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MATTEO DA AGNONE



Servo di Dio, Cappuccino.

1. Cenni biografici
a)
a)P. Matteo da Agnone nacque nel 1563 da pii genitori i quali gli imposero il nome di Prospero. L'educazione, profondamente cristiana ricevuta dai genitori, gli faceva vedere Dio in tutte le cose. Frequentò l'Università di Napoli nelle facoltà di filosofia e medicina. La bellezza dell'ideale francescano rifulse nella sua mente, ed in questa luce, preferì farsi cappuccino, per poter conoscere meglio le verità della teologia e divenire medico delle anime. Fece il noviziato a Sessa Aurunca e dopo breve permanenza nella provincia religiosa di Napoli, si affiliò ai Cappuccini di Foggia. Si distinse per l'amore alla Madonna della quale difese l'assunzione in anima e corpo in cielo. Fu superiore locale e provinciale, oratore dotto e devoto. Ebbe dal Signore il dono della profezia e dei miracoli. Con il solo segno di Croce, operò tante guarigioni ad Agnone, a Vasto ed a Serracapriola. Fu potente esorcista. Molti dolori fisici accompagnarono la sua vita e furono per lui, motivo costante di ringraziamento al Signore.  Tre mesi prima di morire fu assegnato al convento di Serracapriola ed i frati di quel convento lo accolsero con il canto del Te Deum. Morì santamente il 31 Ottobre 1616.
b) II 5 maggio 1751 ebbe luogo la prima ricognizione canonica ad opera del vescovo di Larino mons. Scipione De Laurentis ed il 19 ottobre 1978, una seconda ricognizione fatta dal vescovo di San Severo, mons. Angelo Criscito. II 26 aprile 1984 lo stesso vescovo di San Severo dava inizio al processo informativo diocesano. II 19 giugno 1996, mons. Cesare Bonicelli ne apriva ufficialmente la Causa di Beatificazione e Canonizzazione nella Cattedrale di San Severo. II 9 maggio 2002 mons. Michele Seccia, nel Convento dei Cappuccini di Serracapriola, ha presieduto la solenne concelebrazione ed alla cerimonia di chiusura del Processo diocesano. II 16 maggio 2002 i faldoni contenenti la documentazione storica del Servo di Dio, sono stati consegnati alla Congregazione dei Santi. II 31 Marzo 2006 la stessa Sacra Congregazione ha emesso il decreto dì validità del Processo Diocesano. Nel Giugno del 2006 è stato nominato il relatore della causa.

