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TUROLDO DAVID MARIA



David Maria Turoldo è il poeta del Novecento che più di ogni altro ha cantato la Vergine, inquadrandola negli sfondi biblici e trinitari. Ciò perché la sua poesia si alimenta della Rivelazione intesa come vita, senso di ogni realtà, tensione dinamica e trasformante; è visione, preghiera, canto d'amore dal timbro appassionato e virile.

1. Cenni biografici
Giuseppe Turoldo nasce a Coderno di Sedegliano il 22 novembre 1916. Dopo alcuni anni di formazione presso l’ordine mendicante religioso dei Servi di Maria (che lui definiva “mendicanti d’amore”), emette la sua prima professione religiosa nel 1935 assumendo il nome di fra David Maria. Nel 1940 viene ordinato sacerdote e per quindici anni tiene la predicazione domenicale nel duomo di Milano. Fin dall’inizio del suo sacerdozio si impegna in ambiti diversi: predicazione, scritture, resistenza, assistenza ai poveri e Nomadelfia (“piccola città” con l’unica legge della fraternità). Fonda il centro culturale “Corsia dei Servi”e alterna l’attività culturale alla testimonianza civile e politica, all’attività di predicatore e soprattutto di poeta. Nel 1946 si laurea in filosofia con una tesi dal titolo “Per una ontologia dell’uomo”. Durante la Resistenza fonda una rivista antifascista clandestina, “L’Uomo”, dove pubblica le sue prime poesie; scrive anche testi in prosa di contenuto biblico-letterario, testi teatrali; traduce inoltre tutti i salmi della Bibbia e compone nuovi inni e cantici a commento della liturgia domenicale e festiva. Per i suoi scritti anticonformisti, viene chiamato “coscienza inquieta della Chiesa”. Viene allontanato da Pio XII da Milano per la severità con cui interpreta il Vangelo di fronte alla borghesia milanese e viene inviato all’estero. A metà degli anni ’60 si trasferisce nella comunità dei Servi di Maria a Fontanella, vicino a Sotto il Monte, paese natale di papa Giovanni XXIII. Turoldo ha stima e fiducia per il cammino dell’uomo promosso dal Papa buono e dal Concilio Vaticano II e s’impegna per una “ricomposizione” indicata dal vangelo. Da Fontanella continua a condurre le sue battaglie e dirige il Centro di Studi Ecumenici Giovanni XXIII. Nel suo testamento spirituale, scritto nel 1986, padre David ringrazia i suoi “tre amori” con l’aiuto dei quali ha saputo superare ogni difficoltà: gli amici laici, i confratelli e i poveri (che lui chiamava “mie radici e mio sangue” e “la mia gente”). La produzione poetica degli anni della sofferenza fisica, in cui “sperare è più difficile che credere”, si caratterizza per la trattazione delle tematiche legate al mistero dell’essere, alla vita e alla morte con una schiettezza radicale. Dopo una lunga malattia che lo segna fisicamente e moralmente, ma che non gli fa mai abbandonare la speranza, padre David muore a Milano il 6 febbraio 1992.

