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  La tipologia ecclesiale di Maria nella ''Lumen Gentium'' 
Magistero

Dal libro di Angelico Greco, "Madre dei viventi". La cooperazione salvifica di Maria nella "Lumen Gentium": una sfida per oggi, Eupress FTL, Lugano 2011, pp. 353-359.



I Padri conciliari si sono sovente chinati - sviluppando un prolifico filone della Tradizione171 - sul dato della reciprocità tra Maria e la Chiesa, per effetto della quale nel primo termine risplende il volto del secondo e viceversa172. Ne consegue che la: «madre del Figlio di Dio, e perciò la figlia prediletta del Padre e il tempio dello Spirito santo» (LG 53), sia anche additata come modello originale della Chiesa173, tanto morale174, quanto escatologico. Alcune immagini utilizzate nel cap. VIII, ad esempio, si ergono a vere categorie tipologiche, come: la verginità, l'immacolatezza, la maternità, la glorificazione di Maria in anima e corpo. Ad esempio, riguardo al binomio maternità-verginità, i Padri hanno asserito: «Infatti, nel mistero della chiesa la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la beata vergine Maria è la prima175, dando in maniera eminente e singolare l'esempio della vergine e della madre» (LG 63). Le esemplificazioni riportate possono essere assurte a veri elementi costitutivi di una collaborazione salvifica ben radicata in un preciso quadro morale, fattore questo che ci accingiamo ad illustrare alla luce della mariologia conciliare.

La tipologia morale di Maria

Incentriamo da subito la nostra attenzione sulla tipologia prettamente morale di Maria, legata al suo vissuto, quale espressione di un'interiorità permeata di spirito profondamente religioso. Il dato risalta ampiamente nel cap. VIII, che la riconosce modello della Chiesa tanto in rapporto alle virtù teologali, quanto nell'esercizio di quelle morali176. L'agire personale della Beata Vergine, a sua volta, ha un nucleo nella sua risposta amorevole al dono ed all'iniziativa salvifica di Dio Padre. Tale adesione si è estrinsecata mediante due atteggiamenti fondamentali:
1. l'ascolto attento della Parola di Dio;
2. La messa in atto della volontà del Signore.
Non da ultimo la dimensione etica di Maria, divenuta paradigma della Chiesa, possiede una valenza prassiologica. Lei, difatti, risplende come: «modello della virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (LG 65); la quale è sospinta ad imitare le sue doti morali (cfr. LG 67)177.

