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BATTESIMO E MISTAGOGIA


Maria abita il mistero di Gesù! Lo abita con abbandono, lasciandosi iniziare = trasformare dal mistero pasquale del Figlio: dal santo concepimento a Nazaret, alla visita ad Elisabetta, al parto a Betlemme, alla visita dei magi d’Oriente, alla fuga in Egitto, alla presentazione al tempio del primogenito, allo smarrimento e ritrovamento del figlio adolescente, alle nozze di Cana, fino sotto alla croce, e poi al mattino della tomba vuota, alla Pentecoste, alla gloria dei cieli…, Gesù è e sarà sempre “vivente in Maria” e Maria sempre “vivente in Gesù”. Maria abita il mistero del Vivente che ha sconfitto la morte! Perciò “rimane nell’amore” per sempre. Ma Maria abita anche il mistero di coloro che formano “un solo corpo” in Cristo, ossia i battezzati: la maternità di Maria è infatti ordinata all’incessante presenza del Vivente nel cuore dei credenti. Se siamo innestati in Cristo come tralci alla vite (cf Gv 15,1-5), lo siamo grazie a Maria. La nascita di Cristo dalla Vergine è motivata dalla rinascita degli uomini come figli di Dio. In quest’ottica, san Cirillo d’Alessandria (sec. V) ha potuto esclamare: «Per te Maria, i credenti arrivano alla grazia del Battesimo» (Homilia 4). Il Montfort fa eco, quando scrive nella Vera devozione al n. 33: «Gesù Cristo, oggi come sempre, è frutto di Maria. Cielo e terra glielo ripetono mille e mille volte al giorno: “Benedetto è il frutto del tuo grembo, Gesù”. Nessun dubbio, quindi che Gesù Cristo sia veramente frutto e opera di Maria, tanto per ciascun uomo in particolare che lo possiede, quanto per tutti globalmente, di modo che se qualche fedele ha Gesù Cristo formato nel proprio cuore, può dire sicuramente: “Grazie a Maria: ciò che posseggo è effetto e frutto suo. Senza di lei non l’avrei». Se abbiamo Gesù in noi è grazie a Maria!

1. Maria, Madre dei battezzati
Per la potenza dello Spirito, nel grembo di Maria principia la nuova progenie dei figli di Dio. Insieme con Cristo, «primogenito di molti fratelli» (cf Rm 8,29) sono già misticamente formate anche le membra di quel Capo. Il grembo di Maria è la “matrice” dei rinati alla Vita: in ragione di Cristo che vive nel battezzato, si può dire che, in certo senso, la maternità di Maria ri-vive e si prolunga nella maternità della Chiesa che, nell’acqua del battesimo rigenera nuove creature. Così recita l’antica iscrizione del battistero di san Giovanni in Laterano: «A questa sorgente, la Chiesa, nostra madre, genera dal suo grembo verginale i figli che essa ha concepito per la potenza dello Spirito Santo». Il Papa Francesco, il 3 settembre 2014, parlando della maternità della Chiesa ha ricordato l’esemplarità di Maria: «La Chiesa, nella fecondità dello Spirito, continua a generare nuovi figli in Cristo, sempre nell’ascolto della Parola di Dio e nella docilità al suo disegno d’amore. La Chiesa è madre. La nascita di Gesù nel grembo di Maria, infatti, è preludio della nascita di ogni cristiano nel grembo della Chiesa, dal momento che Cristo è il primogenito di una moltitudine di fratelli (cf Rm 8,29) e il nostro primo fratello Gesù è nato da Maria, è il modello, e tutti noi siamo nati nella Chiesa. Comprendiamo, allora, come la relazione che unisce Maria e la Chiesa sia quanto mai profonda: guardando a Maria, scopriamo il volto più bello e più tenero della Chiesa; e guardando alla Chiesa, riconosciamo i lineamenti sublimi di Maria».
