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  Maria nella musica del Novecento Europeo 1 
Musica

Un articolo di Sergio Mililetello in Theotokos XXIX (2021), pp. 417-439.



Nella lunga e diversificata storia del cristianesimo,1 abbiamo numerose e qualificate testimonianze di venerazione, di matrice liturgica e popolare,2 verso l'umile Madre del Signore, consuetudine che progressivamente si è anche espressa in inni e canti di lode, di ammirazione, di esaltazione, di invocazione tratte e fatte dai credenti.3 Maria di Nazareth ha ispirato tantissime generazioni di teologi, poeti, letterati, artisti e musicisti che hanno percorso col proprio genio la incantevole ed impegnativa via pulchritudinis.4 La via della bellezza, oltre a introdurre e a far gustare al credente la trascendente Bellezza dell'Unitrino, che si epifanizza nel suo Cristo e in lui nella Tota Pulchra , rende nello stesso tempo capaci ed aperti al colloquium salutis, come più volte hanno insegnato, ad esempio, sia san Paolo VI (1963-1978)5 che san Giovanni Paolo II (1978-2005).6 La pregnanza che la via pulchritudinis possiede da taluni è ritenuta molto più forte ed efficace rispetto alla via veritatis perché non necessita forzatamente del chiarimento verbale e concettuale dell'identità cristiana.7 La via della bellezza, espressione anche credente è stata ed è percorsa da tanti artisti ed artiste nel corso dei secoli sino ad oggi, per cui non fa meraviglia che la Chiesa nei suoi Papi abbia rivolto il suo sguardo e il suo ringraziamento.8 A tal riguardo papa Francesco nella sua esortazione apostolica programmatica del suo pontificato, scrive: «É bene che ogni catechesi presti speciale attenzione alla "via della bellezza" (via pulchritudinis). Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta a incontrarsi con il Signore Gesù. Non si tratta di fomentare un relativismo estetico, che possa oscurare il legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza, ma di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto. Se, come afferma S. Agostino, noi non amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sè con legami d'amore. Dunque, si rende necessario che la formazione alla via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede. É auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l'uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo "linguaggio parabolico". Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, e comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri».9 Per quanto riguarda la musica e la sua lunghissim storia,10 essa è sinfonia artistica di bellezza e lo è, dal punto di vista religioso e teologico, in modo speciale, la musica sacra.11 Su questa ricca e composita tradizione musicale denominata musica sacra: «In Europa, ma specialmente in Italia, questo repertorio d'arte era poco o nulla eseguito nella liturgia fin dall'800: in particolare il canto gregoriano12 era stato deformato e in gran parte abbandonato nella prassi liturgica già dal '400, soppiantato dall'arte polifonica. Una qualche ripresa era avvenuta attraverso i movimenti riformatori dell'800, storico-benedettino per la liturgia, benedettino-solesmense per il gregoriano e ceciliano per la polifonia rinascimentale, approvati e sanciti dall'autorevolezza del motu proprio di Pio X nel 1903, riconfermati e sostenuti dai Papi successivi fino al Concilio Vaticano II. Nel '900 perô l'arte musicale rituale non sembra aver prodotto esiti d'arte e di comunicazione liturgica così alti come quelli dei secoli trascorsi, nônostante la genialità di Lorenzo Perosi e la bravura di molti altri validi musicisti che hanno seguito le sue orme. La legislazione e la prassi liturgica, decretate dal Concilio Vaticano II e applicate dai documenti e dai comportamenti successivi, hanno segnato una cesura tra la stona millenaria della tradizione della musica liturgica e sacra e quella attuale, specialmente nel progressivo abbandono della lingua latina e la diffusione delle lingue moderne. Inoltre, pur mantenendo la presenza di canti in latino all'interno delle celebrazioni in lingua volgare, il legislatore auspicava una rinnovata stagione di nuove composizioni per una liturgia consapevole e partecipata».13 Molte cose sono cambiate e molti indirizzi e sensibilità sono sono affermate; la musica religiosa e sacra accompagnano e sostengono la bellezza della preghiera liturgica che sale a Dio in perenne rendimento di grazie e di impetrazione per l'umanità affinando l'udito della fede dei credenti per penetrare con la musica e il silenzio le profondità e le altezze del Mistero: «Ascoltate e vivrete» (Is 55,3). Musica, canto, preghiera e opportuni silenzi - quanto è importante il silenzio nell'attuale geenna dei rumori!14 -; silenzi alti che ci fanno udire la voce e il suono divini educandoci a gustare la Bellezza che non tramonta e che non stordisce, ma risana e ristora dai brutti ed incalzanti rumori della postmodernità. Anche l'umanità del nostro tempo ha diritto e giustamente esige che la musica sacra e non solo, sia sempre più e meglio armonia e sinfonia di Bellezza, un'arte sempre più difficile ma necessaria. A tal riguardo osserva il teologo e cärdinale tedesco Leo Scheffczyk ( 2005) nel suo Musica sacra sotto il soffio dello Spirito,15 tale arte è «splendor veri e per servire la verità, la musica sacra deve corrispondere al contenuto della "Parola" (da comprendersi qui nel suo senso essenziale e pia profondo come Gesü Cristo, il Verbo fatto came); anzi, piü ancora, deve tendere, in quanto verità e via, a personificare in una nuova dimensione e a "incarnare" tale Parola nel tono, nel suono, nella melodia, nell'armonia e nel ritmo. Diventa quindi evidente che non si raggiunge i'apice della musica sacra, se la si comprende e si realizza solo come espressione del sentimento vitale dell'uomo [ ... ]. Da un livello