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CERTOSINI




1. Sotto il manto di Maria
In una incisione in legno, fatta forse da Albrecht Durer, nell'anno 1515, per la Certosa di Norimberga, la Vergine vi è raffigurata come la regina della Certosa: porta corona e scettro regale, è rivestita di grande manto, le cui falde sono sostenute da Giovanni Battista, il protettore dei certosini e da san Bruno, il loro fondatore. Il bambino Gesù è nelle braccia della Vergine Madre, che appoggia i suoi piedi sopra la luna. Sotto il manto di Maria sono riuniti monaci e fratelli certosini. Uno di essi prostrato, fa quasi da sgabello ai piedi della Vergine. Egli tiene nelle sue braccia la corona del rosario, forse a indicare concretamente la parte avuta dall'ordine nella diffusione di quella preghiera. Nell'immagine è sintetizzata la storia della devozione alla Madre di Dio, che ha caratterizzato l'ordine certosino fin dagli inizi, e che ancora oggi ha un posto rilevante nella spiritualità certosina.

2. La Madre singolare dei certosini
A questo motivo si deve, se le prime cappelle dell'Ordine, sia nel deserto della Grande Chartreuse, che in Calabria, sono state dedicate da san Bruno alla Vergine: santa Maria delle Capanne e santa Maria del Bosco. Questo doveva essere il segno, leggibile e comprensibile da tutti, che le comunità certosine venivano poste sotto lo speciale patrocinio di Maria. L'esempio fu seguito dovunque e per sempre. Su circa duecentosettanta Certose, nate nel corso di nove secoli (dal 1084 al 1987) i due terzi di esse portano una denominazione mariana. Ci sono quelle che ricordano i misteri della vita di Maria: Certosa della Immacolata Concezione, Annunciazione, Visitazione, Purificazione, Compassione, Assunzione. Altre Certose con espressione delicata e poetica sono intitolate a Maria nelle immagini della Porta, Casa, Chiostro, Tempio, Cappella, Trono, Isola, Roveto ardente. Altre ancora definiscono la Certosa come realtà di cui Maria è la Signora: la Certosa è la sua Montagna, la sua Valle, il suo Giardino, la sua Fonte, la sua Cella. A Pavia la Chartusia Gratiarum è una esaltazione della Madonna, fonte di ogni grazia. Il titolo, qualunque esso sia, è indice di uno speciale rapporto che, lungo la storia certosina è stato stabilito con Maria, e che viene riassunta nella qualifica che in Certosa si dà alla Vergine: Madre singolare dei certosini. Se si trasporta il discorso su un piano spirituale, si potrebbe dire: la devozione a Maria è uno dei mezzi di cui un certosino si serve nell'itinerario che segue dalla terra al cielo, dove avverrà la sua perfetta trasformazione in Cristo. Devozione, per un certosino, è il vivere fin da quaggiù, sotto il segno di Maria, la propria incorporazione a Cristo. Per identificarsi sempre più al Maestro, il certosino punterà su questa meta: divenire il figlio di Maria, avere lo stesso cuore di Cristo per amare Maria, e essere, in Gesù e con Gesù, unico oggetto delle tenere compiacenze della Vergine.

