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  La Mariologia di Giustino Martire (†165) 
Patristica

Dal libro di Ermanno Maria Toniolo, La Vergine Madre di Dio nei primi Padri della Chiesa, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2011, pp. 39-50.




San Giustino domina per importanza la prima metà del secolo II. É un apologista. Apologisti sono chiamati quei dotti cristiani del secolo II che, replicando alle ingiuste delibere dei magistrati romani contro i cristiani - solo il nome di «cristiano» costituiva reato! - o alle ironie ed accuse che i filosofi e i rètori movevano al cristianesimo, come pure alle incarnite ostilità dei giudei, si accinsero ad una serena difesa della professione cristiana, mostrandola degna di cittadinanza tra le altre molte religioni tollerate: anzi, la sola veramente degna, perché la sola vera. Quadrato, Aristone, Milziade, Apollinare di Gerapoli, Melitone di Sardi, Aristide di Atene, Taziano, Atenagora, Teofilo di Antiochia, sono i principali esponenti della difesa cristiana. Giustino è il maggiore: colui che ha influenzato, con la sua scuola e i suoi scritti, Oriente ed Occidente. Taziano è suo discepolo. Ireneo e Tertulliano dipendono da lui. Ci sono pervenute di lui due Apologie e un Dialogo col giudeo Trifone.

I. GIUSTINO E LA SUA DOTTRINA

1. Biografia di Giustino
Nacque in Palestina, nell'antica cittadina di Sichem (Flavia Neapolis) intorno al 100, da genitori pagani. Assetato di verità e desideroso di filosofia vera, frequenta una dopo l'altra varie scuole del tempo: stoici, aristotelici, pitagorici, platonici. Tutti lo deludono. Finché un giorno, sulla spiaggia di Efeso, incontra un vecchio, che gli parla di Cristo e dei Profeti. La sua mente si apre. La verità lo penetra. Si fa cristiano, ma resta filosofo: professa e insegna la vera filosofia, il cristianesimo. Si fa apostolo: poiché la filosofia cristiana, cioè il V angelo, è una missione di annuncio. La spiega. La difende. La vive: poiché la vita è parola che converte. Anch'egli era rimasto scosso dall'eroismo dei martiri, ancor prima di farsi cristiano. Egli è un laico, ministro della Parola nel grembo della Chiesa. Peregrinò l'Oriente e l'Occidente. Fece due lunghe soste a Roma, dove non dubitò di scendere a pubblico dibattito con i filosofi denigratori dei cristiani. Costoro lo denunciarono: e fu processato. Conserviamo i verbali del suo processo, avvenuto tra il 163 e il165, sotto Marco Aurelio. Ne trascrivo un brano:
«Il prefetto Rustico a Giustino: Quale filosofia abbracci?
Giustino: Ho cercato di conoscere tutte le filosofie; ma mi sono attaccato alla dottrina vera dei cristiani, anche se non piace a chi sta nell'errore.
- E quella dottrina ti piace, disgraziato?
- Sì, perché so che è la vera dottrina.
- Qual è questa dottrina?
- Adoriamo il Dio dei cristiani e crediamo che Egli è unico Dio, fin dal principio Creatore e Demiurgo di tutto l'universo, delle cose visibili e di quelle invisibili; e crediamo nel Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, il quale fu annunziato dai profeti come colui che veniva a soccorrere il genere umano, araldo di salvezza e maestro della bella verità. E io, che sono uomo, mi ritengo troppo piccolo, lo confesso, per parlare degnatamente della sua divinità infinita e riconosco la potenza delle profezie che riguardano colui che ora ho detto Figlio di Dio. Erano ispirati dall'alto i profeti, quando annunciavano la sua venuta tra gli uomini ...
- Sicché sei cristiano?
- Sì, sono cristiano!
»1.
Sigillò con la decapitazione la sua confessione: mostrò con la morte che il cristianesimo è l'unica via per accedere all'immortalità beata, alla partecipazione di Dio.

