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ASCH SHOLEM



1. Cultore della lingua yiddish
Molti anni prima delle aperture ecumeniche compiute dal Vaticano II, il narratore e drammaturgo polacco Sholem Asch (†1957), ebreo di origine e yiddish di cultura e di lingua, visse lunghi periodi della sua vita negli U.S.A. ove pubblico la maggior parte delle sue opere, nelle quali ha rinnovato la cultura hyddish e introdotto nella vita giudaica una maggiore consapevolezza della propria genialità, frutto del confronto da lui instaurato tra la cultura ebraica e quelle dei popoli tra i quali aveva abitato. Per questi motivi l'Asch è stato il primo scrittore hyddish a godere di vera rinomanza internazionale. Frutto della maturazione culturale dell'Asch è la trilogia:
- Il Nazareno (1939)
- L'Apostolo (1943)
- Myriam (1949).
Il nostro interesse si sofferma sulla parte della trilogia che riguarda Myriam, anche se di lei l'Asch parla pure, sia pur brevemente, negli altri libri, così come in quelli dedicati a Myriam parla, e con grande ampiezza, di Gesù, che egli designa nella forma ebraica di Yeshuah, così come ritiene per sua madre quello di Myriam.

2. Maria, la madre di Gesù

Il libro Marie, Mère de Jésus, è un lungo racconto della vita di Myriam costruito utilizzando i testi evangelici che parlano di lei e anche, ma non moltissimo, i vangeli apocrifi, soprattutto il Protovangelo di Giacomo e intessendo continuamente nel racconto passi dell'AT. Lo stile e anche la finalità sono quelle del romanzo: raccontare donando il piacere della lettura e nel contempo condurre il lettore a raffigurarsi non soltanto le situazioni e i personaggi narrati ma soprattutto cogliere il messaggio che da essi si esprime.
- Nell'ottica del "romanzo" è interessante leggere il racconto che l'Asch propone del rito di fidanzamento/matrimonio di "Joseph Ben Jacob" (=Giuseppe, figlio di Giacobbe, Mt 1,16) con "Myriam" di Nazaret, e nella descrizione rilevare il dettaglio del velo trasparente che il fidanzato/sposo pone sul capo della fidanzata/sposa. Ma l'intero racconto è teso verso l'acclamazione con cui i presenti accompagnano il rito: «Possa questa sposa essere per lo sposo come Rachele e come Lia, che hanno fondato la casa d'Israele»(49,140).
- Il motivo della grandezza della maternità di Myriam improntata sull'immagine di Rachele ritorna altre volte nel corso del racconto (127.367.505), ma è significativo soprattutto l'incontro mistico in cui Rachele - dopo essersi richiamata all'evento di Paddan-Aram in cui ella fu chiamata ad essere «la madre della sofferenza d'Israele» e «la madre dei figli d'Israele» - dice a Myriam: «Anche per te Dio ha preparato una maternità destinata a una numerosa figliolanza perché tu sarai la madre dei popoli che attendono di porsi sotto le ali della fede. Nella sua misericordia, Dio ha permesso che la salvezza giunga ai pagani mediante il frutto del tuo grembo. Questo è il premio della tua maternità» (508).
- Quanto ai rapporti tra Myriam e Gesù, l'Asch  - diversamente da altri scrittori giudei - pone fortemente l'accento sulla stima, l'attenzione, la condivisione, il coinvolgimento della madre nella vicenda del figlio, caratterizzandoli con gesti affettuosi e con parole di tenerezza. Lo significano questi tratti del racconto dell'Asch: «Myriam prese il bambino tra le braccia, lo strinse al cuore e sospirò dolcemente: "Mio tesoro". Myriam chiama il suo figlio con molti dolci nomi. Davanti agli estranei ella lo chiama "Yeled", in ebraico, oppure "Riba" inaramaico, due termini per dire "bimbo". Ma quando si trovava sola con lui, ella gli si rivolgeva con la parola più intima: "Tinoki", "piccolo mio", oppure "Chavivi", "amore mio". Da parte sua Yeshuah si rivolgeva a Myriam con il termine ebraico "Emi", che significa "madre", ma che in aramaico si pronuncia "Ema", così che rassomiglia ad "Abba", "padre", espressione con la quale Yeshuah si rivolgeva a Giuseppe» (186).
- Come tutta la tradizione giudaica, anche l'Asch attribuisce a Myriam altri cinque figli: Giacomo, nato quando Gesù aveva tre anni (198), e poi Joses (208) e ancora Simone e Giuda e infine Susanna (234). A Giuseppe morente, Myriam rende testimonianza della sua estraneità alla generazione di Gesù e nel contempo della fedeltà alla missione ricevuta «sussurrandogli all'orecchio: "Giuseppe, tu sei stato per noi un fedele custode e per Gesù un ottimo Padre, come se egli fosse stato davvero tuo figlio". Quando Giuseppe muore, Gesù, in quanto «primogenito, deve prendersi sulle spalle il peso della famiglia»: egli è «quattordicenne» (338)  quando inizia la vita di adulto (e, di riflesso, Myriam, forse non ancora trentenne, inizia la sua esistenza di vedova).
- L'Asch dedica alcune pagine a descrivere con compiaciuta simpatia le cure che Myriam dedicava a Gesù, anche quando questi si era ormai fatto adulto. «Myriam teneva i vestiti di Yeshuah candidi come quelli del sommo sacerdote del tempio»; altrettanta cura Myriam metteva per il «cibo. Per lei ogni pasto era un sacramento» (348. 349). Altamente significativa della dedizione della madre è la preghiera con la quale ella offre a Dio il figlio affinché compia la propria missione: «Mio Dio, io possiedo soltanto quello che tu hai donato a tutte le madri: l'amore per il mio figlio. Ricevi come offerta questo mio amore. Io te lo offro con cuore pienamente consenziente. É il tesoro più sacro, il più prezioso di tutto ciò che mi hai dato. Accettalo come il sacrificio che si addice a me»(411).
- É commovente il congedo di Gesù da Nazaret e da Myriam per dare inizio alla sua missione evangelica: «La casa di Myriam si destò al sorgere del sole. Myriam accompagnò il suo figlio fino alla strada che portava a Cafarnao; qui giunti, Yeshuah abbassò il capo per ricevere la benedizione dalle mani di sua madre. Myriam gli disse: Il Dio di Abramo, di Isacco e di Gacobbe sia con te, così come è stato con i nostri padri»(422).
- Nel libro dell'Asch ci sono pure tratti che riguardano direttamente Myriam e che si riferiscono alla sua verità, e che tuttavia fanno spesso problema anche per i teologi, e cioè il concepimento verginale di Gesù e il parto verginale di Myriam. Questi dati sono affermati, ma non nella forma chiara che la cultura occidentale desidera o con quella precisione terminologica che la teologia esige. Tutto è detto, ma in maniera talmente sfumata, in certo senso anche nebulosa, che consente di scorgere le affermazioni soltanto andando al di là del velo che le riveste.

