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  Maria nell'Estetica teologica e nella Teodrammatica di H. U. von Balthasar 
AutoriDal libro di S. DE FIORES, Maria nella Teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1991, 353- 372

1. Von Balthasar e la sua teologia

1.1. L’opera teologica di von Balthasar


Hans von Balthasar, nato a Lucerna nel 1905, è stato definito l’uomo più colto del nostro tempo. Questa affermazione è testimoniata dall’intensa e vasta produzione letteraria del teologo che comprende opere filosofiche, teologiche, patristiche ed ecumeniche:
a) Opere filosofiche
“Wahreit”, Einsiedeln 1947, in cui presenta il bello come elemento più trascendentale; “Apokalypse der deutschen Seele”, Salzburg 1937 – 39 in 3 volumi, in cui presenta il pnsiero filosofico tedesco da Kant fino a Heidegger;
b) Opere teologiche
“Verbum caro”; “Sponsa Verbi”; “Spiritus creator”, rispettivamente pubblicate in italiano dalla Morcelliana nel 1968, 1969, 1972;
c) Opere patristiche
Von Balthasar tradusse gli scritti di Gregorio Nisseno, Origene, Massimo il Confessore, sul quale scrisse anche il libro “Kosmische Liturgie”, Frieburg 1941.
d) Opere ecumeniche
In alcune monografie su Teresa di Lisieux e di Elisabetta di Digione, von Baltasar scorse la possibilità di un contatto con il Protestantesimo.

1.2. La Teologia di von Balthasar

L’opera di von Balthasar fa largo spazio alla Madre del Signore e la Mariologia diventa in lui un campo fertile di applicazioni e verifiche di vie nuove, come l’estetica teologica e la teodrammatica. Tutta la teologia di von Balthasar si snoda in un trittico che comprende i seguenti momenti: 1. L’Estetica teologica o teo – fania come percezione della divina rivelazione nel mondo, quindi visione e incontro con Dio; 2. La Drammatica o teo – prassi in quanto realtà dell’agire di Dio nel mondo e sul mondo; 3. La Logica o teo – logia come descrizione della rivelazione e dell’agire di Dio sotto forma di concetti e di parole. Ci soffermeremo sulle prime due parti per cogliere come l’autore articola il discorso su Maria. In Teologia vol I e vol II, infatti, manca il riferimento mariano.

2. Maria nell'Estetica Teologica

Introduzione: l’Estetica Teologica


Prima di esprimere il pensiero di von Balthasar su Maria è necessario inquadrarne le intuizioni partendo dalla prospettiva originale della sua teologia, presentata nell’opera fondamentale dal titolo: “Herrlichkeit. Eine Theologische Aesthetik”, pubblicata ad Einsiedeln in più volumi tra il 1961 e il 1969. L’opera è pubblicata in lingua italiana e in 5 volumi da Jaca Book. Secondo von Balthasar, Estetica teologica vuol dire «contemplare Dio non in quanto comunica la verità o in quanto è bontà verso l’uomo, ma in quanto Egli si avvicina all’uomo per manifestare se stesso nell’eterno splendore (Herrligkeit) del suo amore trinitario». Il messaggio cristiano viene, dunque, interpretato secondo la categoria del bello e sono almeno quattro le motivazioni addotte da von Balthasar che spingono a far questo:
1. L’interpretazione estetica non modifica per nulla, né menoma la rivelazione;
2. Se mancano le prerogative del bello, dello splendore, nessuna autentica conoscenza è possibile, perché solo nella forma luminosa del bello l’essere diviene visibile e appetibile e questo vale anche per la rivelazione;
3. Nell’intuizione estetica si incontra l’altro in quanto altro, disinteressatamente, cosa questa che salvaguarda la trascendenza della rivelazione;
4. Il messaggio cristiano è essenzialmente messaggio d’amore, il quale è inseparabile dalla bellezza. L’oggetto amato appare sempre stupendo, meraviglioso, tanto più se si tratta del Logos divino che si manifesta come “Amore”, “Agape” e, in quanto tale, come gloria e splendore. I due aspetti mariani che emergono nell’Estetica teologica di von Balthasar, sono:
- L’Esperienza archetipa di Maria
- Maria splendore della Chiesa

2.1. L’esperienza archetipa di Maria e la Chiesa

Il nostro atto di fede ha all’origine un’esperienza iniziale di conoscenza immediata e sensibile nella quale i sensi sono entrati pienamente in azione. Dio si è manifestato agli uomini attraverso il toccare, l’udire, il vedere (1Gv 1, 1-3). Ma oltre questa esperienza tipica e archetipa degli Apostoli, fondamento della fede della Chiesa (Ef 2,20), c’è anche un’esperienza più misteriosa e profonda che è la continuità tra l’esperienza materna e spirituale di Maria e l’esperienza materna della Chiesa. Proprio all’incrocio di tutte le strade dell’Antico Testamento che vanno al Nuovo Testamento, c’è l’esperienza mariana di Dio, così ricca e nascosta che non si può quasi descrivere. Essa è però così importante, da apparire come lo sfondo di tutto quello che si offre visibilmente. In questa esperienza Sion passa nella Chiesa, la Parola nella carne, la testa nel corpo. Essa è il luogo della fecondità sovrabbondante. Questa esperienza mariana si distingue da quella degli Apostoli perché più profonda e transtorica ed è necessaria alla Chiesa, affinché essa dia una risposta totale e coinvolgente. Lontana dall’astrazione, l’esperienza compiuta da Maria, ha una funzione cristologica ed ecclesiologica, dato che è un’esperienza di fede fondamentale in un contesto di solidarietà e contiene in germe e in qualche modo fisicamente i cristiani con la loro fede. Maria è, quindi “seno e prototipo della Chiesa”, rappresenta la fecondità e la forma interiore della Chiesa: la risposta di fede di Maria è prototipica, perché include e genera la fede della Chiesa. Ne consegue che la Chiesa, quanto più è propriamente Chiesa tanto più è immacolata, cristiforme, mariana. La Chiesa, infatti, può considerarsi «l’unione di coloro i quali, riuniti e costituiti dal “si” pronunciato da Maria……, sono disposti ad accettare con prontezza la volontà salvifica di Dio nei confronti propri e nei confronti di tutti i fratelli». La spiritualità mariana è fattore di unità nella Chiesa, in quanto in essa devono convergere tutte le altre spiritualità particolari: è la spiritualità ecclesiale prima di ogni differenziazione. Il “si” di Maria è fondamento ed essenza della Chiesa neotestamentaria: «Chi si unisce in modo vivente a questo si è membro vivo del popolo di Dio, e quanto più ampiamente lo può dire, tanto più diviene ecclesiale». Questo “principio mariano” è il criterio di valore per stabilire la santità della Chiesa.

2.2. Maria splendore della Chiesa

L’Estetica teologica vuole percepire la figura concretamente, senza cedere alla riduzione dei procedimenti logici. In questa conversione all’immagine, l’idea risplende in modo visibile e plausibile e se ne intuisce il significato come in un’opera d’arte. Nella Vergine Maria si ha un’immagine o figura di intenso valore estetico. Opera d’arte di Dio, l’essenza di Maria è come un materiale malleabile a disposizione dell’agire divino: «Si deve vedere in Maria il prototipo di ciò che l’Ars Dei può fare d’una argilla umana che non vi si oppone».
a) La figura di Maria rivela la realtà della Chiesa, anche se esistono altri archetipi (ad es. Pietro per la funzione gerarchica) e per rendere riconoscibile la Chiesa stessa, bisogna ricorrere a Maria «che rivela la suprema bellezza, quella della Sposa – Chiesa del Nuovo Testamento». E ancora: «Il Signore non vuole che la Chiesa gli stia di fronte come un unico fallimento palese, ma come una sposa gloriosa e degna di sé. Qui interviene necessariamente nella Chiesa il principio mariano». E’ necessario, perciò, che i cristiani abbiano dinnanzi agli occhi l’immagine interiore di Maria, se vogliono essere Chiesa santa a cristiforme, capace di far risplendere nel mondo l’opera di Dio. «Nella misura in cui la Chiesa è mariana, essa è una figura pura, immediatamente decifrabile e comprensibile. Nella misura in cui l’uomo fosse mariano…….il cristianesimo sarebbe egualmente decifrabile e comprensibile in lui»
b) Maria rivela il mistero della cooperazione della creatura con Dio, facendone rilevare l’infinita distanza tra il Signore e la sua serva, distanza che si esprime in tutto ciò che il Signore comanda e la serva obbedisce. Tale obbedienza, che caratterizza non solo la vita di Maria ma quella del cristiano, è il contrario della passività e implica attenzione costante e impegno di tutte le forze. Partecipando alla kénosi di Cristo, la luce che risplende in Maria è inserita in una condizione di abbassamento e di oscurità: «Ella è sprovvista di opere miracolose visibili, di fenomeni mistici; gli uomini né la riconoscono, né la respongono…..Maria è immersa nel chiaroscuro della grazia e della fede. La sua glorificazione è postuma». Ma anche in questo chiaroscuro Maria è una “figura di rivelazione”, non un’allegoria, ma un simbolo reale della Chiesa corporale e spirituale conformata al Verbo e la forza educatrice proveniente dalla sua contemplazione non è trascurabile.

3. Maria nella Teodrammatica

Dopo aver dedicato 5 volumi all’Estetica teologica, von Balthasar tratta della Teodrammatica in 3 volumi. Anche in essa riserva un notevole spazio a Maria, poiché l’uomo non è spettatore, ma coattore nel dramma di Dio. Senza voler proporre una Mariologia completa, von Balthasar tocca molti punti della dottrina mariana in una visione ampia, dove convergono bibbia, patristica, storia della teologia, riflessione sistematica. Dal contesto emergono questi aspetti che esamineremo brevemente:
- Maria persona teologica del teodramma
- Prolegomeni alla Mariologia
- Mariologia: la drammatica persona di Maria

3.1. Maria persona teologica del teodramma

Assumendo la categoria del dramma teatrale come precomprensione e punto di partenza, l’agire di Dio è visto da von Balthasar «salvezza realizzata, riconciliazione del mondo in Cristo con Dio per un’iniziativa d’amore che si dona soltanto» Pertanto gli uomini, potranno diventare attori del teodramma solo se inseriti in Cristo ed in risposta ad una vocazione. Proprio queste due condizioni si realizzano in Maria che, per una sua vocazione al di là della sua attesa, è trasferita nello spazio drammatico di Cristo.
a) Maria è chiamata a partecipare al dramma divino per cui la sua elezione la rende persona teologica e pubblica a disposizione della comunità. Maria diventa l’archetipo di tutte le persone “teologiche”, della loro vocazione e della loro missione;
b) Con la sua elezione, Maria viene a trovarsi in uno spazio impregnato dalla reale Persona di Cristo, appartiene in modo unico e precedente tutti gli altri, alla “costellazione cristologica”, formata da quelle persone che sono le vere colonne della Chiesa (Pietro, Paolo, Giovanni, ecc). La missione di Maria, mentre rappresenta uno spazio aperto per altre ulteriori figure, contemporanee e future, è fortemente teodrammatica proprio perché la Vergine fa parte della “costellazione di Cristo”. Come tutti noi, Ella è impegnata a rendere il proprio io sempre più limpidamente isomorfo con la missione da Dio affidata e donata.
c) Maria è inserita come donna nell’incarnazione e si direbbe in modo necessario, mediante la maternità nei riguardi del Figlio di Dio. Questa priorità di Maria in ordine alla nascita di Cristo, si riflette in rapporto alla Chiesa e alla sua maternità verso i credenti che «ha sempre per presupposto che Maria ha concepito e partorito al mondo il Messia». Pertanto anche la Mariologia, pur essendo intrecciata con l’Ecclesiologia, «deve pretendere ad una priorità in quanto tratta della madre del Redentore senza di cui non ci sarebbe né una Chiesa strutturata, né in genere una grazia divina».

3.2. Prolegomeni alla Mariologia

Introducendo alla trattazione su Maria, von Balthasar constata e combatte la tendenza dei mariologi a ridurre in un principio fermo tutto quanto si può dire della Vergine, dimenticando che ella è donna, cioè un processo mobile e non riducibile a nessuna univocità.
a) Passando in rassegna la serie di primi principi proposti dai teologi, l’autore non li trova soddisfacenti: la “maternità nuziale” di Scheeben è ambivalente; la “maternità divina” di molti oscura il ruolo della donna; “Maria archetipo della Chiesa” di Mueller, Semmelroth ecc., avvia la Mariologia a dissolversi un un’Ecclesiologia globale. Secondo von Balthasar come prima cosa, si dovrebbe badare anzitutto alla storicità di Maria come donna (Mariologia narrativa), sottolineando la sua libertà che ha una sua irrepetibile forma rispetto a ogni altra persona umana.
b) Individuato il punto basilare della Mariologia, von Balthasar non si nasconde la difficoltà esistente per chi voglia articolare l’intima vicinanza tra madre e Figlio e l’infinita distanza tra creatore e creatura, realtà che hanno storicamente causato l’oscillazione tra la lode e l’oblio di Maria. Von Balthasar, tracciando il percorso della Mariologia in base a questo postulato, distingue tre epoche nelle quali si passa da un’immagine ecclesiotipica di Maria (patristica) ad un emergere di lei sulla Chiesa come madre dei credenti e sposa del Signore (medioevo) ad una “cristotipia isolata” che fa di maria l’immagine archetipa e teletipa (iniziale e finale) della Chiesa (Concilio Vaticano II). L’impostazione conciliare resta una pietra miliare che non sarà d’ora in poi facile da scardinare, ma è necessaria una nuova profonda impostazione che faccia entrare in scena Maria con un suo ruolo drammatico nel teodramma. Von Balthasar offre il suo contributo in tal senso, inquadrando l’esistenza di Maria nell’ampio arco del tempo salvifico.

3.3. Mariologia: la drammatica persona di Maria

La collocazione abituale di Maria in un determinato tempo non è soddisfacente, perché la sua vicenda è più ampia e problematica tanto che essa può situarsi solo in Cristo o in una Chiesa davvero fedele. Di conseguenza l’autore articola la presenza di Maria in una triplice tensione che va dal paradiso terrestre al tempo della salvezza e infine all’escatologia.
a) Tra paradiso terrestre e caduta
Questa prima collocazione pone Maria nella tensione tra la sua appartenenza all’umanità e la sua santità: «Maria deve come vera madre del salvatore appartenere veramente al genere umano bisognoso di salvezza, e deve tuttavia, per poter essere questa madre, essere del tutto santa ed immacolata»;
b) Tra antico e nuovo patto
La seconda tensione dell’esistenza di Maria deriva dal fatto che ella partecipa a due tempi della salvezza: «Come madre carnale ella si trova nella diretta continuità con le generazioni che arrivano da Adamo, attraverso Abramo, mentre come madre verginale, diventata gravida in forza del “si” allo Spirito che l’ha adombrata, ella stabilisce una rottura e un nuovo inizio». Questa tensione tra i due testamenti diventa drammatica mediante il matrimonio con Giuseppe e si esplica drammaticamente con i 5 episodi del “rifiuto” di Gesù: «Il dodicenne rompe con la stirpe in maniera così dura che i genitori non capiscono; le parole di ripulsa alla madre a Cana non consentono interpretazioni edulcorate; il rifiuto di riceverla quando ella lo va a trovare e il riferimento agli uditori come a fratelli, sorelle e madre di Gesù, devono aver colpito il suo cuore come una spada; la beatitudine rivolta al seno materno viene di nuovo rigirata sui credenti; l’atto di sottrarsi a lei nelle parole “Donna ecco tuo figlio” sigilla la lunga serie del distanziamento». L’autore spiega come in questi episodi Maria serve a Gesù come “oggetto dimostrativo” della necessaria trascendenza della carne e del sangue per ereditare il regno di Dio. Questi distanziamenti, infatti, non sono assoluti, ma costituiscono spesso dei differimenti e celano un recupero: malgrado il suo rifiuto, il dodicenne ritorna con i genitori e vive loro sottomesso; a Cana, ella viene esaudita; il rimando del Calvario sottolinea il dilatamento della maternità fisica a quella spirituale e universale, ecc. Nell’umiliazione visibile si cela, insomma, la segreta glorificazione di Maria.
c) Tra tempo ed eternità
Le due precedenti tensioni sfociano nella terza, che caratterizza Maria in maniera definitiva: «La tensione più forte è l’ultima, l’escatologica tra tempo ed eternità. Ad essa bisognava arrivare se Maria è la vera madre dei viventi, la quale da un paradiso terrestre riconquistato (nella concezione immacolata) partorisce il virgulto del Messia e i suoi fratelli, ma questo nei dolori del parto sulla croce….. Ciò che Maria partorisce nella purezza verginale del paradiso, ma nei dolori della temporalità e del deserto, è frutto per la vita eterna». Detto tutto questo von Balthasar sottolinea il profondo legame di Maria con Cristo e con la Chiesa, della quale ella è “il centro personale” per cui la Chiesa è comprensibile solo a “partire da Maria” «Maria come madre di Cristo è il modello “carnale” della Chiesa che spiritualmente partorisce Cristo…….ed è inoltre il modello “individuale, reale e universale” per tutti i credenti» per cui si può affermare che Maria sussiste come sintesi colma della fede di Abramo, come perfetta Figlia di Sion, nel transito dal Vecchio al Nuovo Testamento e alla Chiesa, come quintessenza personale della Chiesa neotestamentaria.


Inserito Lunedi 31 Agosto 2009, alle ore 9:32:24 da latheotokos
 
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IDEATO E REALIZZATO DA ANTONINO GRASSO
DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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