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  Aspetti antropologici del Rosario secondo Giovanni Paolo II 
Magistero

Da Stefano De Fiores, Riflessi antropologici del Rosario, in AA. VV., Contemplare Cristo con Maria, PAMI, Roma 2003, pp. 212-217.



Tra gli aspetti che introducono una novità nella considerazione del rosario emerge l'asserto di Giovanni Paolo II: il rosario «batte il ritmo della vita»26, cioè concerne l'esistenza umana nella sua concretezza storica e nel suo incessante evolversi. Tutt'altro che alienazione, questa preghiera è presentata dal papa come essenzialmente antropologica in quanto contribuisce al bene e allo sviluppo della persona umana. In realtà, la lettura del n. 25 del documento Rosarium Virginis Mariae ci fa discernere facilmente un triplice compito antropologico attribuito al rosario: ermeneutico-illuminativo, etico-formativo, terapeutico.

1. Ruolo ermeneutico-illuminativo: nel mistero di Cristo la verità dell'uomo

Il papa discorre di un'implicazione antropologica del rosario «più radicale di quanto non appaia a prima vista», poiché concerne l'essenza o meglio «la verità sull'uomo». In altre parole, il rosario ci svela chi è l'uomo, a motivo della coincidenza tra il mistero di Cristo e quello dell'uomo: «In realtà, il mistero dell'uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato» (GS 22). Un fascio di luce parte da Cristo «nel quale il cammino dell'uomo è "ricapitolato" (Ireneo), svelato e redento», e mediante il rosario che «aiuta ad aprirsi a questa luce», ormai «il credente si pone davanti all'immagine dell'uomo vero». Ne consegue che «il rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo». Ordinariamente, alla luce della Scrittura che presenta Cristo come «icona del Dio invisibile» (Col 1,15; cf 2Cor 4,4), si scorge nel Verbo incarnato la rivelazione di Dio unitrino e dei suoi attributi di potenza, misericordia e amore. Qui invece il papa punta sull'umanità di Gesù che rivela la verità sull'uomo, seguendo l'assioma di GS 22, secondo cui il mistero umano è illuminato dal mistero di Cristo: «Chi si pone in contemplazione di Cristo ripercorrendo le tappe della sua vita, non può non cogliere in Lui anche la verità sull'uomo. É la grande affermazione del Concilio Vaticano II, che fin dalla Lettera enciclica Redemptor hominis ho fatto tante volte oggetto del mio magistero: «In realtà, il mistero dell'uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato» (GS 22). Si può dire così che ciascun mistero del rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo» (RVM 25). La dottrina conciliare su Cristo rivelatore dell'uomo, si basa sull'insegnamento paolino di Gesù «nuovo Adamo» e «uomo nuovo». In Cristo primogenito e primizia (1Cor 15,20-22. 45-49; Rm 5,12-21)1'essere umano trova l'icona complessiva della sua storia e del suo destino: è chiamato a divenire «persona nuova» e a camminare in novità di vita27.  Per comprendere il concilio sul significato antropologico della persona di Cristo giova l'esegesi biblica di passi pertinenti che vedono in Cristo il prototipo della nuova umanità. Sarebbe molto suggestivo scorgere nell'esclamazione di Pilato: «Ecce homo!» (Gv 19,5) «un'espressione dell'umanità di Gesù: l'uomo nelle sue tipiche caratteristiche, oppure l'uomo che incarna la realtà umana in genere». Ma secondo R. Schnackenburg si tratta di un tentativo da respingere perché non fondato sul senso ovvio del testo e sul «contesto della narrazione giovannea del processo». Egli non esclude tuttavia che l'evangelista annetta a tutto il processo «un significato profondo che si schiude agli occhi della fede»: Gesù è l'innocente, che sotto il travestimento resta «il re che rende testimonianza della verità» e «nonostante il suo aspetto pietoso egli ha una dignità, che poco dopo è espressa dai sommi sacerdoti con "Figlio di Dio"»28. Il celebre testo in cui Cristo s'identifica con la verità, oltre che con la via e con la vita: «io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), indica nel Verbo fatto carne il rivelatore escatologico, che manifesta il Padre (mediazione discendente) e mette in comunione con lui (mediazione ascendente)29. Ma poiché Cristo è la Verità «ne consegue immancabilmente che la vita "nella verità" (l'esperienza della verità) sarà una vita tutta illuminata dal mistero di Gesù»30. «Lungi d'essere alienante, la verità genera l'uomo a una nuova vita e gli permette di condividere la vita filiale di Gesù: crea in lui un nuovo essere profondo, lo interpella a vivere ormai, e sempre più, «nella verità e nell'amore», dunque pure nella verità dell'amore. La verità di Gesù può in prima istanza apparire estranea e crocifiggente; ma è destinata a trasformare l'uomo in figlio di Dio (Gv 1,12-16), e così diviene progressivamente la verità dell'uomo stesso»31. Infine se già nella Scrittura troviamo il contrasto tra la solidarietà con il vecchio e con il nuovo Adamo, ugualmente i vari umanesimi oggi veicolati dai mass media ricevono conferme o smentite dal confronto con Cristo nei suoi misteri. Infatti se Cristo è l'uomo autentico, esistono immagini non vere che falsano la natura dell'uomo e della donna. La sua vicenda evangelica sconfessa l'uomo economico e consumista (basato sull'avere), l'uomo superbo e megalomane (che esagera la realtà del suo io), l'uomo dominatore e sfruttatore (fondato sul potere)... Non resistono al confronto con misteri di Cristo neppure «l'umanesimo dell'identità e quello della pura alterità»32. Il primo sacrifica l'uomo all'ideologia della razza o del partito, e lo rende «un numero, uno zero, un mero strumento e oggetto»; il secondo relativizza l'uomo, negando la validità del pensiero e riducendolo ad una «passion inutile»33.

