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  Maria e la conoscenza di Cristo 
Mariologia

CONCLUSIONE del volume di Aristide Serra, Maria serva del Signore e della Nuova Alleanza, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp. 77-79



Fin dall'Antico Testamento la figura e la missione di Maria sono avvolte dalla penombra degli oracoli profetici e dalle istituzioni di Israele. Alle soglie del Nuovo Testamento, ella sorge sull'orizzonte della storia salvifica come personificazione ideale dell'antico popolo di Dio e come madre del Cristo Messia. Al punto di culminazione, che è il mistero pasquale, Cristo fa di sua madre la "madre" di tutti i suoi discepoli di ogni tempo (Gv 19,25-27). «Da quell'ora» (Gv 19,27b) la Chiesa apprende che Maria appartiene ai valori costitutivi del proprio Credo.

Scriveva bene il noto esegeta francese A. Feuillet: «Chiunque voglia approfondire la dottrina mariana dal punto di vista biblico, non può farlo che attraverso un'esplorazione più estesa della storia della salvezza. Viceversa, chiunque voglia comprendere più a fondo la storia della salvezza, s'imbatte necessariamente nella madre del Redentore, unita con vincoli indissolubili al centro stesso della storia biblica»1.

A commento conclusivo dell'importanza che riveste il "servizio" di Maria nel quadro della nostra fede, vorrei ritornare sull'appassionato interrogativo che Paolo VI poneva durante la sua omelia al Santuario di Nostra Signora di Bonaria (Cagliari), il 24 aprile 1970. In quel testo luminoso, si domandava Papa Montini, definito da non pochi il Petrarca del XX secolo, tanto era vasta la sua cultura: «Qual è la questione che oggi assorbe, si può dire, tutto il pensiero religioso, tutto lo studio teologico, e che, lo avverta egli o no, tormenta l'uomo moderno»?».

In risposta, il Papa ravvisava il tormento dell'uomo moderno" non (poniamo il caso) nell'angoscia del nucleare, nella recessione economica, nel confronto tra Sud e Nord o nella guerra del Vietnam, che graffiava in quegli anni il tessuto sociale d'Oriente e d'Occidente. Con singolare perspicacia evangelica, Paolo VI rispondeva invece: «É la questione del Cristo. Chi Egli sia, come sia venuto fra noi, quale sia la sua missione, la sua dottrina, il suo essere divino, il suo essere umano, la sua inserzione nell'umanità, la sua relazione e la sua rilevanza con i destini umani. Cristo domina il pensiero, domina la storia, domina la concezione dell'uomo, domina la questione capitale della umana salvezza».

Ma si chiedeva a questo punto il Papa: «E come è venuto Cristo fra noi? É venuto da Sé? É venuto senza alcuna relazione, senza alcuna cooperazione, da parte dell'umanità? Può essere conosciuto, capito, considerato prescindendo dai rapporti reali, storici, esistenziali, che la sua apparizione nel modo necessariamente comporta? É chiaro che no».


Volendo quindi spiegare quel "no", il Santo Padre dischiudeva una splendida apertura "mariana" di rara efficacia, di contenuto e di stile: «Il mistero di Cristo - proseguiva egli - è inserito in un disegno divino di partecipazione umana. Egli è venuto fra noi seguendo le vie della generazione umana. Ha voluto avere una madre; ha voluto incarnarsi mediante il mistero vitale d'una Donna, della Donna benedetta fra tutte. Dice l'Apostolo, che ha tracciato la struttura teologica fondamentale del cristianesimo: "Quando arrivò la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, nato di Donna" (Gal 4,4)... Questa dunque non è una circostanza occasionale, secondaria, trascurabile; essa fa parte essenziale, e per noi uomini importantissima, bellissima, dolcissima del mistero della salvezza: Cristo è venuto a noi da Maria; lo abbiamo ricevuto da Lei; lo incontriamo come il fiore  dell'umanità aperto su lo stelo immacolato e verginale, che è Maria; "così è germinato questo fiore" (cfr. Dante, Paradiso 33,9)... da Lei noi lo abbiamo, nella sua primissima relazione con noi; Egli è uomo come noi, è nostro fratello per il ministero materno di Maria».

E a sigillo del suo intervento, Paolo VI dettava questa frase che ha già fatto storia: «Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che al Lui ci conduce»2.

 NOTE
1 «L'heure de la famme (Jn. 16,21) et l'eure de la Mère de Jésus (Jn 19,25-27)», in Biblica 47 (1966) 169-184; 361-380; 557-573, qui 572.
2 Acta Apostolicae Sedis 62 (1970) 300-301

 

Inserito Mercoledi 16 Giugno 2010, alle ore 8:59:47 da latheotokos
 
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IDEATO E REALIZZATO DA ANTONINO GRASSO
DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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