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POETI CONTEMPORANEI


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1. La poesia religiosa
Per gli antichi greci esistevano tre categorie di uomini sacri: i sacerdoti, gli eroi e i poeti. Che cosa hanno in comune poeti, eroi e sacerdoti? É la triade che avvicina il mondo degli umani al mondo degli dei. Le tre categorie sono sante perché creano e immettono nella storia qualcosa che non esisteva, un di più che fa più grande l'universo: il sacerdote con il sacrificio, che è ponte tra uomini e dei; l'eroe con gesta che cambiano il corso della storia e in cui si realizza il volere degli dei; il poeta con la cultura e la poesia che aprono nell'uomo lo spazio di Dio, attraverso l'esperienza della meraviglia e dell'angoscia. Il tempio, la storia, il cuore. Tre luoghi di Dio affidati al ministero di tre categorie di uomini. Ma per gli antichi sapienti è soprattutto il cuore ad essere la porta degli dei. La porta che aprono i poeti, i somiglianti nel cuore a ciò che cantano:
        un solo verso
        fessura sull'infinito come
        il costato aperto di Cristo, anche
        un solo verso può fare
        più grande l'universo.

C'è una profezia nel verso; il poeta parla parole non sue, che sono fessure sull'infinito, è l'ispirato che vaticina un mondo più grande, più profondo, più bello. La parola poetica contiene un «di più», un'ispirazione (come la parola sacra). Succede come con i Salmi: un uomo nell'angoscia o nel peccato ha pregato, usando parole così belle e così vere che Dio ha detto: queste sono parole mie! E nascono i Salmi, dove parola di terra e parola di cielo si mescolano.

