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ELISABETTA DI SCHÖNAU



1. Cenni biografici e opere di Elisabetta di Schönau
a)
a)Le visioni di Elisabetta di Schönau rappresentano per la lettrice e il lettore di oggi una sfida, sembrando il testo molto estraneo, data la grande distanza temporale che esiste tra noi e il sentire medievale di questa donna, dotata di facoltà visive ed estatiche, ma sempre ai limiti delle sue forze, spesso ammalata e tormentata da dolori intensi dovuti anche ai digiuni e alla penitenza. Se l'opera di questa visionaria renana sembra trovarsi oggi nell'ombra delle grandi opere teologiche della sua più conosciuta contemporanea, Ildegarda di Bingen (1098-1179), nel medioevo era assolutamente il contrario. Le visioni di Elisabetta di Schònau hanno goduto un periodo molto fortunato fino al XIX secolo, conoscendo parti delle sue visioni numerose traduzioni in diverse lingue europee e una grande diffusione, specialmente il Liber revelationum Elisabeth de sacro exercitu virginum Coloniensium e l'ultima visione del secondo Libro delle Visioni sulla resurrezione di Maria. Il De Resurrectione Marie fu pubblicato anche separatamente dal resto dell'opera, poiché si trova per ben cinquantotto volte in manoscritti medievali. Il testo sulla risurrezione di Maria e le rivelazioni sulle vergini di Colonia, che seguirono Ursula, figlia del re inglese che per evitare il matrimonio con un pagano, fuggì con un "esercito" di undicimila vergini, subendo il martirio, sono serviti da materiale letterario per la nota raccolta di leggende, la Legenda aurea, del vescovo domenicano Jacopo da Varagine, composta intorno al 1280.
b) Non si conoscono molti dati della biografia di Elisabetta di Schönau; alcuni fatti si possono dedurre dalle sue visioni. Si presume che Elisabetta provenisse da una famiglia nobile della regione renana in Germania. Probabilmente, secondo le usanze di allora, Elisabetta all'età di dodici anni fu affidata dalla famiglia come oblata al convento benedettino del posto, ove monaci e suore risiedevano separatamente ma sotto un'unica direzione. Del padre si conosce il nome, Hartwig, mentre della madre non si sa nulla. Nella famiglia si trovavano diversi religiosi: per esempio un prozio materno, Ekbert (†1132), fu vescovo di Münster. Elisabetta crebbe probabilmente in una famiglia numerosa: noto è soprattutto il fratello preferito, che come il vescovo prozio portava il nome di Ekbert (†1184), il quale pure entrò nel convento benedettino intorno al 1155, diventando il confidente e segretario della sorella, e che, alla morte dell'abate del convento Hildelin (†1165-66), riceverà l'incarico di condurre la comunità di monaci e suore. Nell'anno dell'entrata del fratello in convento, Elisabetta ebbe l'incarico di guidare come magistra la comunità delle suore, che, però, sottostava alla direzione maschile. A diciotto anni Elisabetta ricevette il velo e probabilmente avrebbe condotto una vita nascosta di reclusa se con il suo ventitreesimo anno di età, per l'esattezza a partire dal 18 maggio 1152, non avesse cominciato a vivere esperienze estatiche e ad avere delle visioni. Sarà il fratello Ekbert a redigere il resoconto delle visioni di Elisabetta in latino e a incoraggiare la sorella, esercitando forse anche pressioni su di lei perché chiedesse all'angelo rivelatore risposte su questioni di fede. I grandi sforzi, le fatiche e le malattie portarono molto presto Elisabetta di Schönau alla morte. Si spense già all'età di trentacinque anni, il 18 giugno del 1164 o 1165.
