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KALINOWSKI RAFFAELE


Religioso carmelitano polacco, proclamato santo da papa Giovanni Paolo II il 17 novembre 1991.

1. Cenni biografici e opere
a) San Raffaele Kalinowski, nacque a Vilna in Lituania, il 1° settembre 1835, e al battesimo ricevette il nome di Giuseppe. Sotto il magistero di suo padre Andrea, all'Istituto dei Nobili a Vilna progredì in tal modo da conseguire la massima distinzione negli studi. Frequentò poi per due anni (1851-1852) la scuola di Agronomia a Hory-Horki. Negli anni 1853-1857 studiò all'Accademia del Genio Militare di San Pietroburgo ottenendo il titolo d'ingegnere e il grado di tenente. Subito dopo fu nominato assistente di matematica alla medesima Accademia. Nel 1859 collaborò alla progettazione della ferrovia Kursk-Kiev-Odessa. Nel 1863, scoppiata l'insurrezione in Polonia contro l'oppressore russo, si dimise dall'esercito russo ed accettò l'incarico di Ministro della Guerra per la regione di Vilna. Il 24 marzo 1864 fu arrestato e condannato a morte, pena che gli fu commutata con i lavori forzati in Siberia per 10 anni. Con mirabile forza d'animo, pazienza ed amore per i compagni di prigionia seppe infondere loro lo spirito di preghiera, serenità e speranza con l'aiuto materiale, unitamente alla buona parola. Rimpatriato nel 1874, accettò l'incarico di precettore del Venerabile Servo di Dio Augusto Czartoryski, con residenza abituale a Parigi, e influì molto sulla sua formazione sacerdotale e religiosa, in modo che il principino Augusto scoprì la sua vera vocazione e nel 1887 entrò tra i Salesiani, ricevuto dallo stesso fondatore S. Giovanni Bosco. Giuseppe Kalinowski invece nel 1877 entrò nell'Ordine dei Carmelitani Scalzi a Graz, in Austria, e ricevette il nome religioso di Fra Raffaele di San Giuseppe. Studiò teologia in Ungheria e ricevette l'ordinazione sacerdotale, il 15 gennaio 1882, a Czerna presso Cracovia. Acceso da zelo apostolico, non risparmiava fatiche per salvare i fedeli, ed aiutava i fratelli e le sorelle carmelitane nell'ascesa al monte della perfezione. Nel ministero della riconciliazione sacramentale sollevò molti dal fango del peccato e si adoperò nell'opera di riunificazione delle Chiese e lasciò questa missione come testamento ai fratelli e sorelle carmelitane. Molti e gravi uffici gli furono affidati dai superiori, che adempì perfettamente fino alla morte. Consumato dalle fatiche e sofferenze, venerato da tutto il popolo, rese l'anima a Dio il 15 novembre 1907 a Wadowice, nel convento da lui fondato. Fu sepolto nel cimitero del convento di Czerna presso Cracovia.
b) Durante la vita e dopo la morte godette di grandissima fama di santità, da parte anche di uomini nobilissimi ed illustrissimi, come i cardinali Dunajewski, Puzyna, Kakowski, Gotti. I Processi Ordinari istruiti nella Curia di Cracovia negli anni 1934-1938, furono portati a Roma, dove nel 1943 fu emanato il decreto sugli scritti e la Causa fu introdotta nel 1952. Negli anni 1953-1956 fu istruito il Processo Apostolico e la Congregazione procedette alla discussione sulle virtù. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, l'11 ottobre 1980, promulgò il decreto sull'eroicità delle virtù e, dopo l'approvazione della miracolosa guarigione del rev. Mis, lo stesso Pontefice, il 22 giugno 1983, beatificò il Padre Raffaele Kalinowski a Cracovia. Crescendo la fama dei miracoli, nel 1989, nella Curia di Cracovia fu istruito il Processo canonico sulla straordinaria guarigione di un bambino. Concluse felicemente le discussioni dei medici, dei teologi e dei cardinali, il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II approvò il miracolo per la canonizzazione, il 10 luglio 1990. Dopo la decisione presa nel Concistoro del 26 novembre 1990, sempre papa Giovanni Paolo II, canonizzò il Santo Raffaele Kalinowski che la domenica 17 novembre 1991.