molto alto di riflessione nella fede si è potuto designare la musica sacra come "una delle lingue di fuoco dello Spirito Santo". Questa è un'affermazione circa la sua realtà di fede, ma nello stesso tempo è anche un imperativo. In effetti la musica sacra può essere intesa come risposta alla Parola di Dio proveniente dalla profondità dello Spirito Santo. Al credente non sfugge che esiste una affinità sotterranea tra il carattere dell'evento musicale e il soffio dello Spirito [ ... ]. Nel Veni, Sancte Spiritus l'espressione musicale è quasi fusa con il soffio dello Spirito, lo strumento si confonde con l'artista. Nell'azione dello Spirito, di cui si cantano gli effetti, diventano percepibili le caratteristiche di una musica a lui corrispondente, una musica vivificata dal suo soffio: come lucis radium, come lumen cordium, come dulce refrigerium».16 Per i credenti lo Spirito Santo ispira e conduce il genio artistico a contemplare, narrare, celebrare e tramandare con la musica, non solo sacra, le "grandi opere" (cfr. Lc 1,49) che Dio ha compiuto in Maria di Nazaret; perciò ella è degna destinataria dell'attenzione e dell'amore dei musicisti che rendono, inoltre, un prezioso servizio alla Chiesa.17 É assai utile, bello e gratificante conoscere e studiare «attentamente non solo dal punto di vista formale ed artistico perché, essendo in molti casi una componente della celebrazione liturgica della fede, e anche cordiale espressione della dottrina e della pietà mariana. Resta comunque il singolare frutto del genio artistico delle creature toccate dalla grazia divina e dalla significanza e bellezza dell'umile serva del Signore, che in ogni tempo e in ogni cultura ispira a spargere semi di bellezza e momenti di preghiera».18 Non si possono non condividere queste osservazioni del musicista contemporaneo Marco Frisina.

LA MUSICA MARIANA NEL NOSTRO TEMPO

Quello della musica mariana nel XX secolo rimane ancora un capitolo da scrivere, poiché allo stato attuale le poche voci enciclopediche si rivelano fortemente stringate, poco esaustive e senza un giudizio sintetico sulla complessiva produzione.19 In verità, già nei Dizionari che si stilavano in Italia lungo il XX secolo cominciavano ad apparire accenni alla musica mariana contemporanea20 e non mancavano pure accenni in pubblicazioni estere relative alla presenza di Maria nella musica,21 ma - alto stesso tempo - risultano oggi riduttivi e limitati inevitabilmente alla prima metà del Novecento; così è pure per l'elenco delle opere musicali mariane contenuto nel Thesaurus marianus.22 Un cenno a parte merita, però, il monumentale studio del musicista frate Servo di Maria Pellegrino Santucci ( 2010), docente presso il "Marianum" e al Conservatorio Statale di Firenze, dal titolo La Madonna nella Musica, dove i riferimenti al '900 sono molteplici e distribuiti lungo i due volumi dell'opera che raccoglie citazioni, elenchi e tavole. Tuttavia, questo lavoro, pur denso di riporti storici, non affronta l'analisi dei motivi delle dediche mariane nelle composizioni novecentesche.23 Anche nel contesto liturgico le pubblicazioni del XX secolo si riducono a specifici riferimenti bibliografici e non ad uno sguardo complessivo del culto mariano nella cultura popolare musicale.24 Oltre alla mancanza nell'enciclopedia, ancora oggi nella saggistica non vi è studio e spazio per questo argomento che si rivela, quindi, non conosciuto ai più. Tuttavia, sebbene non esistano allo stato attuale studi specificamente riservati alla presenza di Maria nel '900 musicale, in realtà ci sarebbe da scrivere molto in proposito, poiché la presenza della Madre di Gesù nella cultura musicale novecentesca non è venuta mai meno (perdura anche nel mondo contemporaneo), come cercherò di evidenziare in questo articolo che non intende stilare un semplice elenco di autori e relative opere, quanto offrire spunti riflessivi circa il modo dei compositori del secolo scorso nell'approcciarsi e affrontare musicalmente la figura di Maria. L'intendimento e arduo, complesso e di difficile sintesi. Tuttavia, cercheremo di addentrarci nell'analisi del mondo musicale (mi riferisco in particolare a quello europeo), contraddistinto da una molteplicità di linguaggi artistici. Infatti, riferendoci al '900, differentemente dalle epoche precedenti, non possiamo parlare generalmente di "stili", quanto di percorsi artistici individuali e, quindi, diversificati e non omogenei sia nelle forme utilizzate che nel linguaggio grammaticale scelto. Ed è per questo motivo che si fa fatica a compilare una relativa voce enciclopedica, riassuntiva sul modello delle precedenti epoche storiche ed artistiche. Nonostante ciò, ritengo personalmente che proprio la stessa mancanza di uno "stile simile" e, al contempo, la diversità dei "contenuti mariani" adottati dai compositori del secolo scorso, possano essere la chiave di lettura di questa epoca. Mi dedicherò, dunque, ad un saggio critico sulla presenza mariana nella musica del '900 in rapporto al contesto storico, partendo dalla considerazione di trovarci dinanzi ad un ventaglio nutrito di composizioni (di autori noti, meno noti e addirittura non conosciuti al vasto pubblico), repertorio difficilmente catalogabile anche attraverso i moderni mezzi informatici di ricerca. Tale repertorio andrebbe ricercato nell'ambito della musica liturgica (sia nella letteratura corale che organistica),25 in quella extra-liturgica (cioè fuori dal contesto rituale), compreso il moderno melodramma. Sono convinto che attraverso l'analisi della sedimentazione o meno del culto mariano in rapporto con la vicenda storica del secolo e la conseguente produzione musicale,26 si possa giungere a ritrovare il "cammino musicale" di Maria che la spiritualità dell'artista del secolo scorso ha saputo o voluto evocare in riferimento alla propria vicenda di vita o all'intera umanità.