2. La poesia religiosa a soggetto mariano nella tradizione italiana
a) Il Laudario mariano si è fatto, nei secoli, sterminato. Come spiegare tale attrazione? La risposta è semplice: Maria è l'incarnazione della bellezza, divina e umana. Risponde ad un bisogno di filocalia (amore del bello) di ascendenza biblica: «cantate inni con arte» (Salmo 33,3; 47,8); «sulla cetra vi spiego l'enigma» (Salmo 49,5): con gli strumenti della musica e della poesia il salmista accosta il mistero e ne trasmette l'eco. Filocalia che già Agostino d'Ippona poneva a sigillo della misura alta della vita, nella Regola: «questa via seguite come innamorati della bellezza spirituale (spiritalis pulchritudinis amatores)». Filocalia che non è passione per l'estetismo, ma indica la pienezza dell'umano, l'armonia del vivere, secondo i padri Cappadoci. E se la bellezza è, come sostiene Dionigi l'Aeropagita, «la forza che crea ogni comunione», che con-vince, cioè lega insieme, ogni uomo è attratto da ciò in cui è custodita bellezza. Il male è presente, ma il bene è «più antico» (presbyteron), diceva Plotino.
b) Nostalgia di quel bene presbyteron è la poesia, e la poesia mariana in modo tutto particolare. Nei testi poetici a soggetto mariano, l'incontro tra il vigore teologico e la forza dell'emozione è lo stigma, l'impronta della poesia riuscita. Nella letteratura italiana antica, solo in Dante questo connubio tra teologia ed emozione è perfetto. Petrarca tocca vertici lirici ed emozionali altissimi: «Vergine bella che di sol vestita [ ... I al sommo sole piacesti sì che in te sua luce ascose». Pur cantando proprio la bellezza di Maria, in grado di sedurre lo stesso Dio, in lui la comprensione teologica è meno vigorosa che in Dante. Anche il terzo dei grandi autori italiani medievali, Boccaccio, invoca al termine della sua vita Maria, come guida e madre di misericordia. Devoto, ma non teologo. La dimensione emotiva è invece preponderante, determina l'impasto linguistico pietroso e dolcissimo di Jacopone da Todi: «Donna de Paradiso, lo tuo figliuolo è priso». Dal secolo XIV la poesia mariana subisce un processo di impoverimento: normalmente è priva di autentico calore religioso, poiché il pensiero dell'umanesimo si è staccato da una concezione sacrale e teologica dell'esistenza, propria del Medioevo. Solo con Manzoni la poesia religiosa riacquista un'ispirazione genuinamente cristiana. Dopo di lui e per gran parte del Novecento la presenza mariana è molto diffusa nella produzione letteraria, ma generalmente si illanguidisce in un ideale di bontà, si esaurisce nell'esaltazione della innocenza, della maternità, del bisogno di soccorso, della nostalgia dell'Alto, nel ricordo dei riti dell'infanzia.
c) Qui sorge una prima domanda: che cosa deve attendersi il lettore dalla poesia religiosa? Le stesse affermazioni della mariologia speculativa, ma espresse in altro linguaggio? Questo significa fare della poesia soltanto l'ancilla theologiae, senza concederle uno statuto autonomo. Nella poesia cerco invece ciò che la riflessione mariologica non dice, un'intuizione particolare e nuova, un contributo non pensato ancora, la dimensione del cuore, l'emozione. Frequentare poeti è imbattersi nell'inaudito, etimologicamente, in qualcosa di non udito ancora. La poesia da nulla è giustificata se non da sé stessa. È un autonomo luogo teologico, un luogo di rivelazione di qualcosa di nuovo, in un linguaggio nuovo. Che si confronta, ma che non ha necessità di essere legittimato dall'ortodossia. Se per i greci il poeta era uomo sacro, per noi potrà essere almeno un po' teologo, sull'eco di Aristotele: «ogni poeta è teologo»? Il dialogo tra la via veritatis e la via pulchritudinis è vero e fruttuoso solo se paritetico. Il XII Canto spirituale di Novalis, l'autore di Inni alla notte, dice:
        Io ti vedo in mille immagini
        espressa con grazia, o Maria,
        ma nessuna ha la forza di raffigurarti
        come ti vede l'anima mia.
In ognuno sta, socchiusa, la porta degli dei, questo «vedere con il cuore», vedere con «grazia» e «forza»; in ognuno veglia forse un veggente e un esperto di divine cose. Che può parlare di Dio dall'interno di se stesso. Con «grazia e forza», con emozione. Il contrario di estetico, infatti, non è brutto, ma anestetico, cioè insensibile, senza moto di passione, algido o dormiente.
d) Il materiale che si raccoglie nell'ultimo secolo è il più diverso e contrastante. Il nostro è tempo di intemperanze, che ignora le regole della buona geometria e procede per tornanti, svolte improvvise, bizzarrie, ripensamenti. In comune le poesie mariane hanno soltanto la più totale diversità. Tuttavia, in questo grigiore movimentato alcuni autori si impongono per la loro forza e mettono in luce ciascuno una diversa sfaccettatura della bellezza, come uno spettro di colori, dal cuore della tenebra al rosso della contemplazione. Ne faremo una minima antologia, dichiaratamente parziale, dichiaratamente incompleta.


3. Clemente Rebora
Clemente Rebora (1885-1957) è il primo nome che è necessario citare. È lui che inizia la ricerca più propriamente novecentesca della parola poetica, che perde il sapore didascalico e diviene poesia del sangue («il sangue ferve per Gesù che affuoca») e quindi poesia adulta. Vive una macerazione interiore tanto intensa che Carlo Bo non esiterà ad avvicinare il suo linguaggio a quello dei grandi mistici del passato, Teresa e Giovanni della Croce. Come fu detto della sua poesia: «Rebora parla di Dio dall'interno di se stesso». Tuttavia la sua produzione mariana è talmente limitata e indiretta da non permettere un'analisi significativa.


4. David Maria Turoldo: bellezza, memoria e profezia
David Maria Turoldo (1916-1992) è il poeta del Novecento che più di ogni altro ha cantato la Vergine. A Turoldo si deve riconoscenza per il fatto che solo grazie a lui la poesia mariana è diventata genere. Preghiera alla Vergine del 1952 è il testo discriminante, unico in Italia a rompere con la produzione pietistica e sentimentale del primo Novecento. Il suo Laudario alla Vergine contiene la risposta sinora più compiuta all'appello di Paolo VI per la promozione di una pietà mariana ispirata alla via pulchritudinis; si alimenta di Bibbia, di Salmi, ma soprattutto della Rivelazione intesa come senso di ogni realtà, laddove il sacro coincide con il reale. È canto d'amore dal timbro appassionato e virile.
        Vergine, cattedrale del silenzio,
        anello d'oro
        del tempo e dell'eterno.