3. Ciò che si offre a Maria in una giornata
La Certosa è caratterizzata da alcune devozioni, che sono indice di una speciale tenerezza verso Maria. Ogni giorno, da ogni certosino, viene detto nella propria cella l'ufficio De Beata. Nel silenzio profondo della notte, il certosino recita l'«Angelus Domini»: con ciò ricorda il mistero dell'incarnazione, ne adora le meraviglie, e dalla Vergine impara ogni giorno a fare della propria vita un fiat. Fra Prima e Terza dell'ufficio De Beata c'è la consuetudine di leggere la Messa Salve Sancta parens, ad esclusione del canone. Le due pratiche sono divenute punto fisso della regola certosina. Non poteva mancare in Certosa una speciale attenzione al sabato, come giorno di particolare venerazione alla Vergine. Una serie sufficientemente fitta di disposizioni doveva rendere possibile tale adempimento. Una esecuzione materiale di esso non poteva bastare! Perché tutto fosse compiuto con particolare applicazione di spirito, si doveva fare attenzione ad alcune indicazioni cerimoniali: «La Messa conventuale De Beata sarà celebrata dall'ebdomadario della settimana successiva, perché grazie a questa anticipazione delle funzioni pubbliche, egli potrà consacrare a Maria le primizie del suo servizio sacerdotale». Un'altra raccomandazione andava nella stessa direzione di finezza: «Al sabato, le antifone Salve Regina e Tota ulchra es, con le quali si fa memoria della Vergine a Vespro e Lodi, devono essere intonate più alte, per onorare maggiormente Maria». Per quanto riguarda l'Ave Maria, senza voler entrare nella storia complicata dello sviluppo della formula, è bello ricordare che se c'è stato un luogo dove le «Ave, Maria» sono state disseminate in tutti gli scampoli di tempo del giorno e della notte, questo è la Certosa. In tutti i secoli i libri usati dai monaci prescrivono la recita dell'Ave Maria, ne riportano il testo con le successive modifiche, fino a che un breviario certosino del 1562, appartenente alla Certosa di Pavia, non ci dà l'Ave Maria, completa quale oggi l'abbiamo, e canonizzata in quella forma da san Pio V. Nella cella certosina formata da diverse stanze, c'è poi un luogo privilegiato: è la cella d'entrata o camera dell'Ave Maria. Vi è una immagine della Vergine: essa viene salutata dal monaco ogni volta che rientra in cella. Il priore Giovanni Gerecht, della Certosa di Colonia, nei primi decenni del 1500, indicava a un giovane postulante questa successione di atti: «Rientrando in cella, fermati un istante davanti all'immagine di Maria, posta come custode vicino alla tua porta. Se sei di fretta e devi entrare subito, mentre giri la chiave nella toppa prega Maria perché ti adotti, ti tenga, ti possegga come un figlio. Entrato in cella, prima di tutto inginocchiati per pregare, offrendo alla Vergine beata il saluto dell'Ave Maria...». Un'altra pratica mariana della Certosa è l'Angelus, detto quattro volte nel corso delle ventiquattro ore: al mattino, a mezzogiorno, a sera e durante la notte, dopo le Lodi. Le «Ave Maria» che segnano il ritmo di questa preghiera devono essere recitate cum omni maturitate. Garante di questa recitazione non precipitata sarà il monaco sagrestano della Certosa. Egli rintoccherà la campana, pensando che da ciò dipende la preghiera devota di quanti vivono in Certosa ut unisquisque audiens pulsum commode se aptare possit ad dicendum: Ave Maria.

4. Il messaggio mariano
Se il clima mariano fu sempre così fervente in Certosa, lo si deve anche al fatto di non pochi scrittori che, in Certosa, hanno favorito la devozione a Maria: san Bruno, il fondatore, Ludolfo di Sassonia, Dionigi il Certosino, Giovanni Gerecht (Lanspergio). Il ricordo si limita solo ad alcuni monaci, abitatori del silenzio certosino e il cui messaggio mariano ha oltrepassato fortunatamente la clausura della Certosa.



Bruno (†1102) vede Maria Immacolata per noi: «Il Signore dal cielo guardò la terra, quando dal suo trono venne nel seno della Vergine. Lei infatti è quella terra incorrotta, che Dio ha benedetta, e che perciò è libera da ogni contagio di peccato...». Ma a che scopo la guardò? «Per ascoltare il gemito dei prigionieri..., per liberare i morti dagli inferi e sciogliere i vivi dalle catene del peccato».



Ludolfo di Sassonia (†1377) afferma la maternità spirituale di Maria, la sua mediazione nella trasmissione della grazia, la partecipazione di Maria all'opera della redenzione: Socia passionis. Nella sua Vita di Cristo, Ludolfo descrive l'incontro di Maria con il Figlio risorto: «...Chi può immaginare la gioia della Madre nel vedere il Figlio risorto per sempre, non solamente perché non deve più morire, ma perché è l'arbitro assoluto del cielo, della terra e di ogni creatura! Seduti l'uno accanto all'altra parlano gioiosamente insieme e celebrano in questo modo la loro Pasqua. Quale cara e dolcissima Pasqua fu quella per Maria! Gesù le raccontò come avesse liberato il suo popolo dalle tenebre della morte e tutto ciò che aveva compiuto in quei tre giorni... ».



Dionigi il Certosino (†1471) vede nella divina maternità di Maria la fonte della sua pienezza di grazia e di virtù, il principio della sua opposizione al serpente infernale, il suo trionfo su di esso: «Inorridiamo ad ammettere che la donna che doveva schiacciare il capo al serpente, abbia mai potuto essere sconfitta da lui e che la Madre del Signore sia stata figlia del demonio; e ancora che la regina degli angeli sia stata schiava del peccato e la figlia prediletta di Dio Padre, figlia dell'ira». Con questa tesi Dionigi afferma l'Immacolata Concezione di Maria. La sua testimonianza è stata così chiara, che Pio X ha riportato il testo dionisiano nell'enciclica Ad diem illum, per il cinquantenario della definizione del dogma (1904). Dinanzi al mistero di Maria, Dionigi deve però ammettere: «O Madre, noi non possiamo comprendere la tua dignità, la tua santità, la tua gloria, noi siamo indegni di contemplarti, noi non possiamo renderti degli omaggi degni di te...». Nonostante tutto ciò sa di potersi affidare a lei: «E tu, mia buona regina, mia avvocata così misericordiosa, mia madre così affettuosa, custodiscimi sempre. Aiutaci, governaci, conservaci, e guidaci infine al porto della salvezza eterna».



