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GIOVANNI PAOLO I



Papa nel 1978

1. Cenni biografici e pontificato
Il 26 agosto 1978, dopo la morte di Paolo VI, fu eletto il patriarca di Venezia Albino Luciani il quale, dichiarando il suo affetto e il suo legame con gli immediati predecessori, assunse il nome di Giovanni Paolo I. Nel suo aspetto esteriore Giovanni Paolo I non assomigliava né a Paolo VI né a Giovanni XXIII, ma piuttosto al gracile Benedetto XV (1914-1922). Albino Luciani era nato a Canale d’Agordo, ai piedi delle Dolomiti, il 17 ottobre 1912. Concluso brillantemente il primo ciclo di studi nei seminari di Feltre e Belluno, si laureò in teologia alla celebre Pontifica Università Gregoriana di Roma. La sua tesi di laurea verteva significativamente sul sacerdote e filosofo italiano Antonio Rosmini, di cui nel 1887 erano state condannate quaranta proposizioni. Fra il 1937 e il 1947 Luciani fu vicedirettore del seminario maggiore di Belluno. Nel 1947 il suo vescovo lo nominò procancelliere e nel 1948 vicario generale della diocesi. Il 27 dicembre 1958 Giovanni XXIII lo consacrò vescovo in San Pietro e gli affidò la diocesi di Vittorio Veneto, dove Luciani portò ben presto una ventata d’aria fresca. Nel 1969 Paolo VI lo chiamò alla sede patriarcale di Venezia e nel 1973 lo creò cardinale. Anche da patriarca egli si tenne in stretto contatto con la popolazione, specialmente con la gente umile. Preferiva indossare l’abito nero del semplice clero; salutava tutti e aveva tempo per quanti si rivolgevano a lui. Già nella notte successiva alla sua elezione Giovanni Paolo I si accinse a elaborare il programma del proprio pontificato. Vi si parlava di un ulteriore sviluppo delle tematiche trattate nel concilio Vaticano Il; doveva continuare il dialogo che Paolo VI aveva posto alla base della sua attività pastorale; andava promosso l’ecumenismo. Il 3 settembre Giovanni Paolo fu introdotto nel suo ministero, ma rinunciò all’incoronazione e all’intronizzazione. Il popolo comprese istintivamente che Giovanni Paolo I sarebbe stato un papa di suo gradimento, un pastore d’anime, un uomo della strada assiso sulla cattedra di Pietro. Ma nella notte fra il 28 e il 29 settembre un infarto lo rapì silenziosamente alla vita lasciando il mondo sorpreso e incredulo. Sembrò addirittura paradossale che questo papa senza encicliche, senza concili e senza concistori avesse potuto conquistare l’universale simpatia in soli trentatré giorni di pontificato. Ebbe comunque il tempo di parlare di se stesso in prima persona, rinunciando al maiestatico «Noi», e di affermare che il regno di Dio non si identifica con le immaginazioni degli uomini. Parlò di Pinocchio, di Dio-Madre, di Maritain e del poeta dialettale romano Trilussa. Si può supporre che se questo papa fosse vissuto più a lungo, avrebbe certamente dato un volto nuovo alla chiesa. Infatti «ciò che aveva in mente era una chiesa cattolica dei poveri e per i poveri».

2. Maria nell'insegnamento di Giovanni Paolo I
Nel suo brevissimo pontificato di 33 giorni non ha mancato di glorificare Maria. Abbiamo 3 documenti, orali e 5 scritti. Se vogliamo tentare una sintesi dottrinale dei testi mariani di Giovanni Paolo I non è difficile cogliere l'idea dominante dell'attuale presenza di materna mediazione della Madre di Dio e nostra sugli apostoli, sulla Chiesa universale e sulle chiese particolari, sulla vita e sul ministero apostolico del Papa, per cui e giustificata la devozione filiale di tutti i redenti, che ricorrono a lei con la preghiera, specie con la recita dell'Angelus, coi pellegrinaggi ai suoi santuari e con le celebrazioni religiose, che Giovanni Paolo I e ben lieto di promuovere con i suoi brevi documenti.