IL "CAMMINO MUSICALE" DI MARIA NEL CONTESTO SOCIO-CULTURALE DEL NOVECENTO

Considerando come l'interesse musicale per Maria sia stato presente sia nell'ambito liturgico che in quello extra-liturgico (ossia quello della cosiddetta "musica colta"), ritengo fondamentale il riferimento alla storia e alla società che ha attraversato e rivoluzionato la cultura del '900. I primi anni del secolo ventesimo vedono suggellare nel magistero ecclesiale i lineamenti del canto e la giustificazione del suo stile all'interno del culto cristiano.27 Ma l'estetica ottocentesca, giudicata ormai nel suo degrado, pervade ancora lo spirito dei compositori, alcuni dei quali, attenti alle istanze del loro tempo, riconvertono tipologie romantiche, anche nella produzione del canto mariano popolare: assistiamo così alla produzione di canti di vecchia maniera e a quella rispondente al nuovo indirizzo liturgico,28 pure nel permanere della prassi della musica religiosa del "fin de siècle" con composizioni mariane di livello, come il caso dell'Ave Maria di Gabriel Fauré (1845-1924).29 La scena di questi primi decenni è dominata dalla massiccia produzione nell'ambito ecclesiale della musica del sacerdote Lorenzo Perosi (1872-1956),30 autore di brani per la liturgia, musica sacra e musica strumentale contraddistinta da un sinfonismo tardoromantico. La sua figura, che fa da ponte tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, si impone sulla scena musicale per la feconda creatività e per il contesto storico in cui vive: la vicenda teologica del modernismo e la negazione di una nuova mentalità estetica. Un difficile momento culturale per la musica sacra dove si assiste soprattutto alla produzione perosiana, contraddistinta dalla mediazione tra fresca ingenuità e declinazione degli studi in terra tedesca.31 Quale rappresentante del rinnovamento dell'Oratorio che ritrovava le sue espressioni pin adeguate in risposta al nuovo spirito liturgico,32 molte pagine di Perosi sono rivolte a Maria: l'Oratorio Il Natale del Redentore (1899), la cui prima parte è dedicata all'Annunciazione, tra cui emergono gli accenti commossi dell'Ave Maria; l'Oratorio Il Giudizio Universale con l'invocazione finale alla Madonna su testo di Giulio Salvadori33 (1904); lo Stabat Mater per soli coro e orchestra (1904); l'Oratorio Transitus animae con il soavissimo Maria, Mater Gratiae (1907). Nel 1904 ricorreva il 50° del dogma dell'Immacolata Concezione sancito da Pio IX (1846-1878) nel 1854:34 per questa occasione viene eseguita la Cantata-Oratorio Dies iste celebretur di Perosi in onore dell'Immacolata. La ricorrenza costituisce l'avvenimento che dà anche una giustificazione al protagonismo all'inizio del secolo di raccolte di canti popolari (laudi e canzoncine mariane) dedicate alla Madonna in vane nazionalità, eredi dei componimenti devozionali di fine '800 e quindi spesso di "sapore" romantico.35 Tutte pagine pervase da un tono "liturgico" popolare, linguaggio che, però, si appresterà a divenire stridente nel nuovo panorama musicale, a motivo della coincidenza con i mutamenti culturali in atto nell'arte musicale. Parallelamente al mutamento del linguaggio artistico, nella vita civile della prima metà del XX secolo si assiste ad uno dei momenti pin oscuri e più drammatici della storia con un misto di grande sviluppo tecnico e grandi arretratezze, di grande orgoglio e di grande irresponsabilità. Per pochi è come un prolungamento della "Belle Epoque", ma per la grande maggioranza è un periodo di gravi stenti e di condizioni che oggi ci sembrerebbero insopportabili. Declinando questo stato di cose, il linguaggio musicale non può più esprimere le dolcezze, quanto piuttosto la difficoltà del quotidiano,36 anche nel rivolgersi a Maria. Nella creatività musicale si individua nel soggetto "Maria" il contributo di una identità ecclesiale ed anche nazionale. É il caso del musicista e compositore Sergei Rachmaninov (1873-1943) con lo splendore del Bogorodice Devo, radujsja (Ave Maria) e con il festoso Vzbrannoj voevode (A te condottiera invincibile), tratti dai suoi Vespri Op. 37(1915) per coro misto "a cappella", componimento sontuoso e avvolgente che, attingendo al patrimonio dell'antica tradizione liturgica ortodossa innervata da personali soluzioni armoniche, apre verso orizzonti di profonda intensità. All'interpretazione del fiorire di "canti mariani" popolari succedono nel 1917 le apparizioni di Fatima (1917), dove la Vergine del Rosario invita i fedeli alla devozione al suo "Cuore immacolato" e alla "consacrazione del mondo" (Pio XII la farà nell'ottobre 1942).37 Non mancano nel contesto della produzione