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  I «Mesi mariani» in Oriente e in Occidente 
DevozioneDal libro di Antonino Grasso, La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI, PAMI, Città del Vaticano 2008, pp. 392-400

La pratica di un “mese mariano” è diffusa in molte Chiese sia dell’Occidente che dell’Oriente. Tuttavia, mentre in Oriente il “mese della Theotokos” è strettamente ancorato alla Liturgia che lo rende, quindi, plausibile, in Occidente i “mesi mariani”, sorti in un’epoca in cui si faceva poco e nessun ricorso alla Liturgia come a forma normativa del culto cristiano, si sono sviluppati indipendentemente dal ciclo liturgico. Ancora oggi essi non hanno raggiunto espressioni celebrative adeguate alla grande rilevanza popolare.

IL MESE MARIANO NELLE CHIESE ORIENTALI

1. Il “mese mariano” della Chiesa bizantina

In questa Chiesa,[1] il mese di agosto, tutto centrato sulla celebrazione della Dormizione di Maria,[2] costituisce, già dal XIII secolo, un vero “mese mariano”. I quattordici giorni che precedono la festa, sono giorni di digiuno ed astinenza e vengono chiamati “Piccola quaresima della Dormizione”. Ogni sera viene recitato l’”Ufficio della Paraclis”  in onore della Theotokos. I giorni successivi alla festa ne costituiscono come un prolungamento (methaeorté), in cui prosegue la sua ufficiatura. In tutto il mese, si registra nelle chiese greco slave e nei monasteri un grande afflusso di fedeli che partecipano a questa celebrazione[3] Probabilmente questa pratica è una conseguenza della “laus perennis” mariana che veniva celebrata in tutti i santuari mariani di Costantinopoli per volontà dell’imperatore Andronico II Paleologo (1282-1328), come ringraziamento alla Vergine per la liberazione da una guerra.[4] L’”Ufficio della Paraclis” fa parte integrante dei libri liturgici cattolici, ortodossi, greci e slavi, è molto antico, conosciuto e cantato o recitato a memoria da quasi tutti i fedeli, non solo ad agosto ma ad ogni necessità o bisogno ed è davvero una delle espressioni più popolari del culto bizantino alla Vergine. Il termine, originariamente, oltre a richiamare il “Paraclito”, aveva il significato di “para – kaléo” (= chiamare vicino) e cioè “soccorso, aiuto, difesa”. Solo più tardi si accentuò il significato di “implorazione” e, quindi, nell’attuale accezione ha il significato di “Ufficio di supplica”. Esso è composto da 8 strofe di quattro tropari ciascuna, intercalati dal ritornello: “SS. Theotokos, salvaci”. I canoni sono due: il “piccolo canone paracletico”, composto dal monaco Teostericto nella prima metà del IX secolo e popolarissimo tra i fedeli; il “grande canone paracletico”, molto più lungo, composto  dall’imperatore Teodoro II Lascaris nel XIII secolo.[5]

2. Il “mese mariano” della Chiesa copta

Non si conosce la data esatta dell’istituzione del “mese mariano” in questa Chiesa,[6] ma dai testi si evince che era già celebrato alla fine del primo millennio. Esso è un vero “mese mariano” e corrisponde al mese di “Kiahk”, il quarto mese del calendario copto. La celebrazione si protrae dal 10 dicembre fino all’8 gennaio e culmina con la festa di Natale, considerata festa di Cristo che nasce, ma anche festa di Maria[7] che lo mette al mondo, alla quale i fedeli si preparano anche con il digiuno detto “Digiuno della Natività” e anche “Digiuno di Maria”.[8] I copti celebrano questo mese con una veglia notturna che si protrae ogni notte per tutto il mese, nel corso della quale cantano le “Theotokie[9] raccolte nel libro liturgico “Libro della Salmodia santa di Kiahk”, il più ricco di contenuti mariani.[10]


