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  Maria, ''Consolatrice degli afflitti'' 
Società

Dal libro di Antonino Grasso, Maria Madre di misericordia. "Sotto il suo manto c'è posto per tutti". Meditazioni, Edizioni Segno, Tavagnacco 2016, pp. 101-113.



 

 1. MARIA, MADRE DELLA CONSOLAZIONE

Tutti abbiamo bisogno di consolazione; i beni materiali non possono renderci e non ci rendono felici; inevitabili sono le pene d'ogni genere, che incontriamo nel percorso della nostra vita o che ci vengono dagli uomini e dalle circostanze. Perché Maria è la grande “Consolatrice degli afflitti” di ogni genere? Lo è perché, diventata Madre degli uomini ai piedi della Croce, tale dolorosissima maternità, la dispone a maggiore tenerezza e compassione verso di loro. Vicina al Figlio che, come afferma San Pier Crisologo, «con i suoi dolori ci ha meritato ogni consolazione e virtù», la “Madre Dolorosa” ha contribuito alla realizzazione della nostra salvezza, «mentre le sue grandi sofferenze materne l'hanno messa in grado di consolare, in Lui, tutti quelli che soffrono». I suoi patimenti, infatti, erano intimamente associati a quelli di Gesù in modo inseparabile; la sua volontà era quella di unirsi totalmente a Lui, con l'intenzione di accogliere nel suo grembo materno, i figli che venivano riscattati dal peccato. Mentre, dunque, Gesù offriva al Padre l’olocausto della sua santissima carne, la “Madre Dolorosa” univa ad esso la passione del suo cuore, in una sola volontà di offerta con Lui, per il riscatto, la rigenerazione e l’accoglienza dell’umanità. È questa sua con-passione  che la rende adatta a compiere l'ufficio di “Consolatrice degli afflitti”, di essere, cioè, in grado di con-patire quelli che soffrono e sperimentano, nella loro vita, la forza devastante del dolore.  Maria ci insegna, col suo esempio, il valore del dolore cristiano e ci indica il Crocifisso, il suo Gesù, ricordandoci che Egli soffrì e morì per noi e che la sua Croce, la sua pazienza, il suo amore, i suoi meriti infiniti, sono la grande consolazione degli afflitti e di tutti i sofferenti. Maria fu la più afflitta di tutte le madri; i suoi dolori superarono in modo incomparabile i nostri, in profondità e durata; Ella, dunque, comprende meglio di qualsiasi altra donna al mondo le nostre tristezze; sente pietà e ispira fiducia nei più addolorati di noi; si china sollecita su quelli che sono immersi nella tristezza dell’umano soffrire. Afferma Benedetto XVI: «Maria soffre con coloro che sono nella prova, con essi spera ed è loro conforto sostenendoli con il suo materno aiuto». I dolori suoi, tanto generosamente sostenuti, ne resero ancor più tenera l'anima e l'aprirono largamente alla misericordia, tanto che per Lei, è quasi un bisogno andare verso gli infelici e versare nel loro cuore le sue materne consolazioni. «La sua propria esperienza le ha insegnato a consolare, a calmare l'impazienza, a far tacere i lamenti, a fortificare i cuori contro il disgusto, la noia, la tristezza, lo scoraggiamento; a rialzarli infondendo in essi, la rassegnazione e la pace». Ella sa addolcire le nostre pene, per quanto amare possano essere. L'enorme prezzo che le siamo costati, ci ha resi più cari al suo cuore; la sua dolorosa maternità l'inclina a maggiore tenerezza e pietà. Ella non potrebbe lasciare mai nella miseria dei figli che gemono sotto il peso della loro tristezza, ma vuole sollevarli, ingrandirli ai loro propri occhi, insegnare loro a santificarsi sulla via del dolore, infondere nel loro animo la certezza che il Dio delle consolazioni li saprà ricompensare per la loro cristiana pazienza e rassegnazione. Ascolta, insomma, come scrive Germano di Costantinopoli, sempre la nostra accorata preghiera: «Tu, sommamente casta, buona, misericordiosa Signora, consolazione dei cristiani, vivissimo sollievo degli afflitti, prontissimo rifugio dei peccatori, non lasciarci orfani della tua protezione! Dove andremo, se saremo abbandonati da Te? E che ne sarà di noi, o Madre di Dio tutta santa, respiro e vita dei cristiani?.... Nessuno è liberato dai mali se non attraverso di Te, o castissima!». Da qui, l’invio che secondo Romano il Melode, la Vergine stessa ci rivolge, come mirabilmente scrive nei suoi “Inni sulla Natività”: «Mettete fine ai vostri lamenti, mi farò avvocato presso mio Figlio. Scacciate la tristezza perché ho partorito la gioia. Io, la Piena di grazia, ora vengo per distruggere la sofferenza….. Mettete freno alle lacrime, accogliete me quale Mediatrice presso Colui che è nato da me. L’Autore della gioia è il Dio generato prima dei secoli. State in pace e non soffrite: io, la Piena di Grazia, vado presso di Lui».