3. Una vita segnata dall'amore alla Vergine
La venerazione, sempre piena di riconoscenza, per Maria, di Albino Luciani, non emerge da grandi studi mariologici che non scrisse mai pur avendone ampia facoltà  intellettuale e teologica, quale può facilmente dedursi dai richiami costanti alla Santa Vergine in tanti suoi interventi pubblici e in tante omelie, ma dalla sua stessa vita e dalla semplicità comunicativa, che è tutt’altra cosa dal semplicismo concettuale ed espressivo, con cui fu sempre capace di trasmettere la parola e i valori del Vangelo. Una volta a Verona, in occasione di una festa mariana, a proposito del santo rosario disse: «Alcuni oggi questa forma di preghiera la ritengono superata, non adatta ai nostri tempi, che esigono, dicono, una Chiesa tutto spirito e carisma. Ma “l’amore”, diceva De Foucauld» (noto come il Beato Carlo di Gesù), «“si esprime con poche parole, sempre le stesse e che ripete sempre”. Ripetendo con la voce e con il cuore le Ave Maria noi parliamo come figli alla nostra madre. Il rosario, preghiera umile, semplice e facile, aiuta l’abbandono a Dio, aiuta a essere fanciulli».
Verso la metà degli anni ’70, una sua omelia cominciava con queste parole: «Chi ama currit, volat, laetatur. Amare significa correre con il cuore verso l’oggetto amato. Ho iniziato ad amare la Vergine Maria prima ancora di conoscerla... le sere al focolare sulle ginocchia materne, la voce della mamma che recitava il rosario...». E, subito dopo, parlando del grande cuore materno di Maria, mons. Albino Luciani cosí continuava: «Lo si vede anche alle nozze di Cana; ha rivelato un cuore materno verso i due sposi in pericolo di fare brutta figura. E’ lei che strappa il miracolo! Sembra quasi che Gesù abbia fatto una legge per se stesso: “Io faccio il miracolo, ma che Lei chieda!”. Quindi come madre dobbiamo tanto invocarla, avere tanta fiducia in Lei, venerarla tanto!». Siccome Maria è la creatura più perfetta dell’universo, più in sintonia con il volere di Dio, non c’è grazia che Cristo non si lasci strappare da lei ed egli predilige anzi tutte le richieste di grazia che gli giungano attraverso la sua santissima intercessione. Non è forse per questa ragione che Gesù, in punto di morte, volle conferire a Maria il titolo di madre dell’umanità?
Ma poi, dal momento che papa Paolo VI, pur  riconoscendo e proclamando doverosamente Maria Madre della Chiesa, la chiamava spesso anche “sorella”, secondo il noto detto di sant’Ambrogio “soror enim nostra est”, noi dobbiamo sentirla anche come una sorella che «ha vissuto una vita uguale alla nostra . Anche Lei è dovuta emigrare in Egitto. Anche Lei ha avuto bisogno di essere aiutata. Lavava piatti e panni, preparava i pasti, spazzava i pavimenti. Ha fatto queste cose comuni ma in maniera non comune perché “essa”, dice il Concilio, “mentre viveva in terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo”. Sicché la confidenza la Madonna ce la ispira non solo perché è tanto misericordiosa, ma anche perché ha vissuto la nostra stessa vita, ha sperimentato parecchie delle nostre difficoltà e noi dobbiamo seguirla e imitarla specialmente nella fede».
