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  La Madonna nell'attesa del parto 
ArteSegni iconici specifici della Madonna del parto. dal libro La Madonna nell'attesa del parto. Capolavori dal patrimonio italiano del '300 e '400, Libri Scheiwiller, Milano, 2000, pp. 31-33.


La Madonna del Parto pone un triplice problema iconografico, di difficile soluzione: come mostrare che questa donna non è testimone solo del mistero eterno della generazione, ma di un evento storico e teologico; come riprodurre la Madonna in quanto figura isolata, indipendente dalla narrazione di un episodio evangelico; e infine come fare della gravidanza il punto focale dell’immagine.
Nel Vangelo la Vergine non appare mai da sola: è nodo di relazioni, presenza che apre. Per questo la figura isolata della Vergine senza il Figlio è rara nell’iconografia antica, e si limita alla Vergine orante di certe absidi musive (Torcello) e del modulo bizantino della Blachernitissa, dove però la Vergine è immediato segno di passaggio che invoca ed evoca una Presenza, soglia subito varcata verso l’Altro.
Gli iconografi devono affrontare anche altri problemi: come evitare nell’immagine naturalistica della gravidanza riferimenti e allusioni alla sessualità umana; come indicare insieme anche la verginità, il concepimento senza intervento di uomo; come esprimere la dignità della gravidanza, la bellezza della donna nell’attesa. In particolare sarà Piero della Francesca a riflettere un nuovo umanesimo che introduce rispetto e onore nei confronti della donna gravida. Per lui, la gravidanza è stato di perfezione in sé che non necessita di gesti di pudore. Con lui scompaiono le timorose Madonne delle origini.
Analizziamo ora i segni iconici adottati per visualizzare la realtà e il significato della gravidanza di Maria.

La cinta

Il segnale primario è il ventre rigonfio. A questo i pittori, soprattutto quelli dell’area nordica, aggiungono altri indicativi per visualizzare il riferimento al sacro: raggi luminosi, stelle, figurina aureolata del feto, monogramma di Cristo.
In modo percepibile e discreto, evitando quella tendenza all’esasperazione e all’esagerazione, quasi al grottesco, non temuto invece dall’arte nordica, i pittori italiani, influenzati dal nuovo naturalismo toscano, sostituiscono i segnali esterni con il rilievo dato a determinati tratti del corpo, del portamento e del vestito. Tentano di rappresentare la gravidanza in un modo più naturale, all’inizio in forme caute e circospette, indicando questo stato solamente tramite una cinta alta e arcuata, sopra il ventre sporgente. In seguito la cinta stessa viene abbandonata e non appare più come artificio per evidenziare l’inarcarsi del grembo.
Il termine “incinta” deriva dal latino medievale incincta, e il suo significato etimologico è esattamente quello di non cinta, senza cintura.

Il libro

Le prime timorose Madonne del Trecento toscano recano nella mano sinistra un libro, simbolo di preghiera, di familiarità con la sacra Scrittura, ma soprattutto di presenza. Esso svolge la funzione di raddoppiare l’indicazione della presenza del Verbo che si sta facendo carne nel grembo di Maria come già si è fatto presenza nella Scrittura sacra. Con questa analogia visiva tra Maria e sacra Scrittura (Virgo liber Verbi), l’evento della gravidanza è sottratto al semplice accadimento esistenziale.
La mano sinistra che porta il libro è quella che nelle Madonne con Bambino sorregge il Figlio, alludendo a una ulteriore identificazione tra libro e Bambino. Il libro è presentato agli astanti, con il medesimo gesto con cui in tante immagini la Madre presentava il Bambino, quasi che libro e figlio fossero intercambiabili (Anonimo pratese); altre volte il libro, chiuso o aperto, è utilizzato non più come elemento di mediazione tra la Vergine e il fedele, ma come strumento di silenziosa e assorta meditazione personale (Vitale da Bologna, Taddeo di Bartolo).
In molti casi il libro aperto reca delle parole, quasi sempre il primo verso del Magnificat (Bernardo Daddi, Battista da Vicenza), canto di colei in cui il Misericordioso senza casa ha trovato casa; canto sgorgato dall’incontro di due donne entrambe incinte in modo impossibile, entrambe santuario della vita; profezia delle madri, evangelo della vita; canto della gravida che si alza nel silenzio che intercorre tra Nazaret e Betlemme. Da qui il titolo di Vergine del Magnifìcat dato a molte Madonne del Parto. Talvolta il libro è adagiato sul grembo (Vitale da Bologna), talvolta premuto al ventre (Anonimo pratese), ma sempre indicazione di una presenza altra. Il libro scomparirà in quanto segno iconico con Piero della Francesca e con le Madonne della Misericordia, sostituito però da altri indicatori di trascendenza.