2. Dottrina di Giustino

Il fulcro della dottrina di Giustino, in cui prende rilievo la Vergine, è il mistero di Cristo. S. Giustino ha lungamente cercato nei sistemi filosofici la risposta ai suoi profondi interrogativi di uomo; e se ha abbracciato il cristianesimo ed ha fatto suo scopo apostolico irradiare gratuitamente e dovunque il Vangelo - approfondito e proposto come «filosofia» ai filosofi, con i canoni della ricerca umana - è perché egli era intimamente convinto che tutte le filosofie non sono che scintille della luce di Cristo. Filosofia infatti è dar ragione dell'esistenza umana e mostrare all'uomo le strade e i mezzi per realizzare la sua nobiltà e i suoi destini. Ora, il Vangelo non è un sistema filosofico, ma è la Verità intera: un Vangelo eterno, che non cominciò con l'apparire di Cristo in carne umana, ma è accolto ed annunciato da quando il mondo esiste, e dovunque da chiunque cerca la verità e l'annuncia. Perché Cristo non è un filosofo: è «il» Filosofo, o meglio, è il Logos sussistente, la stessa Ragione vivente, di cui partecipa ogni uomo che ragiona e pensa. La sua luce illumina il cammino di ogni uomo che viene in questo mondo (cf. Gv 1,9). La sua presenza è immanente all'uomo, come principio di ricerca e di valutazione del vero e del giusto, del bene e del male. Quanti prima del suo apparire nel mondo hanno seguito la verità e la giustizia, sono cristiani ante-tempo, perché - istruiti dal Verbo presente in loro - lo hanno accolto e seguito. Anzi, ogni bontà trova in Lui la sua origine, ogni verità ha in Lui il suo oggetto totale: Egli è così principio del discernimento, e oggetto della ricerca morale e spirituale dell'uomo. Il cristianesimo non è dunque un sistema introdotto di recente: è antico quanto il mondo, nella sua sostanza. La storia dell'uomo è storia cristiana: schierata con Cristo o contro Cristo, cioè secondo ragione o contro ragione. Il cristianesimo è l'apparire del perfetto. L'Incarnazione è la luce fatta visibile, la Ragione (Logos) che istruisce in carne umana. Così ciò che le filosofie faticosamente cercano diventa nella Chiesa facile possesso: possesso di tutta la Verità e della Vita. Leggiamo qualche breve testo di Giustino: «La nostra dottrina si manifesta dunque più superba di qualunque dottrina umana; perché l'interezza della Ragione è stata - corpo, parola e anima - Cristo, apparso per noi. Qualunque sano principio enunciarono o trovarono i filosofi e i legislatori, esso fu sempre opera di ricerca e di dialettica in forza di una parte della ragione. Però, siccome non ebbero conoscenza dell'intera Ragione, che è Cristo ... caddero spesso in contraddizione. Quanti buoni principi furono da chiunque espressi, essi appartengono a noi cristiani. Poiché dopo Dio noi adoriamo e amiamo il Logos (Ragione), che è dal Dio non genito e ineffabile; giacché per noi Egli si fece uomo, per guarire, partecipandone, le infermità nostre. Tutti gli scrittori infatti mediante l'innato seme del Logos, insito in essi, poterono oscuramente intravedere la realtà ...»2. Ciò che il Verbo ha operato nel mondo pagano, illuminando le menti, suscitando la coscienza e la ricerca del bene, ispirando vanti e sibille, molto più e con maggior pienezza l'ha realizzato nel mondo giudaico. Cristo infatti non è solo il Logos, pienezza della Ragione, ma è anche la pienezza della Rivelazione. Rivelatore e insieme rivelato, Egli ispira dall'interno col suo soffio i profeti, anima la storia del popolo santo, scandendola con i suoi tipi e le sue figure, dètta leggi, si mostra apparendo agli uomini in vari modi, guida a santità. Ed è Lui l'oggetto delle profezie, dei tipi, delle figure, delle leggi. L'Antico Testamento è un velario calato sul mistero di Cristo, che esso preannuncia e prefigura. Non altrove che in Cristo ha dunque il suo senso compiuto l'Antico Testamento, che verso di Lui gravita con spontanea tensione. Tutto il mistero di Cristo, nelle sue varie articolazioni, vi è profeticamente adombrato: incarnazione, nascita da Vergine, vita e miracoli, morte e risurrezione, gloria celeste e parusia, corpo mistico e giudizio finale ... È il cammino che il Padre ha assegnato al suo Verbo, perché portasse rimedio al nostro soffrire, dall'interno, assumendolo e ricapitolandolo in sé. Egli è infatti lo strumento del Padre, l'artefice della sua provvidenziale «economia» in nostro favore. Qui trova il suo posto unico ed assume un rilievo di singolare importanza la figura di Maria.