a) IL PENSIERO DEI PADRI
Il rapporto tipologico tra il concepimento di Cristo nel grembo di Maria e quello dei cristiani nel fonte battesimale, fu rilevato già dai Padri della Chiesa. Il loro insegnamento si riassume nell’espressione seguente: lo Spirito che ha generato Cristo nella Vergine, genera Cristo nei credenti, rendendoli suo Corpo. È quanto esprime sant’Ireneo (sec. II), il quale contemplando il mistero dell’incarnazione vi legge il supremo disegno inscritto nella maternità della Vergine: ella è chiamata a diventare madre del «Puro che, in modo puro, avrebbe aperto quel puro grembo che rigenera gli uomini in Dio» (Adversus haereses IV, 33,11). Ecco come sant’Ambrogio (†397) commenta ai neofiti il mistero del santo lavacro: «Scendendo su Maria, lo Spirito Santo operò il concepimento e compì la redenzione; similmente, posandosi sul fonte battesimale e su quelli che ricevono il battesimo, il medesimo Spirito opera la realtà della rigenerazione» (De mysteriis, 53,59). Anche sant’Agostino (†430), introducendo i neobattezzati a comprendere il mistero della maternità della Chiesa, sente il bisogno di richiamarsi alla Madre del Signore: «Maria ha partorito il vostro capo, la Chiesa ha partorito voi. Anche la Chiesa è madre e vergine: madre per le viscere di carità, vergine per l'integrità della fede e della pietà. Partorisce popoli, ma sono membra di uno solo, di cui essa è corpo e sposa. Anche in questo è paragonabile alla Vergine, perché, pur partorendone molti, è madre di unità» (Sermo 195,2). Nelle sue omelie natalizie, san Leone Magno (†461) spiega che la nascita di Cristo è il principio della ri-nascita dei cristiani, mostrando al riguardo il ruolo singolare di Maria: «Nel sacramento della rinascita conseguiamo la spirituale origine di Cristo, dal momento che, per ogni uomo che viene rigenerato, l'acqua del battesimo è un po' quello che fu il grembo della Vergine, nel senso che lo stesso Spirito che riempì la Vergine riempie l'acqua del fonte; il peccato che là fu reso nullo dal santo concepimento, qui è cancellato dal mistico lavacro» (Tractatus 24, 3). E ancora: «L’origine che Gesù assunse nel grembo della Vergine, l’ha posta nel fonte battesimale: dà all'acqua quel che diede alla madre; la potenza dell’Altissimo e l’ombra dello Spirito Santo che fece di Maria la Madre del Salvatore, ora fa sì che dall’acqua rinasca il fedele» (Tractatus 25, 5). Il tema continua anche nella tradizione successiva, come testimonia ad esempio il beato Isacco della Stella (†1178), che presenta, in complementarietà, la fecondità della Vergine e della Chiesa: «Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo; la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo. Tutt’e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l’altra» (Sermo 51).
b) LA PREGHIERA LITURGICA
La mistica connessione tra Maria e la Chiesa trova riscontro anche nell’antica liturgia romana della notte di Pasqua, tempo battesimale per antonomasia. È significativo che, nel venerando Sacramentario Gelasiano (sec. VIII, ma contiene materiale di epoca precedente), il prefazio di questa notte ricordi il parto verginale di Maria, immagine esemplare della maternità della Chiesa che, nel Battesimo, genera figli al Padre: «O mistici e venerandi scambi di questa notte! O pii benefici eterni della santa madre Chiesa! (...). Esultò Maria nel sacratissimo (tipo di) parto, esulta la Chiesa in questa generazione dei suoi figli». L’aggettivo sacratissimo evoca l’opera dello Spirito, il medesimo sia per il concepimento di Cristo dalla Vergine sia per il concepimento delle membra del suo Corpo nel fonte battesimale. È da notare anche il verbo esultò, relativo al parto di Maria, allusivo al fatto che fu senza dolori perché verginale: la gioia della Vergine Madre nella notte di Natale è la gioia della Chiesa Madre nella notte di Pasqua. Anche nel Sacramentario Gregoriano Supplemento (sec. IX), il prefazio della notte pasquale sviluppa, sul modello del parto verginale e gioioso di Maria, il mistero della generazione dei cristiani nelle acque del Battesimo. Ecco il testo: «O notte che pone fine alle tenebre e apre la via della luce eterna. O notte che meritò di vedere il diavolo