2. IL  MISTERO E IL VALORE DELLA SOFFERENZA UMANA

Considerato alla luce della passione di Cristo e della con-passione della Madre, il dolore umano non appare più come un esasperante enigma, il segno dell'indifferenza o della maledizione di un Dio che ci abbandona a noi stessi o su di noi scatena la sua collera: esso è una prova e sempre alla fine una benedizione. La Scrittura, attestando la gloriosa risurrezione del Signore riconosce che essa seguì alle sue sofferenze, affermando che era necessario «che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria» (Lc 24,26). Con la sua sofferenza, Egli, dunque, ci aprì un solo cammino, per andare al cielo, quello che Egli stesso percorse: la via dei patimenti. San Paolo afferma chiaramente: «Questo sommo sacerdote infatti, sa prendere parte alle nostre debolezze. Egli stesso infatti è stato messo alla prova  in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Da qui discende la fiducia che dobbiamo avere per accostarci al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (Eb 4,14-16). Se soffriamo con Lui, con Lui risorgeremo; più i nostri patimenti rassomigliano ai suoi, più ci assicurano la misericordia di Dio e la ricompensa eterna. Soffrendo per noi, il Salvatore non volle esonerarci dal soffrire; Egli santificò e rese soprannaturale il dolore; ci insegnò a sostenerlo col suo esempio, nella certezza che «il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (2Cor 4,17). L’Apostolo stesso affermava di soffrire nella sua carne «quello che manca ai patimenti di Cristo» (Col 1,24), non perché essi non bastino a salvare il mondo, ma perché sono salvifici per noi e per gli altri, se li condividiamo pazientemente con Cristo, divenendo in tal modo conformi a Lui, il Verbo fatto carne e Crocifisso. Accanto al Figlio sofferente e sofferente con Lui, le misteriose e materne pene di Maria, quindi, ci fanno comprendere che i dolori sono prove provvidenziali, per purificarci, santificarci, arricchirci di meriti. La “Madre di Misericordia” ci insegna ad affrontare e mettere in pratica questa misteriosa e consolante lezione del Signore che fu «uomo dei dolori che ben conosce il patire» (Is 53,3). Ella, la prima a comprendere il valore salvifico della sofferenza, con il suo occhio materno segue, con maggiore attenzione e con più grande amore i figli che soffrono, che versano nelle difficoltà, che sono attanagliati dal dolore di qualsiasi genere e li accompagna nei terribili e bui giorni della loro esistenza. Essi, a loro volta, contemplandola ritta ai piedi della Croce, sulla quale Gesù ha sofferto ed è spirato per noi, da Lei impareranno il fine spirituale e gli effetti salutari del dolore umano. Il Servo di Dio P. Giuseppe Schellhorn scriveva: «Io non domanderei al buon Dio che vi ritiri le vostre sofferenze. La sofferenza, l'apostolato del sacrificio, è un dono che Egli fa a coloro che ama maggiormente, a coloro che sull'esempio della Madre sua, apportano più generosità ed abbandono nel suo servizio. É certo che la nostra buona Madre ha fatto mille volte di più per le anime…. per mezzo della sua unione costante alla vita di sofferenza di oblazione del suo divin Figlio. Benedite dunque il buon Dio soffrendo in compagnia della nostra amabile Madre. Con questa unione di sofferenze, di rinunzie, di sacrifici, farete certamente del bene alle anime». Nella sua “Salvifici doloris”, San Giovanni Paolo II, a questo proposito, scriveva: «Oc­corre che sotto la Croce del Cal­vario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo e gli uomini di buona volontà, perché sulla Croce sta il Reden­tore dell'uomo, l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possa­no trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi. Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi... Nel ter­ribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo con­tem-poraneo, vinca la vostra soffe­renza in unione con la Croce di Cristo!».

