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ALLE ORIGINI DELLA RIFORMA


 

1. Alle origini della Riforma
a)
Primo novembre 1517. Alle pone della Chiesa universitaria di Wittemberg erano affisse, quella mattina, 95 tesi in latino. Contestavano le indulgenze concesse dal Romano Pontefice a favore dell'erigenda Chiesa di S. Pietro in Roma; contestavano l'efficacia delle indulgenze per le anime del Purgatorio; contestavano la stessa autorità del Papa. Le aveva redatte il giovane ed ammirato professore di sacra Scrittura, l'agostiniano Martin Lutero. Fu la scintilla che fece divampare l'incendio. In brevissimo tempo le tesi furono copiate, stampate, tradotte: fomentarono un po' dovunque nel popolo tedesco, soprattutto tra i principi, il desiderio di scuotere il giogo di Roma. Si aprì, quel mattino di Ognissanti, la pagina più triste della storia della Chiesa. Discussioni, dibattiti, insurrezioni sanguinose, repressioni violente agitarono tutta la Germania, poi la Svizzera, la Francia, l'Olanda, il Nord Europa. Fattori religiosi, politici, economici, sociali e culturali si diedero la mano per rompere definitivamente l'unità che il Medioevo aveva costruito sui pilastri dell'unica fede. Lutero sostenne ed animò con gli scritti la rivolta culturale e politica in Germania; lo imitarono e seguirono in Svizzera Zwingli e Calvino. Quarant'anni dopo, nonostante gli sforzi dell'imperatore Carlo V e del Concilio di Trento, la scissione era diventata definitiva e irreparabile. I rapporti con i cattolici divennero da allora scontri dottrinali, fino a data recente. Un forte impulso missionario caratterizzò anche le Chiese della Riforma, estendendo il loro raggio d'influsso in America, in Africa e negli altri continenti. Oggi i protestanti son circa 250.000.000: la massima presenza cri-stiana, dopo quella cattolica.
b) Lutero aveva 34 anni, quando iniziò la sua contestazione. Di carattere inquieto, dal cuore tormentato, fu un giorno folgorato da una luce interiore, mentre meditava la Lettera di Paolo ai Romani: «Ero spinto da un bisogno tenace di capire il Paolo dell'Epistola ai Romani. Ne ero stato fino allora impedito non da mancanza di fervore, ma da un'unica frase del primo capitolo: "La giustizia di Dio si rivela nel Vangelo". Perché queste parole: "giustizia di Dio", le odia-vo... fino al momento in cui, dopo essermi arrovellato giorno e notte e aver mosso Dio a pietà, prestai attenzione al contesto di quel passo: "La giustizia di Dio si rivela in esso, come sta scritto: Il giusto vive di fede". Cominciai allora a capire la "giustizia di Dio" come una giustizia che fa vivere il giusto col dono di Dio, cioè la fede... Allora io mi sentii veramente come se fossi rinato e fossi entrato attraverso porte spalancate nel più alto del cielo...». È la scoperta di due assoluti: il Dio sovrano, ma sovranamente misericordioso, e l'uomo peccatore, cui è donata gratuitamente la grazia e vien chiesta da Dio una sola cosa: la fede! Da questi poli si sprigiona tutto il sistema teologico di Lutero, fatto di assoluti: solo Dio; solo Cristo; solo la grazia; solo la fede; solo la Scrittura.

2. Il "No" alla dottrina e devozione cattolica a Maria
Da questi principi, quasi di rimbalzo, esplode il «No» di Lutero e dei protestanti anche alla dottrina e alla devozione cattolica verso Maria:
- Solo Dio: Dio opera da solo; a lui solo la gloria. Quindi, non ricorsi, non esaltazioni indebite, non culto di Maria e dei Santi;
- Solo Cristo: Egli è unico Mediatore tra Dio e gli uomini; nessun'altra creatura accanto a lui o con lui, neppure la Madre;
- Solo la grazia:  tutto è gratuito. Sono esclusi i meriti e le opere dell'uomo, anche di Maria, che non può essere né dirsi cooperatrice della grazia;
- Solo la fede: è l'unica risposta che l'uomo può dare. Anche Maria ha valore solo in quanto è donna di fede. non quindi la tradizione, non il magistero, non autorità intermediarie. Essa sola rivela autenticamente il piano salvifico di Dio;
- Solo la Scrittura: non si può dunque accettare se non quanto è documentato dalla Scrittura: non certo l'Immacolata Concezione o l'Assunzione...
Su questi principi di metodo, Lutero e i riformatori rividero la dottrina e le espressioni cattoliche, anche in campo mariano. Lutero, in fondo, amava e venerava la Madonna. Sovente ne parla nei suoi scritti, soprattutto nel Commento al Magnificat e nelle omelie che pronunciò, fino al termine della vita, in occasione delle feste mariane, che egli aveva conservato perché di sicuro fondamento biblico: la Purificazione, l'Annunciazione, la Visitazione. Le sue posizioni a volte contradditorie nascevano proprio dal tentativo mai riuscito di comporre insieme le esigenze del cuore con la fedeltà ai principi della Riforma: «Lei m'è cara, la Serva pregiata, e non la posso scordare. Le s'addicono onore, lode e purezza. Ha posseduto il mio cuore... Vuol darmi la gioia col suo amore fedele per me. Vuol posarmi vicino e appagar le mie brame...».