2. Il ruolo della Vergine nella vita laicale di San Raffaele Kalinowski
La vita di padre Raffaele fu assai movimentata e piena di travagli. Ma ad ogni passo vi fu presente la Madre di Cristo. Il Santo nacque all'ombra di un famoso santuario mariano di Vilna (capitale della Lituania), in cui si venera un celebre quadro di Nostra Signora della Misericordia. Il santuario sorse nel secolo XVII presso il convento dei Carmelitani Scalzi e divenne famoso come Loreto, Guadalupe, Czestochowa o Montserrat. Anche oggi è assai frequentato, benché durante il periodo stalinista i padri Carmelitani Scalzi l’abbiano dovuto lasciare. La famiglia Kalinowski era profondamente religiosa. Si recava spesso a quel santuario, che non distava molto dalla sua abitazione. Vi veniva portato anche il piccolo Giuseppe (è il nome di battesimo del padre Raffaele). Ed è proprio lì che egli apprese ad amare la Madre di Gesù e nostra. Veniva da Lei anche da ragazzo e con sguardo di amore filiale ammirava il suo dolce volto. Non possiamo ignorare il suo profondo bisogno di amore materno, in quanto rimase orfano di madre a soli due mesi di vita. Quando Giuseppe, da ragazzo, sostava in preghiera dinanzi alla sua bellissima Madonna, era cosciente che il materno sguardo di Maria era posato su di lui in modo particolare? Se allora non lo intuì, certo se ne rese conto più tardi, quando quarantenne, superati tanti ostacoli e peripezie della vita, potè vestire l'abito carmelitano, l'abito dei religiosi che furono i fondatori e i custodi del santuario della sua Madonna. Alla Vergine santa il giovane Giuseppe è altresì debitore della sua conversione (chiamiamola così), da una specie di crisi di fede, subita durante gli studi di ingegneria all'Università di Pietroburgo 3; crisi segnata da una profonda nostalgia di infinito, di quanto può saziare l’uomo, di ciò che è divino. Ce la descrive lui stesso nelle sue Memorie: «Passando una volta presso la chiesa di san Stanislao a Pietroburgo, mi venne l'idea di entrarvi. Mi inginocchiai presso il confessionale, ma purtroppo, per sfortuna era vuoto e in chiesa non si trovava nessuno. Cominciai dunque a piangere. Una profonda nostalgia assorbì tutto il mio essere». E qui è presente col suo aiuto la Madonna, Colei che Giuseppe invocava fin dall’infanzia. Ecco quanto avvenne, quando a studi ultimati, Giuseppe iniziò il progetto della ferrovia da Kursk a Kiev. Trovatosi tra le paludi e il fango di quelle lontane regioni della Russia, nella solitudine e nel silenzio, lontano dai rumori della città, cominciò a meditare. Uno dei suoi collaboratori gli offrì un giorno un libriccino, una raccolta di preghiere alla Madonna. «La lettura di questo libro - scrive Giuseppe nelle Memorie - risvegliò in me un sentimento di fiducia verso la Madonna... Com’è grande la sua intercessione per noi. Col suo aiuto sono riuscito a elaborarmi una vita interiore. Ho riconosciuto il valore dei noti princìpi religiosi e finalmente mi sono orientato su di essi. Ora guardo la vita con maggiore serenità». In seguito all'insurrezione polacca contro i russi, cui Giuseppe aderì diventandone persino uno dei dirigenti, egli fu arrestato, giudicato e condannato all’esilio siberiano. Venne dunque deportato all’interno della Russia insieme con molti compatrioti, per subire un’autentica «Via crucis». Ma gli esiliati non erano soli. Portavano con sé il libro della Sacra Scrittura, il Crocifisso e soprattutto le immagini della Vergine di Czestochowa e di Vilna, cioè