2. Il messaggio e le opere
a)
Il suo messaggio:
- Rinnovamento del cristianesimo: occorre impegnarsi per rivivere l’evento cristiano nell’umiltà, nella riscoperta personale e nel silenzio interiore, e resistere inoltre al conformismo imposto. Ciò è necessario per offrire nuovi modelli di vita ed essere capaci di critica e opposizione ai miti e agli interessi mondani dominanti;
- Povertà: “presenza profetica della storia”, fonte di ricchezza interiore, fondata sulla libertà da se stessi, di attenzione all’essenziale, capace quindi di cogliere una priorità di valori. E’ in nome della povertà intesa come libertà che gli uomini rinunciano a possedere e diventano capaci di convivenza fraterna;
- Incarnazione: passione per l’uomo che si manifesta nella necessità della “relazione” per poter incontrare l’altro, il suo quotidiano, la sua storia. In forza di essa deve essere possibile il superamento di ogni divisione e differenza. La poesia è fede e la fede è poesia, questo è il concetto su cui fonda la sua produzione poetica; una produzione che non cambia nella sostanza (la poesia come modo di vivere la propria fede) ma solo nella forma, che nel tempo diventa sempre più essenziale con l’uso di parole nude e crude.
Turoldo è il poeta di quella certezza che viene subito dopo il dubbio e che deriva da un amore assoluto per gli uomini, Dio e la natura. E’ il poeta della gioiosa fatica della speranza (“vorrei tramandare questo scandalo della speranza”, parole che padre David pronuncia quando è già gravemente malato). “La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita che siamo chiamati ad essere, questa umanità di Dio, che è, appunto, il sogno di Dio. Ecco. Magari fosse possibile dire: sono arrivato! Ma non sono arrivato mai. E il progresso, il benessere, l’”essere bene” non sta nei possedimenti o nei libri o nelle cariche; sta in questa umanità realizzata giorno per giorno. E anzi se un giorno va male non scoraggiarsi perché la faremo andare bene oggi. Questa è la ragione della vita, tanto più la ragione del credere e del pregare
b) Le sue opere:
 - Io non ho mani, Bompiani, 1948
- Udii una voce, Mondadori, 1952
- Gli occhi miei lo vedranno, Mondadori, 1955
- Preghiere tra una guerra e l'altra, Milano, Corsia dei servi, 1955
- Se tu non riappari, Mondadori, 1963
- Tempo dello spirito, 1966
- Fine dell'uomo?, Scheiwiller, 1976
- Il sesto angelo, Mondadori, 1976
- Laudario della vergine, Dahoniane, 1980
- Lo scandalo della speranza, Gianfranco Angelico Benvenuto, 1978
- Impossibile amarti impunemente, Quaderni del Monte, 1982
- Ritorniamo ai giorni del rischio, CENS, 1985
- Il grande Male, Mondadori, 1987
- O gente terra disperata, Mondadori, 1987
- Come possiamo cantarti, o madre? Diakonia della Theotokos, 1988
- Nel segno del TauI, Scheiwiller, 1988
- Cosa pensare, La Rosa Bianca, 1989
- O sensi miei, Rizzoli, 1990, 1997 (raccolta antologica)
- Canti ultimi, Garzanti, 1991
- Mie notti con Qohelet, Garzanti, 1992.

2. Maria nei versi di Davide Maria Turoldo
 Il grande ‘Servo di Santa Maria’ ha come dettato la sua epigrafe più vera scrivendo: "Il cuore del poeta è esilarante e sa raccogliere le voci dell’umanità e cantare: è una voce che canta per tutti", nelle profondità di una ricchissima antologia tra poesia e preghiera, in dialogo con Maria. "Io sono un frate dell’Ordine dei Servi di Santa Maria, un Ordine di origine medioevale… Figlio di quei famosi Sette Santi fiorentini che sono tra i primi a fondare la ‘compagnia dei laudesi’: gente che si raduna per cantare alla Vergine, nuovi ‘trovadori’, poeti della Grande Madre". In poche righe autobiografiche David Maria Turoldo, confida quali sono radici e stile della sua identità di poeta anche nell’innumere arpeggiare e ‘laudare’ a Santa Maria. Egli non è mariologo nel senso di autore di trattati sistematici di teologia mariana. Offre una mariologia intarsiata di immagini, arpeggiata nel canto delle liriche, inabissata in celsitudini di poesia. Un aforisma medioevale si attaglia alla sua devozione per la Santa Vergine Madre di Cristo Maria: ‘in amor di Nostra Donna’ è la necessità che urge il suo cantare. L’amore alla Madonna (Nostra Donna nel linguaggio medioevale) si visibilizza nella poesia. "Oltre che per convinzione com’è naturale - citazione di un altro spiraglio autobiografico - non potevo non farlo". Anche queste sono parole scultoree alludono non a qualche forzatura, bensì ad una forza come quella che preme un innamorato a palesare i sentimenti. Quel "non potevo" va tradotto in un positivo ‘sento la necessità di esternare un amore’ per colei che egli interpella come
        Vergine o natura sacra,
        piena di bellezza
        tu sei l’isola della speranza.
Teologia per immagini David Maria Turoldo non è nemmeno il teologo che si individua nel cattedratico o nel firmatario di trattati sistematici intorno ai misteri divini. Anche la sua cristologia si sfoglia in immagini: come sculture michelangiolesche del mistero di Cristo. Alle volte l’immagine di Cristo si illumina con un riverbero di Maria:
        Cristo, corpo di Dio, coscienza
        della terra, figlio
        della Bellissima, nostro
        ultimo esistere.

