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GIORGIO DI NICOMEDIA


1. Cenni biografici e opere a carattere mariologico
a)
Ricevette dapprima l'incarico di archivista di Santa Sofia a Costantinopoli, e nell'860 fu nominato metropolita di Nicomedia da Fozio, di cui fu amico e sostenitore entusiasta nella controversia che questi ebbe con il patriarca Ignazio. Dopo il IV Concilio di Costantinopoli (869-870), Ignazio, che era stato reintegrato nella sede patriarcale, lo depose; ma Giorgio poté riprendere possesso della sede di Nicomedia dopo la morte del patriarca. Non sono noti né la data né il luogo della sua morte, che è avvenuta dopo l'880, avendo anch'egli partecipato al sinodo di Santa Sofia dell'879-880 nel quale venne riabilitato il patriarca Fozio.
b) Quantunque il metropolita di Nicomedia si esprima in uno stile piuttosto prolisso, la tradizione bizantina lo considera uno dei più eminenti e facondi oratori del IX secolo; e in effetti Giorgio ha lasciato alla tradizione bizantina l'impressionante eredità di 170 omelie nelle quali manifesta un predominante interesse per la teologia e una considerevole inclinazione verso l'uso della letteratura apocrifa. Ma fra tutte queste omelie, solo di una decina è stata fatta l'edizione e nove trattano della Madre di Dio. Nelle prime quattro, che celebrano il suo concepimento, l'omileta si interessa più diffusamente delle virtù e dei meriti dei genitori Gioacchino e Anna che non di lei. Tre omelie sono dedicate alla festa della sua presentazione al tempio e in esse Giorgio disegna un'immagine della Vergine cosi incomparabile nella sua purezza e perfezione, da farne una creatura del tutto straordinaria ed eccezionale, quasi al di fuori della comunità degli uomini. L'ottava omelia presenta un ampio e appropriato commento a Gv 19,25-27, in cui l'autore si accosta con squisita sensibilità e amorevole devozione alla persona della Madre di Dio sofferente ai piedi della croce, sulla quale sta morendo suo Figlio, che è innanzitutto Figlio di Dio. La nona omelia descrive la prolungata presenza di Maria presso il sepolcro di Gesù, inattesa della sua risurrezione. In questo testo Giorgio offre dei momenti di riflessione su alcuni aspetti particolari dell'opera redentrice di- Cristo. La decima omelia non è mariana; è un encomio sulla vita e il martirio dei santi medici e martiri Cosma e Damiano. H. G. Beck attribuisce al metropolita di Nicomedia un'omelia sulla festa della Presentazione di Gesù al tempio (Ipapante) che Migne ha pubblicato tra le opere spurie di Atanasio Alessandrino. Con il suo nome si trova in un codice vaticano un'omelia per la Sinassi della Theotokos, indicata da un menologio per la celebrazione del 26 dicembre, ma l'attribuzione a Giorgio di Nicomedia richiederebbe studi e ricerche ulteriori. -

2. Gioacchino e Anna, genitori della Madre di Dio
L'insistenza sulla descrizione della singolare santità dei genitori di Maria ha una sua motivazione che l'omileta lascia trasparire chiaramente: egli intende creare un legame di consequenzialità tra la loro santità e quella ancora più straordinaria che la loro figlia sarà chiamata a realizzare nella sua persona, in vista della prodigiosa concezione del Verbo di Dio nel suo seno. La maternità divina della Vergine santa ha la sua preparazione remota nella perfezione morale dei suoi genitori; e nello stesso tempo essa proietta su di loro in anticipo quella gloria che dal Figlio suo irrompe sulla Madre: «Sono stati resi grandi dai doni magnifici di quella grazia che loro stessi si erano adeguatamente preparati a ricevere e che ha loro recato una gloria maggiore di quella di tutti gli antichi uomini giusti. Questa grazia ha fatto in modo che essi meritassero di godere di quei misteri che essi desideravano per lei, e che fosse loro mostrato il primo di quegli eventi che erano stati loro promessi dagli oracoli dei profeti e che rientravano nella loro grande attesa». Alludendo al racconto apocrifo dell'apparizione a Gioacchino e Anna di un angelo che avrebbe loro annunciato la prossima nascita miracolosa di Maria, Giorgio di Nicomedia loda la fede dei due anziani coniugi, i quali hanno posto la loro fiducia nella potenza di Dio, che supera qualsiasi limite della natura. Essi non hanno richiesto prove ulteriori, ma si sono interamente affidati alle promesse divine, sicuri che avrebbero concepito la prole che era stata loro preannunciata. L'omelia si conclude nello stupore e nell'ammirazione per la portata e la bellezza del fatidico evento compiutosi in due anziani genitori. Una donna sterile e avanti negli anni è diventata madre della Madre di Dio, ossia di colei che avrebbe concepito verginalmente il Verbo Incarnato, ornamento unico e senza uguali della natura. Nella figlia di Gioacchino e Anna si sarebbero concentrate tutte le speranze dell'umanità.