religiosa tentativi di mediazione tra le esigenze riformiste desiderate dal magistero ecclesiale (che le aveva recepite dal Movimento liturgico) e le esigenze della evoluzione del linguaggio musicale, ma i compositori intellettuali preferiscono praticare un linguaggio più "personale", "moderno" e, a volte, arditamente "sperimentale". L'uso moderno del linguaggio viene a trovare così una sua legittimazione anche nella messa in musica della tematica religiosa in ambito extra-cultuale. Tra le figure emergenti, cito quella del tedesco Paul Hindemith (1895-1963), musicista che si stacca dal cosiddetto "Gruppo" italiano. Con il suo componimento Das Marienleben (La vita di Maria) per soprano e pianoforte (1922),38 egli ricerca una musica che interpreti le tappe principali dell'esistenza della Vergine e, attraverso la poesia dell'eclettico austriaco di origine boema Rainer Maria Rilke (18751928),39 investiga i sentimenti umani per poi trasfigurarli di fronte alla dimensione ultraterrena del Mistero dell'Incarnazione. In questo periodo storico di forti tensioni (il primo dopoguerra e l'accrescersi di ideologie drammatiche), egli - tra gli altri quadri della vicenda umana di Maria - musica con momenti di forte intensità emotiva la scena in cui la Madonna culla il corpo del Figlio crocifisso. Anche il teatro musicale di quegli anni si rivolge alla Beata Vergine Maria. Basti pensare al ciclo di opere composte da Nino Cattozzo (1886-1961), musicista che a partire dagli anni Trenta si trova ai vertici come compositore, con quelli che sono considerati i suoi capolavori: i Misteri gaudiosi (1923) e i Misteri dolorosi (1929). Si tratta di opere riunite sotto il titolo Nel solco di Roma, importante ciclo storico-mitologico volto a scandire l'ascesa dell'uomo verso i traguardi maggiori della civiltà. Il cerchio mariano si chiuderà più tardi con i Misteri gloriosi (1952). La produzione religiosa europea si rivolge, dunque, anche alla supplica mariana che - differentemente dal linguaggio hindemithiano - per essere più vicina alle masse, si serve del linguaggio folclorico e della lingua nazionale, come nel caso dello Stabat Mater del 1925 e della Litania do Marii Panny (Litania alla Vergine Maria) del 1930 del polacco Karol Szymanowski (1882-1937). Il segno di una musica di carattere nazionale si avverte anche in Italia, quasi convergendo storicamente con il programma populistico del fascismo. In una situazione tanto complessa e drammatica, paradossalmente si inneggia alla guerra ("sola igiene del Mondo"), al nazionalismo e al militarismo. Le cause della catastrofe sono, soprattutto, ideologiche: l'allontanamento da Dio, la defezione dagli ideali cristiani e dallo spirito comunitario del passato, un deliberato orientamento verso i beni materiali e l'egoismo nazionale. Inoltre: «In un tempo di crollo di ogni fondamento, come fu l'epoca delle due guerre mondiali, la filosofia della vita si trasformò sempre più in una filosofia della vita umana minacciata, della problematica esistenza umana. Questo esistenzialismo, che poté rifarsi anche alle esperienze religiose di Pascal, di Kierkegaard e di Newman, ripudiò il pensiero astratto e i sistemi assoluti, volgendosi tutto alla preoccupazione per l'esistenza dell'individuo, percettibile solo mediante l'esperienza vitale. La paura diventa mezzo rivelatore dell'esistenza; un forte pessimismo pervade la concezione. Mentre Martin Heidegger oppure Jean Paul Sartre escludono metodologicamente I'esistenza di Dio oppure la negano direttamente. Gabriel Marcel considera l'essere dell'uomo accessibile solo per via di partecipazione. Il suo vero essere, che è insieme iniziativa e vocazione, presuppone non soltanto i rapporti umani ma anche il rapporto dell'uomo con Dio. La fede è l'audacia del saggio (Peter Wust [ 1940])».40 Con il sopravvenire di un nuovo disastro morale della società, il parigino Vincent D'Indy (1851-1931) scrive i suoi mottetti: Ave, regina coelorum Op. 79 per 4 voci miste (1922) e O domina mea Op. 88 per 2 voci eguali e organo (1926).41 Lo stesso anno della sua morte, coincideva con il XV centenario del Concilio di Efeso (1931), celebrato con solennità da papa Pio XI (1922-1939) con l'enciclca Lux veritatis, per la cui ricorrenza si promossero manifestazioni mariane trionfali, quasi evocando manifestazioni della pietà mariana di altri tempi, sia negli ambienti intellettuali che in quelli popolari.42 Non è secondario in questo momento storico il "recupero" della preghiera dell'Ave Maria: nel 1931 viene dato alle stampe a Milano un libro con la traduzione dell'Ave Maria in ben 404 lingue. Proprio a Milano, nel 1934 