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  La bellezza di Maria nelle sue icone 
Ortodossi

da Georges Gharib, La bellezza di Maria nella Liturgia e nell'Innografia, in AA. VV., Via pulchritudinis & Mariologia, Edizioni AMI, Roma 2003, pp. 152-161. Tutto l'assunto 135-161.



L'icona, patrimonio comune tra oriente e occidente, è in primo luogo oggetto di culto proposto dalla chiesa alla venerazione dei fedeli: è insieme mezzo didattico, strumento che rende visibile il mondo invisibile, una specie di sacramentale della presenza di Dio e del mondo soprannaturale. Per gli orientali, l'icona è una delle manifestazioni della Tradizione della chiesa allo stesso titolo della tradizione scritta e della tradizione orale. San Basilio paragona la pittura alla predicazione della fede. Legata intimamente all'economia della salvezza, l'immagine sacra mette in rilievo i due aspetti principali dell'opera redentrice di Cristo: la predicazione della verità e la comunicazione della grazia. Per l'oriente cristiano, l'iconografia è assimilata al ministero sacerdotale, come si può leggere in un Podlinnik, o Manuale dell'iconografia: «Il sacerdote ci presenta il corpo del Signore nei servizi liturgici mediante la forza delle parole [...] Il pittore attraverso l'immagine».
Secondo l'espressione di Giovanni Damasceno (+ 749), l'icona è un canale della grazia con virtù santificatrice. Egli afferma: «Se qualcuno ti chiede della tua fede, portalo in chiesa e mostragli le icone». Commentando l'affermazione di Basilio che la pittura illustra allo stesso modo della parola, egli prosegue dicendo:
« Io non sono in possesso di libri, non ho tempo per leggere; soffocato dai pensieri come da spine mi reco nel comune luogo di cura delle anime, nella chiesa: lo splendore della pittura mi attira a guardare, come un prato essa mi rallegra la vista e insensibilmente infonde nell'anima la gloria di Dio. Io contemplo la fermezza del martire ed il premio delle corone, sono spinto all'emulazione da un sentimento ardente come fuoco, prostrandomi a terra presto venerazione a Dio attraverso il martire e ricevo la salvezza. Non hai sentito il medesimo padre ispirato da Dio, il quale nell'omelia "Sull'inizio dei Salmi" dice: «Lo Spirito Santo, conoscendo che il genere umano è indolente e restio alla virtù, unì al canto il suono della cetra». Che cosa tu dici? Non descriverò sia con la parola che con il colore il martirio dei martiri, non abbraccerò con gli occhi e le labbra «ciò che è annunziato dagli angeli e da tutta la creazione, fonte di dolore per il diavolo e causa di timore per i demoni», come disse proprio quell'astro della chiesa? »16.
Un po'più tardi, un altro Giovanni, monaco di Gerusalemme, cancelliere del patriarca Teodoro di Antiochia, in un discorso redatto verosimilmente nel 764 e indirizzato contro l'imperatore iconoclasta Costantino V Caballinos (741-775) così si esprime:
« Se un pagano venisse da te e ti pregasse: «Mostrami la tua fede, in modo che anch'io creda», non lo condurrai dalle cose visibili a quelle invisibili, in modo che le accetti volontariamente? [...] Ascolta: tu lo porti in chiesa e gli mostri il suo ornamento di immagini. Tu gli fai capire le forme delle icone: il miscredente guarda lui stesso e dice: «Chi è colui che viene crocifisso? Chi è colui che risorge e chi schiaccia la testa di quel vecchio?». Gli insegni tu, allora, attraverso le icone mentre dici: «Questo crocifisso è il Figlio di Dio. che è stato messo in croce a causa dei peccati del mondo. Questo qui che risorge è lui stesso, il primo dei risorti, e con lui sveglia il primo antenato Adamo». E così lo porti alla conoscenza di Dio. Tu lo conduci poi al bagno santo, al battistero e al battesimo. Quello vede solo acqua, tu però qual credente guardi l'acqua; «Fuoco è lo Pneuma». Portato verso la mistagogia del Corpo e del Sangue del Salvatore, quello vede soltanto pane e vino, tu però vedi il Corpo di Cristo e il sangue innocente che sgorga dal suo fianco. E quando egli è diventato degno, anche lui parteciperà un po' per volta alla tua fede e alla tua convinzione. Vedi che tu lo hai portato dalle cose visibili a quelle invisibili. Così cerchi anche tu di capire l'icona»17.