3. La santità iniziale di Maria
Nelle tre omelie per la presentazione della Vergine al tempio, si offrono a Giorgio numerose opportunità per toccare il tema della santità mirabile che rifulgeva nella persona della Madre di Dio e io fa sovente, da bravo oratore, ricorrendo alle metafore, alla figura retorica dell'esclamazione: «O vaso colmo di grazia! O natura terrena che ha superato le sue stesse leggi! O tu che con i tuoi modi incomparabili sei andata ai di là del tuo modo di essere! O tu che sei la magnifica primizia che prima la natura umana non ha mai potuto offrire al Creatore!». L'accento sulla santità iniziale di Maria vuole significare che la bambina, presentata al tempio all'età di tre anni, aveva già qualcosa di grande e di cospicuo da offrire al suo Dio. Inoltre l'omileta ricorre anche alle comparazioni per concludere che la purezza e la ricchezza spirituale della Madre di Dio non ammettono alcun termine di confronto: «La nostra innocenza, paragonata alla sua, si rivela del tutto difettosa. L'eccellenza della sua santità e della sua incontaminata immacolatezza rimane ineguagliabile. Anche nel caso che si volesse ritenere la sua purezza simile alla nostra, sarebbe comunque oggetto di maggiore ammirazione a causa della novità superiore del suo caso». L'aspetto assolutamente nuovo della perfezione spirituale della bambina presentata al tempio, confrontato con la nostra santità, consiste nel fatto che ella, quantunque unita ad un corpo, diversamente da noi, è dotata di una purezza immune da ogni macchia. Ci si trova di fronte ad un prodigio nuovo e al di sopra di ogni altro.

4. Zaccaria accoglie la Vergine nel tempio
Seguendo i racconti apocrifi, Giorgio di Nicomedia descrive ampiamente l'incontro della bambina con il futuro padre di Giovanni Battista, il sacerdote Zaccaria, il quale ebbe la sorte di accogliere Maria nel tempio di Gerusalemme; e commenta la sorpresa del sacerdote davanti alla novità di una creatura talmente piccola e tenera, e tuttavia così spiritualmente dotata, che portava tutti i segni di un misterioso miracolo: «Quale nuovo spettacolo è mai questo? Perché viene scortata da spiriti celesti? Chi è mai costei alla quale gli angeli portano il cibo? Quello che si vede è qualcosa di nuovo e di stupendo, a noi del tutto ignoto. Questa creatura femminile sembra dotata di una robusta intelligenza superiore alla nostra. A confronto con lei, risultano fragili anche i doni più eccelsi della nostra natura». L'autore pertanto crede di poter affermare che la bambina, entrando nel tempio, pur non essendo ancora uscita dall'età infantile, aveva di gran lunga superato le condizioni che caratterizzano tale età, e pertanto afferma: «Ella viene offerta al tempio e separata dai genitori; eppure non sembra avere la sensazione di subire costrizioni contro le sue tendenze naturali». Le omelie per la presentazione della Vergine al tempio sono per il metropolita di Nicomedia una buona occasione per esaltare l'atteggiamento attivo di Maria che, avendo ricevuto grazie straordinarie fin dagli inizi della sua esistenza, dimostra ora la propria volontà di rispondere alla chiamata che il Signore le rivolgeva attraverso i suoi doni speciali. Una tale volontà attiva di Maria viene intuita dal popolo cristiano che per questo si rivolge a lei in cerca di aiuto e protezione, e che la prega in questo senso: «Guarda: tutta la speranza del popolo cristiano è riposta in te. Quindi fai in modo che il tuo potere si metta a disposizione del suo bene e della sua prosperità; perché non ha altro rifugio dai mali che lo sovrastano se non la tua inespugnabile difesa... Sorgi dunque con grande potenza al cospetto dei popolo e disperdi i nemici del Figlio tuo cosicché, liberati dal loro empio furore, operiamo in comune letizia ed esultanza e parimenti magnifichiamo il nome tuo gloriosissimo ed estremamente desiderabile». La bambina presentata al tempio è cresciuta nella mente dei fedeli fino a diventare colei che, con i suoi interventi, può risolvere i problemi e le difficoltà della vita cristiana.