sconfitto e Cristo risorgere. O notte in cui fu spogliato l’inferno, liberati i santi dagli inferi, aperto l’ingresso alla patria celeste. In essa perisce nel battesimo la moltitudine di delitti e nascono i figli della luce. Come la Madre del Signore, la santa madre Chiesa li concepisce senza corruzione, li partorisce senza dolore, e li conduce con gioia a realtà sublimi». La relazione tra Maria e la Chiesa - rilevata dai Padri ed esposta in antichi testi liturgici - la ritroviamo oggi evocata nella preghiera di benedizione di un fonte battesimale: «Dio... ci doni la gioia di inaugurare con solenne rito questo fonte di salvezza che scaturisce dal grembo della Chiesa madre (...). Manda, o Padre, su queste acque lo Spirito Santo, che adombrò la Vergine Maria, perché desse alla luce il Primogenito; il tuo soffio creatore fecondi il grembo della Chiesa, sposa del Cristo, perché generi a te una nuova progenie di candidati alla patria celeste» (Benedizionale, n. 1187). Infine, il rapporto tra Maria e il Battesimo è espresso, in forma orante, nel formulario nr. 16 delle Messe della beata Vergine Maria, intitolato «Maria Vergine, fonte di luce e di vita». Ecco il testo dell’antifona d’ingresso: «Salve, Madre della luce: vergine hai generato il Cristo e sei divenuta l’immagine della Chiesa madre, che nell’onda pura del Battesimo rigenera i popoli credenti». È un saluto rivolto alla Vergine Madre, acclamata quale specchio della madre Chiesa, che dà vita ai credenti. Per comprendere la propria spirituale maternità, la Chiesa volge lo sguardo a Colei che ha irradiato sul mondo la Luce eterna: alla rinascita dei figli della luce non può mancare Maria che, col suo assenso, ha reso possibile l'avvento di Cristo, e in lui, del suo Corpo.
c) CRISTIANI PERCHÉ MARIANI
L’intervento dello Spirito nell’incarnazione di Cristo, si rinnova - in certo senso - nella generazione del suo mistico Corpo: Maria è la Madre di Cristo Capo e delle membra del suo Corpo (cf Lumen gentium, n. 53). Scrive san Luigi M. da Montfort che «se Gesù Cristo è nato da Maria, anche gli eletti, che sono membra di questo Capo, debbono per necessaria conseguenza nascere da lei» (Vera devozione, n. 32). L’argomento è stato richiamato anche da san Giovanni Paolo II all’«Angelus» del 12 febbraio 1984: «Maria è presso ogni fonte battesimale, dove nella fede e nello Spirito nascono alla vita divina le membra del Corpo mistico, perché con la fede e con l’energia dello Spirito, ne concepì il divin Capo, Cristo». Da una parte la fede e la carità di Maria rivivono nella fede e nella carità della Chiesa mentre dall’altra sono virtù esemplari per i cristiani nel vivere l’innesto battesimale in Gesù. Lo stesso Rito del Battesimo dei bambini contiene riferimenti mariani che aiutano a cogliere la presenza della Madre accanto ai battezzati: l’invocazione a Maria nelle litanie; il suo ricordo nella professione di fede; l’invito a cantare il Magnificat come ringraziamento dei genitori e della comunità; il discreto suggerimento a portare il battezzato «all’altare della Madonna»; il ricordo della Madre del Signore nella formula di benedizione finale. Sono gesti e parole che debbono ispirare tutta la vita del battezzato: esortano a guardare a Maria, prendendo coscienza del posto assegnatole da Dio nella storia della salvezza e, dunque, nella salvezza di “ciascuno”. Il legame filiale del battezzato con Maria prende spessore se è lievitato da sentimenti di gratitudine, di affetto, di lode, di supplica, di imitazione. La “devozione” a Maria non è allora qualcosa di aggiuntivo alla vita cristiana, ma appartiene all’essenziale: senza di essa la qualità “cristiana” è carente. Lo richiamava così Paolo VI: «Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a lui ci conduce»2. Non possiamo quindi dirci battezzati in Cristo, senza fare i conti con Colei che dando alla luce il Sole senza tramonto ha illuminato noi, cooperando così alla nostra rinascita come figli della luce. Nel rivestire la veste bianca e nell’attingere alla fiamma del cero pasquale (riti postbattesimali), come non pensare a Colei che ha irradiato sul mondo la Luce eterna che ci illumina interiormente, adesso, ogni giorno del nostro