3. CONSOLATRICE E "SALUTE DEGLI INFERMI"

L'invocazione «Salute degli infermi» è una espressione che manifesta con forza il mirabile potere d’intercessione che la Santa Vergine ha di intervenire nella guarigione dai nostri mali spirituali e spesso anche fisici, aiutandoci a riconquistare perfettamente la salute dell’anima e del corpo. Maria, nel farci del bene, partecipa della potenza del Suo Figlio, il quale, durante la Sua vita mortale, guarì molti malati e con le guarigioni corporali simboleggiava la liberazione dalle miserie spirituali. Anche la “Madre di Misericordia”, associata più da vicino di qualsiasi altra creatura all'opera della nostra salvezza, fu associata dal Figlio all’esercizio della misericordia di Dio, che si china sul dolore umano e spesso ne libera le sue creature, riparandone le terribili conseguenze, al fine di avviare le loro anime verso la vera guarigione interiore. Affermava San Pio X che Maria «mossa a compassione della presente società umana… la quale precipita alla propria rovina» con le «numerose e miracolose guarigioni dei corpi, Ella si propone di aprire l’addito alla guarigione delle anime». Visitando i santuari mariani, si ammirano un’infinità di ex-voto, che rendono testimonianza della materna potenza di Maria “Salute degli infermi”, perché le storie che essi raccontano, portano quasi sempre all’origine, il suo prodigioso intervento a favore dell’umanità sofferente. «Non vi è altro luogo di pellegrinaggio che, meglio dei santuari mariani, abbia più adeguatamente confermato nei secoli, come alla “Madre di Misericordia”, sia dovuto il titolo di “Salute degli infermi”». Questo sanno i malati ed al santuario di Maria accorrono con tanta più fiducia, quanto più hanno perduto ogni speranza umana e sempre qualche guarigione compensa la loro fede. Con San Giovanni Damasceno, l’umanità sofferente ripete a Maria: «Tu sei la fonte alla quale l'universo attinge il rimedio ai suoi mali, Tu restituisci la salute a quelli tormentati dalla malattia; Tu metti fine ai nostri dolori; la gioia e la salute nascono sotto i tuoi passi». Per questo, San Bernardo di Chiaravalle, paragonava la Beata Vergine al vello di Gedeone, che sopra suolo arido fu coperto di rugiada tanto abbondante, che l'acqua ne usciva e bagnava tutto il campo: «Su questo mondo desolato dai mali dei quali il peccato è la sorgente, ogni genere di consolazione scorre da quel bianco vello; dal cuore di quella Vergine mirabilmente pura, nel quale il Signore ha versato la rugiada della sua salute, affinché essa si riversi sopra di noi». Nella sua preghiera, la Chiesa chiede a Maria per noi di godere una perpetua sanità di anima e di corpo; di essere liberati dalle afflizioni presenti; di essere ammessi, dopo una vita di pace, nell'eterna felicità. Le antiche Liturgie, soprattutto orientali, specialmente nella benedizione dell'acqua e nell’am-ministrazione dell’Unzione degli infermi, ricordano sovente e con enfasi l'intercessione di Maria in favore dei malati. Una preghiera, ad esempio, che serve di forma a questo Sacramento, recita con fiducia: «O Tu, sola creatura tutta pura, oceano di pace, per la tua continua intercessione, libera il tuo servo dalla malattia e dalle afflizioni, affinché ti lodi nell'eternità. O Sovrana purissima, ottima, gloriosissima, abbi pietà di colui che riceve l'Olio santo; libera il tuo servo. Nella casa del tuo Dio, tu sei apparsa come l'olivo fertile; o Madre, per mezzo della quale Dio ha riempito il mondo della Sua misericordia, possano le tue preghiere sollevare e liberare questo infermo!». Recitando questa invocazione, la Chiesa ci rappresenta Maria mossa da compassione, la quale si china verso gli infermi, ne benda le piaghe e spesso le risana, mentre spande nell'anima, sovente tanto languente quanto il corpo, la forza e la pace che la guariranno. Così che essi, possono dirle con Santa Teresa del Bambino Gesù: «O mia diletta Madre, durante il triste esilio, io voglio vivere con te e seguirti ogni giorno. Contemplandoti, o Vergine, mi inabisso rapita scoprendo nel tuo cuore oceani d’amore. Il tuo sguardo materno bandisce ogni mio timore; esso mi insegna a piangere ed a gioire».