2. Funzione etico-formativa: il rosario scuola di cristianizzazione

 A Giovanni Paolo II non importa tanto una conoscenza speculativa della verità, quanto una sua assimilazione vitale, dal momento che egli invita a sperimentare il rosario come egli stesso fece in occasione di dolori e di gioie. Egli avanza «un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza» (RVM 25). La motivazione che lo sorregge consiste nel considerare il rosario come uno strumento educativo, anzi mistagogico in quanto introduce nelle profondità del mistero. Il pontefice aggiunge che ogni mistero o evento narrato della vicenda terrena di Cristo ci mostra in varie sfaccettature chi sia 1' uomo: il suo essere e il suo dover-essere. E qui il ventaglio dei misteri e delle relative applicazioni si allarga indefinitamente. La sua valorizzazione dipende dalla ricchezza dell'esperienza della persona che nel rosario medita i misteri di Cristo distribuiti secondo le 4 serie dei misteri gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi.
Giovanni Paolo II è convinto che ogni mistero contiene una grazia particolare o un frutto di vita che viene trasmessa nella contemplazione e offre alcuni esempi o lezioni di vita che scaturiscono da alcuni misteri del rosario: «Contemplando la sua nascita impara la sacralità della vita, guardando alla casa di Nazareth apprende la verità originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio, ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica attinge la luce per entrare nel Regno di Dio e, seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso del dolore salvifico. Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria, vede il traguardo a cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare e trasfigurare dallo Spirito Santo. Si può dire così che ciascun mistero del rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo». Dall'esemplificazione offerta dal papa appare che la verità antropologica che Cristo rivela nei suoi misteri riguarda sia valori puramente umani, come la sacralità della vita e l'unità della famiglia, sia valori inattingibili dalla ragione e incommensurabili da parametri razionali, come le esigenze del regno di Dio, il senso del dolore salvifico, la docilità allo Spirito e il traguardo escatologico. La verità dell'uomo in Cristo «è qualcosa di più» della sua realtà naturale e costituisce la «novità» dell'essere in Cristo34. Non si tratta di verità speculative da contemplare, ma di verità vitali che impegnano all'esercizio concreto della carità verso i più bisognosi, all'animazione delle professioni giornaliere secondo lo spirito delle beatitudini, all'azione ecologica per rendere il mondo più bello: «Se ben recitato come vera preghiera meditativa, il Rosario, favorendo l'incontro con Cristo nei suoi misteri, non può non additare anche il volto di Cristo nei fratelli, specie in quelli più sofferenti. Come si potrebbe fissare, nei misteri gaudiosi, il mistero del Bimbo nato a Betlemme senza provare il desiderio di accogliere, difendere e promuovere la vita, facendosi carico della sofferenza dei bambini in tutte le parti del mondo? Come si potrebbero seguire i passi del Cristo rivelatore, nei misteri della luce, senza proporsi di testimoniare le sue beatitudini nella vita di ogni giorno? E come contemplare il Cristo carico della croce e crocifisso, senza sentire il bisogno di farsi suoi « cirenei » in ogni fratello affranto dal dolore o schiacciato dalla disperazione? Come si potrebbe, infine, fissare gli occhi sulla gloria di Cristo risorto e su Maria incoronata Regina, senza provare il desiderio di rendere questo mondo più bello, più giusto, più vicino al disegno di Dio?» (RVM 40). L'apice della novità cristiana, che costituisce anche il frutto più generale e significativo dei misteri del rosario, è la sintonizzazione tra l'esistenza umana e la vita trinitaria, nel senso che l'uomo dev'essere elevato ad una vita che superi le esigenze semplicemente umane, cioè alla comunione di vita con la Trinità. Qui è tradotto in termini esistenziali e trinitari l'effato dei padri: «Dio s'è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio». «Si, davvero il rosario «batte il ritmo della vita umana», per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza» (RVM 25).

