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ROMERO OSCAR



Vescovo di El Salvador ucciso il 24 marzo 1980, canonizzato da Papa Francesco il 14 ottobre 2018.

1. Cenni biografici e attività pastorale
a) Oscar Romero nasce a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 marzo 1917 da una famiglia modesta. Avviato all'età di 12 anni come apprendista presso un falegname, a 13 entrerà nel seminario minore di S. Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San Salvador retto dai Gesuiti. All'età di 20 anni fa il suo ingresso all'Università Gregoriana a Roma dove si licenzierà in teologia nel 1943, un anno dopo essere stato ordinato Sacerdote. Rientrato in patria si dedicherà con passione all'attività pastorale come parroco. Diviene presto direttore della rivista ecclesiale “Chaparrastique” e, subito dopo, direttore del seminario interdiocesano di San Salvador. In seguito avrà incarichi importanti come segretario della Conferenza Episcopale dell'America Centrale e di Panama. Il 24 maggio 1967 è nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni dopo Vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di San Salvador. Nel febbraio del '77 è Vescovo dell'arcidiocesi, proprio quando nel paese infierisce la repressione sociale e politica.
b) Sono, ormai, quotidiani gli omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, i massacri compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico. É il periodo in cui il generale Carlos H. Romero è proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo Vescovo non desta preoccupazione: mons. Romero, si sa, è “un uomo di studi”, non impegnato socialmente e politicamente; è un conservatore. Il potere confida in una pastorale aliena da ogni compromesso sociale, una pastorale “spirituale” e quindi asettica, disincarnata. Mons. Romero inizia il suo lavoro con passione. Passa poco tempo che le notizie della sua inaspettata attività in favore della giustizia sociale giungono lontano e presto arrivano i primi riconoscimenti ufficiali dall'estero. Mons. Romero li accetta tutti in nome del popolo salvadoregno. Ma che cosa è accaduto nell'animo del vescovo conservatore? Di particolare nulla. Solo una grande Fede di pastore che non può ignorare i fatti tragici e sanguinosi che interessano la gente. Disse, infatti, Romero: “Nella ricerca della salvezza dobbiamo evitare il dualismo che separa i poteri temporali dalla santificazione” e ancora: “Essendo nel mondo e perciò per il mondo (una cosa sola con la storia del mondo), la Chiesa svela il lato oscuro del mondo, il suo abisso di male, ciò che fa fallire gli esseri umani, li degrada, ciò che li disumanizza”.Forse un evento scatenante potrebbe essere stato l'assassinio del gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime; Romero apre un'inchiesta sul delitto e ordina la chiusura di scuole e collegi per tre giorni consecutivi. Nei suoi discorsi mette sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador. Istituisce una commissione permanente in difesa dei diritti umani; le sue omelie, ascoltate da moltissimi parrocchiani e trasmesse dalla radio della diocesi,vengono pubblicate sul giornale “Orientaciòn”. Una certa chiesa si impaurisce allontanandosi da Romero e dipingendolo come un ”incitatore della lotta di classe e del socialismo”. In realtà Romero non invitò mai nessuno alla lotta armata, ma, piuttosto, alla riflessione, alla presa di coscienza dei propri diritti e all'azione mediata, mai gonfia d'odio. Purtroppo, il regime sfidato aveva alzato il tiro; dal 1977 al 1980 si alternano i regimi ma non cessano i massacri: il 24 marzo 1980 Oscar Romero, proprio nel momento in cui sta elevando il Calice nell'Eucarestia viene assassinato. Le sue ultime parole sono ancora per la giustizia: “In questo Calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo ed il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo. Questo momento di preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e nella speranza”. Da quel giorno la gente lo chiama, lo prega, lo invoca come San Romero d'America. Sì, la profezia di Romero, il vescovo fatto popolo si è realizzata: “Se mi uccideranno – aveva detto – risorgerò nel popolo salvadoregno”.

