, nella linea di sant'Agostino: "... la Vergine divenne figlia e sposa del Padre; è di ventata figlia, sposa, sorella e madre del Figlio; è di venuta figlia e sposa dello Spirito santo". Giustamente Ecolampadio riferisce ogni lode a Dio solo. Ed è precisamente quanto Maria stessa fa nel Magnificat. Ella non si attribuisce altro titolo se non quello di "serva del Signore" (Lc 1,38). Non diceva forse san Luigi Maria di Montfort che Maria è tutta relativa a Cristo? Il suo rapporto con Dio non è semplice relatività, ma riferimento vivo. E con ragione il Riformatore di Basilea dice che lo spirito di Maria era mosso da Dio solo e che il suo amore era orientato verso Dio solo: "Anniento tutta se stessa per essere tutta di Dio". Se il Concilio di Trento non avverti il bisogno di consacrare a Maria né un capitolo né un canone particolare, non è forse per il fatto che ciò non costituiva ancora un problema?

3. Il De laudando in Maria Deo, dal punto di vista protestante
Quando nel 1521 , Ecolampadio scrive il trattato De laudando in Maria Deo si trova ancora nel convento di Altmunster. Si era ritirato lì per trovare un ambiente adatto allo studio delle lettere e alla preghiera e per vivere secondo la parola di Dio. Si tratta di un periodo di transizione in cui si affacciano alla sua mente i primi tratti paralleli con il pensiero luterano. Non siamo tuttavia alla fine del processo di revisione. Questa situazione particolare rende difficile un limpido giudizio sulle idee che vanno maturando. I lettori protestanti possono facilmente cedere alla tentazione di vedere in lui ancora il monaco cattolico e da parte cattolica lo si può rapidamente accantonare come già protestante. Nell'incertezza si rischia di non prestargli la dovuta attenzione. D'altra parte può anche succedere il contrario: e cioè che ognuna delle due parti trovi nelle affermazioni di Ecolampadio nuovi elementi per alimentare la polemica tradizionale. Gli uni diranno che Ecolampadio parla di "culto mariano"; e gli altri possono rispondere che il futuro riformatore di Basilea quando era ancora monaco condannava il rosario come "preghiera numerata". Il momento di transizione sembra non aiutare molto la ricerca di nuove piste per il dialogo ecumenico, soprattutto se si tiene conto che la fine del processo invalida il cammino percorso. Se, tuttavia, meno affrettatamente ci soffermiamo su queste pagine possiamo trame alcune linee significative. Innanzi tutto non si tratta di un passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo, come potremmo dire oggi; ma piuttosto di un tentativo, maturato ad alto livello teologico e su scala internazionale, di dare con coraggio un contenuto alla riforma della chiesa auspicata da tutti i cristiani, voluta da papi e promessa da imperatori. Era in gioco la credibilità della Chiesa a proposito dell'urgenza della Riforma. Il problema è rimasto vivo in tutti i settori del cristianesimo fino ai nostri tempi: Ecclesia semper reformanda. Già Bucero si lamentava che la riforma protestante non aveva cambiato le masse e questo offriva il fianco alle critiche degli insorgenti spiritualisti. Il cammino di Ecolampadio è dunque un insieme di testimonianza, di rischio e di coraggio che affonda le sue radici in un rinnovato studio della Bibbia. Ci viene offerto un metodo con un criterio preciso. Dobbiamo inoltre prendere atto che i tempi non erano maturi sotto tutti gli aspetti e non favorivano certo il mantenimento dell'unità. Un secolo dopo la Riforma ritroviamo una diversità di schemi teologici o confessioni di fede non più facilmente componibili. I tentativi di riconciliazione non hanno prodotto risultati efficaci. All'interno del mondo occidentale dobbiamo prendere atto di una diversità crescente nel modo di esprimere la fede cristiana. Questa diversità ci sarà maestra per il futuro; ma allora contrastava troppo apertamente l'esigenza irraggiungibile dell'uniformità sentita da tutti. Unità e uniformità non erano facilmente separabili. La verità e la formulazione della verità erano, almeno nella pratica, troppo sovrapposte. Il cammino di Ecolampadio ci rende attenti al fatto che non era necessario giungere a simili irrigidimenti e che oggi, a differenza del passato, possiamo muoverei con maggiore flessibilità. Mentre a Zurigo, con Zwinglio, si suonano le campane a mezzogiorno per la recita dell'Angelus e a Basilea con Ecolampadio si parla "con onore e onestà" della "Vergine Maria" e dei santi, si vanno affermando le tesi della giustificazione per fede e l'opposizione alla dottrina dei meriti. Oggi guardiamo con sorpresa a questi fatti e ci chiediamo come sia stato possibile viverli senza senso di contraddizione. Eppure lo è stato. Forse i grandi riformatori erano più sensibili di noi alla distinzione tra l'essenziale e il secondario. Le indicazioni di Ecolampadio non possono essere ripetute oggi perché i quattro secoli di distanza hanno cambiato i rapporti tra le chiese. Il protestantesimo si è chiuso in un silenzio sempre più profondo su Maria lasciando trapelare una polemica sempre più marcata per ogni forma di culto mariano. Il cattolicesimo, soprattutto dopo gli ultimi due dogmi mariani e fino all'ultimo Concilio Vaticano, non è riuscito a frenare l'evolversi delle devozioni alla Madonna. Le teologie sono state caratterizzate più dalla contrapposizione che dalla convergenza. Oggi l'esperienza ecumenica maturata insieme ci rende più sensibili di allora alla necessità di ricercare l'unità nella diversità. Sappiamo che l'uniformità non risponde al concetto di unità, che ritroviamo nei documenti biblici, e che non promette soluzioni al disagio della nostra separazione. Nella prospettiva attuale il discorso di Ecolampadio può essere ripreso. Il suo metodo teologico è forse troppo sobrio per gli uni e ancora troppo vincolato all'allegoria per gli altri, ma certamente per entrambi esso è chiaramente biblico e cristocentrico. Nel contesto del primato della grazia di Dio e della sua iniziativa si parla a chiari termini dell'agire dell'uomo come lode rivolta al Signore. La lettura del testo è dunque ben lungi dall'aver perso attualità. Perché non dovremmo imparare insieme, nel nostro tempo, a lodare Dio per quanto è accaduto a Maria, per la testimonianza che la Madre del Signore ci ha lasciato con le sue parole e la sua vita? Visto che Dio ha scelto, tra gli uomini, Maria per attuare in Cristo il suo nuovo patto, non dovremmo anche noi guardare alla Madre del Signore, di cui ci parla la Bibbia, per formulare rettamente il nostro servizio cristiano e per verificare su quell'esempio la nostra disponibilità e la nostra obbedienza alla Parola?

Bibliografia
LAURENTIN R., Prefazione in ECOLAMPADIO G., La lode di Dio in Maria. Diamanti di spiritualità, Edizioni Monfortane, Roma 1983, pp. 11-14; BERTALOT R., Introduzione in Ibidem, pp. 17-20.






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