quella di Giuseppe. La Consolatrice degli afflitti era il loro sostegno. Se rileggiamo le loro memorie, diari o ricordi, notiamo quanto fosse sentita la loro devozione verso la Madre di Cristo. In Lei, invocata quale Regina della Polonia e Granduchessa della Lituania, ponevano ogni speranza di liberazione e di rientro in patria. La Vergine era per essi un modello di fortezza nell'accettazione di ogni sofferenza. Riscontriamo analoghi pensieri nelle Memorie e nell’Epistolario di Giuseppe. Egli scrive a proposito: «Non invano la Chiesa venera la Madonna "regina dei martiri"»; altrove si duole che «il lungo inverno siberiano non gli consenta di ornare coi fiori l’altarino della Madonna, eretto nella prigione per il mese di maggio», come del resto faceva in Lituania, dove quel mese è il più bello dell'anno. Ma non soltanto questo. Dal Taccuino Siberiano di Giuseppe apprendiamo infatti che i deportati organizzavano spesso delle serate di discussioni su temi religiosi, tra cui non mancavano temi mariologici, come per esempio il ruolo della Madre di Dio nell’opera della redenzione, i principali dogmi mariani, la fondatezza dei privilegi di Maria, i motivi della devozione mariana, Maria come esempio incomparabile dell’emancipazione della donna, e simili. Dopo dieci anni di deportazione, la stessa libertà ottenuta diviene per Giuseppe una nuova sofferenza. Può lasciar Siberia, ma al tempo stesso non può rientrare in Lituania e stabilirsi nella sua terra natale; lo si consiglia, o meglio, lo si obbliga a portarsi alla parte centrale o sud-occidentale della Polonia. E solo ora, da uomo libero, Giuseppe può realizzare un voto, fatto molti anni fa, del pellegrinaggio al santuario della Madonna Nera di Czestochowa. Così egli descrive quella visita: «Trascorsi tutto il tempo in preghiera e nella visita affrettata del monastero. Una folla enorme occupava tutti i cortili, così che solo con grande difficoltà e quasi a rischio della vita potei raggiungere la cappella di Nostra Signora e rendere omaggio a questa nostra Grande Avvocata». In seguito trovandosi a Parigi come precettore del principe Augusto Czartoryski, lo conduceva quasi ogni giorno alla celebre cattedrale di «Notre Dame» e là pregavano insieme presso l’altare della Madonna. É in questo periodo che Giuseppe conosce la zia del discepolo, madre Saveria Czartoryska, carmelitana scalza a Cracovia; su consiglio di questa, indossa l ’abito dell’Ordine che è «tutto di Maria», come afferma una sentenza medievale. Cambia il nome in quello di Raffaele di San Giuseppe; ascolta con attenzione le conferenze del padre maestro del noviziato, che gli parla senz’altro del profeta Elia e della sua visione della Vergine che partorirà, di san Simone Stock e dello scapolare, di tutta la secolare tradizione mariana del Carmelo. Assimila tali insegnanti, li approfondisce con la lettura spirituale, ma soprattutto con la costante preghiera e gli atti devozionali alla Regina e Madre del Carmelo. E si sente felice. Non ha più alcun dubbio: il Carmelo è il porto al quale Dio lo conduceva da molti anni1S. Nelle sue Memorie ricorda che un giorno, in esilio, leggendo per caso una nota sull'Ordine Carmelitano, sulla sua presenza in Oriente prima e dopo il trapianto in Occidente, gli «venne in mente che proprio quest'Ordine deve far tornare in seno alla Chiesa di Roma gli scismatici orientali». E proseguendo confessa: «Meravigliosamente guidato dalla Provvidenza, dopo dieci anni sono entrato in quest’Ordine».

