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  Maria nella Chiesa 
Chiesa

Dal libro di Giuseppe Forlai, Madre degli Apostoli. Vivere Maria per annunciare Cristo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2014, pp. 49-57.



Gesù sul Calvario offre al discepolo amato la Madre: «Ecco tua madre!» (Gv 19,27). In quel momento è l'ultima (e l'unica) realtà da donare. É sempre così, le cose più preziose si danno alla fine! L'offerta del suo corpo e il dono di Maria sono simultanei; molto ci sarebbe da riflettere al riguardo, molto più da contemplare in silenzio. L'abitudine ci spinge spesso a considerare il gesto testamentario del Signore come una cosa scontata, già saputa, un po' devota. In realtà dovremmo fermarci a soppesare bene la portata dell'evento partendo da una considerazione: Gesù non affida il discepolo, e con lui chiunque lo segue portando la propria croce, al migliore fra loro, o ad uno dei grandi del tempio che lo avevano riconosciuto (ad esempio Nicodemo), bensì a una povera vedova che non conta nulla agli occhi della compagine religiosa del tempo. Quando chiamiamo Maria, e giustamente, con il titolo di "regina", dobbiamo ricordarci che la sua regalità è un capitolo della regalità crocifissa del Figlio. Entrare sotto il "regno" di Maria non significa altro che accettare quella stessa logica che faceva esclamare a Paolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Niente trionfi e molta umiltà! E siccome il dono di Maria, donna vivente nello Spirito (e quindi realmente presente nella Chiesa), esce dalle maglie del tempo passato per raggiungerci efficacemente oggi, cerchiamo di penetrare ancor meglio lo spessore della consegna che il Signore morente ci ha fatto, chiedendoci: che cosa significa concretamente "prendere in casa propria" (o "tra le cose proprie") la Madre di Gesù? Che cambiamento di prospettiva ci impone? Quale conversione? Ho usato volutamente il termine "conversione" perché di questo si tratta. Cerchiamo di precisarlo approfondendo i tre titoli che il beato Giacomo Alberione amava sottolineare per spiegare il rapporto che intercorre tra noi e Maria: Maestra, Regina e Madre. A questi voglio aggiungere alcune righe sulla memoria di Maria nella Chiesa e sul suo ministero di consolazione verso i peccatori e gli afflitti.

a. Maria Maestra nella Chiesa

Prendere Maria nella propria casa interiore vuol dire, innanzi tutto, andare a scuola da lei. Ella ci impartisce una lezione evangelica di fondamentale importanza attraverso il suo stesso modo di essere "madre". Maria lo è stata verginalmente! Questa modalità, che pone come criterio dell'incarnazione del Figlio di Dio una maternità non causata da intervento dell'uomo, venne molto presto applicata alla Chiesa stessa perché "madre" dei fratelli di Cristo per opera dello Spirito Santo al fonte battesimale. In che modo specifico la Chiesa è "vergine"? Lo è nel senso che genera alla fede non attraverso una parola umana affascinante o alla moda, bensì grazie alla predicazione stolta della croce (cfr. 1 Cor 1,17-25). Se la verginità di Maria ci rammenta l'impossibilità che l'avvento del Verbo dipenda da meriti umani, similmente la verginità della Chiesa rimanda all'impossibilità che essa partorisca nuovi cristiani attraverso le sue capacità umane, la disponibilità di mezzi ingenti, e tanto meno attraverso il potere e i privilegi. Da questa verità discende un assioma: la rinuncia al potere mondano e la verginità della Chiesa. Maria, allora, è una maestra che insegna con la sua esistenza, e non con le parole, che nella vita della Chiesa tutto è primariamente dono della misericordia. É una lezione difficile da accettare perché la sua maternità verginale non ammette eccezioni: la comunità cristiana è feconda di nuovi figli solo nella misura in cui accetta di dipendere dalla grazia di Dio e a questa si affida nella povertà. Diventiamo evangelizzatori autentici se diciamo il nostro "" alla Parola, come Maria, rinunciando alla forza persuasiva di mezzi propagandistici puramente umani. Cedere a una mentalità mondana nel modo di proclamare il vangelo di Gesù è profondamente "antimariano": è sul «non conosco uomo» della Vergine che scende la potenza dell'Altissimo e non sul suo "vedrai che ne sono capace". Noi possiamo anche rifiutare questo profondo insegnamento che la Madre del Signore ci offre; possiamo ritenerlo superato o idealistico! Ma i risultati di una logica non verginale si pagano a caro prezzo: forse concepiremo degli affiliati ma non dei figli, degli aggregati ma non del fratelli!

b. Maria Regina nella comunione dei santi

Nel quinto mistero glorioso del rosario contempliamo Maria incoronata "regina" degli angeli e dei santi. Per noi moderni la regalità è qualcosa che sopravvive solo nelle cronache scandalistiche o rosa. Nel suo significato originario "re" è colui che regge, che guida, che cammina avanti segnando il percorso. In tal senso Dio Padre regge la storia, cioè la guida a un fine buono anche quando noi vediamo intorno solo macerie e disfatte. Cosa vuol dire, allora, che Maria è "regina" tra i santi? Che ella guida la Chiesa verso il suo Signore: o meglio che la comunità dei battezzati rimane "Chiesa di Cristo" solo se si regge su di un modo mariano di vivere l'esistenza. Questa modalità esemplare ruota intorno a due cardini ben precisi: la fede di Maria e il suo modo di amare. La fede della Vergine è una fede che ha preso sul serio la Parola di Dio. Questa non è una cosa scontata. Si vedono tanti cristiani oggi che aprono la Bibbia, che la scrutano e la pregano. Ma questo, sebbene sempre più auspicabile, non basta. Maria ha preso sul serio la Parola perché ha scelto di vivere sotto la sua signoria, ha scelto di pendere dalle labbra di Dio. Se dovessimo immaginarci l'attitudine assunta da Maria in cielo dovremmo pensarla con l'orecchio incollato alle labbra del Figlio, pronta a coglierne anche il minimo sussurro. Su di lei non comandano gli eventi o le urgenze, ma la storia letta alla luce della Parola e delle promesse di Dio, ascoltata lontano dal frastuono dei pensieri inutili su Dio. Se Maria avesse dato retta alle idee che aveva sul Dio di Israele prima dell'annunciazione, non sarebbe diventata la Madre del Verbo! In secondo luogo la Chiesa assume uno stile mariale quando ama come ha amato la Donna di Nazaret. Certamente potremmo dire che Maria ha amato il Figlio perché lo ha concepito, partorito, cresciuto, seguito; la Madre ha donato il Redentore all'umanità dicendo il suo "Si": in quel gesto di incalcolabile grandezza ella si dona per sua libera iniziativa al Padre. Ma questo non è ancora l'amore che fa di Maria un modello per la Chiesa. Dove dobbiamo guardare? A quale mistero della sua esistenza? A quello della croce. Lì, come intuiva magnificamente la mistica Adrienne von Speyr, Maria non dona più il Figlio al mondo, bensì lui la dona alla Chiesa nella persona del discepolo1. In questo sta l'esemplarità dell'amore di Maria: quando non ha più nulla da dare accetta di essere donata da Dio all'altro. La profondità di questo mistero è incredibile. Qui l'amore è chiamato alla verifica definitiva perché è proprio quando non abbiamo più niente da dare che si apre a noi la possibilità di fare dono di noi stessi acconsentendo nella pace alla verità della nostra personale povertà. La regalità di Maria tocca l'apice: ella ci regge, ci guida per la via di quel modo di amare che è radicalmente autentico, poiché non ha più nulla di proprio da dare al di fuori di quello che uno, poveramente, è.

c. Maria Madre dei discepoli

La Madre di Gesù alla fine della sua vita terrena viene assunta in cielo in anima e corpo. Questa meraviglia di grazia non è finalizzata solo alla pienezza della vita nel Figlio risorto, ma anche alla funzione di perpetuare la missione propria di Maria, che è quella di collaborare alla nascita e alla crescita in Cristo dei credenti. Come, ci chiediamo, la Vergine continua ad esercitare questa maternità mistica? Ritorniamo alla Scrittura: la Vergine nel Cenacolo invoca la discesa di quello Spirito che trasformerà i paurosi e muti discepoli in apostoli, capaci di andare in capo al mondo per annunciare il vangelo e affrontare il martirio (cfr. At 2). Maria ci è madre spirituale perché continua questo ministero di invocazione dello Spirito per i fratelli del Figlio sulla terra. L'immagine attraverso la quale esprimiamo il mistero è sicuramente inadeguata, ma può essere comunque suggestiva: colei che è stata ricolmata efficacemente e definitivamente dallo Spirito del Risorto, chiede che colui che la abita afferri anche noi e ci trasformi nel Figlio, Apostolo del Padre. In altre parole, il gemito del Paraclito che dentro di noi grida «Abba, Padre» (Rm 8,15), viene udito per connaturalità da Maria, la prima creatura trasformata dallo Spirito, e da essa tradotto in invocazione pura davanti al trono di Dio a nostro favore, affinché lo spirito di figli adottivi continui a raggiungerci e a consolarci. Tale è il circolo virtuoso dell'epìclesi che unisce la Madre ai fratelli del Figlio. Dunque la maternità di Maria verso di noi, che non è una semplice metafora, è strettamente legata al mistero dell'invocazione continua dello Spirito senza la quale non ci sarebbero né Chiesa né vita cristiana. Pregando incessantemente per noi insieme ai santi in quel cenacolo eterno che è il paradiso, la Madre insegna a ciascun cristiano che non c'è vita eterna senza dipendenza dalla vita dello Spirito; che non c'è Chiesa senza carismi; che non c'è comunione tra noi senza un'accorata e continua domanda di essere condotti per mano verso quella pienezza di verità che lo Spirito elargisce (cfr. Gv 16,13).

d. Maria memoria della Chiesa

L'intercessione di Maria nel Cenacolo si prolunga nella sua presenza di semplice credente nella primitiva comunità di Gerusalemme: anche lei condivide il pane quotidiano con i battezzati e spezza il pane eucaristico con i discepoli. É molto importante tenere a mente questo modo di essere feriale e nascosto di Maria in mezzo agli altri, senza ruoli particolari che le conferiscano autorità. Eppure, sebbene priva di riconoscimenti ufficiali, la sua presenza fa la differenza e indica chiaramente il suo servizio: quello della memoria. Durante la vita terrena di Gesù, la Madre ha portato tutto nel cuore, ha riflettuto, ha confrontato ciò che via via andava accadendo sotto i suoi occhi con le parole dell'angelo. Spesso ha compreso, il più delle volte ha adorato in silenzio, sempre ha custodito misteri più grandi di lei e di noi tutti. Nella comunità primitiva Maria svolge la funzione di custode della memoria del Figlio: fin quando c'è lei nessuno potrà dire che il Cristo è un fantasioso personaggio divino o un'apparenza di uomo2. No, il Signore è vero, incarnato. Impossibile manipolarne a proprio vantaggio il ricordo: lei non lo ha "pensato" o "sognato", ma l'ha toccato, curato, nutrito, osservato nel suo crescere e diventare uomo; lei ricorda cosa è successo fin dal principio e sa, più degli apostoli, che la Vita vera si è fatta visibile (cfr. 1 Gv 1,1 2), che ha "tirato calci" nel suo grembo. Infine sotto la croce lo ha visto agonizzante e morto per il suo popolo. Nella comunità di Gerusalemme Maria è stata la testimone della carne di Cristo, di una realtà sperimentabile che guarisce e sana con la sua forza tutto ciò che vi viene in contatto (cfr. Lc 6,19). Dunque, se è vero che la Madre del Signore nella comunità di Gerusalemme non svolge alcuna funzione "ecclesiastica", è anche vero che la sua singolare vicenda le assegna un servizio ancora più grande: ella è la ministra della memoria dell'incarnazione e della passione del Figlio, di quella carne benedetta che fiorisce e appassisce sotto i suoi occhi. Mi sono sempre chiesto se il gesto del discepolo prediletto di prendere la Donna in casa propria non simboleggi anche la necessita per il battezzato di farsi carico di quella stessa memoria della carne che fa del cristianesimo non una filosofia della vita, bensì l'appassionante e sconvolgente realismo della sequela di Gesù. Maria ci dice proprio questo in fin dei conti: che il Signore o si ama con tutto il corpo o non lo si ama affatto!

