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VOCAZIONE DI MARIA


1. Storia ed elaborazione teologica nel racconto della vocazione di Maria (Lc 1,26-38)
Come comprendere tutto ciò che la Chiesa apostolica ci ha trasmesso su Maria? Nel Popolo di Dio c'è una tendenza spontanea a capire come puro racconto storico o descrizione psicologica ciò che la Chiesa delle origini ci ha invece trasmesso con intenzioni primariamente teologiche. Nella teologia critica c'è un'altra tendenza contrapposta, e cioè a comprendere come mera teologia (o come theologumeno) ciò che la Chiesa intende sia stato trasmesso non solo in quanto teologia, ma anche in quanto avvenimento reale, storico (per esempio, la concezione verginale). Dei due pericoli suaccennati il primo può essere in agguato nel momento in cui parliamo della vocazione di Maria. Abbiamo la tendenza ad inserire i dati offertici da Lc 1,26-38 in una cornice storico-psicologica, in cui verrebbe puntualmente descritto ognuno dei momenti della vocazione di Dio a Maria, dei sentimenti e riflessioni che la chiamata suscita in lei e perfino le stesse parole della sua decisione finale. Tuttavia, è opinione diffusa tra gli esegeti che la cosiddetta « narrazione dell'Annuncio di Gesù » non vuole tanto descrivere una storia quanto parlare dell'origine di Gesù da Maria, sua madre, a partire dall'esperienza pasquale e utilizzandone i grandi simboli linguistici. È storico, innanzitutto, il fatto che il Vangelo di Luca rifletta l'immagine di Maria che avevano le comunità in cui il Vangelo stesso è nato. È storico il fatto che, quaranta o cinquanta anni dopo la morte di Gesù, una comunità cristiana, attraverso un proprio evangelista, abbia offerto ai posteri un vangelo in cui si narrano le origini di Gesù (chiamate « genesi » nel Vangelo di Matteo: Mt 1,1.18). È un fatto storico che tale comunità abbia guardato alla persona di Maria con speciale predilezione. È un fatto storico che, al momento di presentare come Gesù di Nazaret - il Figlio di Dio, il Cristo e Signore della sua Chiesa - venne sulla terra, come fu accolto, generato, quella comunità pensasse a Maria, la madre di Gesù e narrasse la sua vocazione. A tale scopo si servì, in primo luogo, del ricordo storico della presenza di Maria nella comunità cristiana postpasquale; in secondo luogo, si servì della struttura letteraria tradizionale delle narrazioni di vocazione, così frequenti nell'Antico Testamento. L'evangelista Luca, appoggiato dalla comunità che s'identifica con il suo Vangelo, non ritiene temerario applicare per la prima volta ad una donna, trattandosi di Maria, gli schemi vocazionali dei grandi leader carismatici e dei grandi profeti di Israele. La comunità è convinta che questa donna occupi un posto « di prim'ordine » nella storia della salvezza. È anzi convinta che occupi un « posto unico », perché in questa narrazione vocazionale di lei si dice quanto non fu mai affermato di nessuno, eccetto Gesù. Vale la pena ricordare, a questo punto, che il brano di Lc 1,26-38 è solitamente chiamato il racconto dell'Annunciazione di Gesù. Ciò è vero, ma unilaterale. Lc 1,26-38 è anche un testo che descrive la vocazione di Maria. E in esso c'è una doppia intenzione: cristologica soprattutto, ma anche mariana. Il testo contiene tutti gli elementi letterari di un'autentica narrazione vocazionale. Questo brano di Luca non corrisponde, tuttavia, all'esperienza psicologica di Maria nel momento dell'incarnazione. È piuttosto una « concentrazione simbolica » di tutta l'esistenza di Maria così come la ricordava la comunità. L'atteggiamento di obbedienza, fede e accettazione di Maria sono probabilmente uno sguardo retrospettivo verso momenti sconosciuti della sua vita, fondato sul ricordo concreto che aveva la comunità cristiana del modo di essere di Maria in quanto donna obbediente, credente e disponibile a partire dal ministero di Gesù: non tanto Maria come madre, quanto Maria come discepola e imitatrice di Gesù. Con ciò si