3. La presenza di Maria nella vita religiosa di San Raffaele Kalinowski
Emessa la professione religiosa 17 e completata la formazione teologica, avendo già 46 anni, fra Raffaele di San Giuseppe è ordinato sacerdote ed eletto priore dell'unico convento carmelitano di Polonia, quello di Czerna presso Cracovia, unico superstite delle soppressioni del s. XVIII. Con l’aiuto della Madonna batté ogni via per far rifiorire la vita carmelitana in Polonia. E ci sapeva fare. Possedeva un segreto per sistemare ogni cosa; esso consisteva nella preghiera e nella fiducia verso la Madonna. Organizzò subito il Terz’Ordine secolare e le Confraternite Carmelitane. Inviò scapolari agli amici in esilio, in Siberia, Ungheria, Romania. Organizzò le celebrazioni mariane nella chiesa del convento che divenne santuario mariano e custode del celebre quadro della Madonna del Carmine, al quale cominciò ad affluire gente da ogni parte della Polonia, specie dalla Slesia. Fondò un nuovo convento di padri (quello di Wadowice - città natale di Giovanni Paolo II) e due di monache (Leopoli e Przemysl), istituì un collegino per i ragazzi desiderosi di entrare all’Ordine (Wadowice), ecc. Così il Carmelo polacco risorgeva, cresceva di giorno in giorno e, in pari tempo, cresceva e si approfondiva sempre di più la devozione mariana del padre Raffaele. La prima volta - l’abbiamo visto - che egli incontrò consapevolmente la Madonna fu nella sua giovinezza e le fu debitore della propria conversione, del ritorno alle pratiche religiose e ai sacramenti. Quest'incontro segnò tutta la sua vita successiva, sino alla entrata in convento, dove avvenne il secondo, più profondo e teologale, più compromettente incontro con la Vergine. Se già dopo il noviziato e dopo gli studi teologici egli si sentiva figlio di Maria, suo servo e fratello, totalmente dedito alla sua lode e al suo servizio - a Lei infatti affidò il proprio «salire sul Monte Carmelo» - lo fu ancor di più dopo parecchi anni di vita carmelitana. La sua devozione mariana non era statica ma dinamica, essa cresceva di giorno in giorno ed era sempre nuova. Il Santo scopriva giorno dopo giorno nuovi motivi per amare Maria, per venerarla e per imitarla. Senz’altro, un importante stimolo per approfondire i legami con la Vergine gli era fornito dallo studio del passato del Carmelo polacco, studio a cui era tanto appassionato. Rileggeva le cronache dei singoli conventi e monasteri, esaminava i devozionali e vi trovò tanti segni di devozione e di venerazione alla Regina e Madre del Carmelo. Trovò tra l’altro le cronache del santuario di Vilna, santuario della sua Madonna e probabilmente solo allora intuì ciò che non poteva intuire durante l’infanzia, e cioè che è stata Lei, la sua Madonna della Misericordia, ad accompagnarlo per tutta la vita, a guidarlo come una madre che accompagna un figlio tenendolo per mano. É lecito pensare che proprio allora egli, con uno sguardo retrospettivo, passò in rassegna tutta la sua vita, specie gli anni della giovinezza e intuì ancora un’altra cosa, fece l’ultima scoperta mariana: il volto «ecumenico» della Madonna. Ricordandosi della città natale, delle sue chiese, cattoliche e uniate, occupate ora dalla chiesa ortodossa russa 22, non si dava pace. Si ricordò particolarmente di una sua visita nella chiesa della Santissima Trinità degli uniati, in cui un tempo si era preparato al martirio per l’unità il santo vescovo Giosafat, come pure di alcune altre chiese dello stesso rito ruteno, famose per le miracolose icone della Madre di Dio, spesso incoronate con corone papali e ornate con numerosissimi ex-voto. «Oggi invece - scrive padre Raffaele - tutto è avvolto dalle tenebre». Si ricordò di ciò che aveva letto durante l’esilio siberiano: che «l'Ordine Carmelitano che esisteva prima in Oriente e si trapiantò in Occidente, dovrebbe far tornare in seno alla Chiesa di Roma gli scismatici orientali». E si convinse che quel vincolo di unione tra le due chiese potrebbe realizzarsi attraverso la devozione mariana, così viva nella chiesa ortodossa russa. Non è permesso trascurare questa sua intuizione ispirata dallo Spirito. La Vergine Maria ha generato Gesù Cristo uno, unico ed indiviso, Signore del cosmo e della storia, Capo dell’unico ed indiviso Corpo Mistico, Via, Verità e Vita di tutti i cristiani. Non sarebbe opportuno ricordarci di questo in ogni discorso ecumenico e ritornare agli inizi della nostra redenzione, alla Vergine di Nazaret e per mezzo di Lei, fecondata dallo Spirito, ritrovare l’unità perduta? Indubbiamente, questa nuova ed ultima «scoperta» mariana del Santo, segnava un altro passo nella sua vita mariana, costituiva un nuovo motivo per amare la Madre di Cristo e apriva nuovi orizzonti per il suo apostolo mariano.

