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SPIRITUALITÁ MONFORTANA



1. La spiritualità monfortana nel contesto antropologico e religioso del nostro tempo
a) Il problema più attuale e urgente nel mondo contemporaneo, che sta alla radice di tutte le altre questioni, riguarda l'elaborazione di un tipo antropologico capace di assicurare un destino di pace e quindi un futuro per l'umanità. Oggi la cultura s'interroga su questo problema e lo risolve ricorrendo alla filosofia personalistica o del dialogo, che definisce la persona come relazione all'altro. Si prospetta così un orizzonte che supera l'individualismo del cogito ergo sum per misurarsi con la rivelazione biblica del Dio unitrino al cui interno le persone si distinguono e costituiscono per la relazionalità. Dopo l'homo oeconomicus, utilitaristico e individualistico, e oltre l'uomo olistico, influenzato dalla totalità sociale, nasce il «terzo paradigma»: l'uomo del dono, performatore per eccellenza delle alleanze. La vita si trasforma così in allargamento ospitale verso la diversità. L'essere umano, cioè, si realizza come persona soltanto nel movimento di apertura e di dono di sé all' altro.
b) Anche la spiritualità cristiana si muove in questa linea, come si evince da un significativo volume sull'argomento: Teologia y espiritualidad (Buenos Aires 2005), che conferma in pieno questa prospettiva. Victor Manuel Fernández, autore del primo articolo del volume, corregge quella «ideologia malsana»» e «tremenda confusione»» che identificando spirituale con immateriale (e perfezione come unificazione in Dio) concentra la vita spirituale nel culto e nella contemplazione, scacciando la diversità e la passione per l'incontro con gli altri e tollerando l'attività nel mondo come un «male necessario». La correzione di questa «spiritualità distorta» viene della Parola di Dio che presenta la vita spirituale come dono dello Spirito inteso come «il dinamismo trascendente dell'amore (a Dio e al prossimo) che si comunica all'essere umano»», certamente e in maniera efficace nei momenti di culto o di devozione, ma anche in tutta l'attività e nel rapporto con gli altri e con il cosmo. Ne consegue che «un'autentica vita nello Spirito non si vede pregiudicata dall'attività evangelizzatrice, dal dialogo o dal servizio. Al contrario la negligenza in queste attività può essere la causa più importante dell'indebolimento spirituale».
c) Ora Montfort, presentato nel Dizionario di spiritualità monfortana in tutte le componenti della sua vita spirituale da «Adorazione» a «Zelo», insistendo nella sua cristologia sapienziale, nella sua mariologia e nella sua concezione di vita apostolica, presenta l'uomo come dono totale a Dio, impegnato alla realizzazione del suo regno tra gli esseri umani, raggiungendo così una conquista significativa dell'antropologia e della spiritualità attuali.