3. Il fondamento del pensiero mariano di Lutero
Il fondamento su cui poggia tutto il suo pensiero mariano è la divina Maternità: «In realtà fu madre e rimase vergine, sì che dev'esser veramente chiamata Madre di Dio». Ma dove Lutero più abbonda è nell'introspezione di questa umile creatura, allineata con noi nell'esperienza del quotidiano, con noi soprattutto partecipe della grazia divina. Verginità ed umiltà sono in lei un binomio inscindibile. Scrive nel Commento al Magnificat: «Non consideri questo cuore meraviglioso? Nella dignità di Madre di Dio si vede innalzata al di sopra di tutti gli uomini, e intanto resta semplice e tranquilla, e non stima inferiore a sé una qualunque povera serva. Miseri uomini che siamo noi!». Ma la sua fede, forte nelle prove e nei momenti duri della vita - come nello smarrimento, a Cana, ai piedi della Croce - incanta il riformatore che scrive: «Maria è la più grande di tutti i martiri. Più grande di Pietro e di Paolo!». Anche Zwingli, e lo stesso Calvino, riconoscono in Maria non una mediatrice da supplicare, ma una credente da imitare: «Vuoi onorare Maria in modo speciale? Imita la sua purezza, la sua innocenza, la sua fede!». Quando il protestantesimo si fu consolidato, - per coerenza con i principi da cui era sorto e per antagonismo dichiarato contro la Vecchia Chiesa -, un'ondata di totale rifiuto in campo mariano irrigidì le posizioni, fino a vedere nella Vergine quasi un emblema dell'eresia romana e a rifiutarla o ignorarla del tutto.

