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MARCELLO DELLA VERGINE DEL CARMELO



Boldisar Marton, frate carmelitano, proclamato venerabile da Papa Francesco nel 2013.

1. Cenni biografici e attività
a)
Boldisar Marton, nasce a Kiskomárom (oggi Zalakomár) in Ungheria, il 9 settembre 1987. Dal 1897 al 1900 compie gli studi secondari a Keszthely, nel liceo dei Padri Premostratensi, sulla riva del lago Balaton. Dal 1901 al 1905, passa nel Collegio dei gesuiti di Nagyszombat, dove un suo zio sacerdote è anche professore. É qui che l8 dicembre 1901, si consacra alla Vergine. In un periodo di totale smarrimento spirituale che va dal 1905 al 1922, Boldisar si allontana dalla fede, dalla Chiesa e dai Sacramenti. Proprio a partire dal 1905 studia alla facoltà di lingue e letteratura, dove prende l'indirizzo di lingua ungherese, greca e latina. Nel 1910 riceve il diploma universitario e va come insegnante in Transilvania dove rimane poco, dato che qualche ese dopo deve partire per Salisburgo perché chiamato a compiere il servizio militare. Nel 1914 viene nominato insegnante nel ginnasio di Zalaegerszeg.
b) Nel 1922, Boldisar inizia il suo nuovo cammino di conversione che definisce "il cammino del figlio prodigo che ritorna alla casa del padre, sempre accompagnato da Maria". Due anni dopo, il 19 luglio 1924 si reca in Austria a Mödling per partecipare presso i Verbiti ad un lungo corso di esercizi spirituali che dura 40 giorni. Leggendo i testi e l'autobiografia di Santa Teresa d'Avila, comincia a maturare la vocazione carmelitana. Intanto, durante questi esercizi, in forma esclusivamente privata fa voto di castità, di povertà e di obbedienza, volendo dedicarsi completamente a Dio. Nell'ottobre dello stesso anno 1924, compie un suo pellegrinaggio a Lourdes, sotto la guida del parroco Don Josef Mindeszenty che in seguito diventerà cardinale e prima d'Ungheria in uno dei momenti più difficili della sua storia. Nel 1925, superato un nuovo periodo di difficoltà spirituali, entra tra i Padri Carmelitiani dove il 3 luglio inizia il noviziato e il 15 luglio del 1926, compie la sua professione religiosa e prende il nuovo nome di Fra Marcello della Vergine del Carmelo. Dopo aver compiuto la professione solenne tre anni dopo, il 16 luglio 1929, il 14 giugno 1930, viene finalmente ordinato sacerdote. Lo stesso anno viene nominato Maestro dei novizi, missione che eserciterà fino al 1943 nel convento di Gyor. In questo periodo deve affrontare una dolorosissima prova, perché viene ingiustamente accusato da calunnie riguardanti la sua castità sacerdotale. Alla fine di settembre del 1943, Padre Marcello viene trasferito nel convento di via Huba a Budapest, dove viene anche nominato confessore in molti istituti religiosi femminili, ed è in questo periodo che redige la sua Autobiografia, scritta per un atto di obbedienza nel maggio del 1950 e che verrà pubblicata soltanto dopo la sua morte.
c) Gli anni a seguire furono molto difficili, a causa della nuova situazione politica. Con la soppressione degli ordini religiosi, infatti, nel 1950 il convento dei Carmelitani di Budapest viene chiuso ed i religiosi dispersi. Dal 1950 fino al 1958, Padre Marcello trova rifugio presso una famiglia, dove però, mancandogli la solitudine e l'intimità della sua cella, si sente come in prigione. Il 25 giugno 1955, può celebrare il suo XXV anniversario di sacerdozio ad Attyapuszta. Dopo la terribile repressione dell'insurrezione popolare contro l'oppressione comunista da parte dell'esercito sovietico, Padre Marcello rischia più volte di essere arrestato, recandosi a visitare regolarmente come confessore il Cardinale Mindszenty che si era rifugiato nell'ambasciata degli Stati Uniti, dove rimarrà per 15 anni. L'8 dicembre 1958, Padre Marcello lascia la famiglia che lo ospitava e va a vivere in una piccola stanza presso l'ex monastero di via Huba, dove rimarrà fino alla morte.
d) La salute di Padre Marcello comincia intanto a destabilizzarsi. Nel giugno del 1962, deve subire un'operazione alla prostata, mentre il 16 maggio 1966, nella sacrestia di via Huba, cade malamente e si rompe il collo del femore. Ricoverato in gravi condizioni all'ospedale, la sera del 27 maggio gli viene somministrato il sacramento degli infermi e la santa comunione. Il 28 maggio viene sottoposto ad una laringotomia per poter aspirare la secrezione accumulata nei polmoni. Padre Marcello muore il 29 maggio 1966. Papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile il 9 dicembre 2013.