        1. La virtù teologale della fede
        Alcuni Padri avrebbero desiderato annettere al testo mariano un più ampio ventaglio di virtù, ma data l'impossibilità di prospettare un'elencazione esaustiva, i redattori si sono attenuti a quelle essenziali. Lo spessore morale, vera anima della cooperazione di Maria, trova la sua più fulgida espressione nell'esercizio delle tre virtù teologali: fede, speranza, carità. La fede vanta un primato numerico, nell'essere la più menzionata - ben 15 volte - a riprova della sua rilevanza soteriologica178. I Padri conciliari, varcando una visione intimistica del dato, hanno riferito di Maria che: «cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede [...]» (LG 56)179. Il dato si ripresenta nell'inciso: «ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con [...] la fede» (LG 61). L'Incarnazione è il chairòs in cui questa virtù ha trovato la sua primaria, quanto ideale collocazione - a riprova della sua valenza salvifica - in un certo senso fungendo da fattore copropiziante dell'evento180. Quanto detto è riscontrabile nell'inciso che rende attenti sul: «consenso prestato nella fede al tempo dell'annunciazione» (LG 62). A convalida de1 dato, il testo dà risalto alla Beata Vergine che: «per la sua fede [...] generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre» (LG 63). Nel prosieguo dell'asserto, i redattori hanno trovato conveniente avvalersi del verbo «credere», col proposito di consolidare la dimensione teologale. Al riguardo, il testo esplicita che Maria ha partecipato alla generazione del Verbo di Dio: «credendo non all'antico serpente, ma al messaggero di Dio, con una fede che non era alterata da nessun dubbio» (LG 63). Il tema si ripresenta nell'assunto coniato da Ireneo di Lione e testualmente menzionato, che recita: «ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria l'ha sciolto con la sua fede» (LG 56). Trattandosi di un'adesione esistenziale, oltre che intellettiva, la Beata Vergine è coinvolta con tutte le facoltà. Questo suo merito personale le è stato riconosciuto dalla cugina Elisabetta, nel proclamarla beata (cfr. LG 57). Lungi dal prospettarle un percorso idillico, esente da ogni difficoltà e sforzo umano, i redattori hanno affermato che: «la Beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede» (LG 58). Per quanto arricchita preventivamente di straordinari doni, Lei, non distaccandosi dal genere umano, ha sperimentato la fatica del cammino spirituale ed i chiaroscuri della fede (cfr. LG 58.65). Il dato trova ulteriore riscontro nell'atteggiamento meditativo della Madre, implicante un'ascesi personale al cospetto di un mistero che si disvela gradualmente ai suoi occhi181. Ciò attesta il rispetto di Dio verso l'essere umano, proteso verso una verità meglio definita, frutto a sua volta di un processo graduale di crescita. Riconducibili in gran parte alla Tradizione patristica, gli altri enunciati tematici concernono l'esemplarità ecclesiale di Maria: «eccellentissimo modello nella fede» (LG 53). I Padri conciliari, ispirandosi ad Ambrogio di Milano, hanno posto in rilievo la statura morale della Madre di Dio: «figura (typus) della Chiesa [...] nell'ordine cioè della fede» (LG 63). Un terzo esposto a tema allude alla Chiesa che: «a imitazione della madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede» (LG 64)182. Terminiamo l'analisi con un'attestazione non concernente la fede come virtù, bensì come patrimonio oggettivo della Chiesa. In quest'ottica, i redattori hanno asserito che la Madre di Dio: «entrata intimamente nella storia della salvezza, riunisce in sé in qualche modo e riverbera i massimi dati della fede» (LG 65).

        2. Le virtù teologali della speranza e della carità
        Alla stregua della fede, anche la speranza esercitata da Maria è parte integrante della sua cooperazione. Il dato emerge tanto dal contesto, quanto dalle singole asserzioni testuali183. Emblematico, anche se generico, è l'assunto di LG 55 sulla madre del Messia che primeggia nell'attendere e ricevere la salvezza di Dio. In Lei si è compiuto il passaggio dalle antiche promesse alla prima vera attuazione salvifica del Nuovo Testamento184. La speranza di Maria è invece direttamente richiamata nell'asserto: «cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con [...] la speranza» (LG 61)185. Riferendosi ad un contesto oggettivato ed escatologico i redattori hanno invitato il Popolo di Dio a guardare Maria: «quale segno di sicura speranza e di consolazione» (LG 68). Sulla stessa linea si pone l'assunto riferito alla Chiesa che: «conserva [...] solida la speranza» (LG 64). Un'ultima attestazione a tema riguarda la Chiesa, chiamata a divenire: «più simile alla sua eccelsa Figura, progredendo nella [...] speranza» (LG 65). L'analisi testuale sulle virtù teologali di Maria giunge al suo degno epilogo con la carità, sovente associata a fede e speranza186. Davvero considerevole è l'enunciato di Agostino d'Ippona, uno dei primi a rilevare le ricadute salvifiche della virtù per antonomasia, indicante la Beata Vergine che: «ha cooperato con la sua carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa» (LG 53). Gli fa eco l'assunto, apposto dai redattori, su Maria che: «ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con [...] l'ardente carità» (LG 61)187. Tutti i contenuti della virtù summenzionata convergono al Calvario, ove Maria è: «amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata» (LG 58). Il dato trova una sua congeniale espressione nell'economia della grazia188, allorquando i redattori riferiscono che Maria: «Nella sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti» (LG 62). Tale virtù costituisce, per riflesso, l'anima stessa della missione della Chiesa189, la quale guarda alla Beata Vergine, che: «nella sua vita fu modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini» (LG 65). Da ciò si evince come la carità, sia un elemento fecondo imprescindibile del processo di rigenerazione spirituale per gli uomini in Cristo. La virtù in questione è in ultimo richiamata nell'ambito della tipologia ecclesiale di Maria, additata quale: «eccellentissimo modello [...] nella carità» (LG 53). Come illustra Ambrogio di Milano Ella è: «figura della Chiesa, nell'ordine [...] della carità» (LG 63). Il dato si ripresenta negli assunti riferiti alla Chiesa che: «contempla l'arcana santità di lei e ne imita la carità» (LG 64); «ad imitazione della madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente [...] sincera la carità» (LG 64). In sintesi, le tre virtù teologali facenti parte di un unico plesso, costituiscono l'elemento interiore portante della vita di Maria e l'anima della sua cooperazione salvifica. Trattasi di realtà che hanno raggiunto il loro apice terreno presso la Croce di Cristo. Su questo nucleo della cooperazione storica della Beata Vergine s'impernia la sua funzione materna nell'ordine della grazia, quale suo prolungamento ed attualizzazione. Lo stato glorificato di Maria, difatti, non fa che amplificare il suo potenziale antropologico e teologale, non in relazione alla fede ed alla speranza ma certamente alla sua carità, sostanza di ogni sua mediazione ecclesiale.

