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MADONNA DELLA CATENA


Popolare titolo devozionale dato alla Beata Vergine a partire dalla fine del XIV secolo in Sicilia.

1. Le Origini del titolo e del culto
Il culto della Madonna della Catena, depurato dagli elementi miracolistici, trae origine dalla devozione alla Madonna come protettrice degli schiavi e dei prigionieri, sorta in Sicilia. Le prime origini si datano alla fine del Trecento ma ha il suo sviluppo avviene dopo la prima metà del Cinquecento, quando le incursioni barbaresche ridussero in schiavitù molti cittadini dell'Italia Meridionale, e la Congregazione dei Padri Mercedari si adoperò per il loro riscatto. La denominazione di "Madonna della Catena" si apparenta quindi a quella di "Madonna della Mercede", "Madonna del Soccorso", e "Madonna degli Schiavi". Il culto della "Madonna della Catena" nasce nel 1392 a Palermo, quando regnava in Sicilia Martino I il Giovane. Tre uomini furono ingiustamente condannati e il 18 agosto furono condotti a Piazza Marina, dove avrebbero dovuto essere impiccati. Proprio mentre stavano preparando le forche, si scatenò un gran temporale che costrinse i carnefici a rifugiarsi nella Chiesa della "Madonna del Porto" e il popolo a fuggire. In attesa che si potesse riprendere l'esecuzione, i tre condannati furono legati con doppie catene all'altare della Vergine, ma il temporale continuò per l'intera giornata, e le guardie dovettero passare la notte nella chiesetta per sorvegliarli. I tre si portarono lacrimando ai piedi della Madonna invocandola col titolo di "Madonna delle Grazie" e cominciarono a pregarla insistentemente, e a un tratto, mentre i soldati cadevano in un profondo sonno, le catene che trattenevano i tre si spezzarono e la voce della Madonna li rassicurò «Andate pure in libertà e non temete cosa alcuna: il divino Infante che tengo tra le braccia ha già accolto le vostre preghiere e vi ha concesso la vita!» Le catene caddero senza far rumore e la porta si spalancò, i tre innocenti uscirono dal tempio e le guardie si svegliarono solo all'alba. Subito i soldati riuscirono a riprendere i fuggitivi ma furono fermati dal popolo che ricorse al re Martino I. Quando questi andò nella chiesetta, coi propri occhi constatò il miracolo: le catene si erano infrante. Subito l'eco del miracolo si diffuse ovunque, e frotte di pellegrini giunsero alla chiesa che ormai era chiamata "della Catena". I miracoli si moltiplicarono e la "Madonna della Catena" divenne patrona di molti comuni dell'isola e venerata in tantissimi altri, e il suo culto arrivò in tutto il Sud Italia. Ancora oggi la chiesa è meta di pellegrinaggi e conserva il simulacro di "Nostra Signora della Catena". Nel 1500 alla chiesa venne attaccata una delle catene che chiudevano il porto e prese ufficialmente il nome con cui già l'aveva battezzata il popolo un secolo prima.

2. Il culto popolare in alcune città della Sicilia
In Sicilia, Maria Santissima della Catena è veneratissima in diversi comuni tra cui: Aci Catena, Castiglione di Sicilia, Castel di Tusa, Fiumefreddo di Sicilia, Librizzi, Mongiuffi Melia, Riesi, San Piero Patti, Scillato, Randazzo.