2. Il consacrato o l'uomo che si dona a Cristo per le mani di Maria
a) Il tipo antropologico che Montfort vuole realizzare in sé e negli altri, sulla base della condizione decaduta con il peccato e rinnovata dalla grazia di Cristo, appare nell'esercizio della missione popolare cui ha dedicato la sua esistenza e dagli scritti che intendono trasmetterla. Da questi appare chiaramente che il tipo d'uomo proposto dal missionario è il consacrato che fa dono della propria vita a Cristo e si spende totalmente per l'avvento del regno di Dio nel mondo. Sotto il profilo evolutivo appare chiaro il cammino compiuto del missionario nel presentare il tipo d'uomo che gli sta a cuore. Egli parte dalla proposta della schiavitù d'amore verso Maria di cui parlano «parecchi libri»» (ABS 219) e che sottolinea la totalità del dono di sé rivolto sia a Gesù che a Maria o meglio al Figlio mediante la Madre: «Mi dono interamente a Gesù Cristo Sapienza incarnata» (AES 225); «Questa devozione consiste nel donarsi a Maria in qualità di schiavo» (SM 32); «Donarsi così a Gesù per le mani di Maria» (SM 28); «Donarsi interamente in qualità di schiavo a Maria e a Gesù per mezzo di lei» (SM 32); «Lo schiavo si dona interamente» (SM 32; VD 71).
b) Nella maturità Montfort presenta la spiritualità cristiana come «perfetta consacrazione a Gesù Cristo»» o «perfetta rinnovazione dei voti e promesse del santo battesimo» (VD 120), dove Maria è presente come modalità perfetta (VD 123) e primo termine completamente orientato verso il termine finale che rimane Gesù Cristo (VD 125). In tale contesto Montfort insiste sull'adesione a Cristo in modo cosciente e personale e non per procura come era avvenuto nel battesimo. Il dono totale di sé deve essere frutto di una matura riflessione e di un atto libero di volontà: «Qui tutto è donato e consacrato» (VD 123); «Con questa devozione ci si dona esplicitamente a Nostro Signore per le mani di Maria» (VD 126); «Nel battesimo si parla ordinariamente per bocca di altri, cioè del padrino e della madrina, e ci si dona a Gesù Cristo soltanto per mezzo di un rappresentante. Con questa devozione invece si agisce di persona, volontariamente e con conoscenza di causa» (VD 126).
c) Nel contesto delle missioni al popolo, Montfort presenta infine la sua formula spirituale come Contratto d'alleanza con Dio, dove la consacrazione a Cristo per le mani di Maria è semplificata al massimo grado come dono di sé: «Mi dono interamente a Gesù Cristo, per le mani di Maria, per portare con lui la mia croce tutti i giorni della mia vita» (CA 1,4). Qui scompaiono i termini difficili o bisognosi di spiegazione, come schiavitù e perfino consacrazione, e anche i titoli mariani: restano il dono totale diretto a Gesù Cristo e il riferimento all' azione mediatrice di Maria, mentre si specifica la vita quotidiana come portare la croce. Montfort ricorre liberamente a varie espressioni per spiegare il tipo di uomo che propone al cristiano: schiavitù (AES 219), consacrazione (VD 120125), accoglienza (VD 144, 179, 216, 266), affidamento (VD 170,173-174), servizio (ASE 211, 212; VD 121, 135, 265), dono (ASE 222, 225; VD 120, 126, 133)... Nel processo di semplificazione per rendersi comprensibile al popolo il denominatore comune finisce per essere il dono, il cui concetto è incluso nelle precedenti determinazioni.
