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  Maria, guida alla contemplazione del mistero di Cristo  
Spiritualità

Una meditazione di Madre Anna Maria Cànopi, in Rosarium, n. 4 - 2007,  pp. 13-16.



“Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo / sulle tue labbra è diffusa la grazia, / ti ha benedetto Dio per sempre”. Con quale giubilo e commozione Maria avrà cantato questo versetto del salmo 45, mentre aveva sotto lo sguardo Gesù, non lo possiamo nemmeno immaginare. Nessuna creatura più di lei, infatti, ha potuto contemplare da vicino la bellezza del volto del Figlio di Dio “nato da donna”, perché proprio lei era quella Donna chiamata a dargli la carne e il sangue.
Nella splendida Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae il Santo Padre Giovanni paolo II lo afferma con piena convinzione: “La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da lei anche un’umana somiglianza che evoca un’intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con assiduità pari a quella di Maria. Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di lui già nell’Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagire i lineamenti. Quando finalmente lo dà alla luce a Betlemme, anche i suoi occhi di carne si portano teneramente sul volto del Figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia (cfr Lc 2, 7). Da allora il suo sguardo, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà più da lui” (n. 10).
Ogni donna che abbia vissuto l’esperienza della maternità sa bene quanto sia coinvolgente la vita del figlio concepito e partorito nel dolore e nella gioia; e sa che per sempre la sua esistenza sarà legata alla sorte di lui. Per questo Maria, più di ogni altra madre tutta preordinata alla Persona e alla missione di quell’unico Figlio, è colei che ci può guidare alla contemplazione di Cristo penetrando nei più reconditi segreti del suo volto interiore, quello che si svela soltanto agli occhi della fede e dell’amore. È questa, infatti, la forma di conoscenza più profonda e completa, quella che sa cogliere anche le più delicate sfumature dei pensieri e dei sentimenti, dell’intimità della persona. Unendoci a lei, con animo semplice e desideroso di conoscere il Signore, possiamo davvero compiere un sicuro e meraviglioso cammino di autentica contemplazione. Questa è tale soltanto se non rimane un’astrazione, ma diventa conformazione a Cristo, crescita nella nostra identità di figli di Dio, di figli nel Figlio, chiamati a riprodurre in noi i suoi stessi lineamenti, il suo bellissimo volto di santità che è l’immagine del Dio indivisibile (Col 1, 15).
Contemplare i misteri di Cristo non è infatti come contemplare una galleria di quadri dai quali l’osservatore rimane staccato traendone, al massimo, un godimento estetico. Contemplare Gesù significa immergersi in lui, nel suo insondabile mistero di vita ed esserne impregnati.
Maria ci può e ci vuole accompagnare in questo viaggio interiore attraverso il mistero d’amore che è il Signore Gesù Cristo. Lo fa – come afferma ancora il Santo Padre nella Lettera apostolica – raccontandoci tutti i “ricordi” riguardanti Gesù impressi e conservati nella memoria del suo cuore materno (Cfr Lc 2, 19.51).
Il Rosario, preghiera spiccatamente contemplativa, fa passare davanti ai nostri occhi tutti questi “ricordi”, che sono i “misteri” della nostra salvezza. Oggi, nella civiltà della concitazione, si vanno sempre più perdendo l’arte del raccontare con calma e il gusto di ascoltare, poiché le notizie sono date a ritmo frenetico e spesso con linguaggio e immagini aggressivi. Abbiamo quindi tanto più bisogno di imparare da Maria il dolce stare in ascolto, il pensoso sostare su quanto abbiamo ascoltato e il contemplare con sempre nuovo stupore quanto si va rivelando al nostro sguardo interiore.
Ella comincia a raccontare dall’Annunzio recatole dall’angelo a Nazareth, e proprio da questo “ricordo” apprendiamo a riconoscere anche gli annunzi di grazia che hanno segnato il nostro personale cammino spirituale; apprendiamo anzitutto ad accogliere il Verbo della vita e a metterci – come la Santissima Vergine – a sua disposizione per generarlo in noi e donarlo agli altri: vale a dire apprendiamo l’arte dell’umile e amorosa adesione di fede alla parola, al disegno di Dio, perché la nostra esistenza ne diventi una fedele realizzazione.
Tutti gli altri misteri di gaudio, di dolore, di luce e di gloria hanno il loro incipit in quell’ecce e fiat che apre simultaneamente le porte del cielo e le porte del nostro cuore, affinché il divino e l’umano s’incontrino in uno slancio d’amore che unisceper l’eternità.
Se partiamo con Maria da Nazareth, ci diviene facile comprendere anche il mistero della Visitazione – in cui si esprime la sollecitudine e la delicatezza della carità verso ogni creatura – e quello della Natività che ci conduce ad adorare il Dio-con-noi in modo da esserne portatori nel mondo, in mezzo ai “lontani”; sempre con Maria, comprendiamo inoltre il mistero della Presentazione in cui viene insegnato ad essere noi stessi offerenti e offerta; e giungiamo al mistero del Ritrovamento di Gesù nel tempio dal quale apprendiamo il primato dell’obbedienza alla volontà del Padre nella nostra quotidianità.