2. La preghiera dell'Angelus secondo Romero
L'arcivescovo Romero confidò al fratello Tiberio che il segreto per essere felici nella vita era di pregare l'Angelus. Tiberio ricordò che suo fratello gli consigliava di pregare l'Angelus al mattino e di nuovo alla sera, come se questa preghiera fosse l'asse attorno a cui basare la sua giornata. L'arcivescovo ha dato lo stesso consiglio che ha dato a suo fratello a tutti i fedeli il 7 maggio 1978, quando annunciò che stava istituendo la recita dell'Angelus nell'arcidiocesi di San Salvador. "Con gioia voglio annunciare che a partire da questa domenica", ha detto "a mezzogiorno pregheremo l'Angelus nel nostro programma radiofonico." E precisava: "i veri cattolici dovrebbero essere caratterizzati da questa devozione alla Madre della Chiesa". In questa preghiera, infatti, Romero vedeva lo status di autentica espressione del sensus fidei e la semplice ma densa forma di esprimere la propria personale devozione alla Vergine, ricordando il grande mistero dell'Incarnazione.

3. La devozione alla Madonna del Monte Carmelo
Monsignor Romero aveva una grande devozione per la Vergine del Carmelo e ha portato fino alla morte il santo Scapolare. E non è privo di significato il fatto che, quando venne colpito da un franco tiratore mentre celebrava la Messa nella cappella del cosiddetto “ospedalino”, Romero cadde morto quasi ai piedi dell’immagine della Vergine del Carmine. L’Arcivescovo di San Salvador aveva abitato in grande semplicità in quell’ospedale, in cui facevano servizio le Carmelitane Missionarie di Santa Teresa; fu qui che Romero portò a compimento il suo pellegrinaggio terreno. Forse la miglior testimonianza della devozione mariana di Monsignor Romero ci è data dalle sue omelie e, fra esse, sicuramente ce ne sono tre che, in misura più o meno grande, fanno riferimento alla Vergine del Carmelo e allo Scapolare. È risaputo che nel suo intento di raggiungere il maggior numero di persone possibile (e specialmente la gente più semplice), l’Arcivescovo faceva trasmettere le sue omelie sulla Radio diocesana YSAX. Le tre omelie a cui si fa riferimento risalgono alla festa del Carmine o alla sua vigilia degli anni 1977, 1978 e 1979. Nella prima di esse, l’Arcivescovo sottolinea come la chiesa salvadoregna stesse vivendo un momento drammatico di persecuzione e repressione e – come fece Simone Stock nel XIII secolo – anch’egli si rivolge a Maria sotto il titolo tanto popolare di Vergine del Carmine. Romero non nasconde la sua tenera devozione per Maria: “In questa ora, nella quale la Chiesa salvadoregna si rinnova e proprio grazie alla persecuzione, quanto è dolce incontrare gli sguardi della Vergine, sguardi che esprimono approvazione, sguardi che consolano, sguardi che vengono dal cuore”. In seguito Romero insiste sul fatto che la promessa della Vergine a San Simone è ancora valida, sebbene abbia bisogno di essere reinterpretata in due sensi diversi. Prima di tutto, la promessa che la Vergine offre non si riferisce solo alla salvezza dopo la morte, ma riguarda anche il presente, la storia, le realtà terrene: “Il santo Scapolare è un messaggio per la vita eterna, che ci apre lo sguardo alla escatologia, verso ciò che ci aspetta al di là; ma è anche un messaggio che riguarda la vita di quaggiù”. È ovvio, e Romero lo sottolinea in più occasioni, che questa salvezza terrena di cui parliamo, non potrà mai essere piena, completa. La Chiesa desidera migliorare il mondo presente, ma è ben cosciente che non si potrà mai arrivare alla perfezione su questa terra, perché tale perfezione trascende le realtà umane. Ma è ugualmente vero che nemmeno una