voleva indicare che Maria ha sempre mantenuto fin dall'inizio un atteggiamento di servizio, obbedienza e disponibilità di fronte al mistero del Figlio suo. La Chiesa di Luca esprime la convinzione che lo stile di vita di Maria nella comunità cristiana aveva radici molto profonde nella sua vita. Era una donna che aveva accolto la Parola di Dio con tale amore e fedeltà da avere questo comportamento fin dai primi momenti della sua vocazione. Quando Luca ci narra la vocazione di Maria, non vuole descriverci come avvenne storicamente tale chiamata, ma inserire la figura di Maria nel quadro delle classiche narrazioni vocazionali e interpretare la sua figura teologicamente. Così, Luca la colloca tra i grandi personaggi di cui Dio si serve per instaurare la storia della salvezza nel mondo. Dietro la struttura letteraria del racconto vocazionale si trova l'idea teologica di come Dio intavola un dialogo e fa affidamento sull'uomo per portare avanti il suo disegno di salvezza. Dio non s'impone violentemente e drasticamente. Dio punta alla libertà. I suoi interventi nella storia non fanno terra bruciata, ma invitano alla libertà. Il fatto che Dio abbia diretto la sua Parola ad una donna è la più alta consacrazione e il massimo onore che il Dio personale abbia potuto dispensare a tale donna, perché presuppone che Dio l'abbia giudicata capace, per la sua grazia, di comprendere la sua Parola e possedere il suo Spirito. Quando Dio parla, vuole una persona con cui dialogare. La vuole capace di stare ritta di fronte alla sua voce e rispondere. Dio desidera essere ascoltato personalmente. Desidera riascoltare la sua Parola non come un'eco lontana, ma direttamente dalla sua creatura in uno scambio che sia un dialogo autentico. Secondo la mentalità d'Israele, la cosa più strana è che il partner di Dio in questo dialogo sia stata proprio una donna, se consideriamo che in quel periodo del secolo I, in Palestina, era mal visto perfino salutare le donne. Inquadrare una figura femminile in una narrazione vocazionale era una cosa inusitata e sorprendente. Per farlo, Luca doveva avere delle fortissime ragioni storiche. È una cosa che fece pensare prestissimo ai santi Padri che, con Maria, una nuova epoca iniziava nella storia e che era nato un tipo alternativo di donna, una « nuova Eva »

2. Vocazione di Maria come esperienza trinitaria

Il racconto di Luca della vocazione-annunciazione non è soltanto una narrazione cristologica, ma anche trinitaria. La sua struttura narrativa rivela per la prima volta in maniera chiarissima la Trinità di Dio.
a) La vocazione di Maria comporta in primo luogo una peculiare relazione con Dio Padre. Il protagonista della narrazione vocazionale è un messaggero di Dio. La figura dell'angelo è presente per esprimere la trascendenza di Dio; ma la figura angelica rappresenta colui che lo invia in maniera totalmente trasparente. Per questo, nelle parole di Gabriele possiamo scoprire le parole con cui Dio Padre « chiama », o meglio, « convoca » Maria: « Rallegrati, o piena di grazia. Io sono con te. Non temere; hai trovato grazia ai miei occhi. Voglio che tu concepisca nel tuo seno e dia alla luce un figlio a cui porrai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato mio Figlio. Gli darò il trono di Davide, suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe per tutti i secoli e il suo regno non avrà fine ». Nello sfondo di queste parole c'è il progetto di Dio Padre di stabilire il suo Regno attraverso il regno del Figlio suo. Questa è la risposta di Dio alla nostalgia del popolo verso il suo Regno. Adesso Dio vuole finalmente stabilire il Regno e il potere attraverso il Figlio suo, a cui dà il trono di Davide e la promessa che regnerà per sempre. Con le parole dell'angelo, Dio interpella Maria. Nessuna narrazione vocazionale presenta un dialogo così articolato e rispettoso della libertà dell'uomo come quello che si svolge tra Gabriele e Maria. A Maria viene chiesto che accetti di concepire nel suo