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  Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua madre (Mt 2,11a) 
BibbiaDal libro di Aristide Serra, Maria secondo il Vangelo, Edizioni Queriniana, Brescia 1987, pp. 102-111.

I passi del Nuovo Testamento riguardanti Maria, Madre di Gesù, possono costituire un luogo fecondo per il dialogo ecumenico. La Scrittura, sappiamo, è il terreno privilegiato di incontro fra le confessioni cristiane. Rimane tuttavia lo spinoso problema dell'interpretazione. Non si è d'accordo, per es., sulla necessità della Tradizione viva della Chiesa per intendere in senso pieno la lettera del testo biblico, quasi il suo «non detto». Parlo di «Tradizione viva della Chiesa» secondo un duplice aspetto. Uno, ovviamente, attiene alla Chiesa di Cristo; nel corso dei suoi venti secoli di esistenza, essa si è chinata incessantemente sulle Sacre Scritture, per trarne alimento della propria fede. Ma ve n'è poi un altro, concernente la comunità giudaica che precedette l'era cristiana di almeno due secoli. In questa «Chiesa» tardiva, che portava a termine l'Antico Testamento, erano venerate si le Scritture canoniche, suddivise in Legge, Profeti e Scritti (Tôrah-Nebiîm-Ketûbîm). Ma, insieme ad esse e a partire da esse, prese ampio sviluppo una serie di scritti assai diversificati, che commentavano la Parola di Dio e la applicavano alle mutevoli condizioni dei tempi. Ecco, ad es., le opere di Filone, di Giuseppe Flavio, i testi della comunità di Qumran, i cosiddetti Apocrifi dell'Antico Testamento, le tradizioni espresse dal Targûm (ossia la versione aramaica dei Libri Sacri composti in ebraico), dal Midrâsh e confluite poi largamente nei due Talmûd (di Gerusalernme e Babilonia)... in una parola: già l'ebraismo di quei secoli aveva «la Scrittura con la Tradizione». Direi di più: non si concepiva la Scrittura senza la Tradizione. Di grande interesse per l'esegesi, è il fatto che molti temi elaborati dal pensiero giudaico precristiano hanno lasciato tracce visibili negli autori del Nuovo Testamento stesso, incluse le pericopi mariane, e si ritrovano poi sul versante della letteratura cristiana postbiblica. Da questa premessa sul concetto di «Tradizione viva della Chiesa», scaturisce uno dei principi che dovrebbero guidare l'esegesi. Voglio dire: per interrogare in profondità il Testo Sacro (compresi i brani mariologici) occorre conoscere al completo i tesori della Tradizione sia giudaica che cristiana. Basta davvero la sola lettera della Scrittura? Forse mettiamo il carro davanti ai buoi, se continuiamo a dare risposte aprioristiche. Non sarebbe più saggio impegnarci lealmente in una frequentazione esaustiva e sistematica della Tradizione? Fatto questo - se non altro per diversivo culturale! - il nostro occhio si accosterebbe più limpido alla Verità che ci rende liberi (cf Gv 8,32), e nuove convergenze si aprirebbero al nostro sguardo. Simile impegno è sicuramente di ampio respiro ecumenico. Anche noi cattolici dobbiamo scrollarci di dosso i pregiudizi secolari verso il mondo ebraico (culla del nascente cristianesimo!), e quelli ancora che ci impediscono di valutare correttamente il rapporto dinamico fra la Scrittura e la successiva Tradizione cristiana.
La breve meditazione che segue ha per oggetto Mt 2,1la: «[I Magi] entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre, e prostratisi lo adorarono». Di questa concisa proposizione, vorrei sottolineare la pregnanza ecclesiale insita soprattutto nel termine «casa»; di riflesso, apparirà meglio situato il ruolo di Maria nella fede cristiana. Saranno delineati sobriamente tre punti nodali, in armonia con le riflessioni introduttive svolte poco sopra. Toccheremo quindi: la tradizione biblico-giudaica, all'infuori di Matteo, sul concetto di «casa»; la dottrina di Matteo stesso; e, infine, ci metteremo in ascolto di alcune voci della tradizione cristiana.