4. LA MADRE ICONA DEL "MATERNO AMORE" DI DIO

L'amore divino, nella Sacra Scrittura, è sovente paragonato all'amore materno e Dio, infatti, per rivelarcelo, per farsi amare da noi, si paragona alla più amante delle madri. Anche nel linguaggio umano, non esiste un'espressione più forte per esprimere la forza dell’amore. Quando Gesù moriva per noi tradito, abbandonato, piagato, colmato di umiliazioni e di dolori, ha anche Lui espresso questa potenza infinita del suo amore, con l’espresso invito a Maria, l’ultima sua raccomandazione di Redentore, di accoglierci come figli nel suo grembo spirituale. Il cuore della Vergine, perciò, si apriva all'amore che Gesù le chiedeva per noi; all'amore che Egli stesso in Lei rendeva iconicamente visibile. Adottandoci, perciò, come figli, nella più totale fisica e spirituale sofferenza, Maria divenne l’espressione visibile del “materno amore” di Dio. In Cristo, Maria è, dunque, la Madre nostra più clemente e più dolce di tutte le altre madri.  Il cuore di Maria, trasformato per la virtù delle parole di Gesù morente, è colmo degli affetti più vivi e più teneri, ama in noi Gesù Cristo, vede in noi il prezzo del Suo Sangue, legge nel nostro destino, le parole del Suo testamento. Per questo, le nostre miserie fisiche e morali, lungi dal diminuire l'amore della nostra Madre, l'accrescono e solo la misericordia, la compassione caratterizzano l'amore materno del suo cuore. Sempre maternamente vicina, espressione dell’infinito amore di Dio per noi, la Madre rivela ai suoi figli il valore dei patimenti e dell'espiazione; caccia lontano da essi i pensieri di diffidenza, di scoraggiamento; porta i loro sguardi verso Gesù Crocifisso, verso quel cielo promesso, ove non vi saranno più lacrime, ove Dio ricompenserà la speranza che avremo posta in Lui. Ella sempre ci protegge; ci stringe a sé; ci fa sentire la dolcezza dell’amplesso delle braccia della Madre. La Sua maternità è un capolavoro di bontà delicata, dolce, inesauribile. «In Lei, il Signore nostro ci ha dato, a nostra consolazione, la Madre più perfetta che sia mai uscita dalle Sue mani; in Lei Dio ha unito, per farci comprendere il suo amore infinito per noi, la potenza alla bontà: la potenza d'una Regina misericordiosa, la bontà d'una Madre pietosa».

Inserito Sabato 11 Aprile 2020, alle ore 18:44:58 da latheotokos
 
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