Giovanni Gerecht (o Lanspergio dal luogo di nascita Landsberg, †1539), fu amantissimo della Madonna, come madre. Scriveva ad un giovane confratello all'inizio del secolo XVI: «Saluta Maria dando a lei non come fanno certuni il titolo di patrona generale, ma quello di Madre (del nostro ordine). I nostri Padri non l'hanno scelta solamente come patrona, cioè solamente come qualcuno che è sempre soccorrevole, ma non necessariamente sempre occupata a farci esperimentare le effusioni del suo amore e la grandezza del suo affetto. Essi l'hanno scelta come Madre... Per dire meglio, lei non ci ha scelti come servitori, ma come figli, non come individui, che si accontenta di proteggere o di difendere, ma come figli che vuole stringere al suo cuore, proteggere e nutrire... e ai quali, fino a quest'ora, non ha finito di prodigare le sue cure materne...». È ancora Giovanni Lanspergio che si rivolge a Maria con il motto Totus tuus, esortando anche altri a fare altrettanto: «Ti saluto, o bellissima, degnissima, e gloriosissima Madre di Dio, sfolgorante Regina del cielo, mia amabilissima Signora e dolcissima Vergine Maria! Ti saluto con il cuore del tuo Figlio diletto, con il suo amore e con l'amore di tutti quelli che ti amano, mi metto sotto la tua protezione e mi affido a te come figlio, nella fiducia che tu mi accolga e ottenga da Dio di essere tutto tuo (Totus tuus) e tu tutta mia, tu che dopo Dio sei la mia Signora, la mia gioia, la mia corona e la dolcissima e fedelissimo madre mia». E tutti capiscono, come in questi anni, non sia agevole leggere queste righe, senza che il cuore ne sia commosso.
Questo il messaggio mariano che continua a oltrepassare la clausura della Certosa. Se ne gode, come potevano goderne i certosini, che praticavano le grandi devozioni mariane, illuminate da tanta dottrina. Tali devozioni erano esercizio di tenerezza filiale verso Maria e non potevano che aumentare, in chi le praticava, quell'amore, che di tutto è principio e fine. L'immagine di Albrecht Durer, di cui si diceva all'inizio, è accompagnata anche da un messaggio di parole. Lascia dinanzi a Maria una preghiera, che chissà quanti certosini avranno usato nei colloqui con la Vergine: «O Maria castissima, sapientissima, humillima, veracissima, devotissima, obbedientissima, pauperrima, purissima et dolorosissima Mater Dei, ora pro nobis exulibus peccatorilius nunc et in bora nostrae mortis. Amen». 77

Bibliografia
NOÉ V., Come l'hanno amata. Profili di Santi mariani, Edizioni Messaggero, Padova 1989, pp. 71-77; NOJA V., Meditazioni mariane ed altri scritti mistici dalle opere di François Pollien certosino, Editrice Ancilla, Conegliano 2006; ROMEO E., I solitari di Dio. Separati da tutto, uniti a tutti, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2005;  TIM P., Quando il silenzio parla. La vita dei certosini, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011; LOCKHART ROBIN B., Tra le mura della certosa. La vita nascosta dei figli di san Bruno, San Paolo, Cinisello Balsamo 1990; SCHUSTER I., Scritti su la Chiesa orante, la Vergine Maria, la vita monastica, Glossa Edizioni, Milano 2005; MOVIMENTO DOMENICANO DEL ROSARIO, Il Rosario certosino. Le clausole di Domenico di Prussia (1382-1460), in Rosarium, n. 4 del 2010; GOURDEL Y., Le culte de la Très Sainte Vierge dans l'Ordre des Chartreux, presso Du Manoir, II, pp. 657-669.

VEDI ANCHE
- DIONIGI IL CERTOSINO
- DOMENICO DI PRUSSIA
- HÉLION DOMENICO
- ROSARIO CERTOSINO

 
VEDI ANCHE
- CARMELITANI
- ORDINI RELIGIOSI






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