1. La tradizione biblico-giudaica all'infuori di Matteo

1. Già nell'AT il termine «casa» appare come sinonimo di «regno», «casa regnante», «popolo», «comunità» ... Potremmo citare, al riguardo, la celebre profezia di Natan (2 Sam 7,16): «La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, e il tuo trono sarà reso stabile per sempre».
2. È interessante rilevare che il targum (cioè la versione aramaica di questo oracolo) suona così nel testo parallelo di 1Cron 17,14: «E io lo manterrò fedele nel mio popolo nella mia casa di santità e nel mio regno per sempre, e il trono del suo regno sarà stabile per sempre»1. In questa parafrasi già si delinea l'equivalenza del trinomio: «popolo-casa-regno». Un altro caso pertinente è quello della comunità di Qumràn, fiorente sulla sponda occidentale del Mar Morto anche ai tempi di Gesù. Quella comunità si autodefinisce coi nomi di: «casa saldamente fondata»2, «casa delta verità»3, «casa santa»4, «casa di Peleg»5, «casa della Legge»6... Non vorrei poi tralasciare il libro di Enoch. In una sezione certamente anteriore al NT, l'autore di questo apocrifo dice che il Signore medesimo ha costruito una «casa nuova», dopo aver distrutto la casa vecchia con le colonne, le travi e gli ornamenti (90,28-29). La casa nuova edificata dal Signore, è figura di Gerusalemme (89,50.56.66.72; cf Testamento di Levi 10,5). Nel grembo di essa saranno radunati tutti gli eletti, Ebrei e Gentili (90,29.33.36)7.
3. Gli scrittori del NT (per ora escludiamo Matteo) ereditano questo linguaggio figurato della «casa», e lo applicano alla chiesa, alla comunità dei credenti in Cristo8. Citiamo, ad es., Eb 3,6: «Cristo fu [accreditato] come figlio costituito sopra la propria casa. E la sua casa siamo noi se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo». Anche il noto brano di Ef 2,19-20 afferma: «...Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e membri della casa di Dio (greco: oikéioi «familiari»), edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù».

