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CALVAT MÉLANIE



É una dei veggenti di La Salette, insieme a Giraud Maximin.

Mélanie Calvat, nata il 7 novembre 1831 a Corps, diocesi di Grenoble, era la quarta dei dieci figli del boscaiolo Pietro Calvat e di Giulia Bernaud; per la povertà della numerosa famiglia, spesso i piccoli erano mandati ad elemosinare per le strade del paese. Ella, perciò, fu collocata molto presto a servizio come pastorella presso i contadini dei dintorni.
Negli anni successivi all’apparizione, Melania rimase per quattro anni presso le Suore della Provvidenza a Corps, ma aveva poca memoria e poca attitudine allo studio. Inoltre, le continue visite, condite di premure ed attenzioni nei suoi riguardi, le procurarono un po’ di vanità per quanto le era capitato, e cominciò a dare ascolto a persone e consiglieri imbevuti di profezie popolari e di teorie pseudomistiche, che lasceranno in lei un segno per tutta la vita. Per tale motivo il nuovo vescovo di Grenoble, mons. Ginoulhiac, pur riconoscendo la sua pietà e la sua dedizione, rifiutò di ammetterla ai voti religiosi, “per formarla alla pratica dell’umiltà e alla semplicità cristiane”.
Dopo la trascrizione dei ‘segreti’ nel 1851, Melania cominciò, in seguito, a dare spiegazioni inesatte e poco credibili degli avvenimenti, spesso unendo al racconto cose pensate da lei e per dare credito alle sue affermazioni le collegava al segreto ricevuto dalla Bella Signora. Le sue fantasie divennero il centro del suo discorso e attraverso le sue profezie regolava i conti con quanti opponevano una resistenza ai suoi progetti. Pertanto, nel 1854, il vescovo dovette precisare: “Le predizioni che si attribuiscono a Melania non hanno fondamento, sono senza importanza nei riguardi del Fatto de La Salette… sono posteriori a quel Fatto e senza alcuna connessione con esso”. Purtroppo Melania proseguì con le sue divagazioni profetiche, orchestrate più tardi dal talento di Léon Bloy (1846- 1917), scrittore francese animato nelle sue opere da fervore profetico e mistico fanatismo, che diede così inizio ad una corrente detta ‘melanista’, rifacendosi a La Salette ma sulle basi incontrollabili delle successive affermazioni di Melania Calvat.
Lasciate le Suore della Provvidenza, Melania nel 1854 fu condotta dal sacerdote inglese Newsham, in Inghilterra tra le Monache Carmelitane di Darlington, dove prese l’abito religioso, fece i voti e rimase sei anni con il nome già preso a Corps di suor Maria della Croce, nome che conservò per tutta la vita.
Nel 1860 lasciò Darlington per entrare fra le Suore della Compassione a Marsiglia, divenendo anche maestra di lingua italiana in un collegio di giovanette, tenuto da tali suore a Cefalonia in Grecia.
Intanto il suo ‘segreto’, reso noto per intero nel 1858, con il suo linguaggio profetico, i rimproveri addolorati e il patetico appello al clero, gli annunci di castighi della giustizia divina, fu giudicato particolarmente duro e la collera di gran parte dell’episcopato francese raggiunse toni molto aspri. Melania fu reputata esaltata, pazza, visionaria ed il segreto “un parto della sua mente squilibrata”. Nel 1865, dopo qualche giorno trascorso a Corps e a La Salette, accettò l’invito di mons. Francesco Saverio Petagna, vescovo di Castellammare di Stabia (NA) e si trasferì nella città del Golfo di Napoli, dove rimase per 17 anni. A Castellammare, Melania scrisse i suoi segreti nel memoriale “Visione dei costumi e delle opere alle quali saranno dedicati gli Apostoli degli ultimi tempi”, e la Regola per un’eventuale congregazione religiosa.
