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  Annunciazione del Signore 
Culto

La Solennità del 25 marzo dal libro di AA. VV., Maria nell'Anno Liturgico, Queriniana, Brescia 2007, pp. 30-31



1. Nella storia

La più antica testimonianza di questa celebrazione si ha in un'omelia di Abramo di Efeso tenuta probabilmente a Costantinopoli tra il 530 e il 550. Le ragioni che hanno portato alla scelta di questa data non sono chiaramente documentate. Tuttavia, molto prima dell'apparizione di questa festa, il 25 marzo, fin dal III secolo (secondo la testimonianza di Tertulliano e di Ippolito), per via dell'equinozio di primavera, era considerato una data fortemente simbolica. Per questo fra il IV e il VI secolo venivano ascritte a tale data sia la passione, la morte e la risurrezione di Cristo come pure il suo concepimento verginale (Epifanio, Agostino, Dionigi il Piccolo). È evidente il rapporto con il 25 dicembre che cade giusto nove mesi dopo. Secondo un'esasperata ricerca di perfezione simbolica tutto in Cristo doveva essere perfetto. Gli storici non sono in grado di determinare con certezza se l'Annunciazione dipenda dal Natale o viceversa. Certamente c'è un influsso reciproco. In ogni modo per entrambi i giorni gioca l'importante simbolismo dell'equinozio di primavera e del solstizio d'inverno. Nel titolo della festa la liturgia bizantina accentua la dimensione mariana: Annuncio della beatissima Madre di Dio sempre vergine Maria. Con la riforma conciliare del calendario la liturgia romana ha voluto recuperare l'antico titolo presente nel Liber Pontificalis: Annuntiatio Domini. Cristo e Maria restano comunque strettamente uniti, anzi, inseparabili, nel mistero oggi celebrato.

2. La Festa e la sua immagine

Per questa festa del Signore cosi prescrivono i manuali bizantini: «Una casa. Da un lato l'arcangelo Gabriele arriva con passi leggeri, come proveniente dai cieli, tenendo un'asta nella sinistra e salutando con la destra Maria con un gesto di benedizione. Dall'altro lato sta la Vergine, in piedi (o seduta su un seggio non elevato), piena di umiltà e di rispetto e con il capo leggermente inclinato. Ha la mano destra aperta in segno di supplica, mentre con la sinistra tiene una rocca di filo rosso». Secondo il Protoevangelo di Giacomo, Maria era tra le vergini di discendenza davidica chiamate a tessere il velo del tempio e a lei era toccata in sorte la porpora. In questo apocrifo l'annuncio avviene in due tappe: Maria uscita con la brocca ode presso la fonte la voce: «Rallegrati, piena di grazia...». Rientrata in casa e ripreso il fuso, le appare l'angelo che le annuncia: «Non temere...». La scena dell'Annunciazione compare nei mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma (V secolo) e di Parenzo (in Istria, VI secolo), nei medaglioni e nelle ampolle di origine palestinese (VI secolo), nell'Evangelario di Rabbuia (VI secolo)... La versione dell'annuncio presso la fontana, diffusa nei cicli bizantini, è più rara in Occidente (cfr. San Marco a Venezia, XII secolo). I manuali segnalano anche, accanto a Maria, la presenza di un tavolino con il libro delle Scritture aperto, e di un vaso di fiori, simbolo della verginità. Questi elementi sono presenti nel l'arte occidentale che, influenzata dalla letteratura pia e dalle rappresentazioni drammatiche, a partire dal Gotico ambienta l'Annunciazione all'interno di un piccolo oratorio, in una chiesa, nella cella di una beghina (R. van der Weyden). Allo stesso periodo risale un'evoluzione dei gesti tesa a tradurre una più grande venerazione del mistero: l'angelo si inginocchia davanti a Maria, colta in meditazione e preghiera e talora anche lei in ginocchio (cfr. Giotto a Padova).

3. Per l'Omelia

Al centro delle letture odierne, sta la contemplazione del mistero dell'amore di Dio, che supera ogni distanza tra sé e la sua creatura e getta un ponte anche sull'abisso scavato dal peccato, entrando nella storia dell'uomo fino a farsi figlio di Adamo, assumendo la condizione umana. Egli è davvero l'Emmanuele, il Dio con noi, come profetizza Isaia all'incredulo Acaz. E se dal punto di vista storico la profezia isaiana aveva una portata più modesta, perché annunciava la nascita di un figlio del re quale segno concreto e percepibile della protezione divina, la stessa lettura ebraica vi ha scorto un di più, un'attesa messianica, come attesta la traduzione dei Settanta, che rende liberamente 'giovane donna' con 'vergine'. È però il compimento neotestamentario che permette di cogliere appieno la portata dell'attesa messianica. Cosi le parole del Sal 39 (LXX) vengono riprese dalla lettera agli Ebrei, che ne coglie il senso cristologico e un'allusione all'incarnazione e al sacrificio di Cristo sulla croce. Vi è però uno sguardo privilegiato sul mistero dell'incarnazione, che ci è consegnato dalla lettura evangelica odierna: quello di Maria. Ella crede con ogni fibra della propria persona che il Signore ama tanto appassionatamente questo mondo da essere disposto a percorrere le vie più inedite, pur di riannodare un dialogo di amicizia con l'umanità che si è allontanata da lui. E se il profeta Isaia giungeva a supplicare una rinnovata vicinanza divina al popolo peccatore fino al punto di esortare Dio a squarciare i cieli e a discendere («Oh! Se tu squarciassi i cieli e scendessi!»: Is 63,19), la vergine di Nazaret è talmente certa di Dio e del suo infinito amore da accogliere anche l'idea più impensata e quasi blasfema: per superare la barriera della colpa sarebbe venuto Dio stesso in mezzo a noi, per essere in senso forte e insuperabile il 'Dio con noi'. Maria, con cuore immune dalle devastazioni del peccato, può sentire l'amore di Dio con una tale vicinanza, verità e forza da non stupirsi di nulla, neppure che egli intenda farsi bambino e voglia realizzare con l'umanità una comunione totale, quella che viene dall'appartenere alla stessa carne e allo stesso sangue. Nessuna parola come quel «Nulla sarà impossibile a Dio», proferito dall'angelo Gabriele, trova una corrispondenza tanto piena di fiducia come quella che Maria le accorda e che porterà poco dopo la parente Elisabetta ad acclamarla come la 'credente' che ha avuto fede piena nell'adempimento della parola del Signore! Anche l'obiezione all'angelo, correttamente tradotta («Come avverrà questo, poiché non conosco uomo») non è affatto un dubbio di Maria, ma un chiedere a Dio che le indichi le vie per quella maternità che le sembra trascendere ogni possibilità umana. Ebbene, le parole dell'angelo chiariranno ulteriormente ciò che Maria ha come intuito nel suo cuore: il bambino che prenderà forma in lei, sarà frutto dello Spirito e la sua nascita 'santa' (cioè di origine divina) lo farà riconoscere come Figlio di Dio. Lei ha davvero creduto che il Figlio di Dio possa farsi figlio dell'uomo!

 

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Inserito Lunedi 23 Marzo 2015, alle ore 11:17:53 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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