2. La tradizione matteana

Dal vangelo di Matteo, propongo le seguenti quattro indicazioni.
1. La voce «casa» può significare un «regno», una «città», una «famiglia» (Mt 10,11.12.14; 12,25; 13,57). Leggiamo in Mt 12,25: «Ogni regno discorde cade in rovina, e nessuna città o casa può reggersi». E in Mt 13,57: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e nella sua casa» (Mc 6,4 scrive: «... nella sua patria tra i suoi parenti e in casa sua»).
2. Lo stesso termine assume un'accezione più specifica, quando è usato da Matteo per indicare «la casa d'Israele», ossia il popolo dell'antico Patto (Mt 10,6; 15,24). «La vostra casa vi sarà lasciata deserta», profetizzava Gesù (Mt 23,38), alludendo alla distruzione del Tempio di Gerusalemme (Mt 24,1 ss.). Ha termine l'Alleanza antica, che ha il suo culmine nel Tempio di pietra: «Vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare» (Mt 21,43).
3. Quest'altro popolo è «la chiesa di Cristo», anch'essa paragonata ad una «casa», ad un «edificio». infatti Gesù afferma di voler edificare la sua chiesa sulla roccia che è Pietro (Mt 16,18: greco oikodomêso). E questa immagine di «casa-edificio» affiora ugualmente nel brano di Mt 7,21.24; ivi Gesù insegna che la vita di fede, realizzata con l'ascolto e la pratica della sua parola, è simile «... ad un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia». I membri di questa casa spirituale, che è la chiesa, formano un popolo che appartiene al tempo stesso a Dio (Mt 2,6) e al Cristo-Messia, «Dio con noi» (Mt 16,18; 28,20).
4. Il racconto dei Magi è percorso da risonanze pasquali, che suggeriscono di vedere nella «casa» di Betlemme assai più che una semplice dimora materiale. I suddetti motivi pasquali sono percepibili se poniamo a confronto l'episodio dei Magi con l'apparizione di Gesù Risorto agli Undici sul monte della Galilea, com'è trasmessa appunto dallo stesso Matteo (28,16-20). Ecco alcuni punti di contatto fra i due passi:
    a. La stella del Messia «va innanzi» ai Magi, per guidarli alla casa dove si trova il Bambino (Mt 2,2.9). Quindi non sono tanto i Magi che vanno alla ricerca del Messia, quanto piuttosto il Messia che conduce a sé i Magi. Dirà poi Gesù, riferendosi alla fede di Pietro: «... né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,17). Analogamente, è Gesù Risorto che «indica» agli Undici il monte della Galilea (Mt 28,16), ove avrebbe avuto luogo il suo incontro con loro. Durante la passione del Maestro, i discepoli si erano dispersi (Mt 26,31). Ma Gesù Risorto li raduna, e «va innanzi» a loro (Mt 26,31 e 28,7), per condurli verso il nuovo monte Sinai, che è il monte della Galilea (cf Es 3,12 con Mt 28,16).
    b. I Magi, entrati nella casa, «vedono» e «adorano» il Bambino (Mt 2,11). Cosi anche gli Undici, giunti sul monte (Mt 28,16), «vedono» e «adorano» Gesù (Mt 28,17).
    c. I Magi incontrano il Bambino non a Gerusalemme, ostile al Messia (Mt 2,3), bensì a Betlemme (Mt 2,8.9.11). Alquanto simile è la sorte riservata ai discepoli. Infatti essi potranno vedere Gesù Risorto non a Gerusalemme - città che uccide i profeti! (Mt 23,37; cf 21,10 e 2,3) -, ma in Galilea. Che significano questi contatti tra l'esperienza dei Magi e quella dei discepoli dopo la Risurrezione? Significano che Matteo anticipa nella persona dei Magi il cammino di fede che i discepoli del Signore, alla luce della Pasqua, andavano compiendo in seno alla «casa» di Lui, cioè la chiesa.