cammino terreno? Quella di Maria è una maternità perdurante: Maria non è soltanto “presente” al momento del battesimo, ma accompagna la crescita dei battezzati nelle virtù che definiscono la vita cristiana. Alla luce di Maria a Cana, sotto la Croce e nel Cenacolo, riusciamo meglio a comprendere in che consista la materna compagnia di Maria per i battezzati. Come quel giorno a Cana di Galilea, Maria non cessa di suggerire ai battezzati le parole che vincolano alla sequela di Gesù: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela!» (Gv 2,5). La Madre non attira a sé l’attenzione, se non per stornarla prontamente verso il Figlio: egli è il “vino buono” che rallegra la nostra esistenza. Vivere il battesimo è praticare il Vangelo; poiché è una pratica continuamente “tentata”, abbiamo bisogno di sentire la voce della Madre che, nei momenti in cui vien meno il vino dentro di noi, ci richiami premurosa a fare quello che Gesù ci dice. Imitare i servi di Cana vuol dire fare attenzione ai richiami di Colei che Gesù ci ha dato per Madre. Obbediamo a Maria per obbedire a Gesù! è lo slogan della spiritualità monfortana. Il rapporto filiale con Maria non è quindi lasciato alla sensibilità di chi è più devoto di Maria, essendo fondato nel volere testamentario di Gesù. Nell’ora suprema, egli consegna il discepolo alla Madre e la Madre al discepolo (cf Gv 19,25-27). Ogni battezzato deve riconoscersi nel discepolo amato che, accogliendo l’eredità di Gesù, accoglie Maria nella propria casa e si lascia da lei adottare come figlio. Anche nella comunità apostolica, aperta al dono dello Spirito, la presenza della Madre di Gesù non è decorativa (cf At 1,14): colei che la potenza dello Spirito avvolse nell’ora dell’annunciazione, rendendola Madre di Cristo e spingendola a portarlo ad Elisabetta, accorda la preghiera degli apostoli a Pentecoste, dilatando la sua maternità spirituale a ogni testimone del Risorto.

2. Mistagogia dei Battezzati

Il fatto che il Vangelo ricordi che «uno solo è il vostro Maestro, il Cristo» (Mt 23,10), non esclude il riferimento ad altri che aiutino a incontrarlo, conoscerlo, interiorizzarne le parole, tradurre in vita il suo insegnamento. Tra tutti i maestri di vita cristiana risplende la Madre di Gesù, venerata come «Maestra di vita spirituale». Al riguardo san Giovanni Paolo II ha scritto: «Cristo è il Maestro per eccellenza, il rivelatore e la rivelazione. Non si tratta solo di imparare le cose che Egli ha insegnato, ma di imparare Lui. Ma quale maestra, in questo, più esperta di Maria? Se sul versante divino è lo Spirito il Maestro interiore che ci porta alla piena verità di Cristo (cf Gv 14,26; 15,26; 16,13), tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero» (Rosarium Virginis Mariae, n. 14). Maria è dunque la mistagoga-maestra perché è la perfetta discepola dell’unico Maestro e Signore.
a) DISCEPOLA PERFETTA
Appartenente ai poveri di Jahvé, ossia a quanti si lasciano educare nella lieta e contraria sorte dalle ricchezze che escono dalla bocca dell'Altissimo, Maria imparò, lungo tutti i suoi giorni, sempre più profondamente, i misteri del Regno dei cieli, nascosti ai sapienti e agli intelligenti secondo il mondo, ma rivelati da Dio stesso ai piccoli. Sappiamo, infatti, che Maria è la prima dei piccoli di cui ha parlato Gesù: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli… » (Lc 10, 21-22). I misteri di Dio, sono rivelati dal Figlio per mezzo dello Spirito che li effonde nei cuori di chi è pronto a fargli spazio. Dell'apertura del cuore della Vergine non c'è da dubitare. Pur essendo di risonanza patristica, l’appellativo di “Maria discepola” è stato riscoperto, in anni recenti, favorito specialmente dall’esegesi biblica. Lo si incontra nella Marialis cultus di Paolo VI (2.2.1974), dove si dice che Maria «fu la prima e la più perfetta seguace-discepola di Cristo» (n. 35). L’appellativo di “discepola perfetta di Cristo” figura anche nelle litanie del Rito dell'incoronazione di un’immagine della beata Vergine Maria (25.3.1981) e il formulario n. 10 delle Messe della beata Vergine Maria è titolato “Santa Maria discepola del Signore”. Fissare l’attenzione su Maria discepola significa cogliere prontamente