        3 Principali virtù morali di Maria: obbedienza, umiltà, povertà
        Un secondo trittico di virtù, attivate da Maria nell'ambito della sua cooperazione - apposte dai Padri conciliari come richiamo per quelle non citate - è composto di obbedienza, povertà ed umiltà190. L'obbedienza riveste indubbiamente un ruolo cruciale in chiave salvifica, ragione da indurre i redattori ad abbinarla sovente alla fede. Nell'assunto sull'annunciazione, apprendiamo che la Beata Vergine: «cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza» (LG 56). Nell'ottica incarnazionista il connubio è ancor meglio definito nell'inciso riferito a Maria che: «per la sua fede e la sua obbedienza [...] generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre» (LG 63). Da un altro asserto apprendiamo che la Beata Vergine: «ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede [...]»191 (LG 61). L'accostamento delle due virtù - negli intenti dei redattori - non andrebbe compreso come un tentativo d'omologazione, ma si deve al loro comune denominatore che è la ricerca della volontà del Padre. L'obbedienza di Maria è uno dei motivi ricorrenti nella riflessione teologica d'Ireneo di Lione, perfettamente incastonata nel nucleo del parallelismo antitetico con Eva. Il dato emerge da un primo aforisma indicante la Beata Vergine, che: «"obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano"» (LG 56). Un secondo esposto rende noto che: «"il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria"» (LG 56). La cernita operata dai Padri Conciliari, sulle virtù morali di Maria, assegna particolare rilevo al binomio umiltà-povertà. Costoro, in chiave cooperazionista, hanno messo l'accento sulla preparazione morale veterotestamentaria ultimata da Maria, la quale: «primeggia tra gli umili e i poveri del Signore» (LG 55). Posta all'apice del filone religioso veterotestamentario192 e profondamente permeata di uno spirito di povertà totale, Maria ha coltivato le disposizioni atte ad attendere193 e ricevere la salvezza che è Cristo (cfr. LG 55). Lei si è resa: «l'umile serva del Signore» (LG 61); tutta dedita a collaborare con il divino Redentore con lo spirito proprio dei «poveri di JHWH»194. L'atteggiamento d'umiltà l'ha condotta a rimettersi totalmente al volere di Dio, dimensione spirituale abbinata ad una pratica materiale della povertà, che non le ha comunque impedito di condurre una vita sempre dignitosa. Quest'ultimo dato è emerso quando i redattori hanno richiamato l'attenzione su: «l'offerta del poveri», fatta da Maria e Giuseppe al Tempio (LG 57). Altra importante attestazione è quella del cap. VI della LG, ove Maria è presentata - insieme ai Santi fondatori - come modello di conformazione morale a Cristo. Il documento allude al: «genere di vita verginale e povera, che Cristo Signore si scelse per sé e che la Vergine Madre sua abbracciò» (LG 46). In sintesi, tanto le virtù teologali della Beata Vergine, quanto quelle morali, hanno avuto un peso determinante nell'arco storico della cooperazione di Maria. Nella ricchezza del suo animo virtuoso - di cui sono stati messi in luce i meandri più reconditi -, risiede quella disposizione fondamentale che le ha consentito di divenire la prima e perfetta discepola del Figlio Redentore.