5. Soprattutto, guardiamo alla scena stessa di Mt 2,11, proiettandola sullo sfondo dell'AT. Matteo si ispira chiaramente a Is 60 quando scrive che i Magi vengono da Oriente (2,1), per adorare il Messia-Re dei Giudei (2,2.11) e offrirgli in dono oro, incenso e mirra (2,11). Fin dai secoli V-VI, la liturgia romana intuì tale connessione. Difatti come prima lettura per la solennità dell'Epifania fu scelto il passo di Is 60,1-6, al quale faceva seguito la lettura evangelica di Mt 2,1-12. Is 60,1-6 celebra la gloria di Gerusalemme, riedificata dalle rovine dopo l'esilio babilonese. All'interno della sua cinta muraria, che somiglia ad un grembo, sorgeva il Tempio, «Casa» di Dio, nuovamente ricostruito dopo il ritorno degli esuli da Babilonia (538 a.C.). Ebbene, dice Isaia: nel Tempio, che è la sua «casa» in Gerusalemme, Dio avrebbe radunato non solo gli Ebrei reduci dalla schiavitù, ma anche tutti gli altri popoli (Is 56,3-8; 66,20-21; cf Tb 13,11-13; 14,5-7...). A seguito di tale evento, Gerusalemme diviene madre universale; infatti entro il grembo delle sue mura essa accoglie tutti i popoli, Ebrei e Gentili, che vengono ad adorare l'Unico Signore nel Ternpio9. Anzi - canta altrove il profeta Isaia, rivolgendosi alla Città Santa - re e principesse «...con la faccia a terra si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi» (Is 49,23), «... verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori, ti si getteranno proni alle piante dei piedi» (Is 60,14). Per questi motivi, Gerusalemme si configura sempre più come la «Città-Madre» per eccellenza. Prendendo lo spunto da questi oracoli, soprattutto isaiani, i testi del giudaismo anche precristiano sviluppano il tema del Messia che regna nella nuova Gerusalemme, madre universale. A lui verranno le nazioni dai confini della terra, per contemplare la sua gloria e offrirgli doni. Recita cosi il salmo 44,13, nella versione greca dei Settanta (secoli III-II a.C.): «Si prostreranno a lui [= il Re] le figlie di Tiro con doni»10. E i Salmi di Salomone (databili attorno al 50 a.C.) danno la seguente trascrizione del salmo 44: «Dalle estremità della terra verranno le nazioni a vedere la gloria di lui [= il re messianico, figlio di Davide], portando in dono i figli di lei [= Gerusalemme], estenuati; e a vedere la gloria del Signore con la quale Dio l'ha glorificata»11.
Ora, questi antecedenti della tradizione biblico-giudaica sono attualizzati da Matteo nelle persone dei Magi, del Bambino e della Madre.
    I Magi. Al posto di re e principesse che - al dire di Isaia - «con la faccia a terra si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi» (Is 49,23; cf Is 60,14), e in luogo dei ricchi mercanti che con stuoli di cammelli vengono a Gerusalemme «portando oro e incenso» (Is 60,6), stanno ora i Magi: essi «si prostrano» davanti al Bambino, lo «adorano», e gli porgono in clono «oro, incenso e mirra» (Mt 2,11).
    Il Bambino. Egli assume il ruolo del Messia che regna sul nuovo popolo di Dio (cf Mt 1,21; 2,2.6b). Ma il Bambino, essendo il «Dio con noi», l'«Emmanuele» (Mt 1,23; 28,20), eredita le prerogative di Dio, Re e Signore. È un Messia divino, cui spetta l'adorazione.
    Maria, «sua Madre». La figura materna di Maria subentra a quella di Gerusalemme-Madre e a quella dei Tempio in essa racchiuso.
I Magi, in effetti, trovano e adorano il Messia non a Gerusalemme, nel tempio, come avveniva per l'antico Israele, che saliva a «vedere» il suo Dio in Sion (cf Sal 42-43,3; 84,8b). Con l'incarnazione, Dio ha preso dimora nel seno di una vergine (cf Mt 1,23). D'ora innanzi il grembo e le ginocchia di Maria, sua madre, divengono il trono naturale ove siede la Maestà regale del Bambino. Contemplata in questa dimensione, Maria eredità il ruolo della Gerusalemme antica; ella diviene figura personificata della Nuova Gerusalemme, ossia la chiesa. È questa ormai la vera «città del grande Sovrano» (cf Sal 47,3); è questa la «Figlia di Sion», ove si attua la regalità di Cristo sul popolo di Dio: «Dite alla figlia di Sion: 'Ecco il tuo re viene a te...» (Mt 21,5)12, Varcando le soglie della chiesa, questa mistica «città» (cf Mt 5,14.16), tutte le genti possono «vedere» e «adorare» la Maestà del Cristo Signore (cf Mt 2,1 1 con 28,17). Ed è qui che la figura di Maria si apre allo sguardo di chiunque approdi alla fede. Ogni volta che una persona individua o un popolo, a somiglianza dei Magi, vengono a Cristo, nella sua casa che è la chiesa, troveranno «...il Bambino con Maria sua madre» (Mt 2,11). Maria è indissociabile dal Figlio e dalla Chiesa!