Basta l’aggettivo "bellissima", cesello di estrema semplicità ma superlativo di alto stupore e incontenibile gioia, per evocare la figura di Maria l’immacolata. All’Immacolata Turoldo dedica una poesia che è anche preghiera:
        Vergine, o natura sacra,
        piena di bellezza,
        tu sei l’isola della speranza.
        Vergine, radice e pianta
        sempre verde,
        colomba dello Spirito nuovo.
        Arca della vera alleanza,
        tra uomo e natura, ritorna,
        caravella che porti il Signore
        sotto la vela bianca.

La teologia si industria a sondare il mistero, a scavare risposte intorno alla domanda ‘chi è Maria’. Turoldo dischiude ogni uscio sul mistero tramite la convinzione che "non da altri, ma dal Cielo noi sappiamo chi tu eri e sei, o Donna" (o Madonna). Commentando l’annuncio dell’Angelo, padre David appella Maria "divina taciturna". La strofa di una poesia modula la nota del silenzio mariano nel mistero dell’Incarnazione:
        Vergine, cattedrale del silenzio,
        anello d’oro
        del tempo e dell’eterno,
        tu porti la nostra carne in paradiso
        e Dio nella carne.
        Vieni e vai negli spazi
        a noi invalicabili.

La teologia, anche quella che pensa e parla intorno al mistero di Maria, avrebbe necessità di silenzio frammezzo a tante parole, ossia di contemplazione. La poesia, nella tonalità del canto, disvela il silenzio del mistero con le luci di simboli e icone. Maria è icona della maternità divina e il poeta domanda a lei "or che il figlio il grembo le inarca":
        Vela che scivoli adagio sul mare
        porti il destino del mondo, lo sai?
.
Maria avanzava nel pellegrinaggio della fede, affermano il Concilio Vaticano II e il papa Giovanni Paolo II coraggiosamente rispetto ad una mariologia massimalista. Turoldo ricama in poesia la fede di Maria, itinerario di "giorni senza parole" come egli intitola il capitolo sul tempo ignoto nella vita di Gesù: silenzi e interrogativi attenuati dal ‘forse’ nel primo verso:
        Neppur tu forse puoi dirci, o madre,
        dirci chi mai sia questo tuo figlio?
        Ma perché Dio si muove a quel modo?
        O si rivela sol quando è nascosto?
        Nemmeno tu puoi svelare, Maria,
        cosa portavi nel puro tuo grembo:
        or la Scrittura comincia a compirsi
        e a prender forma la storia del mondo.
        E tu andrai dal profeta nel tempio
        e sentirai parole inaudite:
        ma già la croce appare sul mondo
        e a te una spada or sanguina in cuore.
Quella ‘spada’ balenata nelle parole dei mistico Simeone raffigura altresì la Parola di Dio che penetra dentro i recessi della propria personalità: Turoldo non coglie tale interpretazione, ma in parole che convergono in una Parola egli avvolge la propria interpretazione delle nozze a Cana (‘Non hanno più vino’ è il libro della sua ‘antica’ mariologia: 1957, 1979): "La madre disse ai servi: ‘Fate tutto quello che egli vi dirà’. Sono queste, Maria, le tue ultime parole che si conoscono; le prime e le ultime che rivolgi a noi per metterci in giusti rapporti con il Cristo". Ma anche l’evento nuziale di Cana è una icona: sullo sfondo si staglia la Croce:
        Ancora tutto è solo in figura:
        vino che deve mutarsi in sangue,
        nozze che segnano altra alleanza,
        e tu Donna sarai della croce.