seno, di dare alla luce, di imporre il nome a questo Figlio di Dio che sarà re d'Israele. Ella dovrà compiere questa missione «senza il concorso di alcun uomo». Lo sposo umano ne rimane escluso. Ma ciò non vuoi dire che il rapporto che si stabilisce tra Maria e Dio sia da sposa a sposo. Il messaggero Gabriele non lascia neppure intravvedere questo tipo di rapporto nuziale. Nel racconto dell'annunciazione-vocazione, Dio appare con una maestosa trascendenza su Maria e allo stesso tempo con una vicinanza totalmente gratuita. Le parole dell'angelo Gabriele ci indicano anche chi è Maria per Dio. « La piena di grazia » (kecharitomene), cioè colei che è stata e continuerà ad essere oggetto della sua vicinanza, del suo compiacimento, della sua grazia." Come più tardi Dio Padre manifesterà il suo compiacimento nel Figlio: « Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto » (Mt 3,17; 17,5) e il Figlio « crescerà in grazia davanti a Dio » Wc 2,52) e la « grazia di Dio era in lui », così anche Maria è « ricolma di grazia » davanti a Dio e Dio si compiace in lei. Maria si appoggia alla benevolenza di Dio e perciò ne viene intimamente colmata di grazia. Luca ci fa vedere nel Magnificat che tipo di rapporto ha Maria con il Dio che la chiama. Dio appare nel Cantico di Maria come « il Signore » (Lc 1,46), « Dio, mio Salvatore » (1,47), « l'Onnipotente, che in lei ha fatto cose grandi » (1,49), « il Santo » (1,49), «il Misericordioso, di generazione in generazione » (1,50), « che ha guardato l'umiltà della sua serva » (1,48). Questo Dio, trascendente ma vicino, non appare come Dio Padre, ma come un Dio di Grazia, specialmente verso i più poveri e umiliati; volge ad essi il suo volto e vuole instaurare il suo Regno per portar loro la liberazione e la gioia. Il Dio che Maria saluta nel Magnificat non è il Padre e non è lo Sposo. Maria non stabilisce con lui un rapporto filiale o nuziale, ma di profonda dipendenza ed obbedienza, come esprimono i termini « Signore-schiava », « Salvatore-umiltà », «Grandezza-umile piccolezza », « Onnipotente-impotenza » (« Come è possibile? »). Il Dio di Maria è soprattutto il liberatore, il salvatore, il Dio del Regno. Maria si sente chiamata a partecipare a questo avvenimento: dovrà collaborarvi con la sua maternità. E quale risposta dà Maria al Dio che la chiama? Nessuna narrazione vocazionale « termina con, una formula così espressiva della piena adesione alla volontà del Signore come quella con cui Maria accetta il piano divino: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » Wc 1,38) L'accoglienza di Maria della proposta vocazionale di Dio si esprime anche nel mirabile parallelismo che c'è tra le parole che narrano la vocazione e il cantico del Magnificat che esprime dossologicamente la risposta di Maria. Vediamo. Gabriele dice a Maria: « Rallegrati! » (1,28) e Maria risponde: « Il mio spirito esulta in Dio» (1,47). L'angelo aggiunge: «Hai trovato grazia presso Dio » (1,30) e lei lo riconosce dicendo: « Ha guardato l'umiltà della sua serva » (1,48). Le viene indicato: « e lo chiamerai Gesù » (1,31), che significa « salvatore », e lei si rallegra in Dio « mio salvatore » (1,47). Le è annunciato che suo Figlio « sarà grande » (1,32) e Maria esclama: « L'anima mia magnifica il Signore » (1,46). L'angelo le annuncia che suo Figlio « regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine » (1,33) e Maria canta l'elogio del Regno di Dio come dispiegamento della potenza del suo braccio che rivoluziona messianicamente la condizione dell'umanità (1,51-53). Maria riconosce che è stata realmente « colmata di grazia » (1,28), perché « grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente » (1,49). L'annuncio del regno eterno (1,33) è interpretato da Maria come il compimento della « misericordia a favore di Abramo e la sua discendenza per sempre » (1,55). Non si potrebbe esprimere meglio letterariamente la corrispondenza tra la chiamata di Dio e l'accoglienza che Maria le riserva.