- ACI CATENA: Il culto alla "Madonna della Catena" ad Aci Catena nasce nel XV secolo, quando nella contrada, che allora si chiamava "Scarpi", venne edificata un'edicola con l'icona della "Madonna della Catena". Nel 1576, questo piccolo altarino venne trasformato in cappella e affidato alla cura di una confraternita. Dopo il terremoto dell'11 gennaio 1693 che causò morte e distruzione in tutto il circondario ma seminò solo poche vittime a Scarpi, tutto il popolo, riunito attorno all'icona, ringraziò la "Madonna della Catena" di averli salvato. Da allora, La devozione crebbe a dismisura, tanto che venne ricostruita la chiesa ancor più grande e bella. I festeggiamenti si svolgono principalmente il 15 agosto di ogni anno, arricchite da manifestazioni folkloristiche e religiose. Nella notte tra il 14 e il 15 agosto i pellegrini, provenienti da molti paesi etnei, raggiungono il Santuario a piedi e aspettano l'apertura delle ante della cappella che custodisce il simulacro seicentesco della Madonna, che viene traslato sull'altare maggiore. In alcuni anni particolari, si celebrata la "Festa grande", in cui tra il 14 e il 16 agosto, il simulacro della Santa Patrona viene portato nel pomeriggio tra le strade della città con una lunga e devota processione che, nella tarda serata, si conclude con l'ingresso di corsa nella piazza maggiore della città, chiamata nella tradizionale "Trasuta 'o Chianu" (Entrata in piazza), mentre un grandioso spettacolo pirotecnico illumina il cielo della città. Oltre che nelle giornate di ferragosto, la "Madonna della Catena", viene anche festeggiata 11 gennaio, in ringraziamento della protezione accordata durante il terremoto dell'11 gennaio 1693.

- CASTIGLIONE DI SICILIA: I lavori di edificazione di questo santuario incominciarono nel 1655 per sostituire la chiesa sempre dedicata allo stesso santo che venne distrutta da una frana e che era posta appena fuori paese. All’interno della vecchia chiesa appunto era fiorita la devozione verso la Madonna della Catena fin dal XI secolo. Nel 1612 la devozione si consolidò ulteriormente a causa del miracolo della sudorazione della statua. Tra la fine del XVII secolo e la metà di quello successivo la costruzione venne ampliata ed abbellita con una affascinante facciata barocca opera di Baldassarre Greco che creò anche la statua posta nella nicchia di destra che rappresenta San Filippo. Opera di Tommaso Amato è invece la statua nella nicchia di sinistra che mostra San Giacomo, essa risale al 1709 appena prima che Amato si accingesse al lavoro sui mosaici di San Antonio Abate. All’interno la chiesa si sviluppa a croce latina coronata da un’imponente cupola, nel corso del ‘900 però la pianta latina è stata modificata in croce greca, sono state inoltre ampliate e restaurate varie sezioni dell’edificio originario. Nel 1986 l’edificio viene elevato a basilica minore a causa dell’importanza nel culto verso la Madonna, per giungere a questo ambito risultato si prodigarono in modo particolare l’arciprete don Gaetano Cannavò e soprattutto mons. Gaetano Alibrandi, nunzio apostolico d’Irlanda. Di particolare interesse all’interno troviamo svariate opere prestigiose come la statua della Madonna della Catena in marmo bianco di autore incerto, quasi sicuramente appartenente alla scuola del Gagini. Tra le altre opera da segnalare il Crocifisso ligneo del XVIII secolo, una S. Margherita Maria Alacoque del 1890 di Pietro Vanni, un San Marco Evangelista e una Pentecoste realizzata nel 1779 da Francesco Gramignani. Affascinanti anche gli stucchi che decorano con grande stile gli ambienti opera di Giovanni Pannucci, realizzati tra il 1886 e il 1889.

- LIBRIZZI: La statua della Madonna della Catena è attribuita ad Antonino Gagini ed è giunta a Librizzi intorno al 1540. Da allora è sempre uscita in processione e si narra di un prodigio accaduto il 16 agosto 1573, quando una tale Bittuzza, con il braccio sinistro difettoso, fu posta sul fercolo durante la processione: si addormentò accanto alla statua della Madonna, e, al ritorno in chiesa, si risvegliò guarita, come descritto nel documento dell'epoca pubblicato da Antonino D'Amico. Si narra che a Palermo si presentarono le delegazioni di Librizzi, Sorrentini e Gioiosa Guardia per scegliere una statua della Madonna da portare al proprio paesello: la più bella, che è la statua giunta a Librizzi, era ambita da tutti, e fu necessario affidare la scelta alla sorte. Il ridente paesino di Librizzi, che dall'alto della sua collina guarda sul Mar Tirreno, sulle Eolie, su Tindari e sulla valle del Timeto, ebbe il privilegio di essere il favorito. La processione della "Madonna della Catena" di Librizzi è una tra le più caratteristiche di tutta la Sicilia. Durante la festa patronale, che si tiene ogni anno la prima domenica dopo Ferragosto, la statua marmorea della Madonna viene portata in processione per le vie del paese, preceduta dalla statua lignea seicentesca di San Michele Arcangelo. La pesante statua della Madonna della Catena, attribuita ad Antonino Gagini viene portata in processione su di un fercolo in legno da 24 portatori. La tradizione vuole che la statua, nel suo viaggio verso Librizzi, giunta in località Maisale, divenne così pesante che i buoi non riuscirono a trainare più il carro che la trasportava. Il cammino riprese solo quando si levò per i campi il suono dell'umile zampogna ('a ciaramedda): la statua poté così raggiungere il cocuzzolo del paese dove è ancora venerata nell'omonima chiesa. Durante la processione è rievocato tale evento e, ad un certo punto del tragitto, sotto un noce, la statua torna ad essere insopportabilmente pesante per i portatori e, ancora una volta, tocca all'umile suono della zampogna rimettere le cose a posto, mentre i portatori proseguono il cammino gridando Viva Maria!