4. Presenza nelle espressioni culturali e romantiche del tempo della Riforma
La sua memoria, come linfa nascosta, sopravvisse stentata solo nei settori meno influenzati dall'intransigenza dommatica: l'arte, la poesia, qualche espressione popolare. I poeti soprattutto furono dapprincipio le sole voci superstiti, che seppero cogliere la sua grandezza, pur sepolta nella impressionante grandiosità del mistero del Salvatore: «Può il Creatore diventar creatura, può la Vergine esser Madre?... la Sapienza farsi bambino, portar l'innocenza il mio peccato?...». E il pastore Drélincourt, nel 1670, cantava, contemplando la Vergine immersa nella luce del Natale: «Madre del Redentore, ma sempre Vergine pura, quant'è grande la tua felicità e gloriosa la tua sorte! Quale mano o pennello può esprimere su tela l'onore immortale che ricevi dai cieli?... Tu dai alla luce l'autor delle Luci eterne, nutri ed allatti sul casto tuo seno Chi colma di beni l'intero universo...».  Quando però il romanticismo risvegliò il senso palpitante dei valori dell'uomo e delle sue componenti più intime, anche Maria fu celebrata come soave espressione dell'anima umana: non simbolo, ma realtà vivente, avvolta di mistero, radicata nella fede. È una vena che si prolunga fino ad oggi, anzi cresce. Anna Celerich ne delinea un ritratto interiore, di freschezza duratura: «Come potrò comprendere e valutare ciò? Sono figlia e Madre di Dio, le due cose insieme! Come mi ha sbigottita, e come mi ha colmata! Egli ha posto una corona sul mio capo ed ha affondato una spada nel mio cuore! Le mie labbra vorrebbero giubilare, ma il cuore presago geme. In preghiera silenziosa dirò: Ecco, sono la serva del Signore!». Una linea di servizio sottende la vita intera di Maria, donna di fede, tutta umiltà anche nel cielo. Così la raffigura il poema sull'Assunzione di Max von Schenkendorf (sec. XIX): «Allontanatevi, angeli, con la corona che voi mi portate. Anche se vivo in cielo, io voglio eternamente restare la serva del Signore!». Vive in cielo: ma è un'attrazione d'esempio, anzi luminosa presenza che trasfigura la terra: «Madonna, ciò che ti fa eterna è che con te ogni uomo diventa figlio, ed il sorriso della tua bocca cambia un trono di re in trastullo di bimbo. Madonna, ciò che ti fa eterna è che davanti a te ogni uomo diviene bambino si china innanzi a te e crede ciecamente. Madonna, ciò che ti fa eterna è che davanti a te ogni corona diventa di spine. L'abito dell'orgoglio e della grandezza perde il suo splendore sotto il tuo sguardo. Madonna, ciò che ti fa eterna è che presso il tuo cuore la voluttà impallidisce...»". Da queste visuali semplici e delicate, quasi per getto spontaneo, il cuore risale a lei, perché - lo diceva pure Lutero - non è solo Ma-dre di Dio: è anche Madre nostra. «Madre, tienimi vicino a te: nel tuo manto avvolgimi. Chi t'ha guardato una volta sola è beato e felice per sempre!». Il grande Novalis, che ebbe un influsso determinante sul romanticismo tedesco, non riuscì a trattenere la piena del cuore, dopo aver ritrovato dentro di sé, quasi per una scoperta prestigiosa, il suo volto di Madre: «Io ti vedo in mille immagini riprodotta con amore, o Maria. Ma di tante nessuna ti rende come ti vidi io nel mio intimo. So questo, che il tumulto del mondo da allora come un sogno è caduto, e un cielo d'indicibile dolcezza mi sta in eterno nel cuore». E la contemplazione si tramuta spontanea in implorazione: «Madre dei pii, santa Maria, consola il mio cuore turbato! Insegnami a venire da te, o Maria: quieta e cura il dolore! Dove tu abiti dimora la gioia, abita la pace del cielo...». Indimenticabili i versi di Goethe. Egli pone questi accenti di sup-plica sulle labbra dell'infelice Margherita: «Ah, inchina, Tu ricca di dolori, il tuo sguardo benigno al mio affanno! La spada nel cuore, con mille dolori, tu guardi alla morte del tuo Figliolo... Aiuto! Salvami dalla vergogna e dalla morte! E inchina, Tu ricca di dolori, il tuo sguardo benigno al mio affanno!»17. Quello dunque che il rigidismo dottrinale aveva distrutto, pian piano riemerge dal fondo dell'anima

5. Le posizioni odierne
Oggi, da parte di non pochi autori protestanti, Maria è ancora ritenuta ostacolo insormontabile all'unità e oggetto di sdegnoso rifiuto. Ma nuovi fermenti fan bene sperare; da strade diverse il cammino riporta, man mano, alla Vergine Madre. Chi ritorna con serena obiettività alle origini della Riforma, vi scopre con ammirato stupore — come Walter Tappolet — quale posto vi avesse Maria; e allora nasce in un cuore retto - come in Madre Basilea Schlink - il desiderio di aiutare in questo cammino i propri fratelli di fede e indicare loro la gioia di ritrovare «la Madre del Signore». L'impegno ecumenico poi, sorto proprio dalle Chiese riformate, spinge tutti a cercare insieme i punti d'accordo, a superare quelli controversi, tra cui indubbiamente la dottrina e il culto alla Madre di Cristo. Ma è soprattutto la Parola di Dio, fonte unica e viva del messaggio salvifico, che urge l'anima protestante di oggi, quasi dal di dentro di sé, a riscoprire la figura - obliata dal tempo - della Vergine Madre. Dalla Parola, che è viva e dà vita, erompe - in taluni cosciente, come in Max Thurian, in altri ancora latente - quella forza nuova dello Spirito, che rivelerà a tutti il volto della creatura più umile, della donna più semplice, della cristiana più fedele, la quale, con la sua silenziosa presenza, continua ad invitare ciascuno a fare del proprio credo un atto di vita e a ritornare tutti insieme all'unica Chiesa, all'unico Cristo, all'unico Dio. «O Dio, - pregano a Taizé - Tu hai voluto fare della Vergine Maria l'immagine della Chiesa. Ella ha concepito il Cristo e lo ha donato al mondo. Mandaci il tuo Santo Spirito, perché presto tutti diventiamo una sola cosa e irradiamo Cristo sugli uomini, che non sanno credere ancora».

Bibliografia

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VEDI ANCHE:
 - COMMENTO AL MAGNIFICAT
 - LUTERO
 - PROTESTANTESIMO E MARIOLOGIA
 - RIFORMA






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