c) La prima opera di Elisabetta di Schönau è il Liber Visionum, redatto tra il 1152 e il 1155, composto di tre parti e strettamente legato all'anno liturgico. I diversi santi le appaiono nel giorno della propria festa, oppure vede gli eventi della vita di Cristo, con immagini additanti la maestà divina e la Trinità sullo sfondo. Nelle visioni si trovano spesso referenze bibliche e in alcuni casi rappresentazioni simboliche. Elisabetta ha un'intensa venerazione per il suo angelo custode che funge spesso da intermediario in molte delle sue esperienze soprannaturali; una devozione speciale è, poi, quella per la Madre del Redentore, che si presenta in numerose visioni come la sua Signora protettrice e consolatrice. Alla fine della seconda parte del libro in connessione alla festa dell'Assunta si trova la visione stilla risurrezione di Maria. Un'altra opera importante della visionaria è il Liber viarum Dei, incominciato nel giugno 1156 e terminato nell'agosto 1157, che si può comprendere come un cammino per ascendere alle vie divine; oppure come un testo sulle vie intraprese dalle persone credenti verso la salvezza divina. Quest'opera è stata sicuramente ispirata dallo Scivias di Ildegarda di Bingen apparso nel l151, che Elisabetta doveva conoscere, visto il contatto che aveva con la sua contemporanea più anziana. Negli anni 1156-1157 nascono anche le già menzionate rivelazioni su Ursula e il suo esercito di vergini. Esistono, inoltre, diverse lettere inviate per lo più a vescovi e donne e uomini religiosi del tempo.

2. Mistica femminile o profezia?

a) Elisabetta di Schönau, come la sua contemporanea Ildegarda di Bingen, viene considerata in modo sommario facente parte della mistica femminile del XII secolo. Secondo Dinzelbacher, tuttavia, Elisabetta e Ildegarda non possono essere considerate mistiche nel senso stretto della parola. Nelle loro visioni non affermano di vivere l'unione con il divino, unio mistica, che sarebbe un elemento fondamentale della mistica, come si trova esposta intensamente per esempio da Mechthild di Magdeburgo o Gertrude di Helfta un secolo più tardi. Secondo Dinzelbacher le due visionarie renane si possono piuttosto annoverare nella tradizione profetica come portavoci del messaggio divino.
b) A questo punto mi sembra importante soffermarsi sulla peculiarità del fenomeno, guardandolo soprattutto sullo sfondo della situazione delle donne nel medioevo. In generale vigeva per loro il divieto dell'insegnamento in luoghi pubblici e la loro parola non era considerata autorevole; era ammessa, tuttavia, la facoltà profetica femminile, peraltro attestata nelle Scritture. L'unica possibilità per le donne di pronunciarsi sulla fede, di avere influsso e di esercitare critica al loro tempo era, perciò, nell'esprimere il proprio pensiero e la propria riflessione teologica attraverso visioni o audizioni, seguendo la tradizione profetica riconosciuta dalla Chiesa. Di Ildegarda si parlava come della nuova Debora veterotestamentaria ed ella si curava di mantenersi entro questi limiti, affinché le sue opere venissero riconosciute dalla Chiesa. Il fratello di Elisabetta, Ekbert, all'inizio del secondo Libro delle Visioni presenta la sorella come profetessa sulla scia delle grandi figure dell'Antico Testamento, quando si schiera in favore di lei - probabilmente contro coloro che mettevano in discussione l'autenticità delle sue visioni -, sostenendo che in quei giorni la misericordia di Dio fosse scesa proprio nel sesso debole per esprimere la sua grandezza e che già ai tempi dei Padri Dio aveva parlato attraverso donne sante, che hanno profetizzato e condotto con successo il popolo di Dio, trionfando anche contro i nemici di Israele, come Culda, Debora, Giuditta o Giaele.
c) Ildegarda di Bingen e Elisabetta di Schönau, come pure altre donne, tematizzano la loro femminilità, affermando la loro fragilità di donne e l'ignoranza che ne consegue; nello stesso tempo dalle loro affermazioni traspare un'impressionante consapevolezza che Dio le ha prescelte proprio per la loro pochezza come strumento di rivelazione. Per le donne, oltre a dover sempre legittimare la loro missione, era importante affermare la pienezza dell'essere umano femminile, sempre messo in discussione, specialmente attraverso una diminuzione della loro imago dei. Maria, come donna e rappresentante dell'umanità, è sempre stata riconosciuta come una possibilità importante di identificazione della missione profetica femminile, una garanzia della completezza umana delle donne e dell'amore di Dio verso di loro. Una caratteristica della letteratura teologica femminile è tra l'altro quella delle immagini inedite, utilizzate per additare il divino anche attraverso rappresentazioni tratte dal mondo femminile. Nel primo Libro delle Visioni di Elisabetta di Schönau si trova per esempio una notevole immagine di Cristo in veste femminile.