2. MARIA, LA VERGINE, NEL PENSIERO DI GIUSTINO

In questo generale contesto che ho tratteggiato - quasi immenso cammino della storia intera verso Cristo - prende luce Maria, sotto due fondamentali aspetti: 1. in quanto Vergine-Madre; 2. in quanto Nuova Eva.

1. La Vergine Madre
La dottrina mariana di Giustino si impernia attorno all'Incarnazione del Verbo. Ha per centro il verginale concepimento. Giustino parte da ciò che la Chiesa professa, dal dato di fatto pacificamente recepito e fermamente creduto: Cristo è nato da Vergine. Lo attestano le «Memorie» degli Apostoli. È un fatto storico e di fede, nello stesso tempo: storico, per gli elementi visibili ed umanamente constatabili di cui si compone (umanità di Cristo, la Madre Maria, la gravidanza, la nascita, il luogo, ecc.); di fede, per la presenza di Dio operante all'interno della storia umana e per il modo misterioso - oltre le leggi di natura - con cui si attua l'inserirsi del Verbo nella storia dell'uomo3. Di qui il ricorso di Giustino alle profezie, per mostrare vero ciò che sfugge alla costatazione umana. L'unità della rivelazione e l'interdipendenza dell'Antico e del Nuovo Testamento - due momenti di un unico disegno del Padre orientato a Cristo - permette questo ricorso e dà senso e valore alle profezie: valore che è riconosciuto tanto dai giudei quanto dagli stessi pagani. Poiché Uno è Colui che predice e attua, e il fatto si compie nel tempo come predetto - si tratta ovviamente di fatti straordinari, e fuori delle leggi usuali dell'esperienza umana -, vero è il fatto e vera la profezia, l'uno e l'altra dipendenti da Dio, che preannuncia cose straordinarie per renderle degne di fede alloro compiersi, e le compie nel modo predetto per mostrarle compiute dal suo sovrano potere. Quanto al verginale concepimento, molte sono le prefigurazioni e le profezie cui si appella Giustino, sia dialogando con i giudei, sia apologando con i pagani: alcune più oscure, che si illuminano dal mistero di Cristo; altre più evidenti, che lo illuminano. Tra quest'ultime ha il primo posto la celebre profezia di Isaia (7,10-14) più volte citata e commentata da Giustino, sulla Vergine partoriente. Eccone, in sintesi, gli elementi essenziali:
a) L'esegesi di Giustino - come del resto quella dei giudei suoi interlocutori - è letterale: si tratta cioè di una vera donna, di una vera generazione umana, con i suoi momenti genetici: concepimento, gravidanza, parto.
b) Il testo che fa da base all'esegesi dei cristiani - che Giustino segue - è la versione dei LXX, che godeva tale credito e garanzia di inerranza, da essere ritenuta quasi ispirata. I giudei del tempo di Giustino, invece, si valgono di nuove traduzioni (es. Aquila e Simmaco), redatte forse in dibattito coi cristiani durante il primo secolo. Ora, nel caso della profezia di Isaia, il fulcro del divario sta proprio nella parola centrale: «la vergine». La versione dei LXX infatti (accolta dalla tradizione cristiana, e già presente in Mt 1,23), ha il termine παρθÝνóς vergine; al contrario, le nuove traduzioni ebraiche portano il termine -più conforme all'originale - ragazza.
c) Dopo aver previamente dimostrato che la profezia direttamente si riferisce a Cristo, non ad Ezechia figlio di Acaz - come volevano i giudei del tempo e come stanno riproponendo alcuni nostri esegeti - si attarda a provare che unica vera lezione del testo è e dev'essere vergine, non ragazza: si tratta ovviamente non di parola, ma di contenuto. Perché Dio dà un «segno», né solo ad Acaz, ma a tutta la casa di David: e «segno» è qualcosa di eccezionale, di inatteso, di fuori del comune svolgersi delle cose: segno che mostra la mano di Dio operante nella storia dell'uomo. Ora, trattandosi nel testo di vera generazione umana (secondo l'esegesi letterale, che tutti accettavano a quel tempo), e da donna, quale 'segno divino' può costituire una normale generazione? «... Se anche il Cristo avesse dovuto nascere come tutti gli altri primogeniti per unione maritale, perché Dio afferma di compiere un «segno»: il che non è cosa comune a tutti i primogeniti? Ma il «Segno» che è veramente segno, e doveva diventare motivo di credibilità per il genere umano - che cioè il Primogenito di tutte le creature avrebbe assunto la carne da un seno verginale e si sarebbe fatto davvero bambino - questo lo preannunciò Dio per mezzo dello Spirito profetico, affinché quando si fosse compiuto, lo si riconoscesse realizzato dalla potenza e dal volere del Creatore dell'universo: così come dalla sola costola di Adamo fu fatta Eva e dalla sola parola di Dio furono costituiti al principio tutti gli animali ... Voi invece osate adulterare la versione dei vostri Anziani, e dite che la Scrittura non si esprime come essi l'hanno tradotta, ma: «ecco la ragazza avrà in seno»: quasi che fossero significate grandi cose col dire che una donna avrebbe partorito da connubio: cosa che tutte le giovani donne fanno, eccetto le sterili: se Dio lo vuole, le può far partorire anch'esse!...» (Dialogo, 84. PG 673-676). Dunque, secondo Giustino (e tutte le Chiese e gli autori dei primi secoli) una sola è la Vergine letteralmente predetta dal testo profetico: Maria. Uno solo è il figlio della Vergine, chiamato «Emmanuele»: Cristo Salvatore.