La tipologia escatologica di Maria

Ci limitiamo in questa sede a segnalare alcuni elementi della tipologia escatologica di Maria nella Chiesa, racchiusi nella quinta sezione che ha per titolo: «Maria, segno di certa speranza e di consolazione per il pellegrinante popolo di Dio» (cfr. LG S_69)195 Realtà speculare alla tipologia morale, quella escatologica riconduce soprattutto al dato dell'Assunzione di Maria in anima e corpo196. La sua persona ecclesialmente innalzata diviene gloria stessa del popolo di Dio, che si rispecchia nel suo Prototipo per quanto attiene alla sua piena realizzazione (cfr. LG 68)197. In questo senso la Beata Vergine si pone come: «l'immagine e la primizia della chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura» (LG 68). Secondo la prospettiva del cap. VIII - al pari delle altre prerogative personali - anche il dogma dell'Assunzione assume una valenza pastorale e universale, nel ricadere beneficamente sull'intera cristianità. Maria sprona indirettamente tutti gli uomini in cammino a profondere gli sforzi necessari alla salvezza: «fino a quando non verrà il giorno del Signore (cf. 2 Pt. 3, 10)» (LG 68). La tipologia escatologica di Maria ben si riconnette alla sua facoltà di mediare ed intercedere presso Dio, in favore dell'unità di tutti i popoli (cfr. LG 69). Sul fronte della Chiesa permane il dovere - per ogni cristiano - di tributare: «il debito onore alla Madre del Signore e Salvatore» (LG 69). Sotto questo profilo, i redattori hanno trovato opportuno, come fatto consequenziale, estendere i doveri cultuali verso la «madre degli uomini» a tutta la cristianità, includendo anche gli appartenenti alle altre confessioni. L'auspicio del Padri conciliari è quello di vedere realizzata una più ampia comunione fraterna tra tutte le famiglie di popoli, quale preludio di quella escatological99.