b) La vocazione di Maria comporta, in secondo luogo, una peculiare relazione con Gesù. Figlio dell'Altissimo. Per lui dovrà essere una madre, nel senso totale dell'espressione: « Concepirai un figlio, lo darai alla luce e Io chiamerai Gesù » (1,31). Inoltre, Luca vuole forse far risaltare l'atteggiamento di totale servizio di Maria rispetto al Figlio nelle parole « schiava del Signore », che si possono riferire sia al rapporto di Maria con Dio come a quello con Gesù, che la Chiesa di Luca chiama « Kyrios », Signore. Se è così, Maria assume un atteggiamento di totale servizio nei confronti del Figlio suo, il suo Signore. Maria definisce se stessa: « serva del Signore » (1,38), mentre Elisabetta la proclama « Madre del mio Signore » (1,43). Elisabetta dà una valenza teologica alla maternità di Maria come maternità messianica; riconosce Maria come madre del Messia, di colui che può ricevere il predicato divino di « Signore ». Ella è madre del Kyrios. Così si confessa Gesù come Figlio di Dio e Maria come sua autentica madre. Nelle parole dell'inno di Elisabetta, la Chiesa di Luca esprime il rapporto tra Maria e Gesù: un rapporto tra madre e figlio. Ma lo fa non senza un correttivo che permette di comprendere questa maternità nella sua giusta portata: « Beata tu, che hai creduto » (1,45). Come dice splendidamente la Marialis Cultus di Paolo VI: « La fede fu per lei premessa e cammino verso la maternità divina ». La grandezza di Maria come Madre dei Signore è strettamente vincolata alla grandezza della sua fede. Perciò si comprende perché Luca mette in bocca a Maria, come parole di accettazione della sua vocazione, non la frase: « Ecco la Madre del Signore », ma: « Ecco la serva del Signore ». Maria è prima di tutto serva del Signore. Nelle sue parabole, Gesù allude frequentemente ai servi (douloi) del Signore. È tipico il passaggio in cui dice: « Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! » (Lc 12,37). « Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi » (Lc 12,43-44). Maria appare qui come il prototipo del servo buono, sempre obbediente alla volontà del Signore, e quindi beata. Perciò riceverà una grande ricompensa: sulla serva del Signore scenderà lo Spirito Santo (At 2,18; 1,14; 2,14). Gabriele, messaggero di Dio, annuncia a Maria un rapporto di maternità con il futuro Messia. Tuttavia, la vocazione di Maria si arricchirà di nuovi contenuti quando il Messaggero del Padre per eccellenza, Gesù, le rivolgerà più tardi l'appello a seguirlo. Maria è in ottime condizioni per seguire in obbedienza questo definitivo messaggero di Dio, la Parola del Padre, poiché si caratterizzava, fin dal momento della sua vocazione-annunciazione, come ascoltatrice fedele ed obbediente della Parola.
c) La vocazione di Maria comporta in terzo luogo una relazione peculiare con lo Spirito Santo. L'angelo le annuncia: « Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio » (Lc 1,35). Lo Spirito sarà inviato a Maria per consacrarla e abilitarla a quella meravigliosa maternità che le veniva proposta. Qui inizia a realizzarsi la profezia di Gioele: « Negli ultimi giorni, dice il Signore: Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona... sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito. Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra » (At 2,17-19). Maria è la prima serva di Dio su cui egli effonde il suo Spirito, e in lei realizza un prodigioso segno sulla terra: il compimento totale della profezia dell'Emmanuele: « Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele » (1s 7,14). Maria è unta dallo Spirito per realizzare la missione di una maternità assolutamente irrealizzabile per l'uomo. In Maria inizia una nuova creazione, un nuova « genesi » secondo l'espressione di Matteo; e il potere dello Spirito di Dio, che crea tutte le cose, agisce in lei, la copre con la sua ombra, la mette in grado di produrre il miracolo della generazione dello stesso Figlio di Dio, il Santo (Lc 1,35). Nella logica del racconto vocazionale, questa consacrazione dello Spirito che viene promessa a Maria non è una forma di divina violenza su di lei. Non si tratta della consacrazione di un oggetto che non può opporre resistenza. Maria è posseduta dallo Spirito come « soggetto », come « persona ». Anche in questo caso è valido il principio di Paolo: dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà » (2 Cor 3,17). Lo Spirito del Signore non è come una forza anonima, che annulla il soggetto e lo rende un giocattolo del proprio impulso; è piuttosto una forza dinamica che dà via libera alla libertà, che non annulla l'originalità della persona. Non spersonalizza, al contrario! La consacrazione dello Spirito consente il massimo grado di personalizzazione, perché lo Spirito è rapporto con l'infinito, e la persona si fa e cresce in tale rapporto. E quanto maggiormente cresce nel rapporto con l'assoluta trascendenza di Dio! La risposta di Maria alla consacrazione dello Spirito è stata di docilità totale. Nella Pentecoste, ella appare in mezzo alla comunità che prega e supplica affinché si adempia la promessa dello Spirito. Maria è stata una donna aperta a ogni realtà o avvenimento storico capaci di comunicare lo Spirito. Ma colui che in maniera privilegiata trasmise a Maria lo Spirito fu il suo stesso Figlio Gesù, sia durante la sua vita sulla terra che nel momento in cui, presente Maria ai piedi della croce, « Gesù rese io Spirito » (Gv 19,25.30).