La commozione forte e pietosa della poesia accompagna la Madre sul Calvario ai piedi della Croce del Figlio, silente Madonna addolorata, icona dell’immenso dolore umano:
        Ritta, discosta appena dal legno
        stava la madre assorta in silenzio
        pareva un’ombra vestita di nero,
        neppure un gesto nel vento immobile.
        Lo sguardo aveva sperduto lontano:
        cosa vedevi dall’alta collina?
        Forse una sola foresta di croci?
        O anche tu non vedevi più nulla?
        O madre, nulla pur noi ti chiediamo:
        quanto è possibile appena di credere,
        e star con te sotto il legno in silenzio:
        sola risposta al mistero del mondo.

L’immagine della Madre sotto la Croce ispira anche l’assillo di Turoldo che impone a se stesso e invoca compassione per i poveri: devozione e contemplazione e parole e financo poesia intorno alla madre di Cristo sono cembalo squillante e ornamento effimero se non maturano la stessa pur personalizzata identità di Maria perché, egli dice, tu Maria "sei la pietà che soccorre ogni vittima". I poveri sono sfida indelebile, almeno per il credente: "Sono i poveri, Cristo, a svelarti!". La Pasqua di un poeta come Turoldo, rincorso da domande e tallonato da urgenze di silenzio, dardeggia domande anche nel rimirare Maria dentro l’alone folgorante della Risurrezione:
        Solo tu, madre, credevi al risorto?
        Per il credente il silenzio è la legge:
        questo è l’evento che solo una vita
        può dimostrare che è certo e reale.

La Pentecoste conclude anche il ciclo della ‘mariologia poetica’ di David Turoldo. Maria sperimenta un’altra attesa, non più sola, ma insieme ai discepoli e lei il poeta vede solida presenza e guida della Comunità di Gesù:
        L’ordine era d’attender lo Spirito:
        così vegliavano assidui e unanimi.
        Eri tu forse a guidar la preghiera,
        come lui fece nell’ultima cena?
        Certo tu eri la terra promessa
        l’isola intatta del santo approdo,
        ove lo Spirito scese già prima
        a fecondarti del germe divino.
        Con noi assisti all’ultimo tempo:
        lo stesso vento ora scuote la casa,
        lo stesso fuoco dell’Oreb divampa
        e apre la via nel nuovo deserto!
Molti versi della poesia sono apostrofi, invocazioni dirette a Maria: sono preghiera. Turoldo fu, oltre che frate orante, anche compositore di preghiere. Memorabile ed esemplare è la Liturgia delle Ore, inni originali e traduzione personale di salmi e cantici. Abbondano dunque pure le preghiere a Maria. Sono preghiere che invocano la presenza del Cristo:
        A partorirlo tu, madre, ritorna
        torni la terra a sperare ancora!

Le preghiere mariane di David Maria Turoldo danzano, ancora, sulle musicali immagini della poesia. La confidenza autobiografica iniziale spiega la fedeltà allo stile poetico. Nella sacra rappresentazione ‘Sul monte la morte’ (1983) il cronista delinea la personalità di frate Manetto, "eremita per Iddio e per i poveri", consolidata da una tradizione: "Si dice che tutta la vita egli passò nel cantare inni alla madre del Signore (di cui tutti e Sette invero si proclamavano umili servi o cavalieri)". Quel frate fu uno dei Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria, l’Ordine di Turoldo, dove egli trovava linfa per la poesia e la preghiera a Maria. Dunque, ‘in amor di Nostra Donna’ Turoldo canta e prega. Sovente l’eucologia mariana entra nella Liturgia delle Ore nella tonalità dell’inno, sempre articolato per il canto e spesso musicato in armonia originale. E l’inno non di rado consente soste di meditazione e financo immersioni in contemplazione del mistero di Cristo e di Maria:
        La tua prima parola, Maria,
        ti chiediamo d’accogliere in cuore:
        come sia possibile ancora
        concepire pur noi il suo Verbo.
        Te beata perché hai creduto,
        così in te ha potuto inverarsi
        la parola vivente del Padre
        benedetta dimora di Dio.
La preghiera mariana di Turoldo di rado insiste a domandar visibili ‘grazie’: preferisce insistere nel chiedere la Grazia, ossia il Cristo stesso:
        … dal tuo trono discendi ancora
        e torna ovunque a donarci il Figlio
        perché da soli noi siamo perduti
        e non abbiamo più un senso per vivere.

