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  Maria, ultima speranza del cammino umano 
Spiritualità

Una meditazione di P. Ermanno Maria Toniolo in Sabati Mariani del 12 aprile 2014.



I. Premesse

1. Il cammino umano
Tutto il cammino umano, degli individui e dei popoli, del presente e del futuro, è necessariamente e indissolubilmente intrecciato con Maria, stella della speranza, a partire dalla promessa dell’Eden, anzi dall’eterna predestinazione di Dio, e fino all’ultimo compimento nella celeste Gerusalemme. Unico infatti è il disegno eterno del Padre, attuato per mezzo del Figlio nello Spirito Santo: progetto di sapienza, di grazia e di misericordia, che precede la stessa creazione dell’universo, visibile e invisibile e la orienta a Cristo, Verbo fatto carne dalla Vergine, al fine di redimere l’uomo decaduto e restaurare e ricapitolare in lui tutte le cose, del cielo e della terra. Perché «la creazione stessa - scrive S. Paolo - attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio... e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,18-21). Unico è soprattutto il destino che Dio ha progettato per l’uomo, uomo e donna, individui e popoli, Chiesa e umanità: creati ad immagine e somiglianza di Dio, tutti indistintamente destinati ad un unico fine: la vita beata, la felicità eterna, in Cristo. Unico è anche il corso della vita terrena, fissato per ciascuno (cf. Eb 9,27; LG 48). Ma se unico è il progetto di Dio e unico il destino di tutti, esso si snoda su un triplice percorso: il cammino presente sulla terra, il futuro intermedio oltre la morte, l’ultimo futuro eterno dopo la risurrezione dei morti e il giudizio finale. ora, la Vergine Maria è al centro e splende come certa speranza su tutt’e tre i percorsi del cammino umano. Ricordiamo la sua eterna predestinazione insieme con l’incarnazione del Verbo quale Madre del redentore (cf. LG 61), la promessa di Dio sulla storia degli uomini decaduti in Adamo ed Eva: «io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3, 15). Ricordiamo la promessa fatta con giuramento da Dio ad Abramo: «nel tuo seme si diranno benedette tutte le famiglie della terra» – e “seme” di Abramo è Cristo, ci dice S. Paolo (cf. Gal 3,16). Ricordiamo la promessa fatta a Davide di un figlio che regnerà per sempre sul suo trono (2 Sam 7,1-17); la profezia di Isaia data ad Acaz della Vergine partoriente l’Emmanuele (Is 7,14). Ricordiamo anche l’alleanza sancita col popolo per mezzo di Mosè al Sinai e sempre rinnovata, in attesa di un più vero e duraturo compimento. Perché in Maria, finalmente, attesta il Concilio Vaticano II, «eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova “economia”, quando il Figlio di Dio assunse da lei la natura umana per liberare l’uomo dal peccato coi misteri della sua carne» (LG 55).

2. Chi è Maria?
Chi è allora Maria, per essere la speranza nostra, di tutti, per il tempo presente e per l’eternità beata? In una parola che tutto compendia diciamo: Maria è la Madre.
        2.1. Maria è la Theotokos
        Maria è innanzitutto la santissima Madre di Dio, la Theotokos, che ha trovato grazia presso Dio ed è diventata la madre del Verbo secondo la carne: su questo caposaldo si fonda ogni nostra speranza in lei, infinitamente più che in ogni altra creatura del cielo e della terra, perché se tutto ha ricevuto da Dio in misura incomparabile, tutto ha dato a Dio in ubbidienza d’amore in modo eroico che non ha paragoni. Tutto quindi può presso il Figlio, e presso il Padre insieme col Figlio, nello Spirito Santo. Per cui Dante poteva cantare:
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar senz’ali.