3. Funzione terapeutica: il rosario esercizio di pacificazione

Quali sono le malattie del nostro tempo? Senza scomodare le riviste mediche scientifiche, possiamo saperlo consultando i pellegrini che si recano ai santuari. Secondo la testimonianza di S. Zurlo, essi portano con sé i tre drammi «che attraversano come lunghe crepe il Paese: il cancro, la depressione, la sterilità»35. In particolare è pesantissimo il bilancio dell'esaurimento nervoso, un male oscuro che fa consumare annualmente in Italia 17 milioni di confezioni di antidepressivi. Esso condanna alla solitudine interiore che come un baco divora la gioia di vivere. Il rosario esercita un ruolo di conforto e di pacificazione molto importante nel mondo attuale. Tale preghiera non è certamente un toccasana né un amuleto reputato carico di forza magica. Tuttavia essa esercita un molteplice influsso positivo che contribuisce alla guarigione o normalità dello psichismo perturbato. Il rosario è un esercizio di fiducia e di abbandono mistico nelle mani di Dio, nelle prove e preoccupazioni che non mancano nella vita, neppure in quella del papa: «Al tempo stesso, diventa naturale portare a questo incontro con la santa umanità del Redentore i tanti problemi, assilli, fatiche e progetti che segnano la nostra vita. «Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno» (Sal 55, 23). Meditare col rosario significa consegnare i nostri affanni ai cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua. A distanza di venticinque anni, ripensando alle prove che non sono mancate nemmeno nell'esercizio del ministero petrino, mi sento di ribadire, quasi come un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza» (RVM 25). Il rosario è un piccolo sentiero che porta all' interiorizzazione: fa rientrare in se stessi per meditare sui trascendenti misteri del Signore in compagnia di Maria, madre di tutti i cristiani. Esso adempie al ruolo di rifugio e difesa in una specie di paradiso perduto e ritrovato, dove gli attacchi psicologici che provengono dalle soverchianti notizie di violenza della cronaca giornalistica e della televisione si neutralizzano o si proiettano nella dimensione ultraterrena mediante il ricorso a Dio. Importante è la presentazione del rosario da parte del papa come espressione della «dinamica psicologica che è propria dell'amore» (RVM 26). In pratica non si può recitare il rosario se non si è mossi da filiale amore per Maria, madre dei discepoli di Cristo nell'ordine della grazia, e se non si è disposti a ripetere a Gesù con Pietro: «Signore, tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21,15-17). Questo amore mariano-cristocentrico, che esterna nella persona la carica della biofilia invece dell'aggressività, è insito essenzialmente nel rosario tanto che il papa può affermare: «Una cosa è chiara: se la ripetizione dell'Ave Maria si rivolge direttamente a Maria, con Lei e attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va l'atto di amore »(RVM 25). Infine con il suo ritmo contemplativo il rosario è una terapia dell'ansia, una delle più frequenti malattie dell'uomo e della donna del nostro tempo, spesso stressati dal susseguirsi delle attività, spaventati dalla spirale di violenza che aumenta sempre più e preoccupati dello stesso futuro dell'umanità. Il papa è convinto che la recita del rosario si rivela profondamente benefica a chi e sempre alle prese con il logorio e le inquietudini del mondo attuale: «In forza de1 suo carattere meditativo, con il tranquillo succedersi delle Ave Maria, il rosario esercita sull'orante un'azione pacificante che lo dispone a ricevere e sperimentare nella profondità del suo essere e a diffondere intorno a sé quella pace vera che è dono speciale del Risorto (cfr Gv 14, 27; 20, 21)» (RVM 40).

NOTE
26. Giovanni Paolo II aveva espresso questo concetto il 29 ottobre 1978 a due settimane dalla sua elezione alla sede di Pietro; poi lo riprende e ribadisce nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae al n. 25.
27. Cf.  D. S. DOCKERY, Uomo nuovo e uomo vecchio, in G. F. HAWMORNE  - R.P. MARTIN - D. G. REID (ed.), Dizionario di Paolo e delle sue lettere, Cinisello Balsamo 1999, 1592-1594; G. BARBAGLIO, Uomo, in P. ROSSANO - G. RAVASI - A. GIRLANDA (ed.), Nuovo dizionario di reologia biblica, Cinisello Balsamo 1988, 1604-1608.
28. R SCHNACKENBURG, Il vangelo di Giovanni, ILI, Brescia 1981, 408-412.
29. I. DE LA P0TTERIE, La verite dans saint Jean, Biblical Institute Press, Rome 1977,1, 263-278.
30. lvi, IL, 783.
31. lvi, II, 786-787. L'autore cita in nota A. RIZZI, Cristo verità dell'uomo, Roma 1972, che purtroppo non tratta direttamente del titolo del libro, ma è volto a superare la «posizione bultmanniana a riguardo del valore storico dei vangeli» (C. M. Martini).
32. A. LOBATO, Sentieri aperti verso il nuovo umanesimo, 448-449.
33. J. P. SARTRE, L'existentialisme est un humanisme, Paris 1949.
34. Cf. G. GATTI, Manuale di teologia morale, Elle Di Ci, Leumann 2001, 34-37.
35. S. ZURLO, Inchiesta sulla devozione popolare, Casale Monferrato 2003, 17.

 

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