4. Maria nella predicazione di San Raffaele Kalinowski
Sono qui da ricordare prima di tutto le conferenze ascetiche tenute dal Padre in diverse occasioni ai carmelitani e alle carmelitane scalze. Come superiore dei conventi, definitore e vicario provinciale, visitatore delle monache, egli doveva spesso presiedere le celebrazioni, i capitoli conventuali, ricevere i voti, confermare, incoraggiare e indirizzare nella sequela di Cristo i confratelli e le consorelle dell’Ordine, come pure i membri dell’Ordine secolare o delle Confraternite dello scapolare, fondate da lui stesso. Lo scopo principale di queste conferenze fu quello di formare dai carmelitani e dalle carmelitane dei veri fratelli e sorelle della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, alla luce delle Costituzioni dell'Ordine. In una conferenza ai confratelli religiosi, pronunziata alla vigilia della solennità della Madonna del Carmine, ribadiva: «Siamo opera sua ed Essa non cessa di chiamarci ad essere suoi ministri, a sbrigare i suoi affari». Ed a quali faccende, quali affari pensava l’oratore? Certamente agli affari inclusi ed espressi nel carisma dell’Ordine che è «tutto di Maria». Spesso le sue conferenze sulla vita religiosa, sui voti - che paragonava, come facciamo oggi, al battesimo - , sulla vocazione carmelitana, terminavano con questa espressione: «e tutto per il tramite di Maria». La devozione del Santo alla Madre di Dio non si basava mai sul sentimento, ma sulla profonda convinzione teologica del suo ruolo nell’opera della redenzione. A una tale devozione egli invitava i suoi sudditi, e cercava di formarla in essi. La fonte della incomparabile dignità e grandezza di Maria egli la vedeva nella sua Maternità Divina, che ha potuto però realizzarsi solo grazie al consenso con cui la Vergine ha voluto sottomettersi alla volontà di Dio. «Su questo consenso: "avvenga in me ciò che hai detto", - evidenzia Kalinowski - è sorto il legno della Croce, attraverso il quale Dio ha redento il mondo; è scaturita la sorgente dalla quale sino alla fine dei tempi si riverseranno le grazie sull’umanità; si sono spalancate le porte del Regno di Dio, chiuse sino allora. Il Redentore ha iniziato a dimorare sugli altari; splendono i miracoli della potente intercessione della Vergine Maria, Madre di Dio; ai credenti viene indicata la via dell’imitazione della Vergine Santissima». La misura della dignità della Maternità Divina sta nella dignità, senza misura, del Figlio di Dio: «Se dunque vogliamo considerare l’ordine della natura, Maria, mediante la sua maternità, contrae il più stretto grado di parentela con Dio stesso, che prese un corpo dal suo corpo». Nell’ordine della grazia invece, «per il mistero dell'Incarnazione, Maria rimane in una incomparabile unione con Dio; la sua dignità è ancora più grande e per noi, uomini, incomprensibile». Il cristiano, che per opera dell’incarnazione è diventato figlio adottivo di Dio e fratello di Gesù Cristo e, quindi, anche figlio di Maria, in virtù di questa dignità è obbligato ad imitare la sua Madre. La dovrebbe imitare soprattutto in ciò che è la fonte della sua dignità, e cioè nella sottomissione alla volontà di Dio. Grazie a questo anche lui potrà partecipare in qualche modo alla dignità della sua Madre. E tra tutti i figli della Chiesa, in questa imitazione di Maria, dovrebbero primeggiare i carmelitani, «doppiamente figli suoi». Altrove, ancora sulla maternità di Maria, questa volta nei confronti nostri, egli aggiunge: «Ogni madre ama i suoi figli e desidera loro il maggior bene possibile. Non ci fu tuttavia né vi sarà mai sulla terra una madre così buona come la Vergine Santissima, che la Chiesa chiama giustamente Madre del Perpetuo Soccorso». «All’economia divina della salvezza fu necessaria l'Incarnazione di Dio per la nostra redenzione. Senza le virtù di Maria questa non avrebbe potuto realizzarsi. Oh Vergine, quale sarebbe la nostra sorte senza i tuoi meriti? Perché così poco ti apprezziamo e così poco ti amiamo?».