viene rappresentato al "Teatro alla Scala" il melodramma di Salvatore Allegra (1897-1993), intitolato Ave Maria. Ancora in area orientale, toccanti armonie rivestono la brevissima e arcaicizzante Ave Maria del noto compositore Igor Stravinskzj (1892-1971), concepita originariamente per la liturgia ortodossa russa nel 1934 (poi rielaborata su testo latino nel 1949), testimone della devozione popolare alla Vergine Madre di Dio.43 La forte devozione arroccata anche alle traduzioni rurali viene interpretata dal francese Francis Poulenc (1899-1963) con le sue Litanies a la Vierge noire del 1936 (in occasione del pellegrinaggio alla Madonna Nera di Rocamadour), prima di comporre il suo più corposo Stabat Mater nel 1950 per soli, coro e orchestra.44 Nel ventennio tra le due guerre mondiali, periodo di ristagno e di recessione, si accentua il nazionalismo per cui ogni stato tende a richiudersi su se stesso alla ricerca del proprio, esclusivo interesse. Ed anche la musica religiosa di questo periodo si tramuta, particolarmente nelle feste mariane e nei congressi eucaristici, in veri e propri "inni" che configurano i partecipanti a queste forme paraliturgiche in "soldati di Cristo": composizioni dal ritmo serrato (che riprendono devozioni al sacro Cuore di Gesù o inneggiando ai richiami al Sommo Pontefice), dando così alla religione un netto valore sociale, come si canterà ancora nell'immediato secondo dopoguerra: «siamo arditi nella fede, siamo araldi della croce; al tuo cenno, alla tua voce, un esercito all'altar!»45. Insieme ad incalcolabili sventure, l'inizio della 2° Guerra Mondiale segnò anche l'accentuarsi di una religiosità che si era assopita; ci fu un grande ritorno alla vita ecclesiale e ai sacramenti, si riscoprì lo spirito di sacrificio e la solidarietà. Nel 1938 papa Pio XI concede alla Francia un Giubileo straordinario per celebrare il 3° centenario della consacrazione della nazione a Maria. Nel 1939 Goffredo Petrassi (1904-2003), titolare della Cattedra di Composizione al conservatorio di Santa Cecilia a Roma, si cimenta nel musicare il testo sacro del Magnificat per soprano leggero, coro misto e orchestra: è l'unico suo componimento sinfonico-corale dedicato a Maria, coincidente agli anni dell'inizio del secondo conflitto mondiale con le sue inaudite efferatezze.46 Mai nella storia si poté assistere ad una serie così inaudita di gratuita, pianificata violenza contro persone inermi e innocenti (basti pensare allo sterminio degli Ebrei); mai si era teorizzato con tanta corale insistenza l'esistenza di una razza superiore cui era riconosciuto il diritto e il "dovere" di asservire le razze inferiori. Pio XII (1939-1958) a più riprese fa udire, inascoltata, la sua voce, mentre la comunità dei credenti si prodiga silenziosamente, spesso, con grave rischio a servizio dei perseguitati.47 In pieno periodo bellico, di tanto odio gratuito, la devozione del rosario vede una grande diffusione, tanto che la protezione dalla distruzione di alcune città viene attribuita - tra gli altri - dal card. Idelfonso Schuster arcivescovo di Milano (1880-1954) proprio alla preghiera popolare da mi caldeggiata. L'Europa esce dalla guerra sconvolta, dilaniata da profondi rancori, aprendo un periodo di intensa faticosa ricostruzione, materiale e morale.48 Nel secondo dopoguerra (dal 1945 in poi) il popolo smarrito nutre la sua già forte devozione mariana attraverso la Peregrinatio Mariae49, rivolgendosi all'immagine della Vergine per chiederle soccorso.50 Nel 1953 nella città di Siracusa una anonima statuina della Vergine lacrima, richiamando folle e suscitando un non banale intervento di papa Pio X11.51 Sono gli anni in cui Henry Matisse decora con le sue artistiche vetrate la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire a Vence (1949-51), dimostrazione di come l'arte non viene chiusa in una "morsa" a causa della ricostruzione postbellica, nonostante la futura avanzata progressiva di un mondo sempre pin laico. Dal punto di vista musicale, nel 1949 Luciano Berio (1929-2003) compone il suo Magnificat per 2 soprani, coro e orchestra.52 Nell'Anno Santo del 1950, si proclama il dogma dell'Assunzione di Maria in cielo e, a sua volta, il 1954 viene proclamato "Anno mariano" da Pio XII, in occasione del centenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione.53 Tra gli italiani, nel 1957 il compositore Flavio Testi (1923-2014)54 produce il suo Stabat Mater, sulla scia di altri connazionali nati sul finire del XIX e gli inizi del XX secolo.55 Staccandosi da un percorso omogeneo dello sviluppo della musica colta, nel 1958 Giacinto Scelsi (1905-1988) compone