5. Significato della presenza di Maria al Calvario
È questo il tema centrale dell'ottava omelia, che il vescovo di Nicomedia introduce opportunamente con un'ampia introduzione di carattere cristologico. Spiega come la salvezza del genere umano derivi dal sacrificio di Gesù sulla croce, quantunque agli occhi dei profani questo sacrificio possa sembrare un motivo di scherno e di disprezzo. Invece non solo gli spiriti celesti, ma la creazione stessa, di fronte allo spettacolo impressionante di un Dio che muore su una croce, non possono fare a meno di reagire con sdegno contro gli uomini per la loro insensibilità che li rende ciechi di fronte alla pazienza e all'amore di colui che si sacrifica per la salvezza di tutti. L'autore dà inizio al discorso mariologico attirando l'attenzione dei suoi uditori su quei pochi discepoli che hanno dimostrato una coraggiosa fedéltà al loro Maestro, ossia l'evangelista Giovanni, le tre Marie che si sono spinte fino ai piedi della croce, e altre donne che osservavano la scena del Calvario da una certa distanza. Giorgio tiene a precisare che la Vergine Maria era la persona più vicina al Figlio, non soltanto con il suo amore materno, ma anche con una certa maggiore prossimità fisica: «La Madre, dopo aver seguito da vicino il Figlio, continuava a rimanere immobile accanto a lui, dimostrandogli il suo ardente e compassionevole amore con un'eroica fortezza d'animo».

6. Maria presente all'Ultima Cena e a tutta la Passione
In nome del principio secondo cui Maria non poteva stare lontano dal Figlio neppure per breve tempo, principio divenuto chiaro al Calvario, Giorgio inserisce un flashback e retrocede all'episodio dell'Ultima Cena per ipotizzare la presenza della Madre di Dio anche al Cenacolo, insieme con le altre donne che seguivano Gesù nei suoi spostamenti in terra di Palestina. Non solo; Giorgio di Nicomedia pensa che tutte le altre fasi della Passione del Figlio si svolsero sempre alla presenza della Madre; e lo spiega sostenendo che Maria, superando le proprie sofferenze materne provocate dalle torture inflitte al Figlio, non cessò mai di condividere la volontà di lui che lo spingeva ad immolarsi per la salvezza del mondo intero: «Ella badava attentamente a non comportarsi in modo contrario alla volontà del Figlio, che si era votato alla morte». Man mano che la Passione del Figlio si avvicinava al suo momento culminante, il dolore della Madre andava assumendo proporzioni sempre più crocifiggenti per la sua anima. Giorgio costruisce una specie di parallelo tra il martirio corporale di Gesù e quello dell'anima di Maria: «La Madre, ferita dai colpi innumerevoli e dolorosi (inferti al Figlio), cercava di avvicinarsi sempre più a lui e di rivolgergli una parola di condivisione del suo dolore, ma la prepotenza irremovibile dei soldati e dei circostanti non glielo consentivano». Finalmente le fu permesso di accostarsi alla croce e di sfogare l'angoscia della sua anima con parole che sembravano esprimere sconforto e realismo: «Hanno denudato il sole di giustizia! Hanno spogliato il mio meraviglioso ornamento! Hanno trapassato le membra di colui che ha mantenuto immacolata la mia castità; di colui che ha voluto intatti i sigilli della mia purezza e della mia verginità». Cercando di interpretare i sentimenti dell'animo materno, l'omileta pensa che Maria avrebbe voluto prendere su di sé le sofferenze del Figlio, ma ella stessa si rendeva conto che non era possibile: «Tu solo potevi accettare queste sofferenze per la salvezza di tutti, perché tu solo sei il Creatore, venuto appositamente nel mondò per conseguire un tale scopo». A questo punto Giorgio immagina che la Vergine santa abbia avuto un sussulto di adesione indiscutibile al disegno salvifico di Gesù, per cui le mette sulle labbra parole di accettazione definitiva della divina volontà: «Signore, va' pure a compiere la tua indescrivibile economia di salvezza. Figlio più desiderabile di ogni altro bene, va' a ricevere la gloria che ti spetta. D'ora in poi,o mio tesoro, non potrò più abbracciare il tuo corpo, perché tu porterai nella tua divina sede quella natura umana che hai preso da me». Secondo il metropolita di Nicomedia, dunque, Maria non solo aderisce nella fede alla volontà redentrice del Figlio, ma si dimostra pure consapevole dei dettagli in cui l'economia della salvezza si dovrà compiere. A lei il Figlio affida un prezioso ministero: quello di essere la mediatrice tramite la quale gli apostoli e i discepoli potranno conseguire una pronta riconciliazione con lui. Giorgio inoltre tende ad attribuire alla Vergine un potere di intercessione che appare quasi onnipotente.