- È quindi la predestinata, prescelta, eletta e colmata di ogni grazia da Dio (LG 53 e 61).
- È l’eccelsa rappresentante di Israele, della Chiesa, dell’umanità e del cosmo tutto: la sua vita verginale e il suo libero sì al progetto del Padre su noi e sul mondo realizza le attese divine, compie a nome di tutti l’apertura della creazione a Dio Creatore, dona al mondo, a tutti – angeli uomini realtà cosmiche – il Dio-con-noi. fatto uomo con gli uomini, creatura fra le sue creature.
- È la cooperatrice – prima fra tutti e a livello irraggiungibile – della salvezza umana, avendo portato col Figlio redentore il peso del peccato del mondo e l’ubbidienza alla volontà salvifica del Padre, fino al martirio del Golgota e oltre, con la grazia dello Spirito Santo.
- È dunque Colei che sa, per esperienza continuamente vissuta e dono totale di sé a Dio per noi, che cosa significhi essere uomo e donna nella condizione attuale di dolore e di morte, che conosce l’estensione e il prezzo della misericordia divina, e perciò è madre della misericordia.
        2.2. Maria è la Madre nostra
        Maria è la madre nostra amantissima (LG 53), di noi uomini, tutti – uomini e donne, grandi e piccoli, vecchi e bambini, cristiani e non cristiani –: madre specialmente dei fedeli, precisa il Concilio (LG 54). La sua è una maternità acquisita, e una maternità costituita.
– Dico maternità “acquisita”, perchè nel momento dell’annunciazione, al suo sì d’amore, il Verbo si fece carne, si fece suo figlio, per sempre; ma proprio in quel momento, assumendo l’integra natura umana e unendola inseparabilmente a quella divina nell’unica sua eterna Persona, assunse anche – ci ricorda S. Ireneo – con la natura tutti gli individui umani, ricapitolandoli in sé come Capo e nuovo Adamo, e assunse anche nel suo i processi evolutivi di tutti gli uomini, dal concepimento alla morte. Maria divenne, dunque, perché madre del Capo, anche madre delle sue membra, del Cristo totale, il quale però – afferma il Concilio – col suo mistero pasquale di salvezza raggiunge tutti. Cito: «Cristo, infatti, è morto per tutti, e la vocazione ultima dell’essere umano è effettivamente una sola, quella divina: perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale» (Gaudium et spes 22). Maria dunque è veramente la “madre di tutti gli uomini” (LG 54).
– Aggiungo che la sua è una maternità “costituita”, perché Gesù, prima di morire sulla Croce versando in riscatto per tutti tutto il suo sangue, “avendo contemplato la madre, e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, dice alla madre: Donna, ecco il tuo figlio; poi dice al discepolo: Ecco la tua madre! E da quell’ora il discepolo la prese con sé”. Nel discepolo sono racchiusi tutti i discepoli, passati presenti e futuri; nell’uomo che sta accanto alla madre tutti gli uomini, passati presenti e futuri. Maria dunque è costituita madre di tutti i redenti, cioè di tutti gli uomini – uomini e donne – creati dal Padre per la vita eterna e redenti dal Figlio e lui incorporati mediante lo Spirito Santo.
È “la Madre” a pieno titolo, ora, domani, sempre. Tale si è dimostrata ieri, nella esistenza terrena: ricordiamo l’annunciazione, Betlemme con la gioia di offrire il Figlio neonato ai pastori e ai magi, le nozze di Cana, madre misericordiosa che intercede per i due giovani sposi, il Calvario, il Cenacolo, dov’è incoronata dallo Spirito Santo madre della Chiesa nascente e della Chiesa di tutti i tempi. E tale si dimostra oggi, rivestita della gloria celeste, nella pienezza non solo della grazia che l’ha colmata oltre misura, ma nella sua corporeità di donna trasfigurata dallo Spirito Santo, eterno amore, con una capacità d’amore materno quasi infinito. Maria dunque, come madre di Dio e madre nostra, è la nostra indubitata speranza; così afferma il Concilio (LG 62), «la sua maternità nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell’annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti anche dopo la sua assunzione in cielo non ha deposto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata».


II. Le tre tappe del cammino della storia umana


La sua materna presenza dunque e il suo amore materno si stendono su tutto il cammino della storia umana, il quale – come ho già detto e come ci ricorda il Concilio –, ha per così dire tre tappe: «Fino a che il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26- 27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando “chiaramente Dio uno e trino, qual è”... l’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali» (LG 49). Sono dunque tre le tappe, che vogliamo percorrere insieme brevemente:
1. il cammino del tempo presente, sul quale Maria splende come stella di speranza (cf LG 65);
2. il cammino nella condizione intermedia, cioè nel tempo che intercorre tra la morte e l’ultimo giudizio: e qui Maria continua a splendere come speranza nella comunione dei Santi;
3. il termine del cammino umano, e la chiusura della storia, dopo la risurrezione dei morti e il giudizio finale di Cristo, col quale si apre immutabile l’eternità o beata o dannata. E qui Maria si pone quale avvocata, insieme ai Santi, come nostra ultima speranza.

1. Maria stella della speranza per il tempo presente
Ricordo in primo luogo alcuni principi, fortemente ribaditi da papa Benedetto XVI nella sua enciclica Spe salvi.
        1.1. La grande speranza cristiana
        La speranza cristiana, pur avvolgendo anche il tempo presente e informandolo, è essenzialmente diversa dalle labili speranze costruite dall’uomo con la sua sola ragione, la sua scienza e il progresso tecnico. Tali speranze umane sono a corto raggio, si estendono tutt’al più al solo vivere degli uomini sulla terra, in cerca ansiosa di una felicità mai raggiunta, e sempre precaria. Scrive papa Benedetto: «in questo senso è vero che chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cfr Ef 2,12). la vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora “sino alla fine”, “fino al pieno compimento” (cfr Gv 13,1 e 19,30)».
        1.2. La solidarietà umana
        Un secondo principio ribadito da papa Benedetto: la salvezza, e quindi la speranza che ad essa si protende, non è solo salvezza individuale, quasi che ciascuno viva per sé e sia felice quando egli solo si è salvato: la salvezza necessariamente si apre a tutti, si intreccia con la vita di tutti. Scrive: «le nostre esistenze sono in profonda comunione tra loro; mediante molteplici interazioni sono concatenate una con l’altra. nessuno vive da solo. nessuno pecca da solo. nessuno viene salvato da solo. Continuamente entra nella mia vita quella degli altri: in ciò che penso, dico, faccio, opero. E viceversa, la mia vita entra in quella degli altri: nel male come nel bene... la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me» (Spe salvi, n. 48).
        1.3. Maria stella della speranza
        Maria allora, che di tutti è la madre, alla quale tutti appartengono per essere continuamente raggiunti dal suo amore materno, Maria glorificata nei cieli come regina, diventa un segno certo della grande speranza cristiana sul cammino presente degli uomini, prima dei cristiani che sono membra vive di Cristo col Battesimo, poi di tutti, senza eccezione, anche se la maggior parte degli uomini lo ignora. Ora, considerando da vicino la vita dei fedeli, constatiamo con gioia che la più parte di essi guarda a Maria e a lei ricorre con speranza nelle più svariate circostanze:
– speranza nelle malattie e infermità del corpo, cosa penosa che tutti mal sopportiamo, e perciò a lei ci rivolgiamo per ottenere guarigione o lenimento dei dolori fisici. Pensiamo alle tante processioni ai santuari Mariani dei malati, che la invocano: “salus infirmorum, ora pro nobis”;
– speranza nelle pene profonde del cuore e dell’anima, che se non possono essere confidate ad altri, a lei che è la madre e che tutto vede e capisce, si confidano attendendo con speranza la sua consolazione: “consolatrix afflictorum, ora pro nobis”;
– speranza nelle nascoste sofferenze spirituali, quando si è invischiati nelle colpe, nelle miserie morali, personali e sociali, e a lei fiduciosi si ricorre: “refugium peccatorum, ora pro nobis”:
– speranza anche nel quotidiano combattimento della nostra vita cristiana, per non cedere al male, per crescere nella virtù: a lei si guarda, a lei si ricorre supplici per avere la forza e l’aiuto divino. a questo proposito il Concilio dichiara: «mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine quella perfezione, che la rende senza macchia e senza ruga (cfr. Ef 5,27), i fedeli del Cristo si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifuLGe come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (LG 65).
Maria dunque è la stella radiosa che mostra coi suoi raggi la strada e infonde con la sua luce la gioiosa certezza di vincere ogni forma di male e di vestirci col suo aiuto di un manto di cristiane virtù. Tutti sappiamo, tutti crediamo, tutti sperimentiamo che lei è madre, è “la madre”, ben più madre delle nostre madri terrene, alle quali non potremmo dire tutte le nostre difficoltà; a lei sì: perché lei ci conosce, ci ama, ci capisce, ci compatisce, ci perdona, e vive per noi intercedendo per tutto l’arco della nostra esistenza sulla terra fino al momento supremo della morte: “ora pro nobis peccatoribus, nunc, et in hora mortis nostrae”... Soprattutto a lei ci rivolgiamo – “stella maris”, stella sul nostro mare procelloso – per crescere nella fede, ardere di carità, purificarci dai peccati e diventare santi, santi come lei – fosse possibile – santi ciascuno nel suo ordine con la grazia di Dio e la sua potente intercessione. Pensiamo a Dante Alighieri, nella cantica Il Paradiso: egli è ormai giunto al vertice del suo cammino spirituale, e Bernardo, il cantore di Maria, a nome di tutta la mistica rosa dei Santi, si rivolge supplice a Maria, perché gli ottenga di vedere la luce di Dio:
Vergine madre, figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura...
ancor ti priego, regina, che puoi ciò che tu vuoli,
che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi.

2. Maria presenza e speranza nella condizione intermedia    
        2.1. La comunione dei Santi
       
Sappiamo che la comunione dei Santi – come insegna la Tradizione della Chiesa e il Vaticano II – non si interrompe con la morte: con la morte si apre quella “condizione intermedia” (così la chiama papa Benedetto), nella quale le anime si trovano giudicate da Gesù nel giudizio particolare, e destinate ciascuna al posto meritato. non tutte le chiese però hanno la stessa concezione di questa “condizione intermedia”. «l’oriente – ad esempio – non conosce una sofferenza purificatrice ed espiatrice delle anime nell’aldilà, ma conosce, sì, diversi gradi di beatitudine o anche di sofferenza nella condizione intermedia». la Chiesa cattolica ha formulato la dottrina relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze e di Trento. Scrive il Catechismo: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati... vengono sottoposti dopo la morte ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo» (CCC 1030). Però il papa Benedetto XVI giustamente ricorda che: «alle anime dei defunti può essere dato ristoro e refrigerio mediante l’Eucaristia, la preghiera e l’elemosina. Che l’amore possa giungere fin nell’aldilà, che sia possibile un vicendevole dare e ricevere, nel quale rimaniamo legati gli uni agli altri con vincoli di affetto oltre il confine della morte – questa è stata una convinzione fondamentale della cristianità attraverso tutti i secoli e resta anche oggi una confortante esperienza» (Spe salvi, 48).
        2.2. L’intercessione singolare di Maria
        Ora, se tanto possono le preghiere dei fedeli sulla terra per le anime del purgatorio, quanto non potrà l’intercessione ardente della madre di Dio per accelerare la loro purificazione, per introdurre i suoi figli nel cielo, nell’eterna visione beatifica di Dio? nella Comunione dei santi, sia della terra e che del cielo, ella è la prima interceditrice: e non può essere inascoltata, perché è la madre di colui che dona il perdono; perché nella sua esistenza sulla terra non ha mai negato a Dio nulla della sua ubbidienza e della sua offerta d’amore; e perché – diversamente dai Santi – è presente ora in cielo con tutta la sua vita ormai trasfigurata, con tutta la sua umanità, con tutta la capacità del suo “amore materno”, che le è proprio, e che attinge la sua forza ed estensione dallo Spirito Santo che la possiede e in lei abita come nel suo vivente santuario (LG 53). a lei dunque si protendono con illimitata fiducia le anime purganti.

3. Maria nostra speranza davanti al Giudice divino
        3.1. Il Giudizio finale
        Il tema del Giudizio finale al ritorno glorioso di Cristo è argomento difficile da trattare. «Solo il Padre infatti conosce il giorno e l’ora, quando, per mezzo del suo Figlio Gesù, pronunzierà la sua parola definitiva su tutta la storia» (CCC 1040). «Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità di ogni uomo con Dio... il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena» (CCC 1039). Si apre il problema dell’inferno e dell’eterno castigo, dal quale la liturgia della Chiesa nel canone romano chiede umilmente a Dio: “disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna”. E nello Stabat Mater, ci rivolgiamo a Maria così: “Flammis ne urar succensus, per te, virgo, sim defensus in die iudicii” – “Che io non sia bruciato dalle fiamme, che io sia, o Vergine, da te difeso nel giorno del giudizio”. il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: «Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale) in cui si persiste sino alla fine». ma subito aggiunge: «nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole “che nessuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi“ (2 Pt 3,9)» (CCC 1037). Ora, nell’iconografia orientale e occidentale dell’ultimo giudizio, la madre di Dio è sempre posta alla destra di Gesù, Giudice e Signore della storia, come madre pietosa, le mani alzate in preghiera verso il Figlio; alla sua sinistra la imita Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna; e le fanno corona angeli e santi. Chi sono allora coloro per i quali, lei ultima avvocata, nella comunione dei Santi, intercede la grande misericordia? Non possiamo dirlo con certezza; lo esprimiamo solo con umile speranza.
        3.2. Speranza per i bambini morti senza battesimo
        Oggetto dell’ultima speranza sono, in primo luogo, tutti i bambini morti senza il battesimo: miliardi e miliardi di creaturine, a volte non ancora nate, a volte appena venute alla luce. Per essi ci era stato detto che esiste un limbo eterno, quasi regione intermedia tra il paradiso e l’inferno. ma proprio qualche anno fa, nel 2007, con l’approvazione del papa Benedetto XVI, la Commissione teologica internazionale della Congregazione della fede, ha pubblicato un significativo documento, dal titolo: «la speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo»: bambini dunque non solo di genitori cristiani, ma di qualunque popolo, tempo e nazione. Dice il documento: «... due sono gli esiti possibili di un’esistenza umana: o la visione di Dio o l’inferno (cfr Gaudium et spes 22). nonostante che alcuni teologi medioevali abbiano sostenuto la possibilità di un destino intermedio e naturale, guadagnatoci dalla grazia di Cristo, ossia il limbo, noi riteniamo problematica una tale teoria e desideriamo indicare come siano possibili altre soluzioni, fondate sulla speranza di una grazia redentrice data ai bambini che muoiono senza il Battesimo e che apre loro la strada al cielo. riteniamo che, con lo sviluppo della dottrina, la soluzione del limbo possa considerarsi superata alla luce di una maggiore speranza teologica». E la Commissione teologica internazionale così conclude: «i molti fattori che abbiamo sopra considerato offrono seri motivi teologici e liturgici per sperare che i bambini che muoiono senza Battesimo saranno salvati e potranno godere della visione beatifica... poiché non si è potuto fare ciò che si sarebbe desiderato di fare per loro, cioè battezzarli nella fede e nella vita della Chiesa». Dunque, la fede e la speranza della Chiesa si estende come voto a tutti i bambini: ma nella Chiesa Maria è la madre: il suo amore per ogni creatura da Dio creata e salvata dal Figlio col suo mistero salvifico al quale solo lei ha interamente comunicato, indubbiamente precede e avvalora il desiderio di tutta la Chiesa, della terra e del cielo, e sostiene la speranza dell’eterno gaudio, anche per i bambini morti senza il battesimo di acqua, che sono suoi figli nel Figlio. È questa è una pagina consolante per tanti genitori, specialmente le mamme, che sognano di riavere in cielo i bambini che hanno prematuramente perduto sulla terra.
        3.3. Maria ultima speranza anche per i peccatori?
        Il tema più problematico è quello dell’ultimo giudizio per i peccatori. Papa Benedetto XVI ne ha trattato diffusamente nell’enciclica Spe salvi. Cito: «l’immagine del Giudizio finale è in primo luogo non un’immagine terrificante, ma un’immagine di speranza; per noi forse addirittura l’immagine decisiva della speranza... è un’immagine che chiama in causa la responsabilità... Dio è giustizia e crea giustizia. È questa la nostra consolazione e la nostra speranza. ma nella sua giustizia è insieme anche grazia... il Giudizio di Dio è speranza sia perché è giustizia, sia perché è grazia... l’incarnazione di Dio in Cristo ha collegato talmente l’uno con l’altra – giudizio e grazia – che la giustizia viene stabilita con fermezza; ciononostante la grazia consente a noi tutti di sperare e di andare pieni di fiducia incontro al Giudice che conosciamo come nostro “avvocato” (cfr 1 Gv 2,1)» (Spe salvi, 44.47). In quel momento supremo, che chiude ogni cammino umano e tutta la storia, tutta la Chiesa dei Santi starà accanto al Giudice, per intercedere: Gli apostoli, banditori del Vangelo e portatori della grazia, ai quali Gesù ha promesso che sederanno al suo fianco per giudicare le dodici tribù di Israele; e parleranno di misericordia il sangue dei martiri, le aspre penitenze degli anacoreti, la fedeltà incondizionata delle vergini, la santità nascosta ed eroica di innumerevoli cristiani, e si alzeranno come voce implorante tutte le preghiere e i gemiti accumulati da tutta la famiglia umana. Tutta la Chiesa dei Santi in piedi accanto al suo Sposo e Signore, al quale ha creduto, per il quale ha vissuto i tempi della terra. ma allora, nella Comunione dei Santi, si alzerà come nostra avvocata presso il Giudice la madre del cielo. Bisognerebbe percorrere la teologia dell’oriente cristiano e le preci liturgiche che esse insistentemente rivolgono al Signore per i morti, tutti, dal primo Adamo all’ultimo che vivrà sulla terra. Per questo mi piace concludere con un testo del grande teologo russo contemporaneo, Sergio Bulgakov, che ci presenta la madre e regina del cielo come suprema avvocata: «Cuore pietoso, misericordia materna, che non giudica, ma che compatisce e perdona ogni cosa, la madre di Dio comparirà nel giudizio finale, dove, secondo la testimonianza iconografica della Chiesa, pregherà il re per il genere umano, intercedendo per i peccatori dinanzi a colui che è venuto a salvarli». (Sergej Nikolaeviã BuLGakov, Il Roveto ardente, Edizioni San Paolo 1998, p. 176). Giustizia dunque e misericordia si abbracceranno. E Sergio BuLGakov aggiunge: «Questa giustizia è antinomicamente legata alla misericordia: il giudizio di Dio va di pari passo col perdono dell’infermità... Questa condiscendenza verso l’infermità che determina la natura stessa della creatura tratta dal nulla all’essere, questa pietà del perdono quasi al di là dell’equità, la madre di Dio le manifesta nel giudizio finale, supplicando suo Figlio di graziare i peccatori...» (Ivi, p. 177). Gli fa eco il grande poeta francese, Charles Péguy, che in pochi versi tratteggia questa suprema somma speranza: «Conosceremo un altro tribunale e cercheremo cogli occhi altro avvocato... Advocata nostra, ciò che cercheremo è il ricoprirci d’un illustre mantello. Et spes nostra, salve, ciò che troveremo è la porta e l’accesso a un illustre castello». (Da: Giorgio M. Francini, Péguy alla Vergine, Centro di Cultura Mariana, Roma 1978, p. 61). rinsaldiamo allora la nostra speranza. Che Maria con tutta la Chiesa, lei che ne è la madre, lei nuova Eva, sia per tutti i nati di adamo l’àncora della speranza che non delude, e che Dio ha riposto per noi nei cieli, fino a che egli, il nostro Dio, non sia tutto in tutti. non ci resta allora che cantare fiduciosi, con un celebre inno di un ignoto autore carmelitano:
Salve mater misericordiae,
mater spei et mater gratiae,
mater plena sanctae latitiae, o Maria!
Salve. o Madre della misericordia,
Madre di Dio e Madre del perdono,
Madre della speranza e della grazia,
Madre piena di santa letizia,
o Maria!

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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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