i suoi Canti sacri, attingendo da testi liturgici come l'Angelus domini, con un linguaggio sperimentale che vuole ricalcare le risonanze naturali del canto orientale (mongolo e tibetano).56 Negli anni '60 si assiste alla produzione - tra gli altri - del musicista ed organista francese Maurice Durufle (1902-1986), continuatore della tematica sacra nell'Europa occidentale con il suo recupero della modalità gregoriana.57 Significativi e suggestivi i suoi Quatre motets sur des themes gregoriens Op. 10 per coro a cappella (1960) con II Tota pulchra es e la sua Messe cum jubilo Op. 11 per baritono solista, coro di voci maschili e orchestra (1966). In questo periodo, simbolo di rinnovata speranza per la Chiesa e per il mondo e l'elezione a Vescovo di Roma del card. Angelo Giuseppe Roncalli patriarca di Venezia, che assunse il nome pontificale di Giovanni XXIII (1958-1963).58 Sara proprio lui a iniziare e a dare nuovo e ampio respiro alla Chiesa con la convocazione del Concilio Vaticano II (1962-1965);59 grande evento ecclesiale portato a termine da Paolo VI (1963-1978)60 dal quale, tra l'altro, sortisce come suo primo documento il programma riformatore della liturgia in vista di un recupero della primitiva tradizione e della maggior adesione e comprensione del popolo, anche attraverso la partecipazione alla preghiera cantata e la conservazione del canto gregoriano.61 Negli anni del post-Concilio, emerge nell'aerea orientale la figura del compositore cattolico Krzysztof Penderecki (1933-2020), con la Cantata in honorem Almae Matris (1964) e con II suo più celebre Stabat Mater per soli, coro e orchestra (1962), inglobato nella monumentale Passio et Mors Domini Jesu Christi secundum Lucam (1965-1966) per soli, coro misto, coro di voci bianche e orchestra.62 Il brano, ispirato al modello delle Passioni del grande genio della musica J. S. Bach (1685-1750)63 e sintesi tra avanguardia e tradizione, vede la luce nel contesto storico-artistico del "post-serialismo", aprendo successivamente le porte alla composizione del suo Magnificat (1973-1974). Il compositore, che si era già dedicato alla tematica mariana nella polifonia "a cappella" con il suo Stabat Mater nel Requiem polacco (1962), proseguirà molti anni più tardi con il brano O Gloriosa Virginum (2009). Nella società europea, al contesto sociale di maggior distensione e benessere, si assiste paradossalmente agli inizi di un periodo di sorda-apertacontestazione, giungendo alle rivolte studentesche del 1968 (e, in Italia, alle Brigate Rosse che inaugurano quelli che saranno definiti "gli anni di piombo"): non si sa bene quello che si vuole, ma lo si vuole con forza; le idee, i progetti si moltiplicano in una babele di ideologie che si potrebbero condensare nella formula "qualsiasi altro tipo di società, ma non questa"; la persona si può sacrificare all'ideologia e la violenza (verbale quando non armata) è eretta a sistema. Va di moda, in molti strati della Società, il pensare "laico" che considera la religione un retaggio, da non rimpiangere, del passato. Generalmente, nella produzione artistica, si continua a guardare alla religione ma, più che nella sua dimensione mistica, in quella pragmatica in riferimento alla possibilità di rispecchiare il bisogno dell'uomo in una devozione più "incarnata" nella vita moderna. Quindi, con un linguaggio moderno e lirico insieme, il musicista e compositore milanese Nino Rota (1911-1979)65 scrive 1'Oratorio La vita di Maria,66 che vede la sua prima esecuzione a Perugia nel 1970 in occasione della XXV Sagra Musicale Umbra. Il brano, composto da sedici episodi, "narra" la vita di Maria attingendo a tradizioni evangeliche e popolari. In questa "riscoperta" della vicenda terrena di Maria, si inserisce anche il percorso musicale del noto cantautore genovese Fabrizio De André (1940-1999),67 autore di una "vita di Maria" nel suo album La Buona Novella (1971), mandata in onda da Radio Vaticana, attingendo dagli apocrifi e dai vangeli (L'infanzia di Maria, II ritorno di Giuseppe, II sogno di Maria, Ave Maria, Maria nella bottega del falegname, Tre madri). Il linguaggio si stacca, ovviamente, dal percorso artistico della più grande musica colta, così come nel caso del sacerdote romano Marco Frisina (1954-vivente) che nel 1984 scrive il suo primo Oratorio dal titolo Maria per soli, doppio coro e orchestra, dove si presenta in 6 quadri la "vita" della Vergine, associata intimamente ai misteri del Figlio. Nel contesto di nuovi conflitti tra gli Stati e tra etnie nel 1987 Giovanni Paolo II (1978-2005) scrive di proprio pugno la lettera enciclica Redemptoris Mater, avendo anche proclamato uno speciale "Anno Mariano", affidando alla preghiera del Rosario le sorti della Chiesa e dell'intera umanità.68 Nello stesso anno (1987), il compositore polacco Henryk Górecki (1933-2010) mette in musica il "motto" del pontificato del suo connazionale che, salito provvidenzialmente alla cattedra di Pietro, introdurrà il mondo nel terzo millennio: si tratta del brano corale Totus Tuus Op. 60 per coro misto "a cappella". Il brano, composto per celebrare il terzo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nella nativa Polonia (14 giugno 1987) resta oggi il suo lavoro più conosciuto (se non acclamato dalla critica) tra i pezzi corali "a cappella" degli anni '80. Il testo (che si rivolge alla Vergine Maria, patrona della Polonia) è trattato da una impressionante ripetizione omofonica, quasi a costruire musicalmente l'affermazione della fede e della devozione mariana di un intero popolo (e del compositore stesso che già aveva composto nel 1985 i Canti Mariani Op. 54 e Sotto la tua protezione op. 56).69 Lo stile di Górecki, che presenta una grande varietà,70 si avvicinerà in seguito sempre di più alla corrente "minimalista", similmente al compositore estone Arvo Part (1935-vivente), per la cui musica viene coniato il termine di minimalismo sacro, di cui è oggi un riconosciuto esponente. Tra la sua produzione sacra, ricordo i brani mariani Litany per voci soliste, coro misto e orchestra da camera (1994), Stabat Mater per soprano, controtenore, tenore e trio d'archi (1985), Magnificat per coro misto (1989), Bogoróditse Djévo (Madre di Dio e Vergine) per coro misto (1990). Il suo linguaggio, volto a recuperare una vocalità arcaica, è evocativo e i suoi contenuti strettamente sacri alludono - a mio parere - a porsi come tappa di un cammino artistico che nel XX secolo ha assistito a innovazioni non da poco.71 Anche negli anni '90 del secolo ventesimo, la tematica mariana è presente insieme ad un ritorno generale al "sacro". Tra gli autori italiani, il milanese Niccolò Castiglioni (1932-1996), docente di composizione nei conservatori di Trento e di Milano, produce nel 1992 il suo Stabat Mater. Concludiamo così il quadro della produzione "colta" del Novecento in riferimento e in onore della Vergine Maria. Altre composizioni nasceranno nel XXI secolo ed altri autori si dedicheranno a musicare la tematica mariana, facendo così che la Fanciulla di Nazareth continui il suo "cammino" di ispirazione musicale lungo la storia.

CONCLUSIONE

Al termine di questa retrospezione storica, ritengo opportune alcune considerazioni. In sintesi, la Madre del Signore resta "oggetto" di unità, pur nel continuo divenire e frammentare dei linguaggi e differenti posizioni dell'arte e della società nei confronti della fede. Emerge, lungo tutto il XX secolo, l'esigenza di rappresentare una qual figura di Maria rispondente al bisogni sociali o individuali, più che una figura "ideale". Sia nel contesto civile che ecclesiale sono accaduti eventi epocali: dalle due guerre mondiali al Concilio Vaticano II, avvenimenti che hanno condizionato il pensiero e l'approccio degli autori verso il tema del "sacro", anche nell'ambito musicale. Se, da una parte, l'interesse musicale per Santa Maria risente ancora dell'afflato devozionale dell'Ottocento, dall'altra la produzione "alta" collega l'invocazione mariana (ricalcando spesso stereotipi testuali della tradizione, come ad esempio lo Stabat Mater)72 all'esigenza di esprimere la religiosità di ciascun autore nei confronti di un fatto storico determinato e di un accadimento sociale, spesso drammatico, come è stato almeno fino alla prima metà del XX secolo, fino ad assurgere per testo e composizione ad "icona" della sofferenza umana, insieme al Requiem (anch'esso rivisitato). Nella seconda parte del Novecento la Vergine Maria viene "musicata" con gli occhi del singolo autore più che "mediata" dalla tradizione orante della Chiesa. Questo atteggiamento "soggettivo" del compositore ha permesso di indagare musicalmente la persona di Maria, evidenziandone singoli volti o aspetti, quale principalmente quello della sua sofferenza sotto la croce del Figlio, riscoprendola immagine del travaglio storico del mondo contemporaneo, dilaniato da conflitti e povertà. Nella preminente presenza degli Stabat Mater del '900, come risulta dalla sua messa in musica lungo tutto il secolo martoriato dai più grandi conflitti della storia,73 emerge infatti l'aspetto impetrativo del "privato" sentire religioso, trovando nella produzione di ciascun compositore singolarità grammaticali e strutturali circa il linguaggio e la forma adottati. Al contempo, sottolineo