Tutto ciò che ricordava Maria era parte integrante della spiritualità di Albino Luciani. E cosí furono innumerevoli i santuari mariani che egli volle visitare o in cui volle fermarsi a pregare, a cominciare da quello altoatesino di Pietralba che sin dall’infanzia gli fu e gli rimase sempre caro. La sorella Nina ricorda che egli «ci andava durante le estati quando era vescovo di Vittorio Veneto e poi da patriarca di Venezia. Gran parte del tempo che vi trascorrerva lo passava in confessionale. Ma tanti sono stati i santuari mariani che hanno visto Albino Luciani pellegrino. Più volte aveva accompagnato pellegrinaggi diocesani a Lourdes, a Loreto e a Fatima. Tanto che in un’omelia nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Venezia disse: “Preparandomi a parlare in questo santuario mariano ho dato uno sguardo retrospettivo alla mia vita di vescovo. Con mia sorpresa ho scoperto che parte del mio servizio pastorale l’ho svolto presso i santuari”».  
Nel corso di tutti questi pellegrinaggi non perdeva occasione per ricordare ai fedeli che a Maria bisogna rivolgersi in modo semplice e che in modo altrettanto semplice e chiaro bisogna parlare di Maria, anche per evitare che ella potesse diventare inavvertitamente un semplice oggetto di speculazione teologica. Una volta disse con estrema chiarezza: «Si scrive e si parla molto sulla Madonna, ma si faccia in modo da farsi capire da tutti e da toccare i cuori. Cosa che non riesce se non si ha prima noi stessi il cuore toccato: sant’Alfonso, che era un grande, un teologo, ma s’induceva a balbettare per farsi capire dai piccoli, l’aveva quando per il suo popolo analfabeta componeva canzoni, cantate per più di cento anni in tutta l’Italia, specialmente durante le missioni ed i mesi di maggio. Don Bosco le fece cantare dai suoi ragazzi. Una per esempio comincia: “O bella mia speranza / dolce amor mio Maria / tu sei la vita mia / la pace mia sei tu”. Chi scriveva cosí sentiva Maria vicina, apriva a lei il proprio cuore con confidenza. Non solo parlava di Maria, ma parlava a Maria con tenerissime preghiere intercalate di continuo. Non va bene lo sterile e passeggero sentimento, il sentimentalismo, ma va bene che il cuore, oltre alla mente e alla volontà, sia coinvolto nell’esercizio del culto mariano. “Che il bel nome di Maria non abbandoni mai le tue labbra”, scriveva san Bernardo, “non abbandoni mai il tuo cuore”».
Ora, si può ben capire perché, diventato papa, ebbe modo di dire dalla finestra papale che si affaccia sulla piazza di San Pietro che «Dio è padre; anzi, di più, è madre». Parole che scandalizzarono forse qualche esponente della curia romana e qualche compassato teologo cattolico dai molti titoli accademici, ma che toccarono in profondità il cuore di milioni di persone sparse in tutto il mondo perché esse, come papa Luciani, avevano colto in quelle parole una verità non scritta e non contemplata dai trattati teologici ma ugualmente fondamentale per la fede e la vita di credenti e non credenti: che Maria non è solo la forma più alta e più nobile dell’umanità che è in ognuno di noi ma è anche la cifra originaria e originale dell’umanità infinita di Dio in virtù della quale fu possibile che il Figlio unigenito sacrificasse la sua vita per la salvezza delle moltitudini umane.

Bibliografia
BERTETTO D., Maria, la serva del Signore. Mariologia, Edizioni Dehoniane, Napoli 1988, p. 188; ID., Maria la « fulgida stella » del Pontificato di Giovanni Paolo I, in  Mater Ecclesiae, 15 (1979), pp. 130-139;  GELMI J., I Papi. Da Pietro a Giovanni Paolo II,  Rizzoli, Milano 1986;  RENDINA C., I Papi. Storia e segreti , voll. II, Newton & Compton Editori, Roma, 1983; FALASCA S., Ho iniziato ad amare la Vergine Maria. Intervista ad Antonia Luciani, in 30giorni, n. 5 del 2003; DI LORENZO M., Nello spazio di un sorriso, in Madre di Dio, n. 4/aprile 2003; Vian G. M., Enciclopedia dei Papi, III, Roma, 2000, pp. 674-681; LAZZOLINO A., La devozione mariana di Papa Luciani, in Fogli mariani. Sito di testimonianza cattolica, del 7 settembre 2012.






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