3. Vocazione di Maria come missione

La vocazione biblica è anche caratterizzata dalla missione che Dio affida ad una persona. Qual è la missione affidata a Maria? Ci sono due risposte possibili: una a partire dallo stesso racconto della vocazione-annunciazione; l'altra tenendo conto della figura biblica di Maria nella sua globalità, cercando cioè di scoprire tutte le potenzialità implicite nel racconto vocazionale. Secondo il testo di Luca, Maria ricevè la missione della maternità messianica. Una maternità piena (Lc 1,31), verginale e pneumatica. E già nel racconto stesso questa missione della maternità si apre a nuovi orizzonti.
a) Il mistero della maternità fisica: A che scopo è chiamata, convocata Maria? Un primo approccio ci parla di una chiamata di Dio perché vuole disporre di Maria, del suo corpo, per farne la Madre del Figlio suo. Dio vuole che il Figlio suo nasca da donna (Gai 4,5), e a questo scopo sceglie Maria. Dio vuole che il Figlio suo appartenga a un Popolo, e perciò Gesù nacque in Israele per mezzo di una persona, Maria. Gli evangelisti escludono Giuseppe da questa nascita. Maria è l'unica portatrice della maternità mesianica. Dio Padre ha deciso di entrare in una comunicazione vitale con l'uomo attraverso il Figlio suo e, a questo fine, si è servito della maternità di Maria. Della realtà della maternità di Maria non si può dubitare: Gesù è nato da donna; Maria l'ha concepito, l'ha portato nel suo ventre e l'ha dato alla luce; è stato quindi realmente generato da lei, e successivamente è stato educato e allevato da lei. La maternità comporta che si stabiliscano rapporti vitali e personali molto significativi tra madre e figlio; spazia dall'identificazione tra i due corpi alla separazione e inserimento sociale e spirituale del figlio nella società umana. Come recita un testo abissino: «La donna concepisce. Come madre, è diversa dalla donna che ancora non lo è. Per nove mesi porta nel suo corpo le conseguenze di una notte. E qualcosa cresce in lei. Qualcosa cresce nel suo corpo e dal suo corpo ormai non scomparirà più. Perché lei è madre. E seguita ad essere madre anche se il bambino muore, o se muoiono tutti i bambini, perché lei ha portato il suo bambino accanto al suo cuore. E dal suo cuore mai si allontanerà, anche se il bambino dovesse morire. L'uomo non conosce tutto questo. Non ne ha idea. Non conosce la differenza tra il prima e il dopo dell'amore. Solo la donna lo sa, può parlarne e testimoniano.». Nella maternità tutta la disponibilità dell'essere umano, che va dalla cellula biologica alla persona libera, si trasforma in un rapporto personale. Maria è stata profondamente modificata dalla sua maternità, che l'ha fatta diventare per sempre la « madre di Gesù ». L'ha sempre portato nel suo cuore e mai se ne è allontanata. Maria ha sperimentato come colui che era nato da lei si andava staccando a poco a poco dal suo corpo, anche se a volte sentiva il bisogno di tornare a lei per avere protezione, amore e rifugio. Maria ha alimentato Gesù con il suo latte, l'ha stretto amorevolmente fra le braccia, l'ha baciato innumerevoli volte, ha sentito che continuava in lui, si è vista disegnata nei tratti del suo volto e nei moti della sua anima. La sua maternità l'ha resa capace di comprenderlo meglio, di porsi più facilmente dalla sua parte, di fare in tutto causa comune con lui, che era inoltre il suo « unico figlio ».