2. La nuova Eva

Il cristianesimo è teologia della storia, oltre che proposta di salvezza. Motiva le origini umane, spiega la condizione presente, preannunzia lo stato futuro; abbraccia tempo ed eterno, congiunge l'Immutabile al divenire. Il mistero di Cristo precede la storia e la spiega; anzi, la contiene interamente. Tutto gravita sotto il suo influsso, tutto si spiega alla sua luce. In campo mariano, la scena dell'Annunciazione trova riscontro nella scena della caduta. Ciò perché vi è un profondo ricorso storico («ricircolazione», lo chiamerà Ireneo), un ritorno alle origini, che in Cristo vengono superate. La lettura del verginale concepimento, che inserisce Dio diventato «figlio dell'uomo» nella storia dell'umanità per sanarla, è in perfetto parallelismo (diretto o antitetico) con la degradazione che il peccato ha introdotto nel mondo4. Un unico binario guida la storia, percorso inversamente da Dio e dall'uomo. L'uomo distrugge, Dio riedifica. Ma sulla stessa linea e con gli stessi mezzi. L'uomo pecca e introduce la morte: Dio salva e porta la vita. Ma per mezzo di una donna. Per mezzo di Eva cade l'«uomo», cioè Adamo, il protoplasto; per mezzo di Maria nasce l'«Uomo», il Cristo Primogenito. Anzi, per mezzo di una Vergine. È ancor vergine Eva - argomenta Giustino - quando accogliendo la parola seduttrice del serpente si corrompe e pecca, introducendo nel mondo la morte e trascinando nella mortalità e nella corruzione l'uomo e i suoi discendenti: Vergine è Maria, anzi «la Vergine» (così la chiama Giustino) che, irradiata dalla presenza fecondante della Parola di Dio, effonde la Vita, e trascina con sé l'intera umanità verso l'immortalità e l'incorruttibilità. Due donne; due vergini; due responsabili della storia umana: la prima con satana, l'altra con Dio; l'una di morte, l'altra di Vita: ma una sola è la strada, quella che passa attraverso la carne umana e costituisce l'unità di storia davanti a Dio. « ... Si fece uomo dalla V ergine, affinché per quella stessa via per la quale - cagionata dal serpente - ebbe principio la disobbedienza, per la medesima via venisse similmente distrutta. Eva infatti, essendo vergine e incorrotta, dopo aver concepito la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte. Invece Maria la Vergine, dopo aver accolto fede e gioia - recandole l'angelo Gabriele il lieto annunzio che lo Spirito del Signore verrebbe sopra di lei e l'adombrerebbe la Virtù dell'Altissimo e che perciò il nato da lei santo sarebbe Figlio di Dio - rispose: «Mi avvenga secondo la tua parola» (Lc 1,38). E da lei è nato Costui, del quale abbiamo mostrato che tante Scritture parlano: per mezzo di Lui Dio annienta sia il serpente che gli angeli e gli uomini a lui simili, ma opera la liberazione dalla morte in coloro che si pentono delle opere malvage e credono in Lui» (Dialogo, 100. PG 6,709-712)5. Così Cristo rifà nuovo Adamo, Maria redime il fallo di Eva: e l'umanità riprende il suo nuovo cammino, diventato certezza di fede ed esperienza di vita, verso il suo ultimo destino: la piena redenzione dell'uomo6.