- MONGIUFFI MELIA: A Mongiuffi il culto della Vergine della Catena risale agli inizi del XV secolo, quando un certo Matteo Lo Pò fece costruire di fronte ai ruderi dell’acquedotto greco romano una chiesetta dove prima preesisteva un’edicola della suddetta. Essendo troppo fatiscente l’antico Santuario fra gli anni quaranta e sessanta del secolo scorso se n'è portato a temine il nuovo. La festa si svolge il primo maggio e la prima domenica di settembre. Ancor oggi tanti fedeli arrivano al santuario, viaggiando di notte, anche a piedi da luoghi lontani, attraversando scalzi le vie campestri scalzi portando enormi e pesanti torce. Il venerdì antecedente ha luogo la Processione degli stendardi che parte dalla Chiesa del Carmelo di Mongiuffi e si snoda per le stradine collinari fino al Santuario della Madonna della Catena. La domenica il corteo muoverà dal santuario fino a Mongiuffi, dove nella giornata di lunedì si svolgerà la processione per le vie del paese. Quindi, l'immagine della Madonna sarà custodita nella Chiesa Parrocchiale fino al 1° maggio, quando sarà riportata in Contrada Fanaca; la partenza dalla Chiesa del Carmelo è preceduta da una processione detta del "saluto", che si tiene per le vie di Mongiuffi.

- ROCCALUMERA: La prima chiesa dedicata alla Madonna della Catena nel quartiere Ficara è stata costruita a partire dal 1865, con la periodica raccolta delle modeste elargizioni di denaro offerto dai fedeli del luogo. La costruzione del tempio proseguì lentamente e fu ultimata nel 1893. Prima dell'apertura al culto della novella chiesa, un'apposita commissione ordinò allo scultore Francesco Lo Turco una statua a somiglianza di quella della Madonna di Mongiuffi Melia. L'artista si mise all'opera con impegno ed entusiasmo e consegnò il simulacro della SS. Vergine della Catena in tempi brevi, prima ancora che la chiesa fosse del tutto ultimata, per la gioia dei fedeli della comunità. Con lo sviluppo urbanistico del quartiere si avverti l'esigenza di avere una chiesa pin grande. L'iniziativa fu presa da un giovane sacerdote giunto a Roccalumera nel 1929, don Carmelo Saccà, congiunto all'interessamento dell'Arcivescovo di Messina Mons. Angelo Paino. I lavori di costruzione in base al progetto redatto dall'Ing. Giovanni Crinò furono affidati all'impresa edile Francesco Rigano di S. Teresa di Riva, e vennero completati nel 1937. La nuova Chiesa della Madonna della Catena è stata consacrata l'8 agosto 1937, alla presenza dell'Arcivescovo, con la celebrazione della prima S. Messa e con un discorso di inaugurazione del dotto sacerdote granitese Prof. Vincenzo Caudo. La "Madonna della Catena" è festeggiata in parrocchia la prima domenica di settembre, con la celebrazione di numerose S. Messe e una solenne processione per le vie del paese, cui partecipano una moltitudine di fedeli che giungono anche da paesi rivieraschi.