L’attesa instancabile dell’orante poeta è che ‘sia pentecoste perenne’ in grazia di Maria:
        Madre, disponi pur noi ad accoglierlo,
        a rivestirlo di splendida carne,
        resi fecondi con te dallo Spirito.
        O madre, fa che la Chiesa continui
        la sua preghiera concorde, unanime,
        perché lo Spirito continui a scendere.
        O madre, sia pentecoste perenne,
        e il santo fuoco consumi ogni male,
        sia come il vento una libera Chiesa.
E sono preghiera anche le strofe d’amore, le parole che inghirlandano Maria la ‘bellissima’ che ha aperto la nuova ‘via della bellezza’: preghiera con parole di amore. Amore per Maria che alle volte si accomuna con l’amore per la Chiesa, perché lei ne è l’icona:
        La palma tu sei di Cades, Maria,
        orto cintato, o santa dimora,
        carica sempre del frutto tuo santo,
        ora trasvola radiosa sul mondo.
        Tu cattedrale del grande silenzio,
        anello d’oro tra noi e l’Eterno,
        gl’invalicabili spazi congiungi
        e un ponte inarchi sul nostro esilio.
        Madre di gloria, ora sei la figura
        di come un giorno sarà la sua Chiesa:
        la sposa ornata e pronta alle nozze,
        la città santa che scende dal cielo.

Padre David fu anche omileta dalla parola tonante, commentatore di testi sacri, saggista su svariati versanti: anche da quei pulpiti calavano pensieri intorno a Maria, testimonianze che completano la ‘mariologia’ di Turoldo, sebbene egli sia piuttosto tessitore di arazzi per venerare la madre di Cristo, il quale per lui resta il vertice del suo ragionare e dire e vivere:
        Gioia e tormento tu sei
        figlio di Dio e uomo
        come noi: impossibile
        amarti impunemente.

Non c’è conclusione per una antologia tra poesia e preghiera in dialogo con Maria se non un paio di assiomi dello stesso Turoldo: "Il cuore del poeta è esilarante e sa raccogliere le voci dell’umanità e cantare: è una voce che canta per tutti"; "Non c’è altra via che la preghiera".

Bibliografia
DE CANDIDO L. M., In amor di nostra Donna, in Madre di Dio, n. 3 - marzo 2003; CASTELLI F., Maria, ostensorio della Trinità. La Mariologia trinitaria nella letteratura italiana del Novecento, in Civiltà Cattolica 152 (2001), pp. 143-156; SAVELLI L., Biografia di David Maria Turoldo, in www.larecherche.it; MARAVIGLIA M., David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza (1916-1992), Morcelliana, Brescia 2016; CARDINALI M., Il Dio inseguito. Viaggio alla scoperta della fede nella poesia di David Maria Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma 2002; ID., La poetica Teologica in David Maria Turoldo, Pontificia Università Gregoriana, Roma 2002; FAITINI D., David Maria Turoldo. Ogni parola mi traversa come una spada, Ancora, Milano 2002; SARASELLA D., David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), Morcelliana, Brescia 2008; SANTORO D., Dimensione mistica in David M. Turoldo, Arabeschi, Salerno 2006; D'ELIA A., La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, Olschki, Firenze 2012; ANCONA E., Turoldo, la Croce e il nulla, in Avvenire del 10.11.1993; BALDUCCI E., In memoria di David Maria Turoldo, Piemme, Casale Monferrato 1993; AA.VV., David Maria Turoldo, frate dei Servi di Santa Maria, CENS, Liscate 1992; LOLLO R., La poesia di D.M. Turoldo, Neri Pozza, Vicenza 1971; LUZZ G., David m. Turoldo: la curiosità profana e il dubbio letterario, in Servitium, 84 (1994), novembre/dicembre, pp. 23-29; MATTANA G., Turoldo, Paoline, Cinisello Balsamo 1995; RIGONI STERN M., Quel frate solitario curvo sulla terra, in Avvenire del 10.11.1993.






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