salvezza individualista, del “salvare la mia anima”, una salvezza spiritualista e chiusa solo nell’al di là, corrisponde alla verità del messaggio cristiano. Già qui bisogna iniziare a lavorare per la salvezza: ed è quanto anticamente si intendeva dicendo che bisogna portare lo Scapolare con tutte le conseguenze che questa scelta suppone (una vita virtuosa, accompagnata da una vera pietà sacramentale e dalla fedeltà ai propri doveri temporali, ecc.). In secondo luogo la salvezza che si intende oggi (e Romero appartiene già all’epoca del dopo Concilio) è una salvezza integrale, che riguarda tutta la persona (anima, corpo, cuore, intelligenza, volontà…). Inoltre Romero sottolinea che anche l’aspetto della dimensione sociale della salvezza è incluso. E concludeva questa omelia chiedendo che tutti i “carmelitani”, e cioè tutti coloro che portano o ricevono lo Scapolare, siano fedeli discepoli del Vangelo e che la Vergine del Carmelo trasformi i cuori di quanti ostacolano la costruzione di una società più giusta e fraterna. Romero, però, non considera queste persone come nemici; anzi, li invita a unirsi a tutti gli altri per lavorare insieme e insieme migliorare la società. Nell’omelia del 1978 Monsignor Romero fa un’analisi molto critica della situazione che il paese stava attraversando e denuncia senza mezzi termini la repressione in atto in alcune zone (i famosi “cateos” o mandati di perquisizione illegali nelle case). Davanti a un tale panorama, il pastore deve annunciare la Parola di Dio senza ambiguità e compromessi. In apertura e al termine della sua omelia, Romero fa riferimento alla Vergine del Carmelo, della quale si stava celebrando la festa. Si tratta di due riferimenti molto belli nei quali egli parla di Maria che “sotto il titolo del Carmelo è la grande missionaria del popolo” e ricorda “l’affetto della gente comune, dei religiosi e dei sacerdoti verso Nostra Signora del Carmine”. Poi, quasi fosse il sospiro di un cuore preoccupato, esclama: “Come non pensare a Lei, quando l’intero nostro popolo la guarda con speranza…?”. Un anno più tardi, nel 1979, nella sua omelia radio trasmessa, l’Arcivescovo di San Salvador tratta del tema del profetismo, approfittando, però, di diversi punti, per ricordare la festa del Carmine. Usando parole molto dirette, mette in guardia contro una devozione mariana vuota, che consista solamente nell’abitudine di portare al collo lo Scapolare. Ringrazia i diversi gruppi e congregazioni carmelitane dell’Arcidiocesi per il loro lavoro di apostolato e auspica che questa devozione sia strumento di liberazione e seme di evangelizzazione, poiché Maria stessa è apostola e sempre annuncia la buona notizia del Vangelo. In definitiva le tre omelie, delle quali abbiamo sottolineato solo l’aspetto carmelitano, sono una testimonianza dell’atteggiamento profetico e pastorale di Monsignor Romero. Molti sono i temi che si potrebbero approfondire in modo più dettagliato, inclusa un’analisi teologica molto profonda, ma ora vogliamo sottolineare l’atteggiamento che Romero aveva nei confronti della religiosità e pietà popolare. Senza soffermarci sulle possibili connessioni col documento di Aparecida e con il magistero di Papa Francesco, possiamo affermare che Romero mostri un atteggiamento molto bello dal punto di vista pastorale. Da una parte egli critica senza mezzi termini una pietà popolare fondata sugli aspetti sensibili, passeggeri, esteriori e folcloristici, secondo la dottrina già espressa dal Concilio Vaticano II: “La vera devozione non consiste né in un sentimentalismo sterile e passeggero, né in una certa qual vana credulità” (LG 67). Se, poi, uniamo