Intanto l’abate mons. Zola, che in quel tempo era suo direttore spirituale, fu nominato nel 1875 arcivescovo di Lecce e nel 1879, con la sua approvazione, fece pubblicare per la prima volta ‘Il segreto di Melania’, un libro che suscitò molto scalpore. Nonostante l’imprimatur del vescovo, successivamente la Santa Sede condannò il libro di Melania, iscrivendolo nell’Indice dei libri proibiti. Bisogna precisare che tale proibizione, che mantiene tuttora il suo valore morale, riguarda solo questo libro e non il segreto in sé, come era stato già trascritto dalla veggente nel 1851 ed inviato a Pio IX.
Nel 1892, Melania lasciò Castellammare di Stabia e, aderendo all’invito di mons. Zola, si trasferì nella città di Galatina (Lecce), dove rimase per cinque anni. E a Galatina ricevette la visita del futuro santo messinese Annibale Maria Di Francia, il quale dopo edificanti colloqui, sia di persona che per lettera, la convinse a raggiungerlo a Messina per assumere per un anno la direzione formativa della sua Istituzione, le attuali Suore “Figlie del Divin Zelo del Cuore di Gesù”. Ritornata ancora una volta in Francia, si stabilì presso don Combe parroco di Diou. Quando nei convegni e nelle funzioni veniva invitata a parlare del Fatto del 19 settembre 1846, ritrovava la semplicità e la lucidità del suo primo racconto, conforme in maniera costante a quello di Maximin, come quando ritornò in pellegrinaggio a La Salette il 18 e 19 settembre 1902.
Sentendo approssimarsi la fine della sua lunga e tormentata vita, Melania disse di non voler “morire tra i Massoni”, quindi scrisse al suo antico confessore, il futuro beato Alfonso Maria Fusco, di trovarle un luogo nel quale non fosse conosciuta, per vivere nel nascondimento i suoi ultimi giorni. Padre Fusco ne parlò col Rettore del Santuario di Pompei, il domenicano padre Carlo Cecchini, che le offrì ospitalità a Pompei, ma essendo il celebre Santuario del Rosario meta di pellegrinaggi, Melania rifiutò. Tuttavia, quando il Rettore fu nominato vescovo di Altamura (Bari) e la invitò in questa città pugliese, lei accettò, arrivando dalla Francia il 16 giugno 1904, sconosciuta a tutti. Alloggiò in varie case, uscendo poco ma recandosi ogni mattina in cattedrale per assistere alla celebrazione della Messa e ricevere l’Eucaristia, trattenendosi poi a lungo a pregare nella Cappella dell’Addolorata.
Colpita da forte febbre, morì sola nella notte fra il 14 e il 15 dicembre 1904; il suo funerale si svolse il 15 nella cattedrale di Altamura, presente tutto il Capitolo, e in tale occasione il vescovo mons. Cecchini rivelò l’identità della signora francese. Padre Annibale Maria Di Francia, fondatore anche dei Rogazionisti, nel 1918 aprì una Casa delle Figlie del Divin Zelo ad Altamura e subito si adoperò affinché i resti mortali della veggente di La Salette potessero essere traslati nella chiesa dell’Istituto, cosa che avvenne segretamente e in tutta fretta il 19 settembre 1918. Sulla sua tomba un bassorilievo presenta la Madonna che accoglie in cielo la pastorella de La Salette, che pur avendo vissuto una vita difficile e tormentata, era rimasta sempre fedele e devota alla sua prima testimonianza.

Bibliografia
AA. VV. La Salette. Massimino e Melania, in Myriam LIX (2009), n. 4., pp. 20-24; GRASSO A., Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane, Editrice Ancilla, Conegliano 2012, pp. 43-44; CASTEL R., La Salette. Un cammino con Maria, Édition Du Signe, Grenoble 1994; BARBERO G., La Vergine a La Salette. Storia dell’apparizione, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996; ROETHELI E. W., La Salette. Die botschatt verstehen, Kanisius Verlag, Freiburg 1993. , 32-40; AVITABILE A. - ROGGIO G. M. - PERIN I., Bellezza e solidarietà. La spiritualità dell'apparizione di Maria a La Salette, EDB, Bologna 2002; AVITABILE A. - ROGGIO G. M., La Salette. Significato e attualità. Per una rinnovata teologia e spiritualità delle apparizioni, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996; BLOY L., Il miracolo di La Salette, Medusa Edizioni, Milano 2012.

VEDI ANCHE
- GIRAUD MAXIMIN
- LA SALETTE

 






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