d) Come altre teologhe del tempo anche Elisabetta non considera Maria in contrasto con le altre donne, come un'eccezione che conferma la regola della deficienza femminile, ma piuttosto come compagna e parte integrante della compagnia delle donne. Elisabetta si rivolge con grande confidenza e affidamento alla Madre del Signore, nutrendo per lei una particolare devozione e trovando m lei consolazione e comprensione nella sua esperienza religiosa. Nelle sue visioni riecheggiano spesso le parole del Magnificat, nelle quali si identifica con Maria come ancella del Signore, alla quale sono accadute grandi cose. In una visione, Maria le appare in veste sacerdotale. È, dunque, necessario sottolineare che anche nel caso di Elisabetta di Schönau, ciò che spesso viene sottovalutato come mistica femminile, va studiato in modo approfondito non solo da un punto di vista storico e letterario, ma anche sul piano della riflessione teologica femminile, rendendo visibile da una parte l'opera delle donne teologhe nel corso dei secoli e mostrando dall'altra tradizioni avvincenti sulla Madre di Gesù eclissate nel tempo.

3. Maria nelle visioni di Elisabetta di Schönau
a)
a)In numerose visioni il cielo si apre davanti agli occhi spirituali di Elisabetta che vede in una grande luce la Maestà divina e la Trinità, attorniata da angeli e figure di sante e santi, tra i quali Maria detiene un posto privilegiato. Immagini che sembrano ispirate dalle rappresentazioni pittoriche del tempo. Ciò non toglie che secondo il Dinzelbacher bisogna partire dal fatto che le visioni descritte sono del tutto autentiche esperienze spirituali della veggente.
b) Nelle visioni di Elisabetta Maria svolge un ruolo salvifico fondamentale attraverso la sua costante preghiera nei confronti del Figlio in favore dell'umanità bisognosa. Le visite di Maria le portano conforto, forza e coraggio durante i periodi di disagio spirituale. Quando la Signora non le appare, sente questo come una punizione per la sua mancanza di devozione mariana. La Vergine è per lei non solo la Signora dell'universo, ma è anche una donna con potere e autorità nella quale potersi identificare, è la sua protettrice personale, si rivolge a lei con devozione e con rispetto. Grazie a Maria Elisabetta riesce sempre più a trovare fiducia in se stessa e a prendere consapevolezza della sua missione profetica.
c) Alcuni esempi vogliono illustrare ciò che abbiamo esposto sopra.
- Nella visione quinta della prima parte, durante una liturgia del sabato dedicata a Maria, Elisabetta viene rapita in estasi. Le appare una ruota di luce come una luna piena, ma molto più grande, nel mezzo della quale è in piedi una donna regale vestita di bianco e con un mantello purpureo. La visionaria riconosce in lei la maestosa Regina del cielo, la Madre del Redentore e desidera ardentemente che le rivolga lo sguardo. Dopo aver piegato tre volte davanti alla luce divina che tutta la illumina, la Donna regale scende verso di lei. Alla sua destra e sinistra scorge due figure, in una delle quali le sembra di riconoscere san Benedetto, fondatore del convento. La Signora la segna poi con il segno della croce, infondendole in modo misterioso le parole: «Non temere, questo non ti nuocerà».
- Nella visione seguente, durante l'eucaristia, Maria le appare vestita con abiti sacerdotali davanti all'altare. Sul suo capo porta uno splendido diadema con quattro gemme preziose sul quale sta scritto il saluto angelico: «Ti saluto o Maria, il Signore è con te». (Lc 1, 28). In questa visione incontriamo Maria nel suo stato di gloria quale Regina del cielo, che si appresta ad abbassarsi, come in altre visioni, verso la visionaria portandole conforto e infondendole parole incoraggianti, diventando così congiunzione tra il terreno e il celeste. Sbalorditiva è la figura di Maria in veste sacerdotale che con un gesto solenne e liturgico segna la veggente con il segno della croce. Il diadema e le gemme preziose sottolineano la sua regalità e la scritta esplicita che il Signore è con lei in tutte le sue azioni, anche quella liturgica e sacerdotale.