a ciò anche altre problematiche, come quelle del sincretismo religioso, della superstizione, delle deviazioni dottrinali e morali, giungiamo facilmente alla conclusione che diventa necessario purificare, o ancor meglio, evangelizzare, la religiosità popolare. Allo stesso tempo, però, Romero riconosce con gioia che anche la pietà popolare ci evangelizza e che proprio attraverso di essa il popolo, la gente umile, rende manifeste in modo semplice (come, per es., attraverso lo Scapolare) le grandi verità e la speranza nascoste nella nostra fede. Ciò che è ancora più importante è che Romero, come buon pastore, si rende conto che questa pietà popolare non deve essere disprezzata o ignorata, ma piuttosto deve essere bene utilizzata come piattaforma privilegiata di evangelizzazione e come luogo di umanizzazione. Per questo, nel luglio 1977, il nostro Monsignore affermava: “Non esiste una predicatrice più affascinante della Vergine del Carmelo in mezzo al nostro popolo”. E l’anno dopo dice così: “Oggi, 16 luglio, il nostro popolo sente che, sotto questo titolo del Carmelo, Maria è la grande missionaria della gente semplice…!”. Speriamo davvero che noi Carmelitani sappiamo imitare questo stile pastorale, popolare, semplice e profetico! In varie occasioni ho visitato El Salvador e alcuni fa ho avito la fortuna di celebrare l’Eucaristia davanti alla tomba di Monsignor Romero. Era il 2 novembre e non potei fare a meno di ricordare l’immagine tanto popolare della Vergine del Carmelo che, con lo Scapolare tra le mani, libera le anime del Purgatorio. Mi ricordai dell’omelia di Romero, piena di sapienza. Possa egli, dal cielo, aiutare tutti noi, che ci onoriamo del nome di carmelitani, a continuare il nostro apostolato di liberazione nei confronti dei nostri fratelli che hanno bisogno di uscire da tanti purgatori, aiutandoli a indirizzare la loro vita verso quella salvezza piena di cui parlava Romero.

Bibliografia
CARLOS X., Mons. Romero e l'Angelus, in Super Martyrio del 2 dicembre 2013; MILLAN ROMERAL F., Monsignor Romero e la Vergine del Carmelo, Ordine dei Carmelitani, maggio 2018; ROMERO O. A., La messa incompiuta, Le ultime omelie di un vescovo assassinato, Edizioni Dehoniane, Bologna 2014; IDEM, "La Chiesa non può stare zitta". Scritti inediti 1977-1980, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2015; IDEM, Meditazioni per tutto l'anno, Borla Edizioni, Roma 2006; AA.VV., Il vescovo Romero, martire per la sua fede per il suo popolo, EMI, Bologna 1980; LEVI A., Oscar Arnulfo Romero. Un vescovo fatto popolo, Morcelliana, Brescia 1981; BROCKMAN J. R., Oscar Romero. Fedele alla parola, Cittadella Editrice, Assisi 1984; MASINA E., L'Arcivescovo deve morire. Monsignor Romero e il suo popolo, Gruppo Abele, 1996; IDEM, Oscar Romero, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole 1993; LOPEZ M. L., Oscar Romero. Un Mosaico di Luci, EMI, Bologna 1997; AGNELLI A., Oscar Arnulfo Romero. La fede consumata nell'amore e nel martirio, Tau Editrice, Todi 2018; PALINI A., Oscar Romero. «Ho udito il grido del mio popolo», AVE,  Roma 2018;  VITALI A., Oscar A. Romero. Pastore di agnelli e lupi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017; CRIPPA L., Beato Oscar Romero. Il sangue di un Vescovo per la sua gente, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017;  BINGENMER M. C., Oscar Romero. Martire della liberazione, Edizioni Messaggero, Padova 2015; AMATO A., Beato Oscar Romero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015; DELLA ROCCA M., Primero dios. Vita di Oscar Romero, Mondadori, Milano 2005.






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