5. Maria nella direzione spirituale
di San Raffaele Kalinowski
Anche questo campo dell’apostolato del Santo è pieno di spirito mariano. Kalinowski era un apprezzato direttore spirituale di diverse categorie di persone: religiose e religiosi, sacerdoti diocesani, familiari ed amici d’esilio, membri dell'Ordine secolare, laici di distinte classi sociali, ecc. Il Santo svolgeva l’attività di direttore spirituale prima di tutto tramite i consigli, gli incoraggiamenti e le istruzioni che dava nell’ambito del sacramento della penitenza, ossia nel confessionale. Poi sarebbero da ricordarsi le conversazioni spirituali nel senso stretto della parola, ma anche le conversazioni occasionali e spontanee, specie con gli amici dell’esilio, delle quali il padre Raffaele seppe servirsi per l’evangelizzazione. Infine, egli esercitò la funzione di direttore spirituale per mezzo della corrispondenza, quando rispondeva ai quesiti posti nelle lettere che riceveva dai suoi penitenti. Non possiamo, certo, conoscere il contenuto delle istruzioni che faceva dal confessionale, sappiamo qualcosa riguardo alla «direzione» degli amici e familiari, ma nei dettagli possiamo avvicinare solo le direttive perpetuate nella corrispondenza, conservatasi fino ad ora. Per Kalinowski la crescita dell'intimità con la Vergine Maria era la misura del progresso sulla via della perfezione, era un segno visibile dell’azione dello Spirito Santo. Perciò non si stancava mai di sottolineare quanto fosse necessario mettersi nelle mani della Madre di Cristo e per mezzo suo ottenere tutte le grazie necessarie per la vita interiore. Si basava qui sulla fede comune della Chiesa - anzi, era un rappresentante tipico delle correnti mediazioniste del secolo scorso, per cui il ritrovamento di Cristo era accompagnato, se non addirittura conseguente al ritrovamento della sua Madre - che venera Maria quale Mediatrice della grazia e Ausiliatrice dei cristiani. A Lei raccomandava tutti i suoi penitenti, a Lei li rimandava, convinto che Essa sarebbe stata per loro un sostegno e rifugio, e che in Lei avrebbero trovato non solo la soluzione dei loro problemi ma anche, e prima di tutto, l'aiuto per una continua crescita spirituale. La Vergine secondo padre Raffaele, partecipa in una maniera specialissima nel processo della purificazione delle anime, finché non rimanga in esse niente dell'uomo vecchio, ma sia in esse scolpita l'immagine dell'Uomo Nuovo - Cristo Gesù. Per completare l’argomento conviene rilevare che accenti mariani, o anche vere e proprie istruzioni sulla Vergine, non sono una cosa rara nelle altre lettere di Kalinowski, ossia in quelle che non riguardano strettamente la coscienza dei destinatari. Chiunque sia la persona a cui scrive, egli coglie le diverse occasioni o circostanze, per fomentare la devozione alla Madonna.

Bibliografia
PRASKIEWICZ SZCZEPAN T., «Maria sempre e tutto». Spiritualità mariana del Beato Raffaele Kalinowski (1835-1907), in Teresianum, 41 (1990), pp. 135-160; IDEM, San Raffaele Kalinowski. Un messaggero di Dio per il nostro tempo, OCD, Roma 1991; IDEM, Raffaele Kalinowski. Tappe fondamentali della vita ed elementi di spiritualità, OCD, Roma 1990; IDEM, Giuseppe Raffaele Kalinowski militare, insorto, deportato e infine carmelitano,Mimep-Docete, Pessano Con Bornago 1999; BOUCAUD J. B., Joseph Kalinowski, Liège 1923; GALOFARO J., Passò facendo del bene. Il Beato Raffaele Kalinowski di San Giuseppe, OCD, Roma 1983; CZESLAW G., Raffaele Kalinowski. Dall'esilio siberiano alla gloria degli altari, OCD, Roma 1983; AA. VV., GENNARI M., Beato Raffaele Kalinowski. In guerra, in esilio, in monastero, OCD, Roma 1983; KALINOWSKI R., Memorie, OCD, Roma 1992.






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