d) L'uomo per il quale lavora Montfort è dunque la persona che si consacra, cioé dona totalmente se stesso a Gesù mediante Maria per il tempo e per l'eternità. Il dono è completo perché si pone sul piano dell'essere, perciò esso ingloba 1'«io»» corporale e spirituale: «il corpo con tutte le sue membra»», 1'«anima con tutte le sue potenze»». Ma il dono si estende anche all'avere: riguarda «tutti i beni interiori ed esteriori»», non per sacrificarli ma per usarli secondo il criterio dell'amore (cf. VD 121). Infine il dono si traduce nell'attività, poiché bisogna «compiere tutte le proprie azioni per mezzo di Maria, con Maria, in Maria e per Maria, per compierle pin perfettamente per mezzo di Gesù, con Gesù, in Gesù e per Gesù» (VD 257). Nell' amore che, dona senza riserve, nel conformarsi all' amore del Cristo, la vita umana raggiunge la suprema autenticità: «Un simile dono di sé senza riserve e definitivo corrisponde alla struttura personale dell'uomo (si può apprezzare la maturità di un uomo dalla sua capacità di donarsi). L'uomo giunge ad essere se stesso mediante le relazioni interpersonali che si realizzano nel dono e nell'accoglienza di un amore autentico. L'autentica relazione raggiunge la più alta espressione nel dono reciproco, scoprendosi entrambi come persone nella mutua donazione che li unisce. Il divenire dell' «io»» avviene nel donarsi a un «tu»; e più il dono riesce, più l'uomo prende coscienza di sé. Ora il dono di sé per amore è il cuore dell'amore cristiano, sia che si tratti dell'amore di Dio o di quello del prossimo. L'amore cristiano deve condurre all'oblazione di sé, perché il suo modello ideale è Cristo».
e) Montfort chiede ai cristiani di sancire un Contratto di alleanza con Dio con cui impegnarsi non già ad un cristianesimo in formato ridotto, ma ad «una relazione personale con Cristo, costituita di comunione con i suoi misteri e insieme di consacrazione di tutta la vita». Detto più chiaramente: egli esige da tutti i battezzati la santità di Cristo, nella convinzione che i veri cristiani sono i santi. Il cantico Regolamento di un uomo convertito nella missione traccia un programma di cristianesimo fervente che comporta un cuore indiviso e pratiche fervorose (C 139,4-5). In sostanza, Montfort esige dal cristiano un dono attivo e permanente a Gesù Cristo, che comporta la rinuncia a se stessi, la conversione, la configurazione a lui e il ricorso a Maria in ordine alla fedeltà alle promesse del battesimo. Egli è in linea con un'affermazione del Concilio Vaticano II prediletta da Giovanni Paolo II, secondo cui Dio creando i'uomo a sua immagine, lo ha reso la sola creatura che «non può trovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (GS 24). Notiamo che Montfort non è d'accordo con Marcel Mauss, che confonde il dono con lo scambio, secondo cui al dono deve rispondere il contro-dono o contraccambio. Egli infatti richiede un dono disinteressato, cioè non ricorre a Maria «soltanto per acquistare o conservare beni temporali»» (AES 217), al contrario «non 1'ama perché abbia ricevuto o speri di ricevere favori, ma perché è degna di amore» (Vp 110). É un donare senza reciprocità e senza ritorno, un movimento assolutamente non circolare di pura apertura, anche se Maria non si lascia vincere in generosità (VD 132-133). Nel Nuovo Testamento il vocabolario del dono assume speciale rilevanza per indicare che il Padre attraverso Cristo nello Spirito concede i suoi doni ai fedeli: la grazia, il regno, la gloria... (Rm 5,15-17; iCor 1,4; Ef 3,14-19). Gesù raggiunge il culmine della donazione di sé nella passione: ha dato se stesso (Gal 1,4; lTm 2,6), la sua vita (Mc 10,45), il suo corpo (Mt 26,26). Anzi egli stesso è il dono per eccellenza che scaturisce dall'amore del Padre: «Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Gesù a sua volta offre tanti doni agli uomini: la Parola (Gv 17,7.14), il pane di vita (Gv 6,35.5 1), la pace (Gv 14,27), la madre (Gv 19,26-27). In particolare egli fa due doni preziosissimi: «dona lo Spirito senza misura» (Gv 3,34) e «la vita eterna» (Gv 10,28).