3. Voci della tradizione cristiana

Fra le testimonianze dei Padri e Scrittori della Chiesa, ve ne sono alcune che già avevano intuito l'essenziale dell'esegesi che stiamo delineando. Mi limito a qualche esempio.
Particolarmente importante è l'interpretazione di Ireneo (fine sec. II). Egli, cosi vicino alla chiesa subapostolica, scrive che la «casa» entro la quale sono condotti i Magi è «la casa di Giacobbe»13, evidentemente la chiesa di Cristo.
Giovanni Crisostomo (407) esce in questa esortazione: «Anche se tutti sono presi da turbamento, corriamo alla casa del Bambino... Affrettati verso Betlemme, ove si trova la casa del pane spirituale»14.
Fra i teologi medievali, Rabano Mauro (856) elabora una parafrasi alquanto diffusa sulla scena dei Magi. Quanto al v. 11, egli afferma: «Da Erode si distaccano i Magi, quando le genti abbandonano l'idolatria e vengono alla casa nella quale c'è Cristo, vale a dire la chiesa cattolica. Coloro che entrano in essa mediante il battesimo e la vera fede, vi trovano Cristo con sua Madre, cioè la santa chiesa, la quale, rimanendo vergine, genera ogni giorno dei figli a Dio...»15. È da notare che la sentenza di Rabano Mauro sarà accolta dalla Glossa ordinaria, la quale godette grandissima autorità in tutto il Medio Evo 16.
Per ultimo, ascoltiamo s. Bonaventura (1274): «La casa... dove si trova [Cristo], dal punto di vista sacramentale, è la casa della Chiesa»17. E poi soggiunge il s. Dottore: «Carissimi, è certo che i Magi resero un grande onore a Cristo, e anche a sua madre che l'aveva concepito e portato [in grembo]. Perciò la chiesa venera sia Cristo, sia la madre di lui»18.

Conclusione

È davvero sorprendente la densità cristologica ed ecclesiale concentrata in Mt 2,1119. Essa consente di ribadire che nel cristianesimo Maria non è il centro, ma è centrale! Ciò spiega, fra l'altro, la straordinaria fortuna che ebbe nella primitiva iconografia cristiana la scena dei Magi, che adorano il Bambino seduto sulle ginocchia di Maria. Guglielmo di Bourges, un ebreo del sec. XIII convertito alla fede cristiana, in un'omelia su Matteo scritta verso il 1235, osservava: «Gli ebrei, gli eretici e i pagani cercano Cristo; però non arrivano a trovarlo, perché non lo cercano nella maniera dovuta, cioè 'con Maria sua Madre'. Non è possibile trovare Dio, senza santa Maria»20, Il principio formulato da Guglielmo di Bourges, benché dettato da preoccupazioni apologetiche, ritiene la sua piena validità. Ai nostri giorni, il medesimo contenuto di fede è stato espresso da queste illuminate parole di Paolo Vi, pellegrino al santuario di N.S. di Bonaria (Cagliari), il 24 aprile 1970: «Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a lui ci conduce»21.