Gli atteggiamenti

La posizione più frequente della rappresentazione è quella di scorcio o di tre quarti, che da un lato serve a dare visibilità e rilievo al grembo, dall’altro esprime umiltà e modestia. Tuttavia, da Nardo di Cione a Piero della Francesca, proseguendo poi con le Madonne della Misericordia, alcuni pittori riprendono la posa iconica frontale delle Madonne in Maestà e della Platytera, che ha la capacità di coinvolgere lo spettatore in un contatto visivo diretto e di esprimere maggiore forza e sicurezza.
Due sono gli atteggiamenti fondamentali. Un primo atteggiamento è quello della Vergine protesa in avanti, con lo sguardo diretto verso il basso, verso le figurine dei committenti o verso l’osservatore. Talvolta la mano sporge oltre l’altare, oltre la cornice dell’icona stessa, in un gesto molto innovativo che crea un collegamento immediato con l’astante (Bernardo Daddi); l’attenzione della Vergine non è diretta verso il libro o il grembo, ma verso i devoti inginocchiati ai suoi piedi. Qui si notano i primi indizi del passaggio da Madonna del Parto a Madonna della Misericordia, del trasferimento di maternità dal Figlio ai figli.
Un secondo atteggiamento è quello propriamente dell’attesa, della Vergine assorta in contemplazione, nel silenzioso ascolto del Verbum infans, della Parola non parlante perché il suo mormorio leggero risuona ora nel lievitare della carne, nel mormorio del sangue. È il tempo del silenzio. La figura della Madonna del Parto, isolata ma non sola, grembo carico di una non visibile presenza, è Verbi silentis muta mater, la madre muta del verbo silenzioso. E se il feto nel grembo annuncia l’infinita origine, il neonato non farà che rammentarcela attraverso la sua commovente e a lungo muta presenza corporea. A quale divino silenzio allude la creatura? Forse dobbiamo ascoltare più attentamente la stupefatta assenza di discorsi e finalmente comprendere che tutti siamo “attesi”, attraverso la misteriosa discesa nella carne, da un superiore, infinito Amore.

Le mani

La gestualità della Madonna del Parto si può ricondurre alle seguenti tipologie:
a) il gesto della Venere pudica classica, che si copre con il velo e il mantello, il grembo e il seno (Nardo di Cione);
b) il gesto delle mani poste a reggere il libro come fosse un bimbo presentandolo agli astanti (Anonimo pratese);
c) una mano che sporge a creare un collegamento, una mediazione tra il Libro e il fedele o il committente (Bernardo Daddi);
d) la mano stringe il mantello verso il ventre nel gesto istintivo di stupore e turbamento tante volte riprodotto dalle Annunciazioni trecentesche (Taddeo Gaddi, Maestro di San Martino alla Palma), quasi a schermirsi dallo sguardo dell’osservatore, in un gesto che coprendo scopre, che vela e rivela.
e) la Vergine con entrambe le mani tiene il libro aperto, come chi legge, raccolta in se stessa, in atteggiamento assorto e contemplativo (Battista da Vicenza);
f) le mani sono abbandonate sulle ginocchia in quella dolce spossatezza che coglie le madri in attesa (Vitale da Bologna);
g) la mano si pone in diretto rapporto con il ventre, indicando, coprendo o sostenendo il grembo inabitato, in un gesto che trova il suo vertice in Piero della Francesca.
La luce
Facendo tesoro del brano biblico della donna vestita di sole, che è incinta e nelle doglie del parto (Apocalisse 12,1), dove tutti i simboli sono motivi di luce, della materia cioè più adatta a essere espressa in pittura, alcuni autori adoperano le gradazioni di luminosità come raffinato messaggio. Nardo di Cione, più di altri, costruisce alcune sue immagini con addensazioni di luce: la Madonna del Parto di San Lorenzo sembra essere gravida di luce «nel mondo la luce vera», dice il vangelo di Giovanni; luce che segna il volume del ventre, che traspare attraverso l’abito, raccolta tra le mani poste in modo da costituire una sorta di cornice alla macchia luminosa con cui è riprodotto il ventre: madre e figlio in viaggio insieme incontro alla luce. Come creatura che partecipa alla luce divina, Maria è il frammento ospitale dell’Avvento, il minimo disponibile all’irruzione dell’infinito.