IL MESE DI MAGGIO E ALTRI MESI MARIANI IN OCCIDENTE


1. Il “mese di maggio”

L’istituzione del mese di maggio dedicato a Maria in Occidente, non è molto antica, perché si tratta di una devozione rapidamente diffusasi e radicatasi nella pietà popolare verso la fine del XVI secolo. Questa devozione affonda le sue radici nell’usanza rinascimentale, secondo la quale gli innamorati si scambiavano omaggi cortesi proprio a maggio, quando la natura in fiore appare ricca di spunti e suggestioni per celebrare l’amore. Il tentativo di superare gli abusi e cristianizzare queste feste, da parte di zelanti sacerdoti, apparirà come il nobile gesto di rivolgere l’omaggio della natura e dei cuori in onore di Maria, la creatura più alta e più bella tra tutte le donne.[11] Il primo ad associare la figura di Maria con il mese di maggio, sembra essere stato il re di Castiglia e León, Alfonso X il Saggio (†1284). Una sua “Cantigas” dedicata a celebrare le feste stagionali di maggio, vede nella devozione a Maria il modo per coronarle e santificarle degnamente. Suso di Costanza († 1336) compose dei “saluti” con cui dedicava alla Vergine la primavera. A Parigi, nel XIV secolo la confraternita degli orefici, era solita portare il 1 maggio a Notre–Dame un “maio” una pianta, cioè, adorna di pietre preziose, emblemi e nastri. I primi accenni al mese di maggio si trovano nell’opera Maggio spirituale  del benedettino tedesco Wolfang Seidl († 1562) edito nel 1549 a Monaco di Baviera. Intanto a Roma S. Filippo Neri († 1596) era solito invitare i suoi ragazzi a compiere “ossequi” a Maria in questo mese, ornando di fiori le sue immagini, cantando le sue lodi e compiendo atti di virtù e mortificazioni. Nel 1677, il domenicano A. D, Guinigi, fonda a Fiesole una specie di confraternita chiamata “Comunella” che comincia a dedicare a Maria nel mese di maggio pratiche di devozione settimanali che, del 1701, diventeranno giornalieri. Sul finire del secolo si registra a Napoli nella Chiesa di S. Chiara e a Mantova in quelle di S. Nicolò e S. Maria delle Grazie, l’uso di onorare la Vergine con canti, pratica diffusasi anche in Germania. Nel 1692, infatti, il cappuccino L. V. Schneuffis, pubblica una prima raccolta di canti mariani per il mese di maggio.[12] I veri ispiratori del mese di maggio vengono considerati tre gesuiti: A. Dionisi che, con il suo Mese di Maria, pubblicato a Verona nel 1725, lancia la struttura celebrativa del mese che comprende: meditazione, esempio, fioretto e giaculatoria;  P. Latomia che, nel 1758, pubblica a Palermo un Mese di Maggio con una serie di meditazioni giornaliere di contenuto mariano. Il libro verrà tradotto da P. Dorè in francese e sarà il veicolo della diffusione del mese di maggio in Francia, Germania e Irlanda; A. Muzzarelli che pubblica nel 1785 a Roma “Il mese di maggio” che riprende le tematiche delle verità eterne e termina con la consacrazione a Maria. Il libro, che conobbe oltre cento edizioni, consiglia la pratica più a livello domestico che ecclesiastico – comunitario. Nella prima metà del XIX secolo il mese di maggio è già affermato in tutta l’Europa e in America e si diffonde anche nei paesi di missione. Viene indulgenziato da Pio VII (1815), Gregorio XVI (1833) e Pio IX (1859). Nello stesso secolo e nella prima metà del XX, sacerdoti e altri centri religiosi, parrocchie, santuari, cappelle ecc., vedono nel mese di maggio l’occasione propizia per cicli di predicazione, quasi un sostitutivo del quaresimale o appendice di esso.[13]  Il magistero anche recente ha riconosciuto con vari documenti l’importanza della pia pratica per tutta la cattolicità.[14]