Si tratta di tre versi molto noti, del 1958 (in Ma ora sei nostra Madre), che evocano un'immagine ripresa, poi, ancora molte volte e che lo accompagnerà fino all'ultimo giorno. Malato terminale Turoldo scrive:
        Stella del mare, dietro il tuo raggio
        Di navigare mi sento tranquillo.
        Le onde son calme e distese.
        E tornato il sereno,
        il cielo si è aperto, laggiù, e se ne illumina il fiordo.
        Sulla tolda sta seduta anche lei, e parliamo, parliamo....
        Aurora dell'ultimo giorno, con te si naviga
        Verso il Principio.

Maria, immagine conduttrice del nostro pellegrinaggio - «con te si naviga» - e che contiene il DNA del credente, pellegrino e cercatore; un navigare necessario al vivere profondo (vivere non necesse, navigare necesse est!). Il poeta Giovanni Angelo Abbo scrive:
        Santa Maria, con quel nome sulla chiglia
        I padri salpavano verso mari dai flutti giganti.
        Anch'io lo scrivo a prua    
        Della fragile barca che è
        La mia vita e ti chiamo
        Ti chiamo santa Maria.
        E fioriranno sempre
        Coraggio e meraviglia.

Al termine del suo ultimo avvento (20 dicembre 1991) scrive:
        Sei la stella che spunta sulla curva del globo
        Che il tempo riassume e unisce all'eterno
        Dall'alba del mondo
        Tu il desiderio delle cose,
        della Realtà estrema il compiacimento
        Sei la vera fonte ti dicono le fonti,

        sei la vera rosa, ti dicono le rose
        e l'Aurora di ogni aurora
        avanti che sorga l'ultimo giorno.
        E la cerva incantata ti guarda e sospira.
        Divina fanciulla, segno del femminino eterno necessario alla stessa Deità.

Maria «Bellezza intatta di tutto il creato» («vera rosa ti dicono le rose»), bellezza delle origini (progetto di Dio non contaminato ancora, frutto non avvelenato dal serpente) e dell'ultimo giorno (memoria e profezia). Con lei il poeta morente naviga verso la fine, una fine che è un nuovo inizio, un ritrovare il Principio. Consapevole che Dio ha voluto fare del suo grembo il suo fiordo, Maria intona il Magnificat, inno di un'anima che è naufragata nel mare di Dio, sospesa tra il proprio nulla e la meraviglia per ciò che Lui fa. Il suo canto esultante si spande per l'universo.
        Vela a pieno vento la voce
        si spande per l'universo, il Magnificat
        cantando dell'anima tua
        naufragata nel divino mare:
        e lo sguardo di Lui che ti guarda
        dolcissimo, e ancora t'inonda
        come dolcissima luce, e lo Spirito
        di Lui che ti possiede e feconda!

Un suo privilegio colpisce in particolare il poeta: Maria è l'innamorata sposa dello Spirito santo.
        Colomba, Vergine-sposa, o Donna, . . .
        cui solo Iddio sfiorerà la bocca di sorgiva,
        sei il dispiegato vessillo dell'Amore
        nella valle dei Terebinti.

Maria appare, ancora, come riserva, archivio di gioia:
        Vergine, se tu riappari i fiumi rispargeranno letizia da mare a mare...
        Vergine, se tu non riappari anche Dio sarà triste.