2. La presenza di Gesù e di Maria nella vita di P. Marcello
        a)
Una vicinanza sempre viva
        Un anno prima della sua morte, Padre Marcello scriveva: «Ave Maria in coelum Asumpta. Offro la mia morte per la gloria del Padre, per la consolazione di Gesù, per il diletto della mia Madre Immacolata». Scriveva anche che era stata la “piccola via” di Santa Teresa di Gesù Bambino ad insegnargli l’atteggiamento da tenere davanti a Dio-Amore che si dona in Cristo Gesù. Si tratta di una completa auto donazione del bambino che dà tutto se stesso con fiducia. Ma il modello più compiuto Padre Marcello lo trova in Maria ed è, per mezzo di Lei che l’amore trinitario lo afferra e gli fa sperimentare la stessa vita d’amore. Nel suo diario afferma «nella mia vita spirituale non poteva esserci alcun posto per il mio “Io”. Esso fu definitivamente annientato perché interamente dato a Dio... Senza di me non potete fare nulla così pure senza la Madre. Per questo l’Uomo-Dio ci ha lasciato come testamento sulla croce “ecco tua madre”. ….è dunque possibile essere autodidatti? L’ideale dell’uomo cristiano può essere soltanto questo: solo la Vergine Madre mi educa» (dalla Scheda scritta da padre Marcello il 15 agosto 1965). E ancora si può ben constatare come questo scritto steso poco tempo prima di morire, trovava riscontro con quanto padre Marcello provava già nei primi anni della sua vita in cui egli aveva ricevuto in dono gratuitamente la dolce presenza di Maria. Ecco cosa dice: «Sono nel settanttottesimo anno. Ebbene. Cosa seguirà?.....cercavo la felicità in tutto. Non l’ho trovata neanche nell’ideale femminile….non c’era da nessuna parte. Poi l’ho trovata. Essendo ancora molto giovane mi sono innamorato di Lei. Fu un amore celeste. L’ho abbandonata. Ma l’ho cercata fino a quando l’ho ritrovata. Da allora sono molto felice. Chi è il mio amore? L’Immacolata…sono diventato di nuovo bambino…Lei è il segreto della mia felicità». Quindi egli afferma che da piccolo senza cercarla l’ebbe in dono. Ma questa felicità però non durò e infatti, dopo averla trovato, la perse per poi ritrovarla in età adulta. Ma le circostanze in cui padre Marcello riprende il suo cammino affianco alla Madonna, sono molto più difficili. Infatti da 15 anni vive fuori dal proprio convento a causa della persecuzione religiosa ed alloggia in un piccolo ripostiglio dietro la chiesa carmelitana di Budapest. Egli soffre di gravi infermità ed è incapace di provvedere a se stesso. Deve dipendere ed essere accudito. Ma la cosa che lo fa più soffrire è soprattutto l’incomprensione dei confratelli che non l’accettano e non lo stimano. É veramente una condizione penosissima ma in tutto questo Padre Marcello vive certamente la rassegnazione e la serenità ma più ancora la felicità, quella del bambino che si sente amato o del giovane sposo che condivide l’amore con la propria amata. Se si esamina la sua vita alla luce della fede, si può ravvisare che ci si trova di fronte all’incarnazione concreta dello spirito delle beatitudini. Infatti padre Marcello fu sedotto dalla Bellezza dell’Amore (Cristo) riflessa sulla Vergine Immacolata. Accogliendola nella sua vita anch’egli assorbe via via quelle che sono le caratteristiche del Regno di Dio. Rinascendo nello Spirito, riscopre quella infanzia spirituale tipica del bambino evangelico. Dal 1901 al 1905, padre Marcello ebbe un primo incontro con la Vergine Maria. Infatti un suo parente sacerdote lo portò in ritiro a Nagyszombat dove egli incontrò l’amore di Dio nella eucaristia. In questa egli ebbe la consapevolezza che la Bellezza di Dio si rifletteva nella Madre sua e che il pane eucaristico appagava tutti i suoi desideri. Fu coinvolto così dal Bell’Amore e infatti affermò «Mi sono lasciato amare, mi sono lasciato guidare. Ero un bambino, un vero bambino. Non mi prefiggevo nessuno scopo, solo mi consegnavo, mi abbandonavo al Bell’Amore». Questo periodo fu quello più incisivo per la formazione di tutta la sua vita. Infatti all’età di 63 anni egli ricordava quanto, a quel tempo, non ne fosse consapevole ma semplicemente ne godeva.