3. L'apostolo per il Regno

a) Il cristiano coincide con il consacrato che fa a Cristo per le mani di Maria il dono di sé. Montfort inserisce questa consacrazione nello scenario grandioso degli ultimi tempi, attribuendo ad essa una dimensione essenzialmente apostolica o missionaria. Ecco emergere 1'Homo apostolicus in cui si concentra l'attenzione del Santo. Agli occhi del Montfort missionario e mistico, la situazione della Chiesa e della società del suo tempo non è consolante. Anche se gli storici avvertono che la condizione della fine del secolo XVII aveva beneficiato del grande impegno pastorale del clero francese, il Montfort la qualifica come «disordine universale» (VD 127), «regno del mondo corrotto» (SM 59) e «regno dei nemici di Dio» (P1 4). Anzi l'ondata progressiva del peccato assume dimensioni cosmiche e non risparmia neppure la Chiesa: «è stato abbandonato il tuo vangelo, torrenti d'iniquità dilagano sulla terra e travolgono perfino i tuoi servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole, l'empietà siede in trono, il tuo santuario è profanato e l'abominio e giunto nel luogo santo»» (P15; cf. anche P114: «torrenti di iniquità che ingrossano»). La Chiesa stessa e divenuta una «eredità esausta... indebolita e macchiata dai peccati dei suoi figli» (P1 20). Dietro l'imperversare del peccato il Montfort legge l'azione del diavolo, che purtroppo andrà crescendo fino al «regno dell'Anticristo» (VD 51). Il Montfort ne è costernato al punto da invocare la morte qualora tale situazione non muti per intervento divino: «Mandami un aiuto dal cielo, o toglimi la vita!»  (PT 14). Il missionario però non si rassegna. Egli è convinto che il regno di Dio in Gesù Cristo non deve essere proiettato nell'aldilà, ma si realizza sulla terra, in questo mondo: «... non deve stabilirsi il tuo regno?» (P1 5). E il leitmotiv del Trattato della vera devozione a Maria a cominciare dal primo numero: «Per mezzo della ss. Vergine Maria Gesù Cristo è venuto nel mondo, ancora per mezzo di lei deve regnare nel mondo» (VD 1; cf. 23, 22, 49, 157, 217, 162). Chi potrà operare la trasformazione del mondo? Per Montfort non ci sono dubbi: Dio solo può compiere una simile impresa. Egli interverrà con il «diluvio di fuoco d'amore»» ad opera dello Spirito (P1 15-16) e con 1' azione molteplice di Maria (PT 13, 15, 24-25; VD 49-56), ma chiamerà anche gli uomini, specie gli «apostoli degli ultimi tempi» (YD 58), che include preti e laici, uomini e donne (VD 114), a collaborare con lui neutralizzando il contro-programma del diavolo. Il loro compito assumerà un doppio aspetto: «Distruggere il peccato e stabilire il regno di Gesù Cristo» (SM 59).
b) In questa prospettiva l'apostolato cessa di apparire un accessorio o addirittura un ostacolo per il raggiungimento della perfezione. Meditando sub zelo apostolico, il missionario conclude che esso è salutare in quanto produce grazia abbondante e gloria incomparabile e prega perché la predicazione non sia un impoverimento, ma una crescita nella santità:
Rendimi fedele sempre, o Dio,
all'esercizio del mio zelo,
fedele al mio dovere d'esser santo.
Ch'io sia, giorno e notte, fonte viva
che dando non s'impoverisce mai.
Per convertire fa' ch'io predichi,
ma predicando pur me stesso colmi
(C 22, 16).
Egli giunge così all'affermazione che l'irradiamento apostolico costituisce il massimo grado perfezione ed è 1' opera più divina:
L'elemosina più generosa,
e la più fervorosa preghiera
e l'austero rigore più fondo,
non son pari allo zelo verace;
nulla è tanto divino, si grande
come il prossimo al ben convertire,
perché frutto di solo amor puro
(C 21, 12).
Proseguendo su questa linea, Montfort non solo sposta l'asse dalla vita contemplativa a quella missionaria, ma scopre la finalità apostolica delle croci e delle purificazioni; queste non sono dirette a rendere amici di Dio, ma hanno lo scopo di liberare l'apostolo dall'orgoglio di fronte alle grazie divine e al bene compiuto, perchd non si glorifichi dinanzi a Dio (LAC 46).
c) Riferendosi agli apostoli degli ultimi tempi, Montfort abbozza una spiritualità apostolica nella qua!e lo zelo è visto come una virtù che eleva alla più alta santità davanti a Dio (VD 47-58). Nel famoso colloquio con l'antico condiscepolo Jean-Baptiste Blain (1714), Montfort ci induce a scoprire due piste di soluzione: !a prima di ordine esperienziale e mistica, è l'unificazione della vita spirituale attraverso la grazia della presenza di Gesù e di Maria per cui Montfort può realizzare la contemplazione o intima unione a Dio nella stessa azione; la seconda è il principio della sequela di Cristo Sapienza nell'adozione del suo genere di vita insegnata col suo esempio e i suoi consigli. Montfort rivendica per sé e per i suoi discepoli la sapienza apostolica, capace di unificare in prospettiva missionaria tutta la vita spirituale. Unendo indissolubilmente Maria allo Spirito santo nella formazione del Cristo e dei cristiani (VD 34-36) e collocando tale formazione nel regno speciale dello Spirito del Padre e del Figlio (P1 15-17), Montfort sottrae la devozione mariana al rischio del cristomonismo aprendola al rapporto con lo Spirito, e in modo più radicale con tutta la Trinità. Inoltre tale devozione non può ripiegarsi su se stessa, perché nel pensiero di Montfort essa e proiettata verso 1'avvenire, cioè verso il regno di Gesù Cristo. Essa è finalizzata e dinamicamente protesa verso il cambiamento della storia. I consacrati a Cristo per le mani di Maria dovranno impegnarsi a distruggere il regno del male, stabilire il regno di Dio e diffonderlo in tutto il mondo. Quando essi giungeranno attraverso una diuturna sintonia con Maria, che Montfort paragona alla respirazione, ad identificarsi con lei (a divenire sue «copie viventi»), .allora Gesù sarà amato e glorificato (VD 217). E come dire che solo quando la Chiesa sarà Maria, Gesù nascerà di nuovo nel mondo, cioè ritornerà per stabilire nello Spirito il regno del Padre.

Bibliografia

DE FIORES S., Spiritualità monfortana per il nostro tempo, in Theotokos XIV (2006) n. 1, pp.111-119; ID., Dizionario di Spiritualità Monfortana, Edizioni Monfortane, Roma 2005; CAILLE A., Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Torino 1988; FERNÁNDEZ V. M. - GALLI C. M., Teologla y espiritualidad. La dimension espiritual de las diversas disciplinas teologicas, Buenos Aires 2005;  MAUSS M., Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in Teoria generale della magia e altri saggi, Torino 1965; DERRIDA J., Donare il tempo. La moneta falsa, Milano 1996; BATTAGLIA O., La teologia del dono. Ricerca di teologia biblica sul tema del dono di Dio nel vangelo e nella I Lettera di Giovanni, Assisi 1971; FANZAGA L., Maria nel cammino di santità. Commento al “Segreto di Maria” di San Luigi Maria Grignon da Montfort, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; AA. VV., Luigi Maria da Montfort. Apostolo degli ultimi tempi, Elle Di Ci, Leuman 2005.

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