NOTE
1 R. LE DEAUT - J. ROBERT, Targum des Chroniques, t.I, introduction et traduction, Biblical Institute Press, Rome 1971, p. 80; t. II, texte et glossaire, Rome 1971, p. 53.
2 Documento di Damasco (CD) 3,19
3 Regola della Comunità (IQS) 5,6.
4 lb. 8,5; 89,6.
5 Documento di Damasco (CD) 20,22.
6 Ib. 20,10. Per i documenti di Qumrân, si potrà consultare I. MORALDI, I manoscritti di Qumrân,UTET, Torino 1971, pp. 147, 159, 162, 233, 268, 269.
7 L. FUSELLA, Libro di Enoch, in Apocrifi dell'Attico Testamento a cura di P. Sacchi, UTET, Torino 1981, pp 616 617, 618, 620, 621 622, 628-629.
8 Il fenomeno si riscontra nella tradizione Paolina (Ef 2,19; I Tm 3,15; Eb 3,6), petrina (1Pt 4,17), giovannea (Gv 8,35; 14,2); probabilmente anche nei vangelo di Marco, quando parla della «casa»: cf. E. RAVAROTTO, La «casa» del vangelo di Marco è la casa di Simon Pietro?, in Antonianum 42 (1967), p. 419 (l'autore non esclude un simbolismo attinente alla chiesa); AA.VV., Maria nel Nuovo Testamento. Una valutazione congiunta di studiosi protestanti e cattolici, Cittadella, Assisi 1985, p. 71.
9 Per il tema del «raduno dei dispersi» nell'Antico Testamento e nel Giudaismo, e per li posto che vi occupano Gerusalemme col Tempio, ho raccolto abbondanti riferimenti nel mio studio: Contributi dell'antica letteratura giudaica per l'esegesi di Gv 2,1-12 e 19, 25-27, Herder, Roma 1977, pp. 306-369. Cf. anche il cap. 15 del presente volume, pp. 154-156.
10 A. RAHLFS, Septuaginta...., vol II, Wüttembergische Bibelanstalt Stuttgart, Stuttgart 1962, p. 47. Anche il targum di questo salmo, che sembra risalire già ad epoca precristiana, traduce cosi i vv. 10.14: «Le province dei regni vengono a visitare la tua faccia [ = del re Messia] al tempo fissato... Tutto il meglio, tutto ciò che e più bello e desiderabile fra le ricchezze delle province e i tesori dei re nascosti nelle segrete, essi l'offriranno in oblazione al cospetto del re e in dono ai sacerdoti dalla veste d'oro fiammante»; cf. P. GRELOT, La speranza ebraica al tempo di Gesù, Borla, Roma 1981, pp. 233-235.
11 P. GRELOT, op. cit., pp. 91-99.
12 Per il brano messianico di Zc 9,9 citato da Mt 21,5, rinvio al mio articolo «Esulta Figlia di Sion!». Principali riletture di Zc 2, 14-15 e 9. 9a-c nel Giudaismo antico e nel Cristianesimo del I-II secolo, in Marianum 45 (1983), pp. 9-54; in particolare pp. 36-42. Un anonimo del sec. V scriveva: «Vedo la Vergine come città che abbraccia il Re» (S. ALVAREZ CAMPOS, Corpus Patristicum Marianum, IV/I, ed. Aldecoa, S.A., Burgos 1976, p. 514 n. 3716).
13 Adversus Haereses III, 9.2 (PG 7,870).
14 In Matthaeum, Hom. VIII, 5 (PG 57,78). Prima del Crisostomo, Origene (253/254) aveva detto: «Betlemme significa 'casa del pane'. Giudea vuol dire 'confessione'. Avvenga dunque anche di noi che mediante la professione di fede diventiamo casa del pane spirituale» (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderten, Origenes, XII Band, J. C. Hinrichs Verlag, Leipzig 1941, p. 26, frammento n. 25 delle catene al vangelo di Matteo).
15 Commentaria in Matthaeum I (Pl 107,760-761).
16 Biblia Sacra cum GlossaO rdinaria.... t.V, apud Joannem Meursium, Antverpiae 1634, coi. 63.
17 S. Bonaventurae.... opera omnia..., t. XI, Sermones de Tempore Epiphania, sermo II, 3, ex Typographia Collegii S. Bonaventurae, Quaracchi 1901, p. 154, 156.
18 op. cit., sermo III, I (p. 157).
19 Per ulteriori approfondimenti su questo versetto, si potrà vedere la mia rassegna intitolata Dimensioni ecclesiali della figura di Maria nell'esegesi biblica odierna in Maria e la Chiesa oggi. Atti del 5° Simposio Mariologico Internazionale (Roma, ottobre 1984), Marianum - Dehoniane, Roma - Bologna 1985, pp. 220-231. In queste righe ho sintetizzato l'essenziale.
20 Homilia in Matheum al v. II («Sources Chrétiennes», n. 288, Du Cerf, Paris 1981, p. 284; per la datazione, pp. 7-12).
21 Acta Apostolicae Sedis 62 (1970), pp. 300-301.



 

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