- In altre visioni, come nella quindicesima del primo libro, Pietro e Paolo le appaiono con la «santa Vergine, Madre del Signore Gesù»: questa volta è Pietro a segnarla con il segno della croce. Un modo per mostrare l'autorità anche sacerdotale della Vergine, equiparando il suo gesto a quello di Pietro?
- Nella notte della domenica della festa di san Giacomo Elisabetta descrive le dita delle mani e dei piedi che le cominciano a formicolare, mentre il suo cuore sembra essere colpito da una spada e tagliato in due parti e inizia a sudare in tutto il corpo, prima di cadere in estasi. Le appare di nuovo la ruota infiammata, che le infonde una grande paura. In mezzo alla ruota è come se si aprisse una porta dalla quale esce un'immensa luce ancora più luminosa di quella che era solita vedere. Migliaia di figure di santi che stavano intorno alla maestà divina si presentano a lei in un certo ordine: prima uomini eminenti ornati di palme e corone, il segno del martirio, che la veggente riconosce come gli apostoli, seguiti poi da altri uomini eccellenti; alla sinistra degli apostoli splendono le sante vergini con il segno del martirio, ma anche altre giovani donne coronate senza il segno del martirio; seguono poi donne degne di onore con veli bianchi (secondo Elisabeth Gössmann questo particolare ha un significato antropologico e escatologico importante, apparendo le donne nella pienezza dell'essere umano femminile, cioè anche nella loro identità sessuale). In mezzo a questi cerchi di sante e santi esce la luce di estrema lucentezza dell'immensa gloria dell'ineffabile Maestà divina, sulla cui destra le sembra di percepire una figura come se fosse il Figlio dell'Uomo. La veggente è tremante e non sa descrivere ciò che vede, ma il Signore si degna di farle capire che si trova davanti alla Santissima Trinità. Alla destra del Figlio risplende la Regina degli angeli e di tutti i Regni su qualcosa simile a un trono composto da stelle lucenti che la illuminano di immensa luce. Nelle visioni di Elisabetta colpisce il fatto che Maria non manca quasi mai, appare in compagnia delle sante e dei santi per le quali e i quali ricorre la festa, con Giovanni Battista e san Lorenzo, con santa Cristiana le molte vergini, le sposate e le vedove, quelle con il segno del martirio e quelle senza il segno del martirio. Maria si presenta sempre insieme agli apostoli, mentre si trova di fronte a Maria di Magdala il giorno della sua festa e parla con lei. Ovviamente la Vergine interviene in tutte le grandi feste di Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione e Pentecoste. Le feste preferite per Elisabetta sono l'Annunciazione e l'Assunta. Anche nella seconda e terza parte del libro, le visioni si ripetono spesso nelle ricorrenze delle feste liturgiche.
- Un ultimo esempio sul quale mi soffermo è la quarta visione del terzo libro, avvenuta alla vigilia di Natale. Intorno all'ora dell'eucaristia Elisabetta viene rapita in estasi e vede nel cielo qualcosa come un sole di meravigliosa lucentezza, in mezzo al quale si staglia l'immagine di una vergine molto bella, che suscita il desiderio di ammirarla. È seduta, con i capelli sciolti sulle spalle e porta sul capo una corona d'oro splendente mentre nella mano destra tiene un calice aureo. Procede emergendo dal sole che tutta la illumina, spargendo uno splendore di grande luminosità dapprima sul luogo di residenza per poi dopo un po' di tempo allargarsi illuminando tutta la terra. Di tanto in tanto una nuvola oscura la terra. Nei momenti di oscurità la veggente vede la vergine piangere. Elisabetta racconta di aver avuto questa visione ininterrottamente tutto il giorno e la notte seguente, rimanendo sveglia in preghiera. 11 giorno di Natale, durante la messa, le appare l'angelo del Signore, al quale chiede di rivelarle il significato della visione. Questi le risponde che la vergine che ha visto è la santa Umanità del Signore Gesù Cristo. Il sole nel quale la vergine siede è la Divinità che comprende totalmente l'Umanità del Redentore illuminandola. La nuvola che oscura la terra è l'ingiustizia che regna nel mondo. L'angelo si dilunga poi spiegando l'incarnazione del Figlio di Dio e la sua opera di redenzione. La visione esprime meravigliosamente il dogma cristologico del vero uomo e vero Dio in immagini femminili, mostrando inoltre la compassione divina nei confronti del mondo immerso nella sofferenza. La vergine che piange in modo struggente mostra intensamente la solidarietà divina con l'umanità bisognosa di salvezza.
