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ALLAMANO GIUSEPPE



Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, beatificato da Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990.

1. Cenni biografici
Nipote di san Giuseppe Cafasso per parte di madre, nasce a Castelnuovo d'Asti il 21 gennaio 1851. Frequenta il ginnasio a Valdocco e, come educatore, vanta vanta anche S. Giovanni Bosco. A 22 anni è ordinato sacerdote a Torino e subito incaricato della formazione dei giovani seminaristi. A 29 è rettore del più importante santuario mariano della città, dedicato alla "Madonna Consolata", e formatore del giovane clero al Convitto ecclesiastico. Il 29 gennaio 1901 fonda a Torino l'Istituto dei Missionari della Consolata. Il bollettino del santuario, La Consolata, ne dà l'annuncio con questa affermazione: "Il culto della Consolata non sarà soltanto contemplativo, ma attivo", ovvero, con le missioni, il santuario mariano acquisterà una dimensione universale. L'8 maggio 1902 partono per il Kenya i primi quattro missionari, due sacerdoti e due fratelli coadiutori, seguiti, alla fine dello stesso anno, da altri quattro sacerdoti e un laico. Nel 1910 Giuseppe Allamano fonda anche le Missionarie della Consolata. Muore a Torino il 16 febbraio 1926. La sua salma ora è conservata e venerata nella Casa Madre dei Missionari della Consolata, a Torino. É stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990 e la sua festa è stata fissata per il 16 Febbraio, giorno del suo ritorno alla Casa del Padre.

2. Rettore del Santuario della Consolata
Il Santuario della Consolata, quando l’Allamano ne assunse la direzione, era così deteriorato, da esse chiamato: "la travà d’la Consolà" (la travata della Consolata). E non c’erano cespiti. “Ti mando alla Consolata – gli aveva detto Mons. Gastaldi – ma sappi che non c’è di che tirar avanti sino a fine d’anno”. E il Rettore qualche giorno dopo gli poteva osservare: “Monsignore, non solo non ce n’è da tira avanti, ma neppure per cominciare”.Con tutto ciò, appena cinque anni dopo, nel 1885, egli aveva già speso nei soli restauri esterni del Santuario più di 125 mila lire! Poi nel 1899, s’accingeva all’opera invero colossale dell’ampliamento del Santuario stesso, poi ancora a quella dell’abbellimento interno. Quand’egli espose al Conte Ceppi la sua idea, il celebre architetto ebbe uno scatto: “Ma lei vuole un miracolo!”. “Ebbene – rispose tranquillamente l’Uomo di Dio – si farà il miracolo”. “Ma ha pensato che un milione non basta?”. “Se non basta uno, ne spenderemo due e quanti sono necessari, anche Torino abbia un Santuario degno della sua Patrona”. Infatti le spese superarono il milione, e il milione venne, venne così, spontaneamente, con le offerte del popolo, come vennero, in un solo mese, i 759 brillanti, tutti veri e preziosissimi, per le corone del bambino e della Vergine. Come ancora si conclusero felicemente le varie sottoscrizioni per le colonne marmoree e il nuovo pavimento, esso pure di marmo. E oggi il Santuario della Consolata, fulgente d’oro e di marmi, è un monumento d’arte e di fede, degno della capitale del Piemonte. Nello stesso tempo che s’abbelliva il tempio materiale, l’Allamano cercava con sempre nuove iniziative di ridestare nel cuore del popolo il culto alla Vergine Consolatrice, come la pia pratica dei Nove Sabati in preparazione alla festa annuale, i Sabati Quaresimali, la Consacrazione delle case alla SS. Consolata, l’istituzione d’una nuova sezione della Compagnia della Consolata, la fondazione del Periodico “La Consolata”, che iniziò le pubblicazioni nel 1899 e fu uno dei primissimi del genere. Fu soprattutto a causa del buon funzionamento del santuario curato da Allamano, che la devozione alla SS Consolata raggiunse durante i 46 anni del suo rettorato, la sua epoca aurea. In concreto l'enorme attività alla Consolata si espicitava con:
- le sante Messe a tutte le ore, dal mattino prestissimo fino a mezzogiorno;
- i confessori in numero sufficiente da poter rispondere non solo sollecitamente ad ogni chiamata, ma nelle ore di maggior frequenza trovarsi pronti in confessionale ad attendere i penitenti;
- la santa comunione distribuita ai fedeli quasi di continuo;
- le cerimonie compiute alla perfezione;
- la pulizia della chiesa curata sino allo scrupolo;
- nella sacrestia, per turno, dal mattino alla sera, sempre un sacerdote pronto ricevere i fedeli;
l'ordine in tutto e massima puntualità nell’orario prestabilito;
- preghiera e santità di vita.
Le anime buone non tardarono ad accorgersi che il Santuario funzionava bene, che alla direzione c’era un Uomo di Dio, e si strinsero attorno a lui, crescendo di numero giorno per giorno. Basta ricordare:
- le feste centenarie del 1904, che costituirono indubbiamente il più stupendo spettacolo del rifiorire della devozione verso Maria Consolatrice;
- il susseguirsi di funzioni speciali, cresciute ad un numero straordinario;
- il numero sempre più grande di sante comunioni fatte ai piedi della SS. Vergine fino a sorpassare 200.000 all’anno.
Il culto alla Vergine si ridestò, così, possente. Il Santuario della consolata divenne il centro della pietà quotidiana, il tesoro più caro, la gloria più pura di tutto il popolo. I due splendori dell’oro e del culto si unirono in un inno incessante a Colei che si si asside dispensatrice munifica di grazie!