3. Significati teologici e devozionali del titolo
a) Festeggiare Maria Santissima con il titolo di Madonna della Catena potrebbe sembrare a prima vista un appellativo poco attinente e di scarso significato teologico e persino di impoverimento mariologico. Si potrebbe, addirittura, frettolosamente concludere che, in sostanza, si tratti di una semplice devozione popolare dai risvolti poco chiari e dalle origini alquanto oscure e comunque per nulla ancorate alle fondamenta della fede cristiana. L’origine di stampo popolare la declasserebbe a una sorta di devozione propria del popolo, senza una chiara valenza e un forte substrato teologico. Si ridurrebbero, così, alla stessa stregua le varie devozioni e pietà popolari, le quali non sarebbero altro che manifestazioni intimistiche di una religiosità povera e poco conforme ai dettagli teologici della fede cristiana. A ben pensarci, però, e a ben rifletterci, spesso le manifestazioni della pietà popolare esprimono emozioni profonde del cuore, che solo il popolo, maestro di fede, riesce ad offrire nell’essenza più profonda e più intima. D’altronde se il popolo di Dio è infallibile nel suo credere, come recita la Lumen gentium al n° 12, allora è doveroso riconoscere nelle sue manifestazioni e tradizioni popolari, seppure a volte bisognose di purificazione e di rimando all’essenziale, una forte valenza di sapienza e di saggezza della fede. Come scrive Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium (n° 126), “le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione”. La "Catena", è un simbolo che la tradizione popolare lega strettamente alla Madre di Dio, di cui si possono evidenziare tre elementi: il primo dalla Scrittura; il secondo dalla storia della stessa tradizione popolare; il terzo, dalla preghiera mariana per eccellenza, che è il Santo Rosario, che il grande devoto di Maria, il beato Bartolo Longo, definisce nella sua stupenda supplica alla Madonna di Pompei, “catena dolce, che ci rannodi a Dio”.
b) Nella Sacra Scrittura, notiamo che la catena è sempre simbolo di mancanza di libertà e, pertanto, nel suo risvolto positivo è l’emblema della libertà raggiunta e acquisita. Nell’Antico Testamento raramente compare questa parola, appena 2 volte, ma il concetto è radicalmente soggiacente proprio nell’esperienza cruciale della liberazione dalla schiavitù, vissuta da Israele. Esso era incatenato nella sua dura esperienza di oppressione, ma Dio ha sciolto le catene, liberando il popolo, attraverso il suo santo servo Mosè, dalla dura oppressione del faraone. Ciò rimanda all’esperienza fondante della fede ebraica, ossia alla Pasqua, che altro non è per Israele che liberazione dalle catene. Pertanto, anche se la parola "catena" non è mai espressamente menzionata nell’esperienza esodale, il concetto però non solo soggiace, ma ne è addirittura il fulcro stesso dell’esperienza. Ed è, forse, legata a questo particolare significato la norma secondo la quale – come recita il libro dell’Esodo - il Sommo Sacerdote doveva indossare sul pettorale una catena, “lavoro d’intreccio d’oro puro” (Es 28,22-25; 39,17), per ricordare a se stesso e al popolo la dura schiavitù in Egitto. D’altronde, il libro del Levitico sintetizza con queste significative parole l’esperienza della liberazione: “Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta” (Lv 26,13, espressione che san Girolamo nella Vulgata traduce, utilizzando proprio la parola "catena": "ho infranto le catene delle vostre cervici; confregi catenas cervicum vestrarum". Proprio per questo, la preghiera ebraica dei Salmi richiama spesso la liberazione dalle catene, in quanto esperienza determinante dell’intera fede biblica, che l’orante esperimenta nella propria vita di peccato: "io sono tuo servo, Signore; figlio della tua ancella: tu hai spezzato le mie catene" (Salmo 116,16); "quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare; riconduci, Signore, i nostri prigionieri" (Salmo 124,1.4); e ancora: "Strappa dal carcere la mia vita" (Salmo 141,8). E il libro dei Proverbi incalza: "Ciascuno è avvinto dalle catene dei propri peccati" (Pr 5,22). E il profeta Isaia invita il pio israelita a sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, affinché in mezzo alle tenebre brilli la luce (Is 58,6ss.). Allo stesso modo la perdita della libertà viene rappresentata esattamente dal segno delle catene. È così che il potente Sansone viene legato dai Filistei con catene di rame (Gdc 16,21); il re Sedecia è deportato a Babilonia legato con catene di bronzo (Cr 36,6). Pertanto, se la catena anche nella Bibbia, come in tutte le culture dell’antichità, esprime la mancanza di libertà e la conseguente situazione di oppressione o di subordinazione, nell’esperienza di fede propria di Israele essa rimanda in modo particolare alla situazione di schiavitù vissuta in Egitto e problematicamente ritornata durante l’esilio, sofferto in Babilonia. La liberazione dalle catene esprime, perciò, la liberazione totale del pio israelita, chiamato alla libertà e alla pienezza di vita nella sua terra, la terra promessa, la terra della libertà. Anche il Nuovo Testamento lega l’immagine della catena alla mancanza di libertà, soprattutto in riferimento alla dignità dell’uomo. Celebre è l’episodio dell’indemoniato (Mc 5,1ss.; Lc 8,29), costretto a vivere nei sepolcri, legato con ceppi e catene, che sempre aveva spezzato le catene e infranto i ceppi, al punto che nessuno riusciva a domarlo. Qui le catene e i ceppi sono l’emblema dell’uomo schiavo di se stesso, immerso nella morte del proprio libertinaggio, da cui lo libera il Signore Gesù. Anche gli apostoli Pietro e Paolo sono legati alle catene, ma lo sono a causa della speranza di Israele (At 28,20; cfr anche 12,6.7; 21,33). Paolo si sente ambasciatore in catene del Vangelo (Ef 6,20), delle quali il suo fedele amico Onesimo non si vergogna (2Tm 1,16). Ma la catena nell’ultimo libro della Bibbia, che è l’Apocalisse, è lo strumento con cui l’angelo incatena il dragone mortale, il serpente antico, ossia il diavolo. Esso viene incatenato per il tempo di mille anni, ossia un tempo perfetto, affinché non possa nuocere agli eletti. La catena nel Nuovo Testamento è sempre simbolo di mancanza di libertà, ma con la possibilità di trasformarsi in strumento di speranza e di salvezza, rendendo innocuo il male e il peccato. In uno dei tanti inni dell’Ufficio delle letture, che è la preghiera della Chiesa, l’orante prega: "Tu spezza le catene, guarisci le ferite, perdona i nostri errori". Le catene, se da una parte sono segno di prigionia e di impedimento, dall’altra diventano emblema di libertà e di speranza. Potremmo dire che c’è catena e catena: c’è una catena di morte, che conduce alla paralisi e al peccato, ma c’è anche una paradossale catena di libertà che, portata –come per Paolo- a causa della speranza di Israele, conduce alla vita.
c) La Tradizione mariana, si colloca proprio all'interno di questa seconda linea di lettura. Se la catena è il simbolo della schiavitù e della sottomissione, il legame a Maria ha certamente rappresentato nella tradizione popolare un dolce legame e una amorosa appartenenza. Legarsi a Maria ha significato una sorta di protezione e di amorosa sottomissione. Essere legati a lei è stato, già dai tempi antichi, una soave e agàpica appartenenza. Si tratta, quasi, di una sorta di cordone ombelicale, da cui i figli amati non vogliono sottrarsi, per avvertire sempre il senso dell’appartenenza materna, perché essere e rimare legati a quella madre significa essere e riconoscersi suoi figli nella libertà e nella pienezza di vita. È bello vedere in quella catena proprio il nostro cordone ombelicale, per ricordarci che da lei siamo nati e grazie a lei, in quell’ora meravigliosa della glorificazione del Figlio suo Gesù, siamo diventati figli nel Figlio. Come non ricordare qui la stupenda scena giovannea degli ultimi momenti della vita del Signore, quando cioè il discepolo prediletto presenta la madre sotto la croce con quella stupenda pennellata, data proprio dal verbo stabat. Maria semplicemente stava. Ed in quel suo stare, che