Se tu non riemergi con la tua forza e la tua bellezza che conducono verso la piena maturità l'uomo e il credente, la fede perderà gioia.: Maria entra nella casa di Elisabetta, entra nel segreto che lei portava nel cuore. E porta la gioia. Il segno che porti Cristo è che il bambino, nell'altro, sussulti, danzi di gioia. Non solo gioia per il credente, ma per il creato per i fiumi e i mari, per il Creatore stesso. Partito da un approccio «mitico» alla Vergine, Turoldo tenta di giungere ad una percezione «storica» di lei. Contemplata però già avanti, dopo l'Assunzione:
        Vergine cattedrale del silenzio,
        anello d'oro del tempo e dell'eterno,
        vai e vieni per gli spazi a noi invalicabili,
        tu porti la nostra carne in paradiso
        e Dio nella nostra carne.

Anello di memoria e di futuro. Turoldo sottolinea innanzitutto la bellezza (cosmica e vorrei dire «mitica»), ma poi giunge all'esperienza storica della meraviglia di Maria. La meraviglia lascia senza parole e insieme chiede tutte le parole del mondo (un nuovo Magnificat) per essere detta. Afferma Gregorio di Nissa: «i concetti creano idoli, solo lo stupore coglie qualcosa». Anche su Dio. Il poeta è maestro di stupore: re-incanta la vita. Contro il nihilismo imperante, contro il mito del pensiero debole, contro il fondamentalismo, che è angoscia allo stato puro, l'urgenza di oggi per l'Occidente è reincantare la vita, riscoprendone il senso e la profondità, anche per il tramite della bellezza.


5. Giovanni Testori: bellezza ed emozione del rapporto con Dio
Giovanni Testori (1923-93) ha lasciato parole e versi incandescenti, talvolta di andamento anarchico; ha innescato nelle parole quella carica dirompente che fa saltare per aria le convenzioni letterarie. Ha un tale bisogno di un rapporto umano e tangibile con il divino, che l'esperienza corporea di Maria gli appare come la via privilegiata e ne indaga tutte le sensazioni, le tracce, le emozioni. Ci dice che senza il corpo di Maria il Vangelo perde consistenza. In Interrogatorio a Maria il tema portante del rapporto sensibile con il divino è svolto con un linguaggio poetico, turgido di immagini che sanno di sangue e  di carne, talora ossessivo e violento, ricco di contrasti, tra popolare e teologico, poesia moderna e lauda medievale. Il soggetto è semplice. Un coro (greco) di fedeli prega Maria di ritornare tra noi:
        Noi Ti chiamiamo,
        di Te sete, fame
        bisogno abbiamo.
        Vieni;
        porta disserrata,
        speranza disarmata,
        cima altissima e innevata!
        Tu sai;
        parlare Ti dobbiamo.

E Maria si presenta, muovendosi nella folla. Non giovane sposa, ma donna sciupata dagli anni e dalle sofferenze; viene «dal grembo del suo Grembo», cioè dall'onnipresente realtà di Dio. Nell'immenso Io di Dio, assieme a lei, ci ritroviamo tutti noi, «famiglia immensa e intera, bellissima foresta». Il coro interroga la Vergine sul suo concepimento per opera dello Spirito Santo. Come è avvenuto? Cosa ha sentito nel suo ventre in quel momento?
        Una carezza, un precipizio,
        una dolcezza, un lampo,
        come se in me scendesse
        oltre lo spazio,
        dell'Esistente, del Non-nato
        e della Sua eterna carità,
        il respiro, la gloria,
        la bellezza, il fiato.

Incoraggiato da queste confidenze, il coro formula domande ancora più intime. Le risposte sono quelle di una donna la cui volontà è riempita di Lui, che era Spirito eterno; e si lascia da Lui trasportare su quei lidi dove il concepimento diventa liturgia d'amore, concentrazione di eternità, possesso trasfigurante. La carnalità resta tale, ma trasfigurata perché rende l'amata tempio divino.
        In me che il Padre perforava
        dentro il mio grigio nulla,
        fecondandomi
        lo Spirito erigeva la Sua grotta,
        la Sua culla.