- Tre giorni dopo, durante la messa celebrata in onore di san Giovanni evangelista, le appare il santo insieme alla gloriosa Regina del cielo. La veggente gli chiede direttamente perché l'Umanità del Redentore le è stata mostrata attraverso la figura di una vergine e non in forma maschile. Il santo le risponde, dicendo: Che questo sia accaduto, l'ha voluto il Signore affinché la sua apparizione potesse servire a designare pure la sua beata Madre. Poiché anche lei è veramente una vergine che siede nel sole, avendola tutta la Maestà dell'Altissimo illuminata, scendendo attraverso di lei la Divinità a visitare le tenebre del mondo. La corona designa la sua regalità e il suo potere di regnare in cielo e in terra. La bevanda del calice aureo è la più dolce e. generosa grazia dello Spirito Santo, che ricevette molto più abbondantemente di qualunque altro santo. Lei stessa porge la bevanda alle persone credenti che Dio, attraverso la sua intercessione, vuole rendere partecipi della sua grazia divina nella chiesa Il piangere della Vergine e la costante intercessione della Madre sommamente misericordiosa, con la quale incessantemente interviene presso il Figlio per i peccati del popolo di Dio. Le due interpretazioni sono oltremodo interessanti, perché leggono in due modi diversi la stessa visione, facendo però rigorosamente attenzione a non mescolare i,livelli dell'umano e del divino. Mentre la prima spiegazione si riferisce al dogma della vera umanità e divinità del Cristo nel mistero dell'incarnazione e nell'opera di redenzione, la seconda vuole mostrare l'intrinseco legame della Madre con il Figlio, richiamando il tema della caro Christi, caro Mariae. Nello stesso tempo presenta il ruolo fondamentale della gloriosa Madre nell'opera della salvezza attraverso la sua incessante intercessione, senza la quale il. mondo sarebbe già caduto in rovina a causa della sovrabbondanza di ingiustizia.

4. La risurrezione di Maria
a)
a)La visione sulla risurrezione della Vergine, che conclude la seconda parte del Libro delle visioni di Elisabetta di Schönau, è stata trascritta e pubblicata numerose volte anche indipendentemente dal resto dell'opera della visionaria. Gli studi fatti sul De Resurrectione hanno mostrato che questa visione, come quella sulle vergini al seguito di Ursula, è stata in un certo senso «commissionata» dal fratello, che insisteva affinché la veggente chiedesse all'angelo rivelatore o direttaente mente alla Vergine risposte su questioni di fede. La visione descritta viene datata 50 nel giorno in cui la Chiesa festeggia l'ottava della festa dell'Assunta, nell'anno in cui cominciò la redazione del Liber viarum Dei, cioè nel 1156. Durante l'eucaristia le appare la sua consolatrice e Regina del cielo alla quale la veggente chiede di degnarsi di darle dei chiarimenti circa la sua assunzione: se sia stata assunta in cielo solo spiritualmente oppure anche con il suo corpo, poiché i libri dei Padri lasciano dei dubbi su questo punto. La Regina dei cieli le risponde che questo non lo può ancora sapere, ma che sarà rivelato attraverso di lei. Elisabetta racconta che dopo questa risposta della Vergine non avrebbe osato più chiedere ulteriori chiarimenti sulla questione sia a lei sia all'angelo, ma le insistenze del fratello la inducono a continuare l'inchiesta.