3. La sua profonda devozione a Maria
a) Parlare della sua devozione alla Madonna è entrare nel cuore della specializzazione della sua pietà, della fisionomia interiore della vita del Canonico Allamano. "Mio Dio, non datemi grazie se non per le mani di Maria", ripeteva frequente nei suoi discorsi. Con San Giuseppe Cafasso, nella formazione alla predicazione del giovane clero, suggeriva: "Non terminate mai una predica senza avere ricordato la Madonna". In Maria vedeva l'attuazione perfetta della vita evangelica, l'attuazione perfetta e pratica della vita nuova portata dal Cristo quindi se la scelse come Modello di perfezione. Sapendo poi il posto d'affetto che Maria occupa nel Cuore di Gesù, la riteneva l'onnipotente interceditrice di ogni grazia. La devozione a Maria era connaturata col suo temperamento: affettuosissimo verso la madre terrena, tanto da ricordare come la tentazione più grave alla sua vocazione, la difficoltà di doversi separare dalla mamma, sublimò, spiritualizzò questo sentimento naturale nella tenerezza verso la Mamma di Gesù, la Madre della Chiesa.
b) Quale fu la nota dominante della sua devozione? La semplicità della tenerezza. La profondità della devozione era nella conoscenza teologica della figura di Maria, dei suoi privilegi, del posto che Ella occupa nella Chiesa; ma la espressione pratica era semplice e devota, nel senso più comune della parola. Era già così da chierico e da Direttore Spirituale del Seminario; ma quando divenne custode del Santuario della Consolata, considerò la devozione alla Madonna come parte eminente del mandato del suo Vescovo. Oltre alla preghiera quotidiana, non tralasciava mai di commemorare ogni festa della Madonna; e se andava in Casa Madre, non tralasciava di fare un fervorino.
c) Aveva fede semplice nelle pratiche di devozione che ora pare vogliano cadere in disuso: benediceva le medaglie e le imponeva ai bambini ed agli ammalati, dava importanza al portare la medaglia della Consolata o della Madonna miracolosa, come chiamavano la medaglia dell'Immacolata; dava importanza all'abitino ceruleo o dell'Immacolata ed all'abitino del Carmine; al sedici luglio lo imponeva a tutti i nuovi studenti che erano entrati nel piccolo seminario S. Paolo. Era un teologo, tanto che Monsignor Gastaldi l'ha voluto professore del Convitto, anche se per la voce e la mancanza di attitudine all'insegnamento non si sentiva adatto e forse non lo era di fatto ed anche se non era una celebrità, era però consultato da una gran parte del clero. Non mise mai in dubbio la validità del santo Rosario di cui era fedelissimo e molto devoto che che, con S. Alfonso, riteneva un mezzo di predestinazione. 
d) Le sue più incisive espressioni: "Ciò che Dio può per la sua onnipotenza, la Madonna lo può con la sua preghiera"; "Ricordatelo: se non siamo devoti di Maria SS. non faremo mai niente";  "La devozione alla Madonna è necessaria; non è di consiglio, ma di necessità. È segno di predestinazione"; "La devozione alla Madonna non è solo pegno di predestinazione, ma anche di santificazione. Chi vuol giungere alla santità senza la Madonna vuol volare senz'ali. Senza di Lei non si fa nulla".