La bellezza che Testori evoca è quella della carne trasfigurata. Senza il corpo di Maria, il vangelo perde corpo. Non è diminuendo l'umano che in noi cresce il divino. Non è vero che meno umanità equivale a più divinità. É vero esattamente il contrario. Più Dio equivale a più io. Se Natale non fosse io non sarei. Solamente chi cerca vita troverà Dio. In fondo a nessuno interessa un divino che non faccia fiorire l'umano. In Maria egli vede la bellezza esemplare del rapporto con Dio, rapporto sempre generante vita. Lo Spirito anche dentro il nostro «grigio nulla erige la sua grotta e la sua culla».


6. Davide Maria Montagna: bellezza e la dinamica del desiderio
Voce nitida e lucente di mariologo e di poeta, Montagna ha pubblicato un'eccelsa raccolta, Tra Eros e Agape, sulla seduzione e sulla dinamica del desiderio. Non ha avuto il riconoscimento che meritava, ma resta indimenticato a chi ha avuto la ventura e la grazia di frequentano. Dal libro di poesia e teatro, Il discepolo la prese con sé, riportiamo la poesia Annunciazione, che descrive così la disponibilità nuziale di Maria:
        Con ala di fuoco
        ha inciso l'angelo
        come zolla il cuore.
        Spargi ora il tuo seme,
        Signore, e l'acqua manda
        e il vento: povera terra
        io sono, ma smossa
        da un fremito silente
        e protesa - granello
        per granello - all'onnipotente
        tua Parola.
        Già ha inciso l'angelo

        come zolla il cuore.
Fuoco acqua, aria, terra: il poeta convoca i quattro elementi fondamentali, la pienezza del cosmo. Dall'inizio che è trasalimento e bruciatura del cuore, e poi ripartenza della creazione, alla immagine finale del percorso mariano, oltre la storia. Questa è, invece, la Veglia dell'Assunta:
        Che labbra potrebbero
        intessere inni per te,
        melodiosa presenza
        nel cosmo di gioia pasquale?
        O luna che sorgi
        dal cuore dell'ombra,
        il sole remoto,
        il Cristo, riverberi
        in cielo purissimo.
        Icona splendente
        del nostro futuro
        almeno tu gli occhi
        vivissimi volgi
        al canto devoto.
        Bellezza altissima
        e dolce sorella
        tu fiore intatto
        di nostra radice
        accoglici teco.

Le immagini (melodiosa presenza nel cosmo, luna che sorgi e riverberi, icona del futuro, bellezza altissima) portano la preghiera alla sua pienezza: contemplazione lirica e grata, che non chiede nulla. Ma l'emozione si dilata in rivelazione: «luna che riveli il sole remoto». «O vergine sedotta per prima dal bacio dello Spirito», scrive ancora Montagna. Maria la sedotta. Il termine «seduzione» che il teologo non sa manipolare, ma lo sa far bene il profeta, e con lui il poeta, dice che la bellezza di Maria ha sedotto Dio e per questo il sedotto si fa seduttore, sul ritmo e sull'eco del Salmo 44 («la tua bellezza incanta il re»). Tutti incontrano una seduzione nel mondo. Esperienza ordinaria è incontrare seduttori umani. Avventura straordinaria è incontrare seduttori non umani. Bellezza e seduzione: la grande energia che muove la storia, l'energia decisiva, non sono i rapporti di forza od economici, ma i rapporti di seduzione. Bellezza e seduzione sono la forza del cuore. La vita non si muove per delle coercizioni o degli obblighi. La vita si muove per una passione. La passione nasce dall'aver scoperto una bellezza. La bellezza è la forza che sorregge il cuore: per re-incantare la vita, con quel di più che le è vitale come il respiro; per disporsi al grande viaggio, andare più al largo, senza temere nuovi mari; come indicazione di un destino e sua forza di attrazione. Due sono gli assi lungo i quali evolve la storia umana: un asse cumulativo, dove ogni acquisizione si somma alle precedenti (economia, tecnica, scienza, medicina, ecc.) e poi un asse non cumulativo, dove il vissuto non è la somma dei dati precedenti, ma è sempre nuovo (religione, arte, amore, poesia, Filosofia, ecc.). L'estetica non si riduce quindi ad un accessorio, ma diviene un metodo di comprensione del reale e uno degli assi di evoluzione della storia.
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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