        b) Sulla via della conversione con Maria
       
Purtroppo ci fu un’interruzione in questa vita d’amore. Il futuro padre Marcello, si iscrisse alla università di Budapest e l’ambizione divenne più forte della fede. Il giovane studente universitario prese infatti coscienza dei suoi talenti, si immerse nella cultura e cercò esperienze sempre nuove cominciando a viaggiare per tutta l’Europa soprattutto in Francia, in Germania e in Italia. Ma la sua sete di bellezza fu fortunatamente incanalata verso l’ammirazione della natura e delle opere d’arte evitando di identificarsi con la mentalità di questo mondo. Divenne così professore di letteratura, di latino e di greco. Ma per ben sedici anni non frequentò più la chiesa e quindi neanche i sacramenti della confessione e della comunione. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale offrendosi volontario al posto di un padre di famiglia. Quando ritornò dalla guerra scrisse un romanzo “Su tombe mussulmane” dove tra le altre vicende raccontò l’amore per una ragazza mussulmana di cui si era talmente innamorato da volerla portare con sé. Ma tale progetto fu tragicamente interrotto dalla morte della ragazza uccisa dai suoi familiari per la colpa che lei aveva avuto per un “infedele”. Sembrava che le delusioni lo travolgessero ma la Madre del Bell’Amore continuò ad essergli fedele e padre Marcello scoprirà la presenza di Maria nella sua vita convertendosi gradualmente attraverso la delicata pedagogia della Madonna che si manifestò attraverso vari avvenimenti. Ci fu una grande trasformazione in lui, soprattutto con la lettura di “Storia di un’anima” di S. Teresa del Bambino Gesù. L’infanzia spirituale di cui parlava la piccola Teresa lo coinvolse non poco e poi sentiva che “Qualcuno” lo guidava, lo prendeva per mano e avvertiva di non essere più padrone di se stesso. Lo colpì una partecipazione alla Passione di Cristo dove, nel vedere Gesù deriso e umiliato, esclamò che la scena non era rimasta solo nella sua memoria ma soprattutto nella sua anima e nel suo cuore. Successivamente un’attrazione forte a ritirarsi per essere con Dio solo e diceva: «Volevo rimanere in incognito nel silenzio, nel deserto perché Dio potesse parlare al mio cuore». Così accettò una proposta di fare un ritiro nel convento di Modling dove per 40 giorni poté comprendere fino in fondo che solo Dio basta e dove, purificandosi ulteriormente, realizzò che la celeste sapienza della povertà di spirito diventasse la sua stessa vita. Così ritrovò il Bell’Amore che aveva sperimentato nella sua giovinezza e scoprì che «dobbiamo lasciare che Gesù viva in noi a qualunque prezzo. A costo del nostro Io». Comprese in questo ritiro che era chiamato a vivere la vita del Bell’Amore sotto il manto della Vergine del Carmelo e all’età di 38 anni lasciò tutto per entrare definitivamente proprio nel Carmelo.