b) Maternità come atto d'amore e di fede: Maria realizza la sua maternità liberamente, con un mirabile spirito di riflessione, di accettazione cosciente, di fede. Accoglie la Parola e medita gli avvenimenti nel suo cuore. Maria realizza la sua maternità come atto d'amore e di fede. « Maria ha concepito Cristo in un atto teologale di fede, per mezzo della sua fede, come dice il famoso testo di sant'Agostino: "Maria concepì nel suo spirito prima che nel suo seno". Con la sua maternità fisica, Maria è stata chiamata a rappresentare in maniera trasparente l'accettazione da parte degli uomini di buona volontà di Colui che sarebbe stato chiamato Figlio di Dio ».
c) La missione alla maternità messianica è la vocazione a trascendere se stessa e assumere un volto nuovo a partire dal ministero di Gesù. La madre dovrà distaccarsi dal Figlio. La missione di Maria non è stata completamente delineata dalle parole dell'angelo. Ella ha dovuto rinnegare se stessa per essere fedele. La volontà di Dio, letta negli avvenimenti della storia di Gesù, ha richiesto a Maria che « consegnasse » suo figlio, che accettasse di distaccarsene « senza calcolarne le conseguenze ». È come se Dio le rivolgesse le parole che tanto tempo prima aveva rivolto ad Abramo: « Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto » (Gn 22,2). E Maria, « serva del Signore », acconsente in ogni istante alla sua volontà. Non ha interferito nel ministero di Gesù, non ha reagito negativamente vedendo il distacco mostrato dal Figlio suo nei confronti della famiglia. Durante il ministero di Gesù, Maria ha saputo rispondere ad una nuova chiamata del Padre e si è collocata dove si trovavano gli autentici seguaci di Gesù, quelli che credevano in lui. È apparsa allora come « donna credente » più che come « madre beata ». Nel momento del sacrificio del Figlio suo sulla croce, Maria riceve un'altra missione: essere presente in mezzo alla comunità cristiana come testimone silenziosa dell'autentica umanità di Gesù, come compagna inseparabile di Gesù dalla sua nascita alla sua morte, come sorgente di rivelazione, come viva memoria del Figlio suo. Quando Luca presenta negli Atti l'assemblea costituente della Chiesa, Maria è lì, in mezzo alla comunità, aperta e disponibile a ricevere lo Spirito per diventare profetessa di Cristo in una Chiesa profetica, per diventare portatrice della parola e del suo meraviglioso potere.
d) I Vangeli di Luca e di Giovanni ci presentano Maria con una missione rivolta all'esterno, missionaria. Immediatamente dopo il racconto della vocazione di Maria, Luca colloca la scena della visita ad Elisabetta. Maria comunica la Buona Novella che aveva ricevuto, il Vangelo del quale era stata fatta partecipe per prima, ad Elisabetta. Il saluto di Maria alla sua parente, che non è solo parola ma avvenimento, è lo strumento attraverso cui lo Spirito entra in comunicazione con quest'altra donna e le permette di profetare (1,41). Così Luca presenta Maria come la prima evangelizzatrice. Con lei il Vangelo inizia il suo cammino nel mondo: «Si inizia il grande cammino che riempe l'opera storica di Luca e gli Atti. La Parola di Dio realizza il suo cammino dal cielo alla terra, da Nazaret a Gerusalemme, da Gerusalemme alla Giudea e alla Samaria e fino ai confini della terra, senza tenere conto delle difficoltà, "con prontezza" ». Il quarto Vangelo esprime questa missione in altro modo, cioè mettendo in bocca a Maria le parole: « Fate quello che egli vi dirà » (Gv 2,5). Maria non soltanto svolge una missione rispetto a Gesù, ma si sente anche inviata agli uomini con una missione semplice: indirizzare gli uomini verso Gesù. Nel quarto Vangelo si dà per scontato che il discepolo amato abbia un debito di filiazione rispetto a Maria. Per volontà di Gesù deve considerare Maria come madre della sua fede e del suo apostolato, come colei che l'ha condotto a Gesù.