2. Altri “mesi mariani”

Altri “mesi mariani” dedicati alla Vergine sono il Mese di ottobre dedicato al Rosario e il Mese di settembre dedicato all’Addolorata. A differenza del mese di maggio, questi due mesi devono il loro sviluppo ad una memoria liturgica. Infatti, il Mese di ottobre si collega all’istituzione della festa del Rosario (oggi fissata al 7 ottobre), in seguito alle vittorie attribuite a Maria, invocata con questa preghiera. Principale sostenitore del Mese del Rosario è stato Papa Leone XIII con le sue numerose Encicliche e Lettere Apostoliche ad esso dedicate. Il Mese di settembre è il mese dell’Addolorata ed è stato promosso dall’ordine dei Servi di Maria in seguito allo sviluppo autonomo del culto dei “Sette Dolori” proprio in questo mese. Nelle chiese di Servi, durante tutto il mese, ci recita la Corona dell’Addolorata e si pratica la Via matris”, equivalenti rispettivamente del Rosario e della Via Crucis.[15]

1
. L’uso di recitare il Rosario diventa motivo di ispirazione per la nascita della “Corona dell’Addolorata” che si sviluppa parallelamente al culto dell’Addolorata. La forma embrionale viene individuata nella pratica di recitare ogni sabato 7 Pater e 7 Ave in onore dei Sette dolori di Maria, pratica indulgenziata nel 1607 da Papa Paolo V. Il servita Arcangelo Ballottini da Bologna, morto nel 1622, suggerisce d’adattamento del Rosario ai dolori dei Maria meditando i misteri dolorosi e riflettendo sui dolori. Col tempo la struttura rosariana sarà specificata meglio: la decade del Rosario verrà sostituita con il “settenario” Già nel 1678 la “Corona dell’Addolorata” presentava i seguenti elementi rituali: Introduzione, Enunciazione del dolore, Pater, Sette Ave Maria, Orazione, Tre Ave per riverenza delle lacrime sparse da Maria, Stabat Mater, Orazione finale. I sette dolori da enunciare nell’ordine sono: Profezia di Simeone, Fuga in Egitto, Smarrimento di Gesù, Incontro sulla via dolorosa, Morte, Deposizione, Sepoltura. Il 7 è il numero chiave del pio esercizio e caratterizza la struttura della Corona che comprende sette dolori da meditare e sette Ave da recitare. Nel 1885, riconosciuta la vitalità e diffusione della “Corona dell’Addolorata”, i Serviti ottengono da Leone XIII di recitarla nelle loro chiese al posto del Rosario. Una formula nuova della preghiera ha una parte centrale caratterizzata dalla mediazione dei “rifiuti” di Gesù e di Maria secondo la categoria biblica. Si meditano quindi sette rifiuti: Rifiuto di Maria partoriente da parte degli abitanti di Nazaret; Rifiuto di Gesù, preannunciato da Simeone; Rifiuto del Messia neonato da parte di Erode; Rifiuto di Gesù da parte dei suoi concittadini di Nazaret; Rifiuto di Gesù da parte dei capi del suo popolo; Rifiuto di Gesù nella persecuzione dei suoi discepoli. La meditazione del “rifiuto” di Cristo e di Maria richiama al cristiano il “Vangelo della sofferenza” per essere nei rifiuti della sua vita un valido testimone della speranza in Cristo. ore spirituale e uso pastorale: La “Corona dell’Addolorata” è una preghiera: biblica, dato che si recita il Padre Nostro e l’Ave Maria ed espone i rifiuti di Gesù così come sono raccontati dai vangeli; di orientamento cristologico, dato che Gesù è al centro della  meditazione insieme a sua madre; di educazione antropologica, dato che la meditazione del dolore della madre, la mette in diretto la rapporto con i travagli e le angosce dei suoi figli; che avvicina i fedeli al mistero pasquale di Cristo che è mistero di sofferenza ma anche di speranza e di resurrezione. [16]