III. ATTUALITÁ DI GIUSTINO

L'attualità di Giustino è grande, oggi più di ieri. Le sue intuizioni di fondo, che rispecchiano il pensiero della Chiesa primitiva, costituiscono traccia di ricerca per il teologo d'oggi. Cristo è il nodo della Rivelazione divina e della storia umana, che attorno a Lui gravita, e di Lui è gravida; Cristo è all'interno di ogni uomo e di tutti gli uomini, ma splende in piena luce nella sua Chiesa, comunità di salvezza. Egli è dunque l'incarnato da sempre, il figlio dell'uomo che salva l'uomo, il nato da Vergine per portare salvezza. Maria, la Vergine, responsabilmente inserita in questo piano unitario di Dio che vuole il suo Verbo partecipe e redentore della storia umana, costituisce il punto di incontro tra il decaduto e il redento, tra il presente e l'eterno: è la strada di Dio per farsi uomo. Maria dunque - sempre presupposto il disegno eterno di Dio - è la condizione indispensabile per l'attuazione della salvezza: innanzitutto perché donna, poi perché Vergine. Ma v'è di più. Sia per riguardo alla natura umana, che intrinsecamente è libera, sia soprattutto perché lo esigeva l'antitesi con la prima donna prevaricatrice, Dio volle nel suo progetto questo strumento umano - la Vergine Maria - in tutta la sua vastità: persona e azioni, libera adesione e collaborazione. Una vergine infatti aveva liberamente accolto la seduzione di satana, costituendosi disubbediente a Dio e portatrice di morte; una Vergine, con la sua libera risposta di fede, si costituirà ubbidiente a Dio e porterà al mondo il Verbo redentore, cioè la Vita. Siamo di fronte al primo abbozzo di una maternità verginale, ma responsabile e salvifica, che porrà Maria nel cuore dell'umanità redenta come Madre a doppio titolo: perché Genitrice del Verbo, capo dell'intera umanità; e perché liberamente associata alla concreta attuazione in Lui della salvezza.

NOTE

1. A. HAMMAN, Le gesta dei martiri, Milano 1958, pp. 49-52.
2 GIUSTINO, Apologia, II,10-13. Traduzione di I. GIORDANI, S. Giustino. Le Apologie, Roma 1962, pp. 140-143.
3. Giustino parte dal fatto, storicamente inoppugnabile, che il Cristo è nato da una Vergine. Chi gli dà questa certezza storica non è soltanto la fede, oralmente trasmessa dagli Apostoli e fedelmente custodita dalle singole Chiese come deposito rivelato, ma sono anche i Vangeli, che egli conosce e chiama anche «memorie» degli Apostoli: essi costituiscono argomento storico e verace dei fatti. Ora, i Vangeli raccontano come il Cristo si sia incarnato da una Vergine discendente di Abramo, della tribù di Giuda, della stirpe di Davide, concepito per virtù di Dio secondo l'annuncio di un angelo, partorito a Betlemme in una grotta, deposto in una mangiatoia (cf. Apol.1,33; Dia/. 78. PG 6,379-382,658). Conseguentemente a questa sua visione storica, egli rigetta e mostra assurde le accuse sia dei pagani che dei giudei, i quali volevano ridurre ad una semplice favola - ad un «mito», diremmo oggi - il puro e santo concepimento di Cristo e lo infangavano, paragonandolo alle vergognose favole della mitologia greca. Per demolire fin dalle radici l'argomento «mitico» egli tenta di mostrare l'anteriorità delle profezie sulle favole: le quali altro non sarebbero che una grossolana scimmiottatura indotta dai demoni nell'ambiente mediterraneo greco, dove prevedevano che si sarebbe diffuso il messaggio cristiano. Così le favole dipenderebbero dalle profezie vere; verrebbe spiegata la similitudine di alcuni fatti con i miti pagani: i quali, tutt'altro che nuocere alla verità, la comproverebbero. Un esempio: «Quando poi, o Trifone- dissi- io sento affermare che Perseo è nato da vergine, capisco che pure ciò l'ha scimmiottato il serpente ingannatore» (Dia/. 70. PG 6,641). Certo, l'argomento di Giustino è semplicistico, fors'anche storicamente falso: ma dimostra come i cristiani delle origini riguardassero gli eventi di Cristo: fatti storici indiscutibili, prima che proposte di fede.
4 La meditazione sui primi tre capitoli della Genesi (tema caro alla gnosi cristiana della fine del I secolo e inizi del secolo II), e in particolare sulla scena della caduta (Gen 3), si intreccia e si prolunga nella meditazione sulla scena della Annunciazione. Troppi elementi comuni (paralleli o antitetici) offrivano queste due scene cosmiche, perché dovessero a lungo sfuggire all'attenta introspezione cristiana. Giustino è il primo, per quanto sappiamo, che ravvicini tra loro le due scene nel loro insieme e nei particolari. Né si tratta di semplice accostamento illustrativo indotto dall'autore, ma della scoperta di un vero e proprio legame che le unisce tra loro, di un nesso profondo che trova la sua ultima ragion d'essere nella stessa Sapienza di Dio e nei suoi eterni decreti. La «gnosi» di Giustino arriva dunque a cogliere e svelare l'arcano motivo di una economia «dalla Vergine», o, come più spesso afferma, «per mezzo della Vergine». E Dio che vuole, con positivo disegno, contrapporre alla caduta la redenzione, alla sconfitta la vittoria, alla morte la Vita: e si serve degli stessi mezzi e dello stesso procedimento (ma inverso!) che apportarono la rovina: nel nostro caso, di una donna-Vergine. Il modo dell'Incarnazione, cioè il verginale concepimento, anche non fosse richiesto dalla natura delle cose, è certo voluto da un piano di Dio.
5 Il canovaccio dell'antitesi Eva-Maria Giustino lo desume non dal racconto di Gen 3, ma dalla scena dell'Annunciazione (Le 1,26-38). Il testo di Luca sta dunque alla base, e quasi sempre con le sue espressioni verbali; gli elementi di Gen 3 sono invece colti, interpretati e ordinati secondo lo schema lucano. Ecco, schematicamente, il parallelo antitetico:

Gen 3
La via per cui ebbe inizio la disubbidienza
(a) Eva
(b) ancor vergine e incorrotta
(c) dopo aver concepito
(d) la parola
(e) (a lei detta) dal serpente
(f)
(g) generò disubbidienza
(h) e morte.

Lc 1
La via per cui fu annullata la disubbidienza
(a) Maria
(b) la Vergine
(c) dopo aver accolto
(d) fede e gioia
(e) evangelizzandole l'angelo Gabriele
(f) che lo Spirito del Signore verrebbe sopra di lei e la Virtù dell 'Altissimo l 'adombrerebbe; e che perciò il nato da lei santo sarebbe Figlio di Dio,
(g) rispose: «Mi avvenga secondo la tua parola».
(h) Da lei è nato Costui ... per mezzo del quale Dio annienta tanto il serpente quanto gli angeli e gli uomini a lui simili; ma opera la liberazione
dalla morte in coloro che si pentono delle opere malvage e credono in Lui.

Come si nota, alcuni membri del parallelismo appaiono oscuri: ciò perché Giustino non ha voluto piegare il testo di Luca ad uno schema - così come ha fatto del Genesi 3 - ma vi si è adattato. La difficoltà nasce dal contrapposto satana-Gabriele: il primo porge ad Eva la sua «parola» ingannatrice; il secondo non può che recar di suo se non «gioia» (sottinteso il «Rallegrati, piena di grazia»), cui fa eco in Maria la «fede». La «Parola» invece che la rende non simbolicamente, ma realmente gravida, è lo stesso Verbo del Padre - che nel testo vien chiamato con due espressioni sinonime: Spirito del Signore e Virtù dell'Altissimo. Gabriele dunque annuncia a Maria che concepirà la stessa Parola di Dio, la quale scenderà su di lei per renderla Madre. Vi è dunque un personaggio in più, nel testo di Luca: la stessa «Parola» in persona. Gabriele è solo un nunzio della Parola che dà Vita; satana invece, il seduttore, porge di suo la «parola» che, fecondando (allegoricamente) Eva, genera la morte. Sintetizzando in schema logico, avremo:

(a) Eva
(b) ancor vergine
(c) concepisce
(d) la parola
(e) a lei detta dal serpente
(f) genera disubbidienza
(g) e morte.

(a) Maria
(b) la Vergine
(c) concepisce (accogliendo con fede)
(d) la PAROLA di Dio
(e) a lei annunciata dall'angelo
(f) ubbidisce
(g) e genera la Vita (il Salvatore).

6. Per Giustino, Maria e la sua verginale maternità, non è soltanto una realtà storica predetta da Dio: è un «evento» da lui positivamente voluto, e perciò predetto e poi attuato; anzi, uno strumento da lui prescelto e stabilito nella sua economia di salvezza: per di più, non strumento occasionale, ma necessario.

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