2. Maria nel pensiero di P. D'Agnone
        a) Maria, "Porta verginale"
        La Vergine Maria è l'icona eccelsa della fede cristiana, della teologia e spiritualità francescana. Vorrei iniziare con una immagine che un confratello di padre Matteo d'Agnone tratteggia sulla Madonna. Immagine che emerge da un metodo-strumento che accomuna il Nostro al grande Antonio da Padova. Difatti i figli di san Francesco, in particolare i Cappuccini, hanno storicamente la peculiarità della predicazione. In una predica cosi il Santo di Padova dice della Vergine: «Porta verginale e divina, dalla quale e attraverso la quale Dio, che è al di sopra di ogni cosa, sta per fare il suo ingresso sulla terra...» E' il cuore contemplativo di Antonio che invita a mettersi dietro il pellegrinaggio della fede della S. Madre di Dio. Nei "Sermoni" scrive ancora «Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prendere parte all'odierna liturgia» (Sermone nella Natività). Padre Matteo è senz'altro figlio di questa spiritualità e con le sue catechesi, i suoi sermoni i suoi scritti e la sua predicazione ci porta sino al soglio di Maria, "porta verginale" che ci introduce, a sua volta, nel Mistero di Cristo che è la «Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6) del Padre. La dottrina mariana di Matteo d'Agnone è ancorata, scaturisce dall' unico fondamento di tutte le spiritualità che è Cristo, il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fattosi uomo. Una predicazione mariologica che proprio perché necessariamente cristocentrica si nutre di fondamenti della Scrittura, dei Padri della Chiesa (specialmente Ambrogio, Agostino...), dei maestri della spiritualità, della teologia francescana e specificatamente cappuccina fondata sulla meditazione della Passione e sulla mediazione della donna di Nazaret (Per Mariam ad Jesum). Proprio per questo suo essere porta che conduce a Cristo la Vergine Maria ha assunto particolare importanza e rilievo nella spiritualità cristiana e di cui Padre Matteo è stato assertore e predicatore rinviando, sempre e comunque, soprattutto per mezzo di Maria, alla centralità di Cristo e della sua opera di redenzione. Commentando l'immagine evangelica giovannea di Cristo via, verità e vita egli scrive: «Cristo è venuto a distruggere il peccato, perciò si è fatto via, verità e vita. Via diritta, verità certa, vita immortale; via nelle opere, verità nella cognizione, vita nell'affezione; via sperando in Lui, verità credendo in Lui, vita amando Lui. Via in terra, vita in cielo; verità in terra e in cielo; in terra per fede, in cielo per visione... O via, o verità, o vita! Seguiremo te perché sei via, cammineremo dietro a te perché sei verità, correremo a te perché sei vita... Deh, cristiani, perché cercate altra via che Cristo? Perché siete curiosi d'altre verità che di Cristo? Perché desiate altra vita che Cristo?». II Servo di Dio sa che l'uomo può salvarsi unicamente nell'amore di Cristo, il figlio di Dio e di Maria. Egli in armonia con la tradizione e la spiritualità cristiana sa che La Madonna è la "donna del primo annuncio", annuncio non di se stessa ma dell'amore di Dio riversato nel Figlio per mezzo dello Spirito santo e a noi quotidianamente donato. Padre Matteo conosce anche le difficoltà di questo cammino di imitazione e perfezione evangelica dei cristiani. Egli indica la Madre del Signore, come prescelta di Dio, come donna tra le donne scelta perché l'Onnipotente potesse farsi carne e storia; Maria è la testimonianza di possibilità per l'uomo di questa sequela Christi. Matteo spesso richiama Maria come esempio di sequela, come incoraggiamento per gli uomini a credere che conformarsi e seguire Cristo sia possibile. Una possibilità che non viene dalla capacità della creatura ma dall'amore di Dio che per primo ci viene incontro, per primo ci facilità il camminare dietro al Figlio per essere una "cosa sola" col Padre. Nella vita dell'uomo dove, quando e come avviene questo scambio con il Dio che ci viene incontro nell'Incarnazione di Gesù? E' nel battesimo - scrive il Servo di Dio - che Cristo si dona totalmente all'uomo donando la sua vita, la sua forza: «Si è fatto vita per darvi il vivere; si è fatto verità per darvi materia d'intendere; si è fatto vita acciò possiate muovervi. Avendo questa vita, non morirete mai, cercando e contemplando questa verità, non errerete mai, camminando per questa via, non vi perderete mai». 

        b) Maria, "Tempio di Dio"
        II pensiero mariano di padre Matteo è ampiamente coerente con il ruolo che la spiritualità cristiana assegna alla Madre del Salvatore. Sant'Ambrogio nei suoi scritti dice che «Maria non è il dio del tempio ma il tempio di Dio». Su questa scia si pone anche il padre Matteo conscio dei rischi di un certo devozionismo esistente anche ai suoi tempi. La sua predicazione si propone di condurre il devoto di Maria al mistero di Cristo invitando all'imitazione delle virtù della madre del Signore. Maria è donna dell'Incarnazione, donna per mezzo della quale, per il suo "Fiat" Dio si è fatto uomo, carne, storia. Un "Si" che si ripete ancora oggi se il cristiano, come Lei, partorisce al mondo il Cristo Signore. E come, in che maniera, - si chiede spesso nei suoi scritti - è possibile partorire la Salvezza del Padre all'umanità di ogni luogo e tempo? Essere "gravidi di Dio" vuol dire lasciarsi possedere dallo Spirito come Maria. Mettere nel mondo, allora, Cristo vuol dire anzitutto essere "gravidi" dell'amore del Padre, aprirsi come la Vergine di Nazaret all'irruzione dello Spirito che avviene particolarmente nel giorno del battesimo e della cresima. Partorire con Maria il Figlio al mondo e agli uomini, diventare inabitazione-tempio di Dio è possibile solo se si imitano le virtù della Vergine: la libertà nell'adesione al progetto di Dio, l'obbedienza incondizionata alla volontà del Padre. Facendo liberamente la volontà del Padre, Maria ha generato fisicamente il Figlio di Dio per mezzo dello Spirito santo ma anche e soprattutto spiritualmente dentro di sé, nella sua anima. Scrivono i Padri, cui padre Matteo spesso si ispirava, che Maria ancor prima di essere madre del Signore ne è stata fedele discepola. I cristiani, i devoti di Maria, sono chiamati a generare spiritualmente e con la loro vita Cristo al mondo di oggi vivendo e testimoniando il Vangelo, vivendo le virtù vissute da Maria. Virtù che il Cappuccino di Agnone indica nella carità, la penitenza, l'ascolto della parola di Dio, l'accoglienza del mistero della sofferenza, l'elemosina e la "sopportazione" dei difetti altrui. Ma - precisa padre Matteo - il vero devoto della Vergine è chi, come lei, sa salire il Calvario e sa restare sotto la Croce. In questo cammino, nella "Via Crucis" della nostra esistenza la Madre di Gesù che è anche madre nostra non ci lascia soli. Sotto la Croce Maria è diventata madre della Chiesa e quindi madre dei credenti, madre presente in tutto il mistero di Cristo e, di conseguenza, nel mistero della sua Chiesa e nella vita dei battezzati e dei credenti. Rivolgendosi direttamente a Maria padre Matteo richiama queste verità: «Tu sai che l'eterno Padre, per distruggere il peccato, non perdonò al suo Figlio. AI Figlio non vi è cosa più cara che la conversione del peccatore. Lo Spirito santo, che è tutto amore, altro non bramo... Difendi, indirizza, illumina il cuor mio, acciò, tenendo la via retta del cielo, godiamo prima Dio e poi te».  

        c) Maria, "Madre di Dio"
        I titoli che padre Matteo dà alla Madonna fanno parte della tradizione e della devozione mariana oltre che della teologia e della mariologia. Egli ha però la particolarità delle "metafore" che sa ben mutuare dalla sacra Scrittura e dalla vita. E' il caso - accenno soltanto - della "tunica del Verbo incarnato"', tunica che secondo padre Matteo è la "veste della natura umana" con cui il Padre ha rivestito il Figlio per realizzare la sua incarnazione. Per fare ciò Dio aveva bisogno dell'uomo, della collaborazione di Maria che Egli coinvolge direttamente nel suo mistero d'amore e al tempo opportuno, nella pienezza del tempo, non del tempo umano ma di Dio, che è kairos di salvezza (cfr. Gal 4,4). Ed è in questo tempo che Dio chiede la disponibilità alla piccola-grande donna di Nazaret. Scrive padre Matteo: «Quando era la sinagoga nella sua vecchiaia; quando "inclinata erat iam dies" (Lc 24,29), allora gli fece questa veste e fu mandato l'angelo a dimandare a Maria Vergine santissima e purissima, se si contentava di prestare la lana e la mano per tesserla». Bella questa definizione: Maria è chiamata ad essere tessitrice della Tunica di Dio, di Cristo ma anche ad esserne lana, cioè a prestare la sua natura umana, il suo grembo perché Dio si facesse uomo. Ed è con il suo "Fiat" che Maria diventa madre di Cristo e, quindi, madre di Dio: «Dio vuole - dice il Servo di Dio commentando e parafrasando l'annunciazione a Maria da parte di Gabriele - che tu concepisca nell'utero tuo castissimo un figliolo e che tale partorisca, cioè ti vuole fare madre, madre di Dio, figlio dell'uomo, perché "hic erit magnus et filius" (Lc 1,32); grande perché sarà Re dei re». Basterebbe - precisa padre Matteo - soffermarsi solo sul mistero della maternità di Maria per riassumere e contemplare tutta la ricchezza del dono della Vergine, i suoi privilegi (piena di grazia, "nuova Eva, roveto ardente, donna del sole, donna dell'Arca di Noè perché donna di fedesperanzacarità, mediatrice della grazia...) il suo ruolo nel progetto salvifico di Dio perché l'essere madre del Figlio e l'essere madre di Dio è, appunto, non solo privilegio eccelso ma anche e soprattutto grande ed imperscrutabile mistero. La risposta di Maria a questo grande mi-stero annunciato dalle parole dell'arcangelo Gabriele è stata lo stupore e l'umiltà. Quali parole la creatura, il devoto, il cristiano può esprimere dinanzi a questo grande evento d'amore del Dio fattosi uomo e "mendicante" della collaborazione, del "Si" di una giovane ragazza? Non vi sono parole umane, ma solo, come Maria, stupore, silenzio e lode come quella che il Servo di Dio pronuncia meditando il mistero dell'incarnazione: «Loda quel ventre da dove cominciò la be-atitudine (cfr. Lc 11,27), poiché in quello stette per nove mesi Cristo, il quale fu il primo beato. Loda quel ventre di dove cominciò la redenzione, poiché il Signore in esso generato subito vide e quanto doveva patire e a quanti il suo sangue doveva essere giovevole».  

        d) Maria, "Vergine fatta chiesa"
        La Vergine Maria, vergine feconda ed intatta "prima, durante e dopo" la nascita di Cristo, non è solo membro autorevole della Chiesa nata dall'amore del Figlio ma essendo madre del Signore diventa anche madre della sua Chiesa, madre non solo di ogni uomo ma anche madre di quelli che con il battesimo e la confermazione hanno scelto di appartenere alla grande famiglia di Dio. Ed è proprio così, come una grande famiglia che padre Matteo pensa alla Chiesa:«O beata casa dove il padre di famiglia sarà Iddio; la madre, la Vergine gloriosa; i figli saremo noi; non vi saranno servi, ma tutti figlioli». E il ruolo di Maria come madre è quella di aiutare il Figlio a salvare i figli, i suoi figli. Maria come mamma deve accompagnarci e guidarci - insiste padre Matteo - con una vita cristiana-mente ed evangelicamente retta all'accoglienza della salvezza di Dio. Convinzione talmente radicata nella coscienza umana, cristiana, religiosa e presbiterale di padre Matteo che nei suoi impeti di amore verso Maria gli fa dire: «O dolce Madre, o Regina, o Signora nostra, se tu ci vedi in peccati, rilevaci; se in grazia mantienici; se nella via di Dio ci fermiamo, spronaci; se camminiamo, confortaci». Ecco il compito di una madre come Maria che il santo Predicatore Cappuccino addita ai fedeli. La maternità della Chiesa di Maria è volontà del Figlio. Volontà che padre Matteo ben esplicita quando commenta gli avvenimenti del Calvario e in particolare l'affidamento di Maria al discepolo Giovanni da parte del figlio Gesù. Una maternità che nasce dalla condivisione col Figlio del progetto del Padre, dalla coerenza faticosa ed arricchente del suo "Fiat" fino alla Croce, dal saper stare di Maria non sotto la croce ma in Croce col Figlio crocifisso. Il "fare" di Gesù, Maria madre della sua Chiesa è letto da padre Matteo come segno della Carità, unica ed irripetibile del Padre vissuta nel Figlio. Difatti egli cosi commenta :«Se egli (cioè Gesù, ndr) parla della Madre e ricusa di chiamarla madre ma la chiama donna e la lascia poi per madre a Giovanni, il quale teneva luogo quasi di tutti i fedeli, o che lezione è questa di liberalità e di carità! Poiché nella sua morte di ogni sua cosa ci lascia eredi, né può aspettare a lasciarcene il dominio dopo la morte, che ancor vivendo ne pone in possesso di ogni cosa. Modo disusato e nuovo di ereditare! Già ci aveva dato il suo corpo in cibo e il sangue in bevanda; già aveva lasciato i suoi poveri panni, quali erano le sue facoltà, ai suoi crocifissori in pagamento e mercede delle fatiche che fatto avevano in tormentarlo. Mostra che nostri sono i meriti suoi, poiché lascia il paradiso al ladro»." 

        e) Maria, "Ponte col cielo"
        Se dovessimo tracciare due coordinate in cui racchiudere il pensiero di padre Matteo su Maria possiamo individuarle nel mistero del Verbo Incarnato e quindi nel ruolo della Vergine, madre dell'Incarnazione e nella sua Assunzione in anima e corpo. Pur non ancora essendo riconosciuto dalla Chiesa (riconoscimento dogmatico che avverrà solo il I novembre 1950 dopo il dogma dell'Immacolata Concezione sancito nel 1854) il mistero dell'Assunzione era già creduto sin dagli albori del cristianesimo, discusso tra i Padri e fortemente presente nel vissuto della fede dei credenti. Lo stesso padre Matteo per affermare e professare la sua fede nella assunzione in anima e corpo di Maria Vergine si rifà alla patristica (particolarmente a quella medievale). Cita e rielabora nelle sue omelie sull'Assunzione anche padri della Chiesa orientale come Giovanni Damasceno (sacerdote siriano nato a Damasco presumibilmente nel 676 e morto nel 749) che, tra l'altro, scrive: «Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste. Era conveniente che colei che aveva visto il proprio figlio sulla Croce, ricevendo nel corpo il dolore che le era stato risparmiato nel parto, lo contemplasse seduto alla destra del Padre. Era conveniente che la Madre di Dio possedesse ciò che le era dovuto a motivo di suo figlio e che fosse onorata da tutte le creature quale Madre e schiava di Dio». Anche la teologia francescana che successivamente con San Bonaventura e Duns Scoto si fece assertrice del dogma dell'Immacolata Concenzione di Maria ebbe precursori dell' assunzione in Cielo della Madonna sin dai suoi inizi. Il dottore patavino, Sant'Antonio scrisse: «Abbi per certo e apertamente dichiaralo che la beata Vergine è stata assunta anche in quel corpo che è stata abitazione dei piedi del Signore ... La medesima Vergine è stata, nella sua vita, sia Marta che Maria: Marta perché dopo la nascita, ha posto in un presepe il Figlio di Dio è lo ha allattato; Maria perché ha profondamente meditato nel suo cuore il mistero dell'Incarnazione» (Sermone nell'Assunzione). In questo solco culturale e di "sensus fidei" padre Matteo matura la sua convinzione profonda su di una verità di fede che la Chiesa riconoscerà moltissimi anni dopo. E già ai suoi tempi il Cappuccino molisano intuirà la valenza di questa realtà di fede fino a sentenziare: «Chi nega l'Assunzione della Vergine in anima e corpo, ben mostra che è della semente dell'antico serpente; chi ne dubita è il figlio di diffidenza; chi la crede è figlio della Vergine Madre». Il Frate esorcista argomenta dettagliatamente ed argutamente su questa verità di fede con profonde riflessioni teologiche creando così un castello di valide motivazioni ben esplicitate nei suoi scritti e negli studi promossi dal padre Cipriano, vice postulatore della causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio. Cito solo alcune affermazioni che sono alla base del suo ragionamento in difesa dell'Assunzione della Madonna. Una riflessione che parte dal rapporto tra Cristo e la Madre e sull'Onnipotenza divina: «Poteva Cristo glorificare in anima e corpo la Madre: chi ne dubita? Conveniva alla Sapienzail Figlio per essere suo capo, suo figlio, suo sposo. Chi dunque temerariamente ardirà negare o dubitare che l'abbia fatto? Conveniva anche a Lei che fosse assunta, perché d'ogni, parte pura, perché è compagna indivisibile del Cristo».  

        f) Maria, "Madre Addolorata"
        Il devoto di Maria si lascia accompagnare dalla Madre del Signore non solo per le vie della gloria ma anche per quelle del dolore e della sofferenza. Il cristiano che vuole imitare Maria, e quindi, Cristo, deve contemplare ed imitare la Vergine anche mentre sale al Calvario, mentre incontra il Figlio, quando resta ai piedi della Croce, quando accoglie tra le sue braccio il Dio-morto, Cristo obbediente del Padre, quando lo vede scomparire dietro la grossa pietra tombale. Padre Matteo ha una grande devozione per la Madonna Addolorata che esprime con attributi umani e di immedesimazione unici. Quando medita la Passione di Cristo il Cappuccino medita anche la Passione della Madre: «Quel che sopra modo accrescere dovrebbe il nostro dolore è il vedere la sconsolata e addolorata Madre, la quale languisce e poco meno che muore, veggendo il suo diletto e unico Figliolo saziò d'obbrobri, colmo di dolori, in un estremo disagio, sì che al contrario di quelle donne ebree, desiderava ella dare le sue carni al suo diletto in cibo, per mostrargli l'affannato cuore e fargli del suo sangue bevanda per estinguere la sua ardente sete e con la propria morte salvare a lui la vita». Parole che nascono da un cuore ed una mente che riesce a creare un'osmosi con il dolore della Vergine, compagna e testimone della sofferenza di Cristo. Per padre Matteo è la meditazione di questo dolore, del Figlio e della Madre, che dovrebbe piegare i cuori più duri ed insensibili. Ma pensando al martirio di una mamma per l'unico figlio come fa un cuore a restare insensibile, si chiede il nostro predicatore? In una bella e densa pagina Matteo riprendendo queste tematiche descrive con pennellate di profonda intensità e partecipazione l'amore e la compassione totale di Maria la quale nonostante fosse piegata dal dolore, prostrata dalle umiliazioni subite dall'Innocente della storia alla vista del figlio flagellato, incoronato di spine, caricato e schiacciato dal pesante legno della Croce in un impeto di amore materno «fa uno sforzo per correre a levare il Figliolo suo la croce e porsela sopra le proprie spalle ma, mancandole le forze e lo spirito insieme forse cadde trafitta dal dolore a terra». 

        g) Maria, "Madre da imitare"
        Un altro confratello di padre Matteo d'Agnone e grande innamorato di Maria, padre Pio da Pietrelcina, ripeteva spesso, pensando al proprium della vita credente, che «la vera devozione è l'imitazione». Dobbiamo saper imitare l'amore di Maria, la sua incondizionata obbedienza al Padre celeste, la sua umiltà, la sua carità, il suo cammino di santità. Un cammino che ha percorso le strade e la quotidianità di una vita feriale. Dobbiamo, come lei, saper correre verso il Cristo confitto e crocifisso sapendo di cadere, di non farcela. AI Signore basta solo il nostro sforzo, la nostra volontà. Vi è una esortazione del nostro Servo di Dio che mi sembra appropriata come consegna di questa riflessione e preghiera. Come il devoto di Maria, il discepolo del Signore deve poter salire in Cielo? Ecco come risponde Matteo d'Agnone: «Vogliamo essere in Cielo con Lei? Siamo buone madri del suo Figlio, siamo buoni figli di tal madre. Madri saremo se concepiremo spiritualmente Cristo con la carità, se lo partoriamo con le buone opere, se lo allatteremo con l'amore del prossimo, se lo porteremo in Egitto con la comprensione dei difetti altrui, se lo cercheremo con la penitenza, se udiremo la sua predica dando ascolto alle sue ispirazioni, se saremo vicini alla croce per partecipare alla sua passione, se ungeremo Cristo morto facendo l'elemosina».

Bibliografia
ARMENTI F., Maria nel pensiero di P. Matteo D'Agnone, in Il Servo di Dio Padre Matteo d'Agnone, anno XI n.2 10-11/2009; GAMBERO L., La dottrina mariana negli scritti del Servo di Dio Padre Matteo d’Agnone, Centrografico Francescano, Foggia 2002; DE MEO C., Stelle Filanti, Pensieri scelti tra gli scritti del Servo di Dio padre Matteo D’Agnone, Centrografico Francescano, Foggia 1994; MATTATELLI A., Un santo contro il demonio. Il carisma di liberazione di padre Matteo d'Agnone, Edizioni Segno, Tavagnacco 2015.






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