In conclusione, Luca e la sua comunità capirono che il Regno di Dio iniziò con una vocazione: la vocazione di Maria alla maternità messianica. Tale vocazione viene narrata secondo gli schemi veterotestamentari dei grandi eletti da Dio. Nel racconto della vocazione di Maria, Luca realizza una mirabile « concentrazione simbolica » di tutta la vita cli questa donna, così come la ricordava la comunità. L'immagine di Maria come discepola e seguace cli Gesù, rimasta fissata in coloro che l'avevano conosciuta, è arricchita dalla convinzione che la sua perfezione non era qualcosa di improvvisato, ma che aveva invece radici molto profonde nella sua vita. La Chiesa di Luca intuì che il momento in cui si era manifestata nella sua pienezza la santità di Maria era quello dell'Annunciazione, a causa della risposta di Maria alla vocazione. È in quel momento che Maria fu chiamata alla maternità messianica: e perciò si vide coinvolta in un peculiare rapporto con Dio Padre, verso il quale si sentiva « colmata di grazia » e « serva »; in un rapporto di maternità verso suo figlio, rapporto che progressivamente diventava di obbedienza e servizio alla causa del Regno; in un rapporto con lo Spirito di accettazione e docilità. Nel corso dei secoli, la Chiesa continuerà a contemplare, nella sua meditazione e nella sua preghiera, la scena della vocazione di Maria e cercherà di arrivare alla radice delle cose: giungerà a proporre il dogma secondo cui Maria era stata prescelta fin dall'eternità per diventare la santa Madre del Figlio di Dio, santificata fin dal seno di sua madre e preservata da ogni peccato per grazia del Figlio suo. Ciò non contraddice in alcun modo l'immagine neotestamentaria di Maria. Maria è stata anche chiamata da Gesù, suo Figlio, a trascendere la sua maternità messianica. È stata convocata, insieme a molti altri, a stabilire con Gesù un nuovo tipo di rapporto. È stata chiamata alla sequela e all'apostolato. È questo il momento in cui Gesù pone l'inquietante domanda: « Chi è mia madre? » (Mc 3,33) o l'altra: « Che ho da fare con te, o donna? » (Gv 2,4) È m quel momento che Maria riceve una specie di seconda vocazione.

4. Vocazione di Maria come consacrazione nello Spirito

Guardandoci indietro, noi possiamo contemplare la storia in cui la grande convocazione di Dio alla causa del Regno ha dimostrato la sua validità ed efficacia. Maria, invece, accolse la chiamata sorpresa e intimorita dall'enigma, nella notte dell'Antico Testamento, quando fu convocata per una missione il cui senso ultimo si sarebbe rivelato soltanto in futuro. Per il momento questo senso le era inaccessibile. Gesù non esisteva ancora! La luce del mondo ancora non illuminava gli uomini. D'altronde, Maria è chiamata a una maternità così eccezionale e a un processo di fede così insospettato che, cosciente della sua povertà e dei suoi limiti, si domanda, o l'evangelista ritiene che si domandi: « Come è possibile? » (Lc 1,34). La domanda, che va intesa in senso globale e non soltanto riferita al « io non conosco uomo », rivela un atteggiamento logico e responsabile di fronte al mistero di Dio che ci interpella non come oggetti, ma come soggetti liberi e persone dialoganti con lui. A posteriori, possiamo riconoscere che la domanda di Maria: « Come è possibile? » coinvolge tutta la sua esistenza di donna dedita all'adempimento del progetto di Dio. A Maria non viene risposto con dati di fatto, ma con una promessa, o con un'esperienza di Dio in quanto Promessa: Dio le promette che sarà sempre con lei, le chiede di avere fiducia, le dice che è stata prescelta per una grande missione che solo il futuro potrà svelare. Quanto Dio le promette per bocca del Messaggero è l'effusione del suo Spirito: « Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo » (Lc 1,34-35). Ogni vocazione di Dio comporta una missione. La missione è così sublime, così divina, che davanti ad essa l'uomo