1. Le icone mariane e il loro contenuto


Le icone mariane sono le icone più numerose e anche le più amate e ricercate; occupano il posto d'onore in tutte le iconostasi bizantine facendo da pendant a quelle di Cristo salvatore. Secondo la tradizione dell'oriente cristiano esse propongono un ritratto fisico e, insieme, spirituale teologico. Il ritratto fisico è quello eseguito dall'evangelista Luca dopo la Pentecoste, portato a Costantinopoli nel corso del secolo quinto, e posto nel santuario mariano dell'Odigitria, da cui prenderà il nome. Ciò spiega che molte icone mariane siano venerate come Madonna di San Luca, Madonna Greca, Madonna di Costantinopoli, Madonna Odigitria. Quest'ultimo vocabolo, molto diffuso in Italia, è anche abbreviato in Itria. I manuali di pittura contengono la descrizione dei tratti somatici che gli artisti debbono osservare; il Manuale di Dionisio da Furnà, monaco greco del Monte Athos del secolo XVIII, contiene la seguente descrizione insieme fisica e morale:
« La santissima Madre di Dio era di statura media (alcuni dicono che anche lei era alta tre braccia), del color del grano, con i capelli biondi e gli occhi chiari e belli, le sopracciglia lunghe, un naso medio, una mano lunga con dita affilate; era semplice, umile, naturale: amava i vestiti dal color naturale, come testimonia il suo maphorion che si trova nel tempio a lei dedicato. »18.
Tre elementi sono forniti da questa descrizione:
1. la statura di Maria descritta come media;
2. i tratti somatici di volto e mani, i soli visibili sulle icone mariane;
3. l'abito che copre il capo, le spalle e il corpo di Maria, che l'autore identifica con il cosiddetto maphorion che i Bizantini possedevano a Costantinopoli e veneravano nel santuario mariano di Blachernes della stessa città.
Lo stesso ritratto si riflette anche nelle icone mariane dell'occidente, ma fino ad una certa epoca. Esso si ritrova ancora in parecchi pittori del duecento e trecento rimasti fedeli alla cosiddetta «maniera greca». Le cose cambiano del tutto nel Rinascimento. In questo periodo si assiste ad una vera rivoluzione: il pittore, dotato di un forte individualismo, rigetta tutte le tradizioni imposte dalla chiesa. Egli prende a modello una persona, spesso convivente o committente, ne fa un ritratto, la veste alla moda del tempo e la presenta come Madre di Dio. Con la compiacenza naturalmente del committente: vescovo, principe o ricco mercante. È innegabile che il ritratto così fatto si distingue per la bellezza naturale del personaggio e la vividezza dei colori. Sono però ritratti al naturale che riflettono la nuova arte, destinati ad essere più oggetti da salotto che di culto. L'icona mariana come si è andata formando nella chiesa bizantina è anche un ritratto spirituale e teologico che presenta il dogma mariologico in tutte le sue componenti. Questo ritratto si esprime tramite simboli e iscrizioni.


2. La mistica bellezza della Theotokos

I bizantini parlano spesso della bellezza di Maria; ciò facendo però essi si fermano di rado sulla bellezza fisica, ma esaltano prima di tutto la bellezza morale e spirituale. Basta qui citare un testo di Gregorio Palamas, l'ultimo grande teologo bizantino del secolo XIV. Egli dà di Maria la seguente descrizione:
« Volendo creare un'immagine della bellezza assoluta e manifestare chiaramente agli angeli e agli uomini la potenza della sua arte, Dio ha fatto Maria tutta bella. Egli ha riunito in lei le particolari bellezze distribuite alle altre creature e l'ha costituita comune ornamento di tutti gli esseri visibili e invisibili; o piuttosto, ha fatto di lei come la sintesi di tutte le perfezioni divine, angeliche e umane, una bellezza sublime che nobilita i due mondi, che si eleva dalla terra fino al cielo e che supera anche quest'ultimo [...]. Maria è come la linea di demarcazione tra il creato e l'increato. Ella sola ha ricevuto i doni divini senza misura e Dio ha posto tutto nelle sue mani; ella è il luogo di tutte le grazie, la pienezza della bontà, l'immagine viva di ogni virtù; ella sola è stata ricolmata dei carismi dello Spirito Santo ed è eccelsa su ogni creatura per la sua unione con Dio »19.
Abbiamo in questa descrizione gli elementi della bellezza spirituale e soprannaturale della Madre di Dio, che il pittore è chiamato a rendere visibile con la sua arte. Il compito è però così arduo e così sublime da dover ricorrere a numero infinito di simboli che costituiscono ognuno una specie di finestra aperta sull'invisibile, sul soprannaturale, sull'ultraterreno. Questo fa dell'arte bizantina un'arte mistica e simbolica aperta sull'infinito.