        c) Con Maria tra mille incomprensioni
        Dopo la sua ordinazione venne nominato maestro dei novizi e in questo ruolo si espresse meravigliosamente come padre, madre, fratello, direttore spirituale, insegnante nei confronti dei suoi allievi. Ma scoprì anche le esigenze forti del Bell’Amore e la grande difficoltà di identificarsi al modello di Gesù dovendo patire le prove delle incomprensioni e delle calunnie. Fu prolifico di insegnamenti per la vita spirituale ma fu criticato dai suoi confratelli perché giudicato troppo esagerato, troppo pieno di devozione, soprattutto per quel che riguarda il raccoglimento e la pratica della presenza di Maria . Argomento quest’ultimo che trova nella maggior parte della maggior parte dei Cristiani la difficoltà a comprendere pienamente questo concetto, non credendo quindi nella Sua presenza viva e reale in mezzo a noi. Solo alcuni santi hanno avuto in dono questa percezione. Uno dei tanti è stato don Bosco che prima di morire diceva agli astanti “la Madonna è qui … è proprio qui” ma purtroppo non fu capito. Per padre Marcello ci fu una piccola “persecuzione” che fu però un boomerang per i suoi confratelli che rivelarono così un animo insensibile e poco praticante. Ci fu poi un’altra croce e cioè la diffamazione circa una sua presunta sifilide anche se gli esami prescritti dai superiori erano risultati negativi. Volevano persino privarlo dell’insegnamento ma il Padre Generale lo difese e lo confermò nel suo incarico. Padre Marcello, in questa circostanza, non si lasciò sfuggire neppure una lamentela e trattava tutti con amore. Di questa vicenda emerse qualcosa solo dal racconto di alcuni testimoni dopo la sua morte e dalla sua autobiografia solo alcuni versi che alludono alle sue sofferenze morali. Ma attraverso questa durissima prova Padre Marcello provò una delicatissima unione a Cristo e a sua Madre. Padre Marcello divenne poi famoso in Ungheria sia come predicatore e sia come confessore diventando spirituale di varie autorità ecclesiastiche. Il suo padre provinciale nel 1950 gli diede un mese di vacanza perché scrivesse la storia della sua vita rispondendo principalmente alla domanda di fondo e cioè quale influsso avesse avuto la Vergine Maria nella sua anima. Così egli potè meglio riscoprire se stesso volgendo indietro il suo sguardo nella sua giovinezza. Comprese scrivendo il libro “Il Bell’Amore” con quale amore meraviglioso e con quale sollecitudine materna era stato guidato dalla Vergine Maria. Nel suo libro si può notare il suo grande ringraziamento e la sua lode alla Madonna e soprattutto il suo personale Magnificat rivolto all’amore trinitario che ha fatto grandi cose in Maria e per mezzo di Lei anche a padre Marcella. Egli scrive infatti «Tutto è opera meravigliosa del tuo amore : grandi cose hai fatto per me, mia Regina, mia madre, mia sposa, per te elevo il mio canto ……».

        d) Tra le persecuzioni con Maria
        Si preparavano tempi duri per la chiesa perché la dittatura comunista avrebbe chiuso di lì a poco tempo i conventi e i monasteri. Ma padre Marcello confida nella presenza amorosa di Maria per la quale trova la fiducia che nulla potrà ostacolare la stesura della della sua autobiografia. La soppressione degli ordini religiosi nel 1950 lo costrinse a lasciare il convento ma la sua speranza era irremovibile e, da qualche testimonianza raccolta, si vedeva che egli mostrava una sicurezza e una certezza del tutto incomprensibile alla maggior parte dei religiosi. Fece persino un voto d’amore oramai convinto che nulla poteva separarlo dall’amore di Dio. Padre Marcello dovette adattarsi a vivere in famiglia condividendo la stanza e dovendo praticare una povertà ancora più stretta di quella del convento. Non poteva predicare né celebrare messa (che però fece nascostamente). Poteva solo confessare e molti religiosi si rivolgevano a lui portando così sollievo spirituale a tutti, persino al cardinale Mindszenty. Quest’ultimo, dopo i pochi giorni di speranza della rivoluzione ungherese nel 1956, dovette rifugiarsi nell’ Ambasciata degli Stati Uniti restandovi fino al 1951. Negli ultimi anni della sua vita poté abitare nelle vicinanze della chiesa carmelitana ma dovette accettare di occupare solo un piccolo ripostiglio non essendo stato accolto nell’appartamento dove si erano alloggiati i suoi confratelli!! Anche qui dovette offrire al Signore la mancata accoglienza e i forti disagi di un locale che minerà la sua salute e di ciò egli disse «ho offerto a Gesù la mia dolorosa nevralgia affinché io possa completare nel mio corpo quello che manca alle sofferenze di Cristo in favore del suo corpo: la Chiesa». Nel 1962 fu sottoposto ad una delicata operazione alla prostata. Fu in pericolo di vita ma con un lungo trattamento, si riprese. Il suo animo non si esarcebò ma prese tutto come un dono e una grazia di Dio che lo aveva reso simile a Sé tanto che ebbe ad esclamare «Sono diventato Gesù… oh annullamento meraviglioso, che bella rinascita meravigliosa! Davvero non avevo più bisogno di niente: ero interamente di Gesù» . Padre Marcello perse il dono dell’udito che si abbassò notevolmente infliggendogli umiliazioni ancora dai confratelli. Anche se malato non si sentiva inutile, anzi cercava di essere più ricettivo alle notizie esterne, senza concentrarsi verso il suo male. Assorbiva le novità che arrivavano da Roma. In particolare scriveva nel suo diario i discorsi papali, le intuizioni dei padri conciliari circa la riforma liturgica e la rivalutazione del ruolo dei laici all’interno della Chiesa. Si sentiva negli ultimi suoi anni sempre più coinvolto con il Bell’Amore e diceva «Ma io sono in Lui e Lui è in me. Come la spugna è nell’acqua e l’acqua è nella spugna. Sono anch’io nell’oceano dell’Amore».