2. Anche la “Via Matris” è un itinerario di fede e di dolore con Maria Madre sofferente di Cristo. La sua origine non è ben conosciuta, ma comunque la si situa nel tardo Medioevo per un processo imitatorio della Via Crucis. Tra il 1628 e il1679 a Malines in Belgio vengono erette sette stazioni, sei intorno e una all’interno della Cattedrale che descrivono i dolori di Maria. La  devozione ai sette dolori era perciò molto diffusa nelle Fiandre. Nel 1661 a Barcellona in Spagna i Serviti istituiscono una processione da fare nella Domenica delle palme, durante la quale sfilano nelle vie adiacenti alla loro Chiesa sette “pasos”, gruppi scultorei che rappresentano i sette dolori di Maria e si susseguivano nella processione nell’ordine cronologico evangelico. In questa processione sembra di leggere la vera origine della “Via Matris”. Nel 1692 la Congregazione dei Riti riconosce l’Addolorata quale titolare dell’ordine dei Servi di Maria e la devozione all’Addolorata quale sua peculiare devozione. Dal secolo XIX la Chiesa di S. Marcello al Corso diviene il centro propulsore del pio esercizio che già nel 1836 viene celebrato ogni venerdì. Nel 1883 il Generale dell’ordine dei Serviti ottiene da Leone XIII la facoltà di erigere le stazioni del pio esercizio che diventa un’espressione specifica della pietà mariana dei servi. Dal 1937 la “Via Matris” viene fatto nella Basilica dell’Addolorata di Chicago con un tale concorso di popolo, da dover essere ripetuto più volte nei giorni seguenti. Dopo il Concilio si registrano diversi schemi di preghiera sulla “Via Matris”.
[17]

 NOTE 


 [1] La Chiesa bizantina ha una profonda e illimitata devozione per la Theotokos. Essa è essenzialmente legata alla città di Costantinopoli e alla civiltà cristiana che essa seppe sviluppare nel corso dei secoli, armonizzando elementi primitivi provenienti dalla Palestina, dalla Siria e dal mondo ellenico. La tradizione vuole che Costantino, inaugurando nel 330 la “Nuova Roma”, l’abbia consacrata alla Vergine. Il V secolo è contrassegnato dalla costruzione di nuovi santuari per custodire le reliquie portate da Gerusalemme che fecero di Costantinopoli la meta del pellegrinaggio mariano proveniente da tutto il mondo allora conosciuto. Il Concilio di Efeso del 431, consacrando il trionfo della Theotokos, diede vita allo sviluppo di un ciclo completo di feste mariane. Dopo la persecuzione iconoclasta dei secoli VIII e IX, il “Trionfo dell’Ortodossia” portò ad un enorme sviluppo del culto mariano. Caduta Costantinopoli nel 1453, la devozione mariana non conobbe soste, si approfondì illuminando i secoli bui. La Theotokos ha sostenuto la Chiesa bizantina a vivere sotto i regimi atei dell’Est. La presenza di Maria illumina tutti gli spazi della ricca Liturgia bizantina in tutte le sue manifestazioni: Calendario, Ufficio delle ore, Liturgia eucaristica, Omiletica, Innografia, Iconografia (Cfr. J. Ledit, Marie dans la Liturgie de Byzance, Éditions Beauchesne, Paris 1976).
[2] La Chiesa bizantina ha inserito nel suo Calendario liturgico un vero ciclo di feste mariane. Quelle a date fisse si trovano nel Santoriale (Menea), che inizia il 1 settembre e si conclude il 31 agosto. Le altre sono inserite nel Temporale, organizzato intorno alla festa di Pasqua e celebrano i fatti salienti della vita di Maria, il suo ruolo nella Storia della Salvezza, i suoi miracoli e le sue icone. Inoltre ognuna delle Chiese autocefale, ha le sue proprie feste mariane. Le feste più solenni sono precedute dalla Vigilia (Proeorton) e dal Dopofesta (Meteortia). Tutte hanno, comunque, una propria ufficiatura inserita nei libri liturgici. Al ciclo delle feste mobili appartengono: il “Sabato dell’Akatistos” (5° sabato di Quaresima); il Venerdì della Vergine fonte di vita” (1° venerdì dopo Pasqua); al calendario delle feste fisse si annoverano: Sinassi della Theotokos di Miasene (1 settembre); Natività della Theotokos (8 settembre); Patrocinio della Theotokos (1 ottobre); Entrata nel Tempio (21 novembre); Concezione di Anna (9 dicembre); Sinnassi della Theotokos” (26 dicembre); Festa dell’incontro o “IPapante” ( 2 febbraio); Annunciazione (25 marzo); Dedicazione mariana di Costantinopoli (11 maggio); Miracolo dell’Axion Estin (11 giugno); Deposizione della veste della Theotokos” in Blacherne (2 luglio); Dormizione della Theotokos” (15 agosto); Deposizione della cintura della Theotokos a Chalcoprateia (13 agosto). (Cfr. E. M. Toniolo, La presenza di Maria nell’ufficio quotidiano e settimanale del rito bizantino, in AA. VV., La Vergine Madre dal secolo VI al secondo millennio, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1998, 242-279).
[3] Cfr. M. M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, op. cit. 118.
[4] Cfr. S. Rosso, Mese mariano, in S. De Fiores – S. Meo (Ed), Nuovo dizionario di mariologia,  op. cit., 935.
[5] Cfr. M. M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, op. cit. 118-119. La Liturgia bizantina, oltre ai salmi, ai canti biblici, alle letture bibliche, ha un gran numero di preghiere e di inni di varia natura e lunghezza. Tra i principali si annoverano: CANONE: è diviso in nove odi, la cui ultima strofa è sempre dedicata lla Theotokos, per cui si chiama “Theotokion”; KONDAKION: è come un rissunto dell’ufficiatura del giorno e si recita dopo la sesta ode del canone; APOLITIKION: tropario principale del giorno che conclude i vespri; KATHISMA: tropario che si recita dopo un Theotokion e dopo la 3° ode del canone; IPAKOI: tropario che precede il kathisma della 3° ode del canone la domenica e i giorni di festa; MEGALINARIA: esortazione a celebrare le lodi di Dio e dei Santi e viene cantata in alternanza con i tropari a partire dalla 9° ode del canone; EXAPOSTILARIO: tropario che conclude il canone e precede le lodi; EOTHINON e DOXASTICON: precedono il Theotokion dei salmi delle lodi della domenica (Cfr. G. Gharib, Maria madre di Dio nell’Oriente cristiano, Marianum, Roma 1999, 97-99). Per una più approfondita conoscenza della Chiesa bizantina cfr. V. Peri, La grande Chiesa bizantina. L’ambito ecclesiale dell’Ortodossia, Qeriniana, Brescia 1981; A. Kniazeff, La Madre di Dio nella Chiesa ortodossa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993.