l’imitabilità della sua vita per ogni cristiano. Se può risultare difficile pensare di imitare Maria nei privilegi della sua divina maternità, della sua santità immacolata, appare invece più accessibile seguire il suo esempio come discepola: la sequela praticata da Maria ha valore esemplare, universale e permanente per ogni credente in Cristo (cf MC, n. 35). L’aver abbracciato liberamente una disciplina come norma di vita, rinunciando ad autoregolarsi per sintonizzarsi sull’insegnamento che viene dall’Alto, traccia la via ad ogni battezzato. I luoghi in cui Maria ha imparato la sapienza di Dio non furono le aule scolastiche ma quegli spazi feriali in cui si manifestavano i misteri di Dio: la casa di Nazaret, la casa di Elisabetta, Betlemme, la via verso l’Egitto e quella del ritorno a casa, il tempio di Gerusalemme, la vita nascosta a Nazaret, la festa di nozze a Cana, il Golgota, il Cenacolo. Sono dunque gli atteggiamenti interiori di Maria, quali il silenzio, il custodire nel cuore, la risposta di fede senza riserve, l’andare missionario, l’attenzione ai bisogni del prossimo, la fortezza nell’ora della prova..., a rilevare il lavorìo dello Spirito nel cammino spirituale della perfetta Discepola di Cristo. Il silenzio, qualificante il discepolato di Maria più delle parole, è infatti lo spazio «per accogliere nei cuori la piena risonanza della voce dello Spirito Santo»: occorre far silenzio dentro di sé, affinché possa esprimersi l’«Ospite dolce dell'anima», perché egli porti nei cuori la conoscenza e l’esperienza di Dio, dalla quale fiorisce la preghiera. Il cantico del Magnificat, mentre esprime la comprensione di Maria dei misteri di Dio, visibilizza l’efficacia del magistero dello Spirito nell’animo della discepola per eccellenza del Vangelo di Cristo.
b) MISTAGOGA SAPIENTE
Fermarsi a contemplare Maria discepola non è tuttavia sufficiente. Occorre dilatarsi all’azione dello Spirito, sull’esempio di Maria e sotto il suo magistero: da discepola è diventata mistagoga dei misteri di Cristo e della Chiesa. Perciò non cessa di additare Cristo Sapienza eterna ed incarnata, come un tempo lo presentò ad Elisabetta e al Battista, allo sposo Giuseppe, ai pastori e ai magi, a Simeone ed Anna, ai convitati di Cana e agli Apostoli – oggi a noi – tutti aiutando a conoscere e sperimentare i misteri della salvezza. Tale funzione mistagogica l’ha ben riassunta san Giovanni Paolo II, parlando del bisogno che abbiamo di incontrare il mistero di Cristo: «Noi crediamo che nessun altro sappia introdurci, come Maria, nella dimensione divina e umana di questo mistero. Nessuno, come Maria, è stato introdotto in esso da Dio stesso. Questo mistero si è formato, possiamo dire, sotto il cuore della Vergine di Nazaret quando ha pronunciato il suo fiat. Da quel momento questo cuore verginale e insieme materno, sotto la particolare azione dello Spirito Santo, segue sempre l'opera del suo Figlio e va verso tutti coloro che Cristo ha abbracciato e abbraccia continuamente nel suo inesauribile amore» (Redemptor hominis 22). È una mistagoga che più che a parole - considerata la sobrietà del suo dire nelle pagine del Vangelo - insegna attraverso la vita, mediante scelte di fede e di amore compiute nelle piccole e grandi cose di ogni giorno. Farsi educare da Maria vuol dire imitare l’esempio del Figlio di Dio, che volendo farsi uomo scelse una Madre che non solo lo generasse ma anche che lo educasse. E sappiamo che Maria non è stata soltanto la prima discepola di Cristo, ma anche la sua materna educatrice: pensiamo alle volte che, nella casa di Nazaret, Gesù bambino e fanciullo avrà sentito raccontare da Maria i grandi interventi di Dio testimoniati nelle Sacre Scritture, o parlare della fede di Abramo, Isacco e Giacobbe, o narrare della risposta al volere di Dio prestata da uomini e donne del popolo d’Israele. Pensiamo ancora a tutte le volte che Maria offrì a Gesù l’esempio di donna di speranza, di attaccamento alle parole di Dio, di fedeltà alla riunione comunitaria del sabato nella sinagoga, di incoraggiamento a compiere in tutto la sua missione. Farsi educare da Maria vuol dire obbedire, come i servi alle nozze di Cana, alle sue importanti parole: «Qualsiasi cosa vi dica Gesù, fatela» (Gv 2,5). Farsi educare da Maria vuol dire far tesoro della sua maternità spirituale sull’esempio del discepolo che, raccogliendo il testamento di Gesù, la «prese nella sua casa» (Gv 19, 27). Farsi educare da Maria vuol dire rivivere gli atteggiamenti degli Apostoli che, dopo la morte e risurrezione di Gesù, si strinsero in preghiera con lei nel Cenacolo, apprendendo da lei come disporre i cuori per accogliere lo Spirito del Risorto e seguirne la voce. Farsi educare da Maria vuol dire affidarsi a lei affinché «ci insegni ad avere il suo stesso spirito materno nei confronti dei nostri fratelli, con la capacità sincera di accogliere, di perdonare, di dare forza e di infondere fiducia e speranza» (Papa Francesco, Catechesi del 3.9.2014). Con quale sentire interiore dobbiamo metterci alla scuola di Maria, per essere da lei guidati nel cammino? C’è un modo di apprendere legato all’obbligo e non motivato dall’amore e c’è, invece, il porsi alla scuola di qualcuno perché lo si sceglie come educatore, pronti a mettere in pratica quanto dice e fa, poiché si comprende l’importanza delle sue parole e del suo esempio per la buona riuscita della nostra vita. A scuola della Madre del Signore si va con affetto filiale, sapendola maestra di “vita” spirituale, di iniziazione – trasformazione – conversione incessante.

3. Conclusione
Come Maria cooperò al compiersi dei misteri di Cristo, così Maria coopera a che i credenti siano rigenerati da tali misteri (maternità) e vi entrino sempre più profondamente (mistagogia). C’è sempre da posare lo sguardo su Maria “madre” e “mistagoga”, ringraziando Dio che l’ha voluta presente all’inizio e lungo il nostro cammino di cristiani. Ci aiuta a formulare il nostro grazie il prefazio della messa intitolata “Maria Madre e Maestra di vita spirituale”: «Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo per la beata sempre Vergine Maria. Intimamente associata al mistero di Cristo redentore, continua a generare con la Chiesa nuovi figli, che attira a te con il suo esempio e con la forza del suo amore conduce alla carità perfetta. Alla sua scuola riscopriamo il modello della vita evangelica; impariamo ad amarti sopra ogni cosa con il suo cuore e a contemplare con il suo spirito il tuo Verbo fatto uomo, per servirlo con la stessa sollecitudine nei fratelli».

Bibliografia
MAGGIONI C., Maria nella vita dei battezzati: madre e mistagoga, Giornate Loreto 2014; ID., La Vergine Maria nel Benedizionale, in Theotokos 5 (1997) pp. 283-306; Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII,1, Libreria Editrice vaticana 1984, 377; .AA.VV. [edd.], Testi mariani del primo millennio, Città Nuova, Roma 1989; AMATO a., Gesù Cristo, in DE FIORES S. - MEO S. (edd.), Nuovo Dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1985; CANNIZZO L., La Vergine Maria nella Liturgia della Chiesa: Maria nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. Altra bibliografia:  CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Benedizionale, 1187, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992; ID., Rito del battesimo dei bambini, 55. Rituale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999; BENEDETTO PP. XVI, «Saramentum Caritatis, 33. Esortazione Apostolica postsinodale sull’eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa», Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007; ID., Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze particolari, 46. Rituale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001; ID., Rito delle esequie, 119. Rituale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1990; ID., Istituzione e Ministeri – Consacrazione delle vergini – Benedizione abbaziale. Pontificale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1980; CASTELLANO CERVERA, «Beata Vergine Maria», in Liturgia, ed. D. Sartore – A. M. Triacca – C. Cibien, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 212-216; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, «Orientamenti e proposte, 22», EV 10 (1986-1987).

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- SACRAMENTI E SACRAMENTALI






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