        e) Fino alla fine sotto lo sguardo di Maria
        Soprattutto, avvicinandosi il giorno della sua morte, Padre Marcello percepiva sempre più la Presenza della Vergine Maria. In un sogno percepì gli occhi di Maria bambina e ciò gli si impresse profondamente e intensamente nella sua memoria: «Non ho visto che gli occhi ma li ho visti proprio da vicino … era tanto espressiva che la Sua sollecitudine penetrò in me come una realtà impareggiabile. Pareva dirmi: Vedi io sono con te incessantemente, i miei occhi vigilano sempre su di te». Il 16 maggio 1966 Padre Marcello cadde e si ruppe il collo del femore e dopo il ricovero in ospedale, provando sofferenze indicibili, morì il 29 maggio all’alba della domenica di Pentecoste, la festa dell’Amore divino e i confratelli videro in questa coincidenza un segno inequivocabile che la Santissima Trinità lo aveva finalmente accolto nel suo seno.

3. La costante presenza di Maria nella sua vita descritta da P. Marcello nella sua Autobiografia
       
a)
Si innamora dell'Immacolata e si consacra a Lei l'8 dicembre 1901
      
«La Vergine Immacolata uscì dall'ombra e mostrò la sua bellezza: et amator factus sum formx illius. Mi sono innamorato della sua bellezza per sempre (Sap 8,2). L'otto dicembre, nella festa dell'Immacolata Concezione, fui già ammesso nella Congregazione e ricevetti la medaglia con il nastro celeste nella chiesa dei Gesuiti. Il santuario allora mi sembrò essere il paradiso: fu come se mi fossi "fidanzato" con Qualcuno per l'eternità, ma chi era questo Qualcuno? L'Immacolata, il Verbo Eterno, Gesù, la Sapienza, la Bellezza, lo Splendore, 1'Ideale: tutto ciò si unificava in me, non attraverso le operazioni analitiche del pensiero, ma in una esperienza celeste. Così Maria diventò mia Madre! Vale a dire diventò tutto per me: mia Madre, mia Sposa, mia Sorella, perché mi dava Gesù, la Felicità. In seguito, da carmelitano, compresi in profondità - se si può dire così - il Cantico dei Cantici e il libro della Sapienza. A quei tempi, mentre frequentavo le classi superiori del ginnasio, non li capivo poiché non li avevo nemmeno letti; eppure godevo delle realtà ivi espresse come un dono di Dio [ ... ]. Tuttavia era come se la Vergine Maria mi istruisse, mi educasse direttamente all'Amore, proprio al Bell'Amore, per sé, per Gesù e, in una prospettiva futura, per tutti gli uomini. A quei tempi neanche capivo tutto ciò in questo modo, solo ora lo comprendo. Allora ne godevo solamente» (Da "Il Bell'Amore, pp.8-9)

        b) Maria irradia la bellezza di Cristo
        «La Madre del Bell'Amore irradiava in me il Bell'Amore, Gesù, ed io amavo molto ricevere la comunione. Il tabernacolo era la tenda nuziale in cui mi introducevo come furtivamente, in spirito, e la Madre del Bell'Amore mi dava il cibo degli Angeli. Il Bell'Amore appagava tutti i miei desideri. Amavo e cercavo questo in tutto. Lo studio, le lezioni e le mie letture servivano a questo scopo. Ella ricopriva tutto di bellezza. Velava con il suo velo bianco le cose, la città, i prati di Nagyszombat e le persone, specialmente alcune. Era come se vivessi nell'Immacolata mia Madre. Mi circondava, mi difendeva, mi portava e, se cadevo nella palude, subito me ne traeva fuori. Ad un tratto mi sono purificato, divenni candido come la neve. Vivevo come se la terra, il fango e la sporcizia non esistessero più. Vivevo nella Madre Immacolata, nel Bell'Amore. Non provavo né odio, né avversione alcuna, provavo affetto per tutti, facevo del bene a tutti» (Da "Il Bell'Amore, pp.11-12)