il vescovo dell’amore, mons. Bello, descrive come lo stare sul podio per la vittoria finale, è descritta tutta la sua partecipazione all’insegna dell’amore. Ed ecco che le parole di Gesù, rivolte prima alla donna e poi al discepolo prediletto, si dipingono in quella stupenda appartenenza del figlio verso la madre e della madre verso il figlio. I due da quell’ora si sentono legati e amorosamente partecipi l’uno nei confronti dell’altro. L’espressione finale "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa", o meglio letteralmente "tra le proprie cose (eis tà idia)" significa esattamente quello che la tradizione popolare ha ben espresso con l’immagine della catena. Il discepolo prediletto, su richiesta di Gesù agonizzante, si è legato a Maria; ha legato a sé la sua propria madre; ha avvertito che quelle doglie materne, quelle di Maria insieme con il suo Figlio Gesù, lo legavano per sempre a lei, in quanto figlio della madre e figlio di Dio nel Figlio suo Gesù. Si tratta, quindi, di un legame profondo, intimo, essenziale, che lega per sempre il discepolo alla propria madre, la Madre di Dio. Se, pertanto, come abbiamo visto, la catena è stata sempre simbolo della schiavitù e del male, nel culto di Maria Santissima, la catena rappresenta un’antifrasi, ossia l’esatto contrario di ciò che si pensa. Essa, infatti, vuol far risaltare la capacità della Vergine di rendere liberi e di riscattare dalla schiavitù non solo fisica, ma anche morale e spirituale. Interessante, a riguardo, è l’opinione della maggior parte degli storici, che lega il culto della Madonna della catena all’orrenda e terribile piaga della tratta degli schiavi, che colpiva soprattutto i bambini, venduti e resi schiavi in un contesto sociale drammatico di povertà e di ignoranza. È qui che trova spazio la ricerca di protezione proprio nella Vergine, invocata come Colei che Spezza le catene agli oppressi. 
d) Infine, stupenda è la dolce espressione, utilizzata da quell’innamorato di Maria, che è stato il beato Bartolo Longo, fondatore del famoso santuario della Madonna di Pompei con cui, nella sua famosa "Supplica alla Madonna" egli designa il "Rosario benedetto di Maria come una catena dolce, che ci rannoda a Dio e come un vincolo di amore, che ci unisce agli angeli". Incatenati alla dolce catena del Santo Rosario, noi possiamo diventare gli oblati di Maria e i contemplativi della tenerezza, perché quella catena è un vincolo di amore, che ci permette di raggiungere il porto sicuro nel comune naufragio. E a quella catena sarà dato l’ultimo bacio della vita, che si spegne, affinché il nome soave di Maria permetta alle nostre smorte labbra di trovare rifugio, consolazione e benedizione. Possiamo, pericò, pregarla: "Santa Maria, Madonna della Catena, infrangi le catene della nostra schiavitù. Liberaci dalle insidie del faraone, che minacciano la nostra vera libertà, distogliendoci dal senso vero e autentico della festa. Sciogli i ceppi del nostro cuore, affinché liberato dalla tua potente intercessione, finalmente canti i salmi della salvezza e della libertà. Amen. E così sia".

Bibliografia
CALABRO' S., Le Madonne da Catania a Messina delle Valli Alcantare e Agrò, Storia, Arte - fede, Feste religiose, Tradizioni popolari, Arti Grafiche D&D, Osnago 2012, pp. 26-31; pp. 62-68; 105-109; 137-141; RINOLFI G., Santuario Madonna della Catena. Castiglione di Sicilia (Catania), articolo del 28 gennaio 2010, in Viaggi spirituali. Luoghi, Santuari e Chiese; IGNOTO, Omelia della Madonna della Catena, in Nuovo Zenit del 14 settembre 2014; MOCERINO P., Beato Bartolo Longo. L'uomo della Madonna, Velar, Bergamo 2012; RENZO L., Percorsi di fede con Maria, Tau Editrice, Todi 2015, pp. 69-70;  RAMONDINO F., La Madonna della Catena. Memoria e identità a Dinami. in FURCI M., (a cura di), Profilo Storico e Artistico, Monteleone, Vibo Valentia 2005, pp.128ss; MONGITORE A., Palermo divota di Maria e Maria protettrice di Palermo, vol. 1, Gaspare Bayona,  Palermo 1719, pp. 197ss.






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