3. Fondamenti della sua spiritualità mariana
a) Immaginare di avere un rapporto privilegiato di collaborazione con Maria, quasi prolungando la sua funzione di dispensare i favori di Dio, è sicuramente è un atto di grande coraggio da parte dell’Allamano. Dobbiamo, però, riconoscere che egli lo ha compiuto, dichiarando di essere il “tesoriere”, non di Dio, ma della Consolata. La sua attiva e prolungata presenza di primo responsabile al Santuario, corroborata dall’esperienza personale di grazie concesse dalla Madonna dietro sue preghiere, forse lo avrà indotto a convincersi che tra la Consolata e lui si erano come create un’intesa e una collaborazione speciali. Difatti, risulta che egli usava questi termini quando era già abbastanza avanzato in età e non da giovane. Si noti, però, che l’Allamano per lo più faceva precedere al titolo di “tesoriere” quello di “segretario”, forse proprio per precisare questa sua funzione di totale subordine. In pratica, pensava di aiutare la Consolata a concedere i favori alla gente, prendendo nota delle varie necessità. Questa convinzione era teologicamente sostenuta dalla fede nel ruolo di “Corredentrice” e di “Mediatrice” di Maria, cui l’Allamano ricorreva per spiegare la necessità di ricorrere a lei nella preghiera. E illustrava questa necessità soprattutto quando commentava l’oremus della Consolata: "«[…] per Genitricem tuam Mariam omnia nos habere disposuisti […]". Ecco le sue parole: "Maria SS. può, e vuole concederci tutte le grazie per salvarci. […] Lo vuole, perché desidera come corredentrice la salvezza delle anime, per cui il suo Gesù sofferse". E ancora: "Omnia nos habere disposuisti […] Ella è regina e come regina comanda. […] La Madonna in Dio, con Dio può tutto. Essa è corredentrice del genere umano, perché ha sofferto col suo Figliuolo, ha partecipato alla sua Passione". Per comprendere in quale contesto l’Allamano si è attribuito i coraggiosi titoli di “tesoriere” e “segretario” della Consolata, propongo una situazione che ci può chiarire che cosa egli intendesse, ma che non è l’unica. Durante la novena della Consolata del 1922, l’Allamano chiedeva alle suore che pregassero la Madonna per due intenzioni, che in quel periodo gli stavano a cuore: perché la Santa Sede approvasse il miracolo per la beatificazione del Cafasso e, inoltre, perché approvasse definitivamente le Costituzioni dell’Istituto. Ecco le sue parole, che sembrano quasi uno sfogo a motivo del ritardo che gli pareva di notare: "Pregate la Madonna che ci faccia questo regolalo. Del resto non perderemo la pace per quello se la Madonna non crede di darcelo. In sostanza io sono qui (al Santuario) tesoriere, segretario, e dovrei avere il diritto di prendere le grazie principali ed invece…Tutti vengono a dire: Io ho ricevuto questa grazia…; io ha avuto questa… Ed io? Io registro sempre… Ma pregate che il Signore faccia la sua santa volontà: è poi tutto lì, vedete!". Come appare evidente, è un santo che si confida con le sue figlie, preoccupato sì, ma totalmente affidato alla volontà di Dio.
b)
Nessuno si fa santo se non è devoto della Madonna. Per l’Allamano, dopo Gesù, la Madonna è il modello per eccellenza di vita, soprattutto per il “bene fatto bene nelle cose ordinarie, senza rumore”. Inoltre, la Madonna è la “Mediatrice” di tutte le grazie, per cui il cammino verso la santità è strettamente legato alla pietà mariana. La dottrina dell’Allamano è lineare, come emerge dalle conferenza del 2 maggio 1915: "E abbiamo bisogno di crescere sempre più nella devozione alla Madonna. Nessuno si fa santo se non è devoto della Madonna. Tutti i cristiani per vivere da buoni cristiani devono essere devoti della Madonna e tutti i santi lo furono fino dai primi secoli. E tanto più i religiosi. Questo è il carattere distintivo di tutti i santi. Leggete pure le loro vite. E questa devozione serve non solo per vivere da buoni cristiani, ma anche per salire a perfezione è necessario essere devoti della Madonna. La Madonna, dice S. Bernardo, è un acquedotto e una fontana. Una fontana perché tutte le grazie ci vengono di lì. Omnia nos habere voluisti per Mariam. Così abbiamo nell’oremus della Consolata. […] Tutto da questa fontana. De plenitudine eius accepimus omnes. E poi un acquedotto perché tutto deve passare di lì. […] Dunque la Madonna è insieme fontana e canale. Da essa dobbiamo ricevere tutte le grazie; persuadiamoci che senza una vera devozione alla Madonna non possiamo farci veramente santi". Sulla necessità della devozione alla Madonna per tendere alla perfezione l’Allamano è tornato più volte, durante tutto l’arco della sua attività educatrice: "È la devozione a Maria SS.? Oh, (con vivo accento di devozione, d’affetto, di convinzione). […] Se questa devozione è moralmente necessaria per salvarsi, a tutti i cristiani, che diremo d’un religioso il quale deve inoltre sempre tendere alla perfezione?". "La vera e solida devozione a Maria SS. è segno di salvarci e di santificarci. Questa è la volontà di Dio. Se siamo sempre gli stessi, se siamo incostanti nel bene, è perché non ricorriamo con confidenza a Maria SS. Se volete salvarvi, santificarvi, e salvare tante anime, uno dei mezzi principali è la devozione a Maria SS.". Ecco la conclusione: "Tutti i Santi sono devotissimi della Madonna. […] È necessaria questa devozione per farci più santi […], per giungere alla perfezione più alta".