3. Due testimoni russi dell'icona: Florenskij e Bulgakov


Molti autori russi si sono lasciati affascinare dall'arte occidentale, specie quella del Rinascimento. Questo contatto li ha obbligati a riflettere sull'arte dell'icona propria alla loro tradizione. Propongo qui due esempi significativi: il primo ci proviene da Pavel Florenskij, il secondo, invece, da Sergio Bulgakov. I due offrono spunti interessanti sull'estetica e sulla nozione della bellezza percepita in oriente e occidente.
Pavel Florenskij, in un breve libro del 1922, di recente tradotto in italiano da Elemire Zolla con il titolo Le porte regali, si sofferma su una segreta confidenza fatta da Raffaello all'amico Bramante che spiegherebbe l'incantevole bellezza delle sue Madonne e della Sacra Famiglia.
« Nel mondo esistono, scriveva Raffaello, così poche rappresentazioni dell'incanto femminile che «io mi servo di una certa Idea che mi viene nella mente». Che significa «mi viene nella mente»? La parallela comunicazione del Bramante dice che per proprio diletto egli vuole serbare memoria d'un miracolo confidatogli dal caro amico Raffaello sotto il sigillo del silenzio, un giorno che col cuore colmo e aperto gli esprimeva lo stupore dinanzi alle incantevoli figure delle Madonne e della sacra Famiglia e gli chiedeva insistentemente di spiegargli dove, in qual mondo, avesse veduto una tale bellezza, il commovente sguardo e l'espressione inimitabile della figura della santissima Vergine. Con il giovanile rossore, con la modestia, a lui connaturate, Raffaello rimase in silenzio per un certo tratto; poi, fortemente commosso, lacrimando gli si buttò al collo e gli svelò il suo segreto. Narrò che dalla tenera età sempre gli aveva acceso l'anima una particolare devozione alla Madre di Dio; qualche volta, pronunciandone il Nome ad alta voce, provava perfino un intimo dolore. Fin dal suo primo impulso verso la pittura aveva desiderato di dipingere la Vergine Maria nella sua celeste perfezione, ma non osava fidarsi delle sue forze. Notte e dì senza tregua il suo spirito si affaticava pensando all'immagine della Vergine, però mai si era fidato delle sue forze; gli pareva che un'ombra celasse l'immagine agli occhi della fantasia. Talvolta una scintilla divina gli brillava nell'anima e così l'immagine nei suoi contorni luminosi gli si svelava sì da invogliarlo a dipingerla, tuttavia era un attimo fuggevole, non gli riusciva di trattenere nell'anima queste fantasie. Incessantemente, senza pace, tumultuava l'anima di Raffaello; soltanto a tratti egli sorprendeva le fattezze del suo ideale, e l'oscura sensazione dell'anima mai non volle tramutarsi in una luminosa apparizione; finalmente non poté più trattenersi, con mano trepida cominciò a dipingere la Madonna, e via via che lavorava, sempre più lo spirito gli s'infiammava. Una volta, la notte mentre nel sonno pregava la Vergine Santissima, come spesso gli accadeva, si destò di colpo, preso da una forte agitazione. Nella tenebra notturna lo sguardo di Raffaello fu attratto da una luminosa visione sulla parete, davanti al suo giaciglio; la fissò e vide che, ecco, sul muro un'immagine della Madonna splendeva d'un mite fulgore e somigliava in tutto a una figura viva; manifestava la sua divinità in modo tale che gli occhi dell'esterrefatto Raffaello furono inondati di lacrime. Con irresistibile commozione, con umido ciglio egli la scrutava e a ogni istante gli pareva che la figura dovesse muoversi; immaginò perfino che si muovesse. La cosa più straordinaria fu che Raffaello in essa scorse proprio ciò che aveva cercato tutta la vita e di cui aveva avuto un oscuro e vago presentimento. Egli non ricordava come si fosse di nuovo addormentato; però la mattina, alzandosi, era come rigenerato. La visione gli si era impressa nell'anima e nella sensibilità, ed ecco perché gli riuscì di dipingere la Madre di Dio nella sembianza che portava nell'anima e sempre guardò con trepida riverenza alla figura delle sue Madonne. Ecco che cosa aveva raccontato l'amico Raffaello a Bramante, che trascrisse il miracolo così mirabile e importante, per conservarlo per il proprio diletto. Così si spiegano le parole di Raffaello sulla misteriosa immagine che talvolta gli visitava l'anima »20.
Sergej Bulgakov, il maggiore teologo ortodosso del XX secolo, racconta in Appunti autobiografici, pubblicati a Parigