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  Videro il Bambino e sua Madre (Lc 2,1-7) 
Bibbia

Una meditazione biblica di p. Attilio Franco Fabris dell'Abbazia Sant'Andrea di Borzone.



Accostiamoci in punta di piedi al mistero dell’amore di Dio, rivelatosi nell’Incarnazione del Verbo nel seno della Vergine Madre. Noi professiamo la fede in questo mistero nel Credo: Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Maria, con il suo appellativo più proprio di “vergine”, appare qui, nel cuore della fede cristiana, inscindibilmente unita al mistero di suo Figlio. Ella appartiene così, in modo tutto proprio, alla storia della salvezza.

Le coordinate lucane

Il testo evangelico nel quale più chiaramente appare l’unione inscindibile di Maria con Cristo è il cosiddetto “vangelo dell’infanzia” narrato da Luca nei primi capitoli del suo vangelo. L’Incarnazione del Verbo per essere veramente tale deve poter iscriversi in quelle coordinate proprie dell’esistenza di ogni uomo: quelle dello spazio e del tempo. Ed  è appunto la premura di Luca nel raccontare l’incarnazione.
- La coordinata dello spazio
è data da Betlemme, la “Casa del Pane”, un villaggio famoso per la storia biblica per aver dato i natali al grande re Davide, e che, secondo l’oracolo profetico di Michea doveva dare i natali anche al nuovo Davide, il Re-messia: "E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele" (5,1). É per questo che Luca chiama Betlemme con l’appellativo riservato generalmente alla città santa di Gerusalemme, "Città di Davide". Betlemme, il piccolo villaggio a sud di 7 chilometri da Gerusalemme, è destinata a divenire in qualche modo il centro del mondo, dello spazio, luogo di congiunzione tra il mondo di Dio e quello dell’uomo. L’insignificante mangiatoia, in cui Maria avvolge in fasce il Figlio, è il centro dell’universo, luogo in cui riposa nascosta la gloria vivente di Dio, trono del nuovo Davide. Sono ancora le scelte estrose di Dio.
- La seconda coordinata è data dal Tempo
. Un tempo ben preciso, scandito da nomi e fatti storici. Luca ci parla di un primo censimento, ci informa su un certo governatore Quirino e dell’imperatore Cesare Augusto. Nomi e fatti che la storia profana conosce. La storia del Dio incarnato si innesta silenziosamente nella storia dell’umanità, per trasformarla ed innalzarla, per inserirla nella salvezza che Dio vuole donare all’uomo. Così lo spazio e il tempo,  circoscrivono il “fatto dell’evento” impedendogli di sfuggire nel mitico, nell’ideologia.

Diede alla luce il suo Figlio...

La nascita di Gesù avviene di notte. Come scrive Sertillanges: “Questa notte che sboccia senza fretta è il giorno dell’Altissimo... il primo giorno del mondo redento”.  Secondo la tradizione giudaica tutti i grandi eventi accadono di notte: la notte della creazione, della chiamata di Abramo; dell’esodo, della nascita del Messia. Questa notte è dunque giunta e avvolge di luce il mondo. Inserirei a questo punto un’ulteriore coordinata che fa sì che l’incarnazione sia veramente tale. Dio per farsi uomo ha bisogno di un grembo concreto, di una madre, ha bisogno della protezione e dell’educazione di un padre, di una famiglia che lo accolga, lo aiuti a crescere. Il Figlio di Dio si è fatto realmente “simile agli uomini” (Fil 2), è Figlio dell’Uomo. Questa piccola famiglia inizia così la sua storia, così simile alla storie delle nostre famiglie. In quella notte Maria e Giuseppe non trovano alcun riparo, il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Egli viene non accolto iniziando l’apprendistato del rifiuto che culminerà nella sua morte in croce fuori delle mura della città. A quella piccola famiglia non rimane che accontentarsi di una delle tante grotte sparse nei dintorni, destinate al ricovero degli animali. La nascita di Gesù è descritta da Luca con la più grande semplicità. Maria si trova sola, al contrario di Elisabetta circondata dai parenti. Accanto a questa semplicità, Maria vive l’esperienza della solitudine e della più grande povertà. In questa pericope Luca sottolinea ogni dettaglio. Come non pensare, ad esempio, a quelle fasce con cui Maria avvolge il neonato? Non sono forse una discreta prefigurazione di quelle fasce intrise di sangue che avvolgeranno un venerdì il corpo martoriato di quello stesso neonato divenuto adulto? L’iconografia orientale ha saputo esprimere tale concetto in forma pittorica: la grotta diviene la tomba immersa nelle tenebre, il bimbo è avvolto da fasce mortuarie. Il mistero dell’incarnazione fa riferimento inscindibile con il mistero pasquale di morte e risurrezione. Il mistero che si compie in quella notte è avvolto in un clima di grande silenzio: è il clima del mistero, dell’adorazione e della contemplazione. Il silenzio sarà rotto solo dall’inno angelico, annuncio al mondo della pace messianica donata in Cristo a tutti gli uomini “amati da Dio”.

Il silenzio di Maria

Luca ama descrivere i sentimenti, l’intimo dei suoi personaggi. In questo brano con un breve ma significativo passaggio, ci dona di scoprire l’intimo della Madre del Figlio dell’Altissimo. Maria in tutto il brano evangelico non parla. Il suo silenzio è fatto di ascolto, di accoglienza, di docilità: Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (v. 19; 2,51). Richiamando la parabola del seminatore, Maria rappresenta chi ha ascoltato la Parola e la conserva in un cuore onesto e buono (Lc 8,15). Più che “conservava” sarebbe meglio tradurre letteralmente dal greco con metteva insieme, cioè collegava i fatti, le parole, le vicende, scorgendovi un disegno un significato più profondo ovvero l’azione divina. Maria diviene così immagine del sapiente, di colui che, andando al di là del velo delle cose e dell’apparenza, cerca di penetrare in un silenzio meditativo, nei segreti di Dio. Tale penetrazione equivale a scoprire la salvezza che Egli va offrendo giorno per giorno.

Una collisione per un abbraccio

Terminiamo con una citazione del filosofo S. Kierkegaard: "I due mondi da sempre separati, il divino e l’umano, sono entrati in collisione in Cristo. Una collisione non per una esplosione, ma per un abbraccio". É questo l’abbraccio espresso in modo così intenso e vibrante nell’icona della tenerezza. Il volto del Bambino e della Madre, le quattro mani, sono fusi insieme in un silenzioso abbraccio, in un dialogo fatto non di parole ma di un amore che si dona sino in fondo, un amore aperto a chi accoglie l’invito ad entrare in quel medesimo abbraccio (Maria ci guarda). L’abbraccio è la sintesi perfetta del mistero dell’Incarnazione: Dio facendosi uomo, non si impone, non violenta la libertà, non costringe ad entrare in comunione con lui; egli si fa piccolo per invitare, domandare, implorare da noi il lasciarci da lui abbracciare e amare. Solo così nella libertà del suo sì, l’uomo può ritrovare, secondo l’espressione di Evagrio l’”immagine che Dio aveva nel crearlo”.

 

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Inserito Sabato 28 Ottobre 2017, alle ore 10:57:16 da latheotokos
 
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