        c) Maria veglia sull'esistenza di P, Marcello
        «L'Immacolata vegliava perché in me la terra fosse ricoperta di Cielo, perché il suo manto - il bel firmamento celeste - scendesse sulla terra fangosa e rendesse la valle di lacrime un giardino pieno di fiori. Mi educava per farmi suo. Oh, tutto era così facile a quei tempi... Come sarebbe stato difficile invece dopo la caduta, come sarebbe stato difficile recuperare il Paradiso perduto! [...] A cosa servirono quei quattro anni vissuti come figlio di Maria? "Mitte radices in electis meis". Metti le radici nei miei eletti - dice il Signore a Maria secondo la Chiesa (dall'epistola della festa dell'Assunzione di Maria). La Madre del Bell'Amore mise le sue radici in me. Mi sia consentito dirlo con umile gratitudine: ero il suo eletto. A quei tempi le radici germogliavano con una rapidità impressionante, e tutto era coperto di fiori, ma la vita falciò i fiori per lungo tempo. Le radici però rimasero! La Stella, la Stella del Mare si accese e rifulgeva nel cielo della mia giovane anima con una bellezza meravigliosa, poi si oscurò, come se fosse caduta, come se fosse scomparsa... Ma non scomparve per sempre! No! No! La Vergine Madre ha dei progetti su tutti i suoi figli. E chi una volta L'ha molto amata, anche solo una volta, sarà salvato da Lei per sempre anche se pareva perduto» (Da "Il Bell'Amore, pp.13-14).

        d) Maria e gli anni dell'allontanamento dalla Chiesa
        «L'Immacolata, la Stella del mare, si oscurava. Il Cielo era coperto di nuvole. E apparve [ ... ] il peccato. Ahimé! Satana era lì in agguato, alle calcagna della Donna; e il serpente maledetto mi morse. Le confessioni divennero sempre più rare. Non aspettavo pin con ansia l'aprirsi della porticina dorata del tabernacolo [...11. La mia fede cominciava a indebolirsi [ ... ]. Poi non andai più a confessarmi, per sedici anni! [ ... ] Avevo dimenticato, avevo dimenticato del tutto la Vergine Madre. Lei però non dimenticava me; seguiva il figlio prodigo. Pregava per lui, anzi pregava al suo posto. Poi tesseva, intrecciava la sua sorte, il suo futuro. No. Lei non mi abbandonava. Lei è una reale, vera Madre. Ero io che la abbandonavo. Se non me lo avesse impedito, avrei pianto la mia terribile infedeltà per sempre. Lei è Mater Admirabilis, è la Madre Ammirabile che si servi in modo "ammirabile" della mia orribile infedeltà! Dimostrò il suo potere. Lei è Virgo Potens, è la Vergine Potente che seppe ricavare dal massimo male il massimo bene. Durò a lungo, ma ne valeva la pena, poiché si trattava della vocazione carmelitana. Come ho detto, la Vergine tesseva, intrecciava il mio destino in modo che non cadessi per sempre nella depravazione» (Da "Il Bell'Amore, pp.16-17).

        e) La creazione riflesso della bellezza di Maria
        «L'Immacolata mi incantava con la natura vergine. A quei tempi non lo sapevo, ma adesso lo so che è così come dico: la Madre celeste ama in modo celeste anche il suo figlio peccatore, ingrato e infedele. Lo attira, lo riserva e ne "preserva" almeno le radici in ogni modo - i suoi mezzi sono estremamente vari. A quel tempo nel mio caso usò la purezza della natura vergine. Sarei stupido, anzi senza intelligenza, se dicessi che Ella non si curava di me perché ero in stato di peccato mortale. Tutt'altro! Era proprio allora che si prendeva veramente cura di me, suo povero figlio peccatore! Tesseva, intrecciava il suo destino, lo proteggeva, lo tutelava anche allora. Altrimenti come potrebbe essere Madre? Per di più la Madre Celeste, la più Perfetta, la Madre vera, la Madre di Dio?» (Da "Il Bell'Amore, p. 21).