si riconosce debole e impotente, incapace. Perciò Dio gli promette di renderlo capace ad affrontare la missione, e quindi lo consacra, gli comunica il suo Spirito, lo modifica, lo trasforma interiormente, lo divinizza, lo unge con la potenza dello Spirito. Questo è il processo dell'intervento di Dio in ogni vocazione. E questo è lo schema della logica divina che si è riprodotto anche in Maria. Dio Padre le promette di consacrarla per la missione: di renderla capace affinché, in ogni momento della sua vita, possa adempiere il progetto che Dio ha per lei. Le promette che lo Spirito discenderà su di lei e che la potenza dell'Altissimo la coprirà con la sua ombra. Maria sarà così « battezzata » dallo Spirito che discende su di lei e che farà nascere, biologicamente nel suo seno e spiritualmente nel suo cuore, un seme che, dopo il processo di gestazione, diventerà il frutto-Gesù. Perché ogni attività che Dio scatena giungerà alla conclusione. « Nulla è impossibile a Dio. La Parola di Dio non può non compiersi » (Lc 1,37; Fil 1,6). La consacrazione di Maria alla missione materna (la sua capacità e idoneità a diventare la madre del Figlio di Dio) è stata analizzata in tutta la sua radicalità dalla Chiesa e ha dato luogo al dogma dell'immacolata Concezione, che fu proclamato da Pio IX 1'8 dicembre 1854. La Chiesa proclama che Maria non soltanto fu chiamata e consacrata al momento dell'annunciazione-vocazione, che ci viene narrato da Luca e in modo molto più conciso da Matteo, ma che fu chiamata e consacrata per la missione fin dal primo istante del suo concepimento. A Maria si applicano le parole del libro di Geremia: « Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato » (Ger 1,5). La vocazione e consacrazione di Maria fin dal primo istante del suo concepimento testimonia che la nascita di Maria, l'inizio della sua vita, fu disposta da Dio: « E sono persuaso che Colui che ha iniziato in lei quest'opera magnifica, la porterà a compimento fino al Giorno di Cristo Gesù » (Fil 1,6). Nel suo inizio era già contenuta tutta la vita di Maria, come in un germe. Dio ha progettato sovranamente la sua vita, senza sottoporsi ai suggerimenti di nessuno, in assoluta libertà. Ma questo progetto era animato da una parola di vero amore, da un atto che creava felicità, da un miracolo che salvava e non condannava. Dio ha pronunciato questa parola d'amore e felicità su Maria fin dall'inizio. E quanto Dio fa una volta, vale per sempre; perciò tutta la vita di Maria è stata avvolta, dall'inizio alla fine, nell'amore redentore di Dio, amore che è infinitamente più potente del peccato. Bisogna dire, inoltre, che Dio sviluppa i suoi disegni a partire dal fine; e ciò ha un significato particolare in Maria. Dio l'ha chiamata e consacrata pensando alla funzione che avrebbe svolto nella storia della salvezza come Madre e come credente. Il dogma dell'immacolata ci parla, dunque, della vocazione e consacrazione di Maria come dono gratuito di Dio, che non tocca soltanto un momento della sua esistenza, ma che l'assume tutta, dall'inizio alla fine. Ci parla del primato della grazia su qualsiasi iniziativa umana. In questo senso, il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria esprime in maniera esemplare ed è il modello, di quanto accade a tutti coloro che sono chiamati da Dio, a tutti i credenti in Dio fin dall'inizio della loro vita. Perciò la lettera agli Efesini parla al plurale: « Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo (dimensione protologica della vocazione), per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità (dimensione protologica della consacrazione) » (Ef 1,34). Altra cosa è invece la risposta che ha dato Maria a questa scelta e consacrazione e la risposta che diamo noi: una risposta che fa splendere o che contamina (a seconda dei casi) questa consacrazione iniziale.

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