7. Madre degli uomini
Commentando Gv 19,25-27, Giorgio entra nel mistero della maternità che Maria esercita nel confronto degli uomini. Egli presenta questa maternità come conseguenza di una volontà esplicita che Gesù ha manifestato nelle due dichiarazioni fatte dalla croce: Ecco tuo figlio! Ecco tua madre! Una madre anziana e sola viene di solito affidata alle cure dei figli. Per Giovanni, il discepolo che Gesù amava, questa Madre, lungi dall'essere un peso, è un dono inestimabile: «Madre di lui, Signore di tutte le creature! O eccelso onore per un discepolo! O eredità più ricca di tutti i beni esistenti! Di quale dono di grazia il discepolo prediletto divenne messaggero! Infatti gli fu concesso di poter essere chiamato fratello del Creatore dell'universo e di ottenere in sorte e accogliere presso di sé la Madre sua, signora di ogni creatura». Nell'accordare a Giovanni questo dono inestimabile, Gesù gli chiede di onorarla come si addice alla Madre del Signore e di supplire lui nell'amore filiale che egli non può più dimostrarle su questa terra. Le parole del Redentore hanno il potere di creare una realtà: «Io la costituisco madre non soltanto tua, ma anche di tutti gli altri; la pongo a guida dei discepoli e voglio assolutamente che ella venga onorata per la sua prerogativa di madre». Il vescovo di Nicomedia si avvia alla conclusione di questa lunga omelia, commentando i fatti degli ultimi istanti della vita di Cristo, della sua morte e della sua sepoltura. Nella nona omelia su Maria al sepolcro di Gesù, continua questo tipo di esegesi che aggiunge considerazioni sulla fede e sulla testimonianza della Madre circa la risurrezione di Gesù. Sono testi che si rivelano ricchi non solo di dottrina ma anche di profonda umanità e di devozione filiale.

Bibliografia
GAMBERO L., Fede e devozione mariana nell'impero bizantino. Dal periodo post-patristico alla caduta dell'impero (1453), San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 78-89; GIORGIO DI NICOMEDIA in PG 100, 1336-1504; ID. Inni in Trembelas, 252-253; ID. Theotokarion, n. 58, 188-191; ID.,  AHG, I, 108-135; ID. In conceptionem, I, PG 1000, 1337-1354; ID Nella presentazione al Tempio, Oratio VII, PG 100, 1441-1456; ID. Maria ai piedi della croce, PG 100, 1461-1466; BECK H. G., Kirche und teologische Literatur im Byzantinischem Reich, Verlag H. C. Beck, München 1977, pp. 542-543; GRAEF H., Maria. Eine Geschichte der Lehre und Verehrung, Herde, Freiburg 1964, pp. 173-176; O' CARROLL M.,  Theotokos. A Theological Encyclopedia of the Blessed Virgin Mary, Glazier, Wilmington, Deleware 1982, pp. 154-155; AA. VV., Testi mariani del primo millennio. 2. Padri e altri autori bizantini, Città Nuova, Roma 1989, pp. 741-781; BOUVY E., La féte de l'Eisodos ou de la Présentation de là Vierge dans l'Eglise Grecque, in Bessarione 1 (1896-1897), pp. 555-562; Marienlexikon, II, pp. 622-623.






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