        f) Maria e il ritorno alla fede del figlio prodigo
        «Dov'era frattanto la Stella del Mare? Splendeva nel bellissimo firmamento azzurro del buon Dio, sopra le nubi. Era solo che io non la vedevo. Era coperta dalle nubi. Dov'era frattanto la Madre del Bell'Amore? Continuava a intrecciare, a tessere la mia sorte, il mio futuro? Si! Ma come? In modo tale da "ricavare" il massimo bene da questa caduta terribile [...]. Il  figlio prodigo mangiava nel trogolo dei porci; forse più in giù, più in basso di così non si sarebbe potuto cadere [...]. Cosa infatti poteva accadere ancora dopo tutto questo? Oh, mio Dio, mio buon Dio: Il Pane degli Angeli, - Salutaris Hostia - 1'Ostia salutare. Questa è la vocazione della cara Vergine Madre. Questo è il suo compito: condurci a Gesù, darci Gesù, anzi insegnarci a diventare Gesù. Nel mio caso come lo fece? Lo racconterò» (Da "Il Bell'Amore, pp.38-39).

        g) Avvolto dalla bontà di Dio attraverso Maria
        «Ero pieno di questa "Bontà". Si trattava di contemplazione pura, di contemplazione di Dio che e il prezioso dono gratuito - infinitus thesaurus - della sua Bontà infinita. Tuttavia ero in stato di "peccato mortale". In seguito, leggendo i nostri santi, venni a sapere come ciò sia possibile. E dietro a tutto questo si nascondeva la "Signora della Bontà"[...]. E venne il peccato, l'occasione ad esso, anzi ne avevo cercato l'occasione io stesso; eppure, malgrado tutto, mi ricopriva la Bontà, il Bell'Amore. Il velo puro della Signora della Bontà copriva i miei occhi, il mio corpo, tutto il mio essere e io dovevo parlare della Bontà e dovevo agire secondo Bontà! Cosa voleva fare di me il Signore? Voleva realizzare il suo progetto con me, tanto e vero che "Egli mi precedeva nel suo amore" e riversava su di me la sua Bontà, mi colmava, mi immergeva in essa. Quante volte avevo visto nei cortili fangosi delle fattorie le tracce dei passi degli animali e l'acqua sporca della concimaia in esse: era disgustoso da vedere! Ma potevo ugualmente vedere quando il sole che sorgeva le illuminava: esse tutte risplendevano, brillavano nei raggi del sole. Anche la mia anima era questo» (Da "Il Bell'Amore, pp.54-55).

        h) Maria non abbandona mai il suo figlio
        «La Madre dei Peccatori non mi abbandonò. Fatta la confessione, non si poteva immaginare un uomo più felice di me nel mondo intero! Mi sentivo leggero come una piuma, non solo nell'anima, ma anche nel corpo. Era una bellissima giornata di maggio, era come se si fosse aperto il firmamento - il Cielo, la Terra, l'organo della chiesa suonavano per me; i banchi, le colonne, il cancello della comunione, l'altare, l'uomo cantavano, giubilavano come se mille dolci uccellini fossero entrati nella casa di Dio e tutti cinguettassero per me. Anzi, perfino le mie unghie, i miei capelli, il mio abito, le mie scarpe sorridevano e la mia anima volava, aleggiava e cantava come un felice uccellino. Traboccava in me la gioia, perché la gioia di Gesù era in me e la mia gioia era completa» (Da "Il Bell'Amore, p. 62).

Bibliografia

MAFERA C., Padre Marcello della Vergine del Carmelo e la presenza di Maria nella sua vita, in LPL News 24 del 26 maggio 2009; LETHEL F. M., Un Kolbe carmelitano. Padre Marcello della Vergine del Carmelo O.C.D. (9 settembre 1887-1966) in AA. VV.,  Maria discepola e sorella, madre di misericordia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2017, pp. 487-519; MARCELLO DELLA VERGINE DEL CARMELO, Con Maria alla scoperta dell'Amore. Via e autobiografia, a cura di Bakos R., OCD, Roma 2008.






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IDEATO E REALIZZATO DA ANTONINO GRASSO
DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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