b) Un anno più tardi il giorno dell'Assunta, dopo un periodo di malattia e ancora costretta a giacere nel letto a causa della sua debolezza, Elisabetta viene di nuovo colta dall'estasi e vede uscire da una tomba immersa di luce qualcosa di simile a una figura di donna, intorno alla quale è una grande moltitudine di angeli. Dopo un po' viene sollevata e innalzata verso l'alto. La veggente vede scendere dall'alto dei cieli una figura di uomo trasfigurato con una bandiera con la croce. Ella riconosce il Signore risorto che viene ad accogliere la Madre. Dopo ciò la Vergine le appare di nuovo, questa volta davanti ad una porta di luce, come era solita vederla, mostrandosi in uno stato di trasfigurazione. L'angelo rivelatore le spiega in seguito che la visione le ha mostrato che la Vergine Maria è stata assunta in cielo sia nello spirito sia con il suo corpo. Le spiega inoltre che il giorno della festa dell'Assunta in realtà ricorda la dipartita di Maria, mentre la sua assunzione corporale è avvenuta quaranta giorni più tardi, cioè il 24 settembre.
c) Dal racconto della mistica traspaiono i dubbi e le titubanze della veggente nei confronti di quello che ha visto ed udito. Sembra, infatti, non voler trascrivere queste rivelazioni. La Regina dei cieli le confida che questo non deve essere divulgato per non provocare dissensi. Ma alla domanda della veggente, se questa rivelazione deve essere cancellata, la Signora risponde che non le è stata affidata per essere estinta, ma per una sua maggior lode da parte di coloro che la venerano. La visione rispecchia una tappa sul cammino della discussione teologica sull'assunzione corporea di Maria prima che questa diventi fondamento di fede con la proclamazione del dogma nel XX secolo.

5. Conclusione
Sebbene l'opera visionaria di Elisabetta di Schönau sembri meno importante dell'opera teologica di Ildegarda di Bingen, essa mostra peculiarità da non sottovalutare. Nei soli dodici anni di attività visionaria Elisabetta acquista sempre più consapevolezza della sua missione, trovando maggiore espressione della sua esperienza religiosa anche nella sua identità di donna. Maria è per lei di fondamentale importanza sul suo cammino spirituale. Lo mostrano la maggior parte delle visioni nelle quali la Madre del Redentore le appare quale consolatrice, ma anche come donna regale di potere ed autorità, diventando per lei una possibilità di identificazione nella sua missione profetica. Inedite sono le visioni in cui Maria le appare in veste sacerdotale in atto di distribuire la benedizione e il Dio fatto uomo le si presenta in veste di una vergine rappresentante la sua Umanità tutta circondata dalla luce della sua Divinità. L'interpretazione mariologica della stessa visione evidenzia il tema del legame caro Christi - caro Mariae e rivela il ruolo indispensabile della Madre del Redentore nella sua opera di intercessione per il mondo bisognoso di salvezza.

Bibliografia
FERRARI SCHIEFER V., Maria nelle visioni di Elisabeth di Schönau: mistica o profezia?, in Theotokos XVIII (2010) n. 2. L'esperienza mariana nel XII secolo. Parte seconda, pp.433-444; KÖSTER K., Elisabeth von Schönau. Leben, Persönlichkeit und visionäres Werk, in: Elisabeth Jubiläum 1965. Festschrift des achthundertjährigen Todestag der heiligen Elisabeth von Schönau, ed. Prämonstratenser-Chorherrenstift Tepl, Kioster Schönau 1965, pp.17-58; DINZELBACHER P., Einleitung, in ELISABETH VON SCHÖNAU, Werke. Introduzione, commento e traduzione di Peter Dinzelbacher, Ferdinand Schöning, Paderborn 2006, XVI; CLARK A. L., Elisabeth of Schönau. A Twelfth-Century Visionary, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1992, pp. 11-27; ID.,  Repression or Collaboration? The Case of Elisabeth and Ekbert of Schönau, in Christendom and Its Discontents, Cambrige 1996, pp. 151-167; ID., Elisabeth of Schönau. The Complete Works, Paulist Press, New York 2000; ID., The Priesterhood of the Virgin Mary, in Journal of Feminist Studies in Religion 18 (2002) pp. 5-24; GÖSSMANN E., Donne teologhe, in Mariologia, Dizionari San Paolo, a cura di DE FIORES S. - FERRARI SCHIEFER V. - PERRELLA S. M., San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, pp. 435-446; FARINA M, Caro Christi caro Mariae: una prospettiva, in Gesù di Nazaret Figlio di Adamo Figlio di Dio, a cura di BOF G., Milano, Paoline 2000, pp.122-176.

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- EKBERTO DI SCHÖNAU






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