[6] La Venerazione della Chiesa copta per Maria è molto estesa e risale ai tempi più antichi. È proprio in Egitto che si incontra per la prima volta il termine “Theotokos” e sarà Cirillo d’Alessandria a difenderlo contro l’eresia di Nestorio al Concilio di Efeso (431). A causa della presenza della S. Famiglia in Egitto, i copti considerano la loro terra un prolungamento della Terra Santa. La Chiesa copta possiede un’abbondante lettera tura mariana espressa in omelie, inni, preghiere ecc, distribuita nei numerosi libri liturgici tra i quali primeggiano, per gli abbondanti riferimenti mariani, i Calendari, il Sinassario, il Messale, l’Orologio, i Sacramentali, il Pontificale, la Salmodia annuale, la Salmodia di Kiahk e il Libro delle glorificazioni (Cfr. G. Gharib, Maria madre di Dio nell’Oriente cristiano, op. cit., 61).
[7] Risulta difficile enumerare tutte le feste del calendario copto, anche perché il concetto di “festa liturgica” è molto elastico non comprendendo sempre una commemorazione vera e propria e tanto meno la messa, l’ufficio, il concorso del popolo e le suppliche circostanziali. Secondo P. Giamberardini, le commemorazioni mariane della Chiesa copta possono essere divise in quattro classi: 1° classe: feste di dedicazione di chiese mariane (Chiesa di Filippi e di Atrib, 21 Baunah o 26 giugno; Chiesa di N. Signora di Cappadocia, 29 misri o 4 settembre, ecc); 2° classe: feste comuni a Cristo e a Maria (Annunciazione, Natale, Presentazione al Tempio, Fuga in Egitto, ecc); 3° Classe: commemorazione della Dormizione il 21 di ogni mese; 4° Classe: le solennità mariane celebrate anche dalle altre Chiese (Concezione, 13 kiahk o 9 dicembre; Natività della Theotokos, 10 tut o 7 settembre; Ingresso al Tempio, 3 kiahk o 29 novembre; Dormizione, 21 tubah o 16 gennaio; Assunzione, 16 misri o 16 agosto. Come si vede le due feste dell’Assunzione, sono separate da 206 giorni e la ragione è da ricercarsi nelle fonti apocrife (Cfr. Ibidem, 61).
[8] Cfr. M. M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, op. cit. 114. I copti affermano che la Vergine stessa ha praticato tale digiuno prima della nascita di Gesù. Ibn Siba nel secolo XIV descrive la credenza popolare affermando che Maria, essendo al settimo mese di gravidanza, veniva continuamente rimproverata da Giuseppe il Falegname e da altri, perché pretendeva di essere considerata vergine, mentre era stata trovata incinta. Essendo questi rimproveri continui, Maria decise di digiunare un mese e mezzo, piangendo ed angustiandosi a causa degli insulti (Cfr. G. Gharib, Maria madre di Dio nell’Oriente cristiano, op. cit., 62).
[9] Tra gli inni mariani spiccano le “Theotokie” che sono molto simili a quelle della Chiesa greca. Esse vengono attributi ad autori famosi come Atanasio, Efrem Siro, Giacomo di Sarug ed atri (Cfr. G. Gharib, Maria madre di Dio nell’Oriente cristiano, op. cit., 61).
[10] Cfr. V. Matrangolo, La venerazione a Maria nella tradizione della Chiesa bizantina, Galatea Editrice, Acireale 1991.
[11] Erano usanze galanti celebrate da poeti, musicisti e artisti e coltivate dalla tradizione romanzesco – cavalleresca che si esprime in omaggi cortesi dell’innamorato alla donna amata. Il risveglio della natura favoriva anche la passione del popolo per lo spettacolo: maggio era una stagione di divertimenti e festeggiamenti. Per celebrare la primavera, sono state composte poesie cantate e recitate, di  tipo drammatico ed eroico o comico, di cui ancora oggi è ricco il folclore soprattutto toscano (Maggio fiorentino) (Cfr. S. Rosso, Mese mariano, op. cit., 936).
[12] Cfr. M. M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, op. cit. 114.
[13] Tipica di questo periodo è una pubblicazione in due volumi del 1873, dal titolo “Mese di Maggio. Sermoni e racconti” del canonico della Chiesa metropolitana di Napoli Domenico Scotti – Pagliara, “pe’ tipi di Vincenzo Marchese. Il primo volume raccoglie 31 sermoni che spaziano da “I motivi per far bene il mese di maggio” alla “devozione a Maria Vergine”, ai novissimi, al peccato, a vari aspetti della vita spirituale. Il secondo volume, invece, raccoglie moltissimi “racconti” di carattere spirituale, raggruppati a 6 per ogni giorno di maggio. I titoli dei capitoli del secondo volume sono identici a quelli dei sermoni (Cfr. Il mese di maggio. Sermoni e racconti, per Domenico Scotti – Pagliara canonico della Metropolitana di Napoli. Seconda Edizione migliorata e accresciuta, Vol I e Vol I, Napoli, pe’ tipi di Vincenzo Marchese, Largo Donnaregina n. 20 e 21, 1873).
[14] Cfr. M. M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, op. cit. 114.
[15] Cfr. S. Rosso, Mese mariano, op. cit., 938-939.
[16] Cfr. Clios, Corona dell’Addolorata. Celebrazione della «Compassio Virginis», Curia Generalis OSM, Roma 1986, 15-67.
[17] Cfr. M.M. Pedico, - L'Addolorata nella pietà popolare. Note storiche ed espressioni cultuali, Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, Roma 1999; Clios, Via Matris dolorosae. Celebrazione del cammino di dolore della Vegine, Curia Generalis OSM, Roma 1997, 13-43.

 

 

 

 

 

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