4. Conclusione
Come conclusione sintetica del rapporto dell'Allamano con Maria, rileggiamo una sua delicata e curiosa preghiera di ringraziamento, riportata al termine della conferenza alle suore del 10 giugno 1915: "Vi ringrazio, mio Dio, di avermi creato, fatto nascere da parenti buoni e cristiani, di avermi fatto ricevere il Battesimo, una buona educazione. Vi ringrazio di avermi lasciato passare l’infanzia in questi tempi burrascosi senza vedere tanto male; vi ringrazio dei Sacramenti, delle tante grazie ricevute, dell’Ordinazione sacerdotale. Ringrazio più voi, o Maria, che il Signore di essere già da 35 anni vostro custode. Che cosa ho fatto in questi 35 anni? Se fosse stato un altro al mio posto, che cosa avrebbe fatto? Ma non voglio investigare; se fossi tanto cattivo, non mi avreste tenuto per tanti anni: è questo certamente un segno di predilezione. Se ho fatto male, pensateci, aggiustate voi, e che sia finita; accettate tutto come se l’avessi fatto perfettamente. Non voglio sofisticare, prendete le cose come sono; mi avete tenuto, dunque dovete essere contenta. – E mi pare che la Madonna abbia sorriso".

Bibliografia
GUERRESCHI L., Il Servo di Dio Giuseppe Allamano. Ricordi, Alpignano 1969, pp. 8-9; pp. 11-12; SALES L., Il Canonico Giuseppe Allamano. Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, Torino 1944, pp. 11-13; AGASSO D., Allamano padre di missionari, in La Stampa, 23 settembre 2011; ANATALONI G., L'amore non ha confini. Profilo di Giuseppe Allamano Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, in Missioni Consolata, n. 14, 1-15 settembre 1980, pp. 6-16; ANATALONI G. - SOLDATI G. (a cura di), L'amore non ha confini, EMI, Bologna 1981; BARRA G., Padre di Apostoli. Can. G. Allamano, Morcelliana, Brescia 1955; BONA C., La missione nel cuore, Il Beato Giuseppe allamano, Rettore del Santuario della Consolata, Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, Edizioni Missioni Consolata, Torino 1990; BONZANINO G., Un uomo per l'Africa, EMI, Bologna 1977; MAGGIONI P., Un prete per la missione. Giuseppe Allamano, EMI, Bologna 1990; AA.VV., Giuseppe Allamano a Torino per il mondo con forza e pazienza, Edizioni Missioni Consolata, Roma 1991;  TEBALDI G., La mia vita per la missione. Giuseppe Allamano, EMI, Verona 2001; ALLAMANO G., Così vi voglio. Spiritualità e pedagogia missionaria, EMI, Verona 2007.






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