NOTE
171 La LG si pone nella scia di Ambrogio di Milano, che a suo tempo aveva scorto e valorizzato la tipologia ecclesiale di Maria. Cfr. C. MILITELLO, Chiesa, in MarDiz, 261.
172 Cfr. L. SCHEFFCZYK. La Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare, 109.
173 Cfr. Id., La Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare, 106. A. Carr, in chiave sociologica rimarca: «il concilio Vaticano II, decidendo di presentare Maria come modello della chiesa, ha aperto ha strada alle nuove e sorprendenti interpretazioni che emergono oggi». A. CARR, Grazia che trasforma, 226. S. Meo ravvisa diversi piani tipologici di Maria, quando parla di: modello della Chiesa, modello delle virtù, modello di conoscenza e conformità al Cristo, modello di apostolato e di evangelizzazione. Cfr. S. MEO, Il tema Maria-Chiesa, 58-63.
174 «La Vergine-Madre-Sposa, icona del mistero di Dio, è dunque analogamente icona del mistero della sua Chiesa: la mariologia trinitaria si congiunge indissolubilmente all'ecclesiologia». B. FORTE, Maria, la donna, 163.
175 A. Amato rimarca il lemma: «la prima»; apposto dai redattori per indicare I'unicità di Maria nella Chiesa. A. AMATO, Eucaristia, in NDM, 537.
176 Cfr. G.M. ROSCHINI, Maria Santissima nella storia della salvezza, II, 517-527. C. Militello propone due linee interpretative: quella antropologica, resa dalla «nuova Eva» in rapporto al «Nuovo Adamo»; quella ecclesiologica, che fa della B.V. un'icona della relazione sponsale Verbo-Chiesa. Cfr. C. MILITELLO, Chiesa, in MarDiz, 261.
177 L'imitazione delle virus di Maria, rammenta realisticamente P. Molinari, per la cristianità è solo parziale: «Chi d'altronde oserebbe asserire che tutti siamo chiamati alla stessa pienezza della santità, ossia dell'unione con Cristo, che è tipicamente propria di Maria SS.ma?». P. MOLINARI, La santità dei cristiani, in Ecclesia a Spiritu Sancto edocta, 538.
178 Undici volte la parola «fede» e riferita direttamente a Maria, cfr. LG 53; 56 (2vv); 57; 58; 61; 62; 63 (3vv); 65. Una volta figura la parola «credendo», sempre in relazione alla B.V. In un caso la virtù teologale concerne sia la Chiesa, sia Maria (cfr. LG 64). Tre volte la stessa e riferita unicamente alla Chiesa (dr. LG 64; 65; 67).
179 Sul rapporto tra: fede, antropologia, soteriologia, tipologia ecclesiale; cfr. S. CIPRIANI, Credente. in NDM, a cura di S. De Mores - S. Meo, Cinisello Balsamo 19883, 417-425.
180 J. Galot annota che: «Maria è stata la prima a passare dalla fede del Vecchio Testamento a quella del Nuovo, e nel Nuovo ha accompagnato con la sua fede il succedersi degli eventi della salvezza, dall'Annunciazione alla Risurrezione e alla Pentecoste». J. GALOT, Maria. tipo, 1165.
181 Per alcune considerazioni sulla fede di Maria, cfr. O. DA SPINETOLI, La Madonna della Lumen Gentium, 51-57. E. Schillebeeckx prima del Concilio affermava: «Quest'evoluzione della fede di Maria non va, dunque, dall'ignoranza positiva alla conoscenza precisa, bensì da una consapevolezza reale, ma confusa e non espressa, a una presa di coscienza manifesta. É un passaggio da 'coscienza' a 'scienza', come quello che troviamo, anche dopo che la Rivelazione si è chiusa, net processo dottrinale della Chiesa: un dogma prima vive net cuore dei fedeli, poi emerge alla loro intelligenza che cerca di formularlo in maniera organica, infine viene definito dal magistero». E. SCIIILLEBEECKX, Maria madre della redenzione, 29.
182 Traendo spunto da H. U. von Baithasar, L. Scheffczyk, spiega: «Proprio a partire dalla fede di Maria la chiesa diventa comprensibile quale comunione di credenti; essa pub ricevere e conservare la propria fecondità spirituale Se vive nell'accoglienza costante della Parola di Dio e diventa spiritualmente simile a questa Parola, cioè se accoglie nella fede Gesù Cristo e lo comunica al mondo». L. SCHEFPCZYK, La Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare, 108.