2. Il racconto dell’Annunciazione

- L'annunciazione di Maria è posta dall'Asch immediatamente dopo il rito del fidanzamento/matrimonio (49-55). Myriam pensa agli impegni matrimoniali assunti e in particolare a quella comune a tutte le donne di Israele: dare al suo sposo un figlio e così edificare la sua casa in Israele.  Ma passa «una notte di angoscia e di rivolta», «sentendosi incapace di sottomettersi a ciò che veniva chiesto a tutte le donne». Una mattina stava ammirando «la filigrana dei petali di un fiore» e lodando Dio per la bellezza «delle opere delle sue mani» quando «le sembrò che un pesante e profondo silenzio si fosse posato su tutti gli esseri viventi, come se il tempo e il movimento degli astri si fossero fermati. Erano tutti erano immobili, [...],  fuori dal respiro, fuori dal tempo».  Questo che può sembrare un tratto romanzesco è invece un dato che l'Asch attinge dalla tradizione, la quale lo utilizza per inquadrare teologicamente un momento fondamentale della rivelazione divina. Secondo il rabbi Abbahu, il mondo intero posò e tacque stupefatto quando Jhwh fece ad Israele il dono della Torâh: «Quando Dio ha dato la Torâh nessun uccello cinguettava, nessun volatile volava, nessuna mucca muggiva, nessun Cherubino muoveva le ali, nessun Serafino diceva: "Santo, Santo, Santo"; il mare non mugghiava, gli uomini non parlavano, il mondo intero era in silenzio, in silenzio e senza fiato: allora una Voce disse: "Io sono il Signore tuo Dio"».
- L'Asch riprende la narrazione raccontando che Myriam lascia il giardino ed entra nella sua camera in una sorta di trance: «Benché non si udisse alcuna voce e non si vedesse nessuno», tuttavia «Myriam sapeva che c'era qualcuno all'interno della sua stanza, qualcuno che la invitava ad entrare e la chiamava in modo invisibile». «Poi Myriam percepì l'ombra silenziosa di due grani ali, [...] E subito entrò dalla finestra una luce chiara e soprannaturale, che non proveniva dal sole; Myriam si coprì il volto con le mani. [...] Quando aprì gli occhi vide che la sua stanza era occupata da un angelo, che la guardava sorridendo con occhi pensosi ed amabili. Al pari di Giacobbe che aveva lottato a Penuel con lo sconosciuto (Gen 32,31), anche lo sguardo di Myriam sfidava quello dell'angelo».  L'angelo si arrese allo sguardo di quella giovane donna e le rivolse la parola, dando inizio ad un dialogo che l'Asch ripropone nella forma con cui si legge nel Vangelo di Luca (1,26-38).
- Ai nostri fini sono particolarmente importanti due dati, presenti nel racconto dell'Asch e conformi al testo evangelico. Il primo dato è quello che annuncia a  Myriam il concepimento e il parto di un figlio «Figlio dell'Altissimo» e destinatario del «trono di Davide suo padre», ed è rigorosamente conforme ai versetti 30-33 del testo evangelico lucano. Parimenti conforme al testo evangelico e l'importantissimo v. 35, che l'Asch riferisce in questa forma: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti prenderà sotto la sua ombra. Perciò il figlio benedetto che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio». L'Asch riferisce l'adesione di Myriam a questa proposta divina e conclude il racconto con la dipartita dell'angelo. Ci domandiamo, però, se Asch, riferendo pari pari il v. 35 del Vangelo di Luca, intenda affermare il concepimento di Gesù da parte di Myriam mediante l'intervento dello Spirito Santo secondo l'interpretazione cristiana. E osserviamo che Asch non abbandona la forma narrativa per passare a quella asseverativa: quindi il suo pensiero rimane sospeso entro il chiaroscuro né sono numerose le espressioni dell'Asch che possono contribuire a chiarire il suo pensiero. Ciò nonostante i (pochi) recensori di quest'opera ritengono che Asch creda nella verginità di Myriam e nel concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo.