Veniamo così introdotti nei misteri della consumazione del sacrificio, e il volto del Servo Sofferente ci appare anche attraverso il velo delle nostre lacrime, nelle vicende dolorose della nostra e dell’altrui esistenza. Ma questa contemplazione, calata nel concreto spesso tenebroso della storia, riceve trasparenza dalla nuova gemma aggiunta al Rosario: i misteri della luce, che Maria interpreta con la sua stessa silenziosa presenza di discepola, Madre e Maestra.
Eccoci davanti al mistero del Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano con la splendida testimonianza del Padre: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3, 22). Come non trasalire di gioia sapendo che anche noi, battezzati nel nome della Santissima Trinità, immersi nellamorte di Cristo e risuscitati con lui, abbiamo ritrovato la nostra somiglianza con Dio, siamo diventati figli nel Figlio, con lui amati e prediletti?
Allora facciamo festa, accanto a Maria, anche per l’acqua trasformata in vino alle nozze di Cana, comprendendo che noi stessi siamo la sposa dello Sposo; e con gioioso stupore contempliamo in lui il Regno già presente per entrare nel quale bisogna ri-nascere, diventare bambini, uomini nuovi. Così è pure dato di salire il Tabor e di vedere per un breve istante – il cui ricordo tuttavia perdura nel nostro cuore – la luce indicibile del volto di Cristo trasfigurato: un raggio della sua gloria prima che di lui si possa dire che “non ha apparenza né bellezza..., uomo dei dolori... come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53, 2-3). Ma soprattutto siamo guidati a capire – accanto alla Madre  – il dono di quell’ultima cena – l’Eucaristia – in cui sono anticipate la sua morte e risurrezione, la venuta dello Spirito e la nostra stessa glorificazione.
Al termine di questo cammino con Maria, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, si può veramente esclamare formando un coro all’unisono con gli eletti del Cielo: “Ecco, ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo...!” (Ap 12,10).
Mediante la preghiera del Rosario si fa davvero l’esperienza della salvezza operata da Cristo e ci si fortifica di fronte agli assalti ricorrenti dell’antico avversario che, pur essendo già vinto, non vuole dare tregua al Figlio della Donna e alla sua discendenza. Egli tende agguati, ma il Rosario è una catena più forte dei suoi lacci; esso ci avvince a Maria, e Maria ci fa da scala a Gesù come Gesù al Padre. Questa scala bisogna però salirla senza voltarsi indietro, senza distogliere lo sguardo dallastella luminosa.
Quando i bambini facevano ancora giochi innocenti – senza giocattoli mostruosi e imitazioni di armi e ordigni di guerra – c’era un gioco tanto significativo. Uno faceva l’angelo alla porta del paradiso, un altro faceva il diavolo a lato della strada, uno o più bambini facevano i viaggiatori e l’angelo li chiamava a uno a uno: “Piccolo della terra, corri qui da me!”. Il bambino gridava: “Non posso, perché c’è il diavolo che mi prende!”. Allora dalla porta del paradiso una voce suadente: “Non guardare né a destra né a sinistra e non voltarti indietro, guarda fisso a me: io con le mie ali ti proteggo”. Vincendo la paura, il bambino si lanciava nella corsa e, se riusciva a non lasciarsi catturare dal diavolo, arrivava tra le braccia dell’angelo. Se invece rimaneva prigioniero del diavolo, doveva essere liberato... E l’angelo accorreva a tendergli una mano che egli doveva cercare di afferrare pure essendone ostacolato dal diavolo.
Non si potrebbe forse vedere in questo gioco il ruolo di Maria, che ci conduce a contemplare il suo Figlio? Nella sacra liturgia la Chiesa La invoca quale “Stella mattutina” e “fulgida porta del cielo”: non ci può essere guida più sicura alla meta della nostra “beata speranza” (Tito 2, 13). Ma perché Maria ci possa aiutare a rivestirci di Cristo (cfr Rm 13, 14; Gal 3, 27) per comparire davanti al padre come “sposa senza ruga né macchia” (Ef 5, 27), occorre giorno dopo giorno perseverare con lei nel sì dell’Annunzio e nel sì della Croce, aprirsi allo Spirito e nutrirsi del Pane di vita, del cibo che dà la forza di combattere fino all’ultimo respiro la “buona battaglia della fede” (1 Tm 4, 7).
Anche Maria dovette camminare nella fede e non nella piena visione; anch’essa, pur vivendo accanto a Gesù, dovette accettare il mistero della sua Persona e credere per vedere oltre le apparenze. Quel suo sguardo che era perciò ora interrogativo, ora penetrante, addolorato, infine radioso e sempre ardente d’amore, adesso è rivolto anche a noi. Esso riflette la Luce che è Cristo stesso, perciò illumina i nostri passi e dissolve le tenebre che tentano di avvolgere il nostro cuore. Così la dolce catena del Rosario diventa per noi una splendida corona di gloria.

 

Inserito Venerdi 5 Settembre 2014, alle ore 8:48:17 da latheotokos
 
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