183 Quattro volte il cap. VIII riferisce espressamente della speranza. Due tra queste citazioni chiamano in causa direttamente Maria (cfr. LG 61.68): la prima volta nel senso di virtù provata; la seconda a voler intendere oggettivamente la speranza come premio celeste. Altre due volte il testo rapporta la speranza alla Chiesa, che guarda a Maria come modello (cfr. LG 64.65).
184 Il passaggio dalla speranza giudaica a quella cristiana e avvenuto nella Risurrezione di Cristo, autentica chiave di volta nella storia della salvezza. Il cap. VIII purtroppo omette di sottolineare espressamente il dato, anche se questo permane come sfondo agli asserti conciliari.
185 Il riferimento in questione, oltre a fede e speranza, annovera anche l'obbedienza e la carità.
186 Otto volte il termine carità è ascritto direttamente o implicitamente a Maria, cfr. LG 53 (2vv); 61.62.63.64 (2w); 65. Negli ultimi tre casi la virtù comprende la Chiesa, chiamata ad imitare il suo eccelso modello.
187 L'enunciato annovera anche l'esercizio delle virtù della fede, speranza e obbedienza; ma nel caso della carità si nota un'accentuazione dovuta all'espressione «ardente».
188 Lo stesso non può dirsi della fede e della speranza, che hanno esaurito il loro compito all'interno della fase storico-terrena di Maria.
189 L'espressione e materna carità» ben si addice anche all'opera apostolica della Chiesa. I due elementi portanti, la «maternità generante» e la «carità», concernono infatti gli operatori maschili, come dimostrano le stesse parole di S. Paolo: «figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi» (Gal 419). A nostro avviso il tema richiederebbe maggiori approfondimenti in quanto a fondazione della maternità nella Chiesa.
190 S. Meo pone in risalto la valenza soteriologica degli atti umani di Maria, i quali: «indicano tutta la portata morale e religiosa della cooperazione umana, veramente eminente, all'opera della redenzione [...] effettuata dal Figlio di Dio e Figlio suo». S. Meo, Nuova Eva, 1027.
191 In questo caso, a obbedienza e fede, sono abbinate le virtù della speranza e della carità.
192 Per ulteriori approfondimenti sulla povertà e l'umiltà di Maria cfr. O. DA SPINETOLI, La Madonna della Lumen Gentium, 43-49.
193 Difatti: «La sua condizione di povertà che [...] non è soltanto accettata ma realmente amata, la colloca nella tradizione di quella parte di Israele che non poneva la sua speranza di salvezza che nel Signore». R. SILVA HENRIQUEZ, L'insegnamento del Concilio sulla Madonna. Allocuzione del 22 marzo 1965 al Congresso Internazionale mariologico, Santo Domingo 1965, in La Madonna nella Costituzione, 271.
194 C. Bottini riferisce di studi tematici anteriori al Vaticano II, pubblicati da A. Gelin e R. Laurentin, a cui si sarebbe ispirato il Vat. II un decennio più tardi. Cfr. C. BOTTINI, Povera di JHWH, in MarDiz, a cura di S. De Bores.- V. Ferrari Schiefer - S.M. Perrella, Cinisello Balsamo 2009, 968.
195 cfr. T.F. OSSANNA. Modello evangelico, 960. G. Philips rileva una carenza nella teologia, riguardo a questo tema. Cfr. G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, 578.
196 cfr. S.M. PERRELLA, La B. V. Maria nel capitolo VIII, 108-109
197 La sua glorificazione celeste in corpo e anima, immagine e primizia della Chiesa, prelude al compimento futuro della comunità dei credenti. Cfr. H. DE LUBAC, Paradoxe et Mystère, 106-107. G. Philips in rapporto ad alcune riflessioni di Lossky asserisce: «Si la Vierge est l'image de l'Eglise cheminant parmi les ombres de la foi terrestre, elle lest aussi pour l'universelle communauté des Saints réunis dans la vision béatifiante». G. Pmues, La Vierge au II° Concile, 62.
198 Nello sfondo delle asserzioni conciliari, L. Scheffczyk annota: «l'assunzione in cielo significa la trasfigurazione della chiesa, già iniziata in Maria, suo membro supremo. Così, alla luce dei tratti personali di Maria, risplende il volto della chiesa». L. SCHCFFCZYK, La Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare, 109.
199 G. Philips fa notare che il tema della comunione fraterna, presso i Protestanti, richiederebbe una più adeguata valorizzazione e definizione. Cfr. G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, 578.

 

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