3. Il parto di Myriam e la nascita di Gesù
- Il racconto del parto di Myriam e della nascita di Gesù (126-144) è ancor più indecifrabile nei dettagli, e tuttavia ricco di significatività. Sulla falsariga del racconto lucano (Lc 2,1-20) Asch descrive con molti particolari i fatti che conducono al rinvenimento del luogo ove avvenne la nascita di Gesù: è una stalla già occupata da tre pastori - nel corso del racconto essi finiscono per identificarsi con i tre Magi del Vangelo di Matteo -, i quali si ritraggono lasciando libero il luogo affinché «la madre possa dar compimento alle promesse del suo grembo», però non senza aver prima offerto «una mangiatoia affinché serva di culla per il bambino». Quando i pastori furono usciti, Myriam disse: «É di buon auspicio, Giuseppe, che i pastori siano venuti a benedire il bambino. I Patriarchi erano Pastori». E Giuseppe: «Hanno anche lasciato doni per il nostro bambino: alcuni cartocci di incenso, del profumo e questi cofanetti».
- A questo punto la descrizione dell'Asch si sposta all'esterno per rilevare i segni di luce e di vita che si vengono manifestando. La notte si illumina di «una luce nuova, come se raggi madraperlacei si fossero intrecciati con l'atmosfera». I pastori che vegliavano il gregge nelle campagne «da parecchie ore venivano osservando gli insoliti raggi che scendevano dal cielo», ma erano  «terrificati dalla constatazione che tutta l'oscillante lucentezza della Via Lattea era sospesa sopra Betlemme. Mai essi avevano visto la massa galattica emettere una luce tanto sfolgorante […] Poi anche il paesaggio cambiò aspetto. Una corrente di caldo spazzò l'atmosfera. La terra si liberò dal peso dell'inverno ed emise il soffio della primavera. E improvvisamente i pastori videro l'inverno trasformarsi in primavera. Allora udirono il silenzio rotto da un rumore morbido, che non capivano da dove provenisse. E videro delle scie bianche volteggiare nel cielo orientale, muovendosi in direzione di Betlemme. Poi i veli che nascondevano il cielo all'improvviso si apersero e lasciarono vedere la fiamma di fuoco che scendeva verso i pastori inginocchiati. In mezzo a questo fuoco stava un angelo, e una voce disse....».
I tratti di questo racconto - la luce, il fuoco, la voce - nostrano che Asch narra la nascita di Gesù dandole come sfondo, sia pure in forma attenuata di molto, la rivelazione di Yhwh a Mosè (Es 3,1-6), la teofania del Sinai (Es 19,16-20). É il modo scelto dall'Asch per significare che egli ritiene la nascita di Gesù come un momento di rivelazione divina.
- Il pensiero dell'Asch è ulteriormente chiarificato dal messaggio che l'angelo rivolge ai pastori: esso corrisponde a quanto si legge in Luca (2, 10-12), ma con una significativa variante: Il testo evangelico (v. 11) recita: «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore» = (Messia e Dio); secondo Asch, l'angelo dice: «vi è nato un salvatore che è il Messia». A quale Messia pensa Asch? Egli conclude la sua narrazione con le parole dei pastori, simili a quelle del racconto evangelico (v. 15): « Affrettiamoci ad andare a Betlemme per vedere con i nostri stessi occhi ciò che Dio ci ha fatto conoscere».
- Ma Asch omette di riferire quello che dice il Vangelo, cioè che i pastori andarono a Betlemme e di fatto «trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino» (v. 16). Ricordando la religione dell'autore, questa omissione è significativa, anche perché il racconto dell'Asch sul Natale finisce su questa omissione. Infatti egli passa subito a narrare la persecuzione di Erode, per ordine del quale «dieci cavalieri entrarono come un fulmine a Betlemme» informandosi sui bambini nati in questa città «al tempo del censimento» di Quirino. Vennero a sapere che vi era «nato soltanto uno e che era sparito con i suoi genitori senza lasciare la minima traccia di sé» (160). Ancora una volta Gesù scompare dalla vista di Asch.
É ben vero che Asch colloca il parto di Maria e la nascita di Gesù nell'atmosfera di eventi celesti ai quali non è estranea la potenza divina, e tuttavia egli non insiste nel descriverli con la concretezza dei fatti accaduti nella storia: infatti essi sono affidati prevalentemente al messaggio dell'angelo del Natale. Si potrebbe dire che, al limite, la nascita di Gesù è un messaggio celeste, ma non per questo anche un evento compiutosi nel mondo e nella storia.