la difficoltà di condivisione e recezione dell'opera artistica da parte del popolo, i cui canoni estetici (riguardo all'arte, e in particolare la musica) non trovano riposo se non nelle consonanze armoniche e chiarezze melodiche, elementi che nell'800 avevano dominato musica popolare e musica colta. Nonostante queste differenti situazioni nei confronti dell'arte, la figura di Maria fa da ponte e sembra travalicare gli aspetti pragmatici della scrittura musicale, tanto che la scelta di musicare un "tema" mariano non è stato argomento di diverbio nei tempi moderni, nonostante posizioni laiciste sempre più evidenti nella cultura dominante o messe in rilievo dai mass-media. Il riferimento al testo liturgico rimane fondamentale per il compositore del Novecento, sebbene nella ricerca di un volto "più umano" di Maria si siano usate nuove parole e nuovi linguaggi. Gli autori contemporanei che hanno dedicato il loro omaggio alla Madre di Dio sono molti e la stragrande parte delle loro composizioni si dedica a musicare le antiche preghiere liturgiche (antifone mariane,74 cantico del Magnificat, sequenza dello Stabat Mater). Diverso è il caso di autori le cui opere hanno prodotto piccole composizioni o componimenti di grande assetto e durata, come ad esempio accade per i brani musicali nei linguaggi arditi (serialismo, post-serialismo e dell'avanguardia), autori che ricalcano ugualmente le preghiere della tradizione, in particolare il testo dello Stabat Mater, ma con un nuovo atteggiamento estetico.75 Ancora differente è il caso dei compositori che nel XX secolo hanno attinto non dai contenuti biblici, né dalle preghiere della tradizione, quanto dalle interpretazioni poetiche sulla vicenda umana di Maria, ossia nel suo rapporto umano con il Cristo, così come riscontrabile nella produzione di Vite di Maria: in altre parole, i compositori mettono in musica non i singoli momenti o misteri della Beata Vergine (così come può accadere nelle composizioni che, con i dovuti requisiti, potrebbero entrare nella liturgia), ma l'intero - o almeno parziale - racconto della vicenda umana della fanciulla e della donna di Nazareth. Si comprende, dunque, che per musicare un così particolare "soggetto" il compositore abbia preferito necessariamente la forma musicale dell'Oratorio (certo svincolata dai suoi caratteri tipici), oppure quella di forme di nuova e libera invenzione, più consone alla presentazione musicale (vocale-strumentale) di un testo (quello relativo alla "Vita di Maria") che ha la pretesa di essere "biografico" e che, quindi, esula dai testi canonici, attingendo contenuti o dagli apocrifi o dalla più svariata letteratura, tra cui alcune voci poetiche del Novecento. Tra queste, non si possono non citare quelle di grandi poeti che si sono rivolti alla Madre di Cristo come a una presenza familiare e concreta,76 quasi liberandosi da un idealismo di retaggio romantico. Ciò significa che Maria emerge nelle pagine della letteratura contemporanea come presenza reale che accompagna gli uomini e le donne nella vita quotidiana, così che nei testi poetici si rintraccia, per la maggior parte, la ricerca del volto "umano" di Maria. A questi componimenti dove lo stupore si imbatte con naturalezza nel volto di Maria, si sono dedicati alcuni compositori del '900 (specie italiani), anch'essi in posizioni isolate di approcci musicali. La maggioranza dei compositori, come sopra accennato, ha invece continuato ad accostarsi a Maria attraverso le parole della tradizione liturgica, sebbene in ambientazioni e percorsi musicali non riconducibili a canoni estetici condivisi, a motivo del profondo cambiamento della società. In definitiva, restando doveroso un approfondimento ulteriore sulla spiritualità dell'arte moderna, per la musica mariana del Novecento si predilige - generalmente - un certo aspetto artigianale dell'arte rispetto a mire estetizzanti (evocatrici di altri tempi e mentalità), avvicinandosi così ad una funzione più "pubblica" della musica (anche se spesso non compresa a causa del suo divenire sempre più elitaria) per restituire senza forzature estetiche - ma con un volto più umano - la preghiera verso Colei che continua in ogni contesto e modo (ora più consapevolmente, ora meno) a rappresentare "vita, dolcezza e speranza" per l'intera umanità e per il suo destino, così come la rinnovata e ponderata liturgia della fede della Chiesa dirige, celebra e sprona per un'esperienza bella dell'Incontro.77

Inserito Mercoledi 6 Aprile 2022, alle ore 11:02:03 da latheotokos
 
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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