Evoluzione storica

Il vertice di questo modulo è raggiunto con Piero della Francesca che riesce a trasmettere nella sua Vergine incinta di Monterchi le conquiste antropologiche e artistiche dell’Umanesimo. In seguito il tema non è più affrontato da grandi artisti.
È comunque e finalmente da sfatare la favola storica di una censura del Concilio di Trento circa l’immagine della Vergine incinta. Sarebbe una enormità la messa al bando sotto l’accusa di eresia dell’immagine che rappresenta nel modo più immediato il mistero centrale della religione cristiana: l’Incarnazione. Non c’è traccia di questa supposta censura né nei decreti conciliari, né nei sinodi locali, né nei decreti delle congregazioni romane. Anzi dopo Trento l’immagine si espande con le nuove tecniche (l’incisione a stampa) nella iconografia e anche nella liturgia. Le critiche o le riserve vengono solo da moralisti, precettisti, ma non da legislatori, predicatori o autori spirituali, e non riguardano mai il motivo in sé, ma soluzioni iconografiche eccessive, come le statue-armadio dove Maria si apre come uno scrigno rivelando al suo interno la Trinità, quasi fosse madre della Trinità; il loro obiettivo è quello di purgare le sovrapposizioni bigotte dovute all’inflazione del culto mariano (de Maria numquam satis).
L’iconografia della Madonna del Parto dal ‘500 tende a mutare, non a scomparire, adeguandosi alle nuove tecniche. Il movimento teologico e culturale della Controriforma vuole rendere l’arte a soggetto religioso catechetica, quindi non verista o naturalistica, ma piuttosto simbolica, ideologica, ieratica, mistica.
Nascono opere pittoriche di pensiero più che di carne, di contenuto più che di immagine. Ne è esempio la raffigurazione dell’Immacolata Concezione in cui dal XVII secolo andranno condensandosi e sovrapponendosi, sulla scia della donna dell’Apocalisse, molti segni delle precedenti immagini di gravidanza.
Dalla Madonna del Parto discende anche la raffigurazione della Madonna della Misericordia, madre non più di Cristo ma di altri figli verso i quali, sopra i quali, come abitazione e protezione, apre il suo mantello-abside. La copertura fisica è compresa come metafora protettiva e abitativa riproponendo, come per la Madonna del Parto, l’area semantica dell’abitazione: tenda, dimora, tabernacolo. Nelle raffigurazioni più antiche la Madonna della Misericordia mostra chiaramente i segni della gravidanza, il ventre accentuato, la cintola alta; in alcuni casi riappare anche l’immagine clipeata del Bambino sul suo petto, come nella Platytera. Dal Figlio unico ai molti figli raccolti attorno alla madre, si verifica quello che potrebbe essere chiamato un trasferimento di maternità, seguendo la parola del Calvario: «Donna, ecco tuo figlio!»

Visibile e invisibile

Il visibile accenna all’invisibile, questa è la logica della immagine, della teologia dell’immagine; nel frammento, il tutto. Eppure nella Donna gravida visibile è solo il nascondersi di Dio, la sua kenosis: «Quando volle apparire egli si nascose ancora di più» (M. Lutero). Ma in questa perla di luce e di sangue che fa inarcare il grembo di Maria come una vela al soffio dello Spirito, in quel fremito del grembo è contenuto il vangelo della vita. Nel frammento, il tutto. Forse è necessario molto silenzio per ascoltare lo stupefatto silenzio di Dio, e per finalmente comprendere che tutti siamo “attesi” e portati da un Amore che di noi non è stanco.

Inserito Martedi 15 Settembre 2009, alle ore 9:59:28 da latheotokos
 
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