4. Gli ultimi accenni alla vicenda terrena di Myriam

Al pari degli altri scrittori giudaici, l'Asch non prosegue il racconto della vicenda terrena di Myriam fino al tempo della sua presenza nella Chiesa (At 1,14); e tuttavia non conclude la narrazione con il Venerdì Santo, ma la protrae fino al giorno di Pasqua, e in questo modo trova la possibilità di proporre una presenza di Myriam, che oltrepassa quanto dicono gli stessi vangeli.  La vicenda utilizzata dall'Asch è quella della visita delle donne al sepolcro di Gesù nel mattino di Pasqua riferita dai Vangeli sinottici e in particolare da quello secondo Giovanni (c. 20). Le parole di Maria di Magdala la quale dice di aver visto il sepolcro aperto ma di non avervi trovato il cadavere di Gesù innescano una discussione in cui Pietro, Giovanni e Maria danno una propria interpretazione della risurrezione.  Secondo Myriam, Gesù si è «già rivelato a coloro che avevano maggior bisogno di lui, cioè agli umili»; Secondo Giovanni è inutile aspettare che Gesù si renda nuovamente presente perché «il Maestro è presente in noi»; Secondo Pietro, Gesù deve ritornare perché «egli è il buon Pastore che deve guidare il suo gregge ai pascoli verdeggianti».
- L'espressione con cui Myriam afferma che spetta a Pietro mostrare ai seguaci di Gesù il cammino da seguire, mette Pietro in grave imbarazzo e induce al silenzio «i discepoli e i fratelli di Yeshuah», i quali sentivano «svanire quel poco di speranza che era loro rimasto». É in questa situazione che, «all'improvviso, il corpo di Maria ha un fremito e i suoi occhi si volgono a un punto dello spazio». I presenti vedono Myriam dapprima impallidire, poi sospirare, poi sorridere, poi piangere. Infine Myriam  «sorridendo, dolcemente, teneramente, familiarmente, disse: Tinoki! Tinoki!». All'udire queste parole «i discepoli si volsero all'indietro ed ecco che stava davanti a loro, tutto bianco, Colui al quale stavano pensando. [...] E udirono la ben nota voce dire loro: Šalom, alei'hem! Pace a voi!» (Gv 21,36) (532). Su questo incontro terreno/celeste con il Figlio si conclude quanto l'Asch dice di Myriam sul filo di un racconto che è un romanzo guidato dall'intenzione di significare un modo di riconoscere la verità di Maria.

Bibliografia
MASINI M., Maria di Nazaret nel conflitto delle interpretazioni, Edizioni Messaggero, Padova 2005, pp. 250-263; ASCH S., Kleine Geschichten aus der Bibel, Jüdischer Verlag, Berlin 1923; ID., Marie, Mère de Jésus, Calmann-Lévy, Paris 1951; ID., Il nazareno, Dall'Oglio, Sesto S. Giovanni 1947; ID., L'apostolo, Garzanti, Milano 1950; ID., La madre, Bompiani, Milano 1956; ENCYCLOPEDIA JUDAICA, Schalom Asch, vol. 3, coll. 684-687; MIHALOVICI, María en los autores Judios, in «Ephemerides Mariologicae», 44 (1994/1), pp.132ss.; BEN CHORIN, Mutter Mirjam. Myriam in jüdischer  Sicht, Paul List, München 1971.

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