e. Maria ministra della consolazione

Desidero concludere questa riflessione sul ruolo della Donna di Nazaret nella Chiesa aggiungendo qualche riga sul ministero che ella esercita verso ciascuno di noi nel momento in cui le nostre piccole e fragili esistenze incontrano la perdita, il fallimento: non è un caso che la sapienza del popolo santo di Dio invochi la Madre di Gesù quale Rifugio dei peccatori e Consolatrice degli afflitti. Tutti e due i titoli riguardano l'esperienza del dolore: il primo quello morale (ovvero l'esperienza del peccato personale), il secondo quello specificamente cristiano (cioè il dolore inevitabilmente legato alla sequela di Cristo).
- Rifugio dei peccatori
Mettiamoci nella situazione esistenziale di Maria dopo la morte del Figlio. Ella diviene Madre dei discepoli sotto la croce; rimane con loro nel Cenacolo in attesa dello Spirito promesso; consuma la sua vicenda terrena nella comunità di Gerusalemme. Lei, la Madre del Messia, la creatura senza peccato, deve ricollocare la sua maternità nello spazio più angusto di persone che hanno tradito il suo Figlio unigenito. Da Madre di Dio diviene madre dei peccatori, da Madre del Santo, tutrice di gente incapace di fedeltà e coraggio. Non è poco, non è umanamente comprensibile soprattutto se pensiamo che Maria non ha mai ospitato il male nel suo cuore. Ciò ha un senso solo nell'ottica della grazia: la Vergine sa bene, perché ha esperienza di un Onnipotente che fa grandi cose, che nulla gli è impossibile. Per questo il suo restare a Gerusalemme in preghiera dopo la risurrezione viene ricompensato con la visione della più potente tra le azioni dello Spirito: trasformare dei peccatori in apostoli. Fedele trasparenza dello Spirito Santo, Maria rimane per noi, peccatori, il "rifugio dei peccatori" poiché per sua intercessione viene cancellato il passato più oscuro ed emerge l'uomo nuovo capace di portare la Parola agli uomini. Ogni cristiano veramente pentito trova presso Maria un asilo dove le grida di chi è sempre pronto a condannare non arrivano e dove il demonio, suo eterno nemico, non può più scagliarsi come "accusatore" sulla coscienza di chi è caduto (cfr. Ap 12,10). E mentre molti, anche nella Chiesa, sono tentati di condannare senza appello i cristiani che sbagliano (in un ritorno antievangelico di puritanesimo pio!), la Madre rimane l'unica a credere nella possibilità del cambiamento, della conversione. Può farlo perché testimone dell'azione dello Spirito che ha trasformato il traditore Pietro nel principe degli apostoli. Nella Chiesa Maria è ministra di consolazione soprattutto per i perdenti, per i casi impossibili, per coloro che non ce l'hanno fatta dopo essersi impegnati; che non sono stati sempre all'altezza della missione loro affidata, per i cosiddetti casi impossibili.
- Consolatrice degli afflitti
Precisiamo subito: "afflitti" nel vangelo sono prima di tutto coloro che sanno fare spazio al dolore inevitabilmente riservato a chi segue Gesù. Il Maestro non ci ha nascosto questa realtà: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20); «Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Lc 6,26). Come abbiamo già visto, Maria ha condiviso l'afflizione di Gesù, Il suo essere rifiutato dal popolo; a lei Simeone ha annunciato che dovrà condividere con il Figlio il pane della tristezza, il rifiuto di un popolo che prima lo esalterà e subito dopo lo considererà un maledetto "segno di contraddizione" (cfr. Lc 2,34-35). Ma la Madre non è solo consolatrice di coloro che condividono il rifiuto del Figlio, bensì anche di tutti quelli che fanno fatica a comprendere i modi di fare di un Maestro che sembra essere "fuori di sé" (cfr. Mc 3,21) pur continuando a credere. Chi meglio di lei conosce la notte oscura della fede? O il travaglio di chi deve fare i conti con un Dio destabilizzante che prima le annuncia la grandezza regale del Figlio e poi la mette davanti alla sua fine ignominiosa? Che «persuade dissuadendo; attrae respingendo; agisce soffrendo; costruisce distruggendo; rende eterni morendo3. Soprattutto Maria nella comunità dei credenti può essere invocata giustamente "consolatrice degli afflitti" perché ella ha provato la gioia che il Signore riserva a coloro che perseverano con lui nelle sue prove: dopo la croce e la dispersione dei discepoli terrorizzati ne ha osservato la rinascita; oltre la sconfitta del Messia ha sperimentato la vittoria del suo amore disarmato. Lo Spirito, primo consolatore, ha consolato Maria e ancora ci soccorre attraverso di lei donandoci la stessa consolazione con la quale egli l'ha consolata (cfr. 2Cor 1,4).

NOTE   
1 A. von Speyr, L'Ancella del Signore. Maria, Jaca Book, Milano 2001, p. 119.
2 Nel Credo che preghiamo e professiamo nella liturgia domenicale un altro personaggio storico testimonia la realtà della carne di Cristo: Pilato sotto il quale Gesù patì. La differenza con Maria sta in questo: il procuratore romano è testimone involontario, Maria ha scelto di esserlo; Pilato dall'incontro con il Maestro esce spaventato e perplesso, Maria definitivamente salvata; Pilato sceglie il compromesso per non urtare i capi del popolo, Maria sposa la sequela radicale senza paura di perdere.
3 Pierre de Bérulle, Le grandezze di Gesù. Brani scelti, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 18.

 

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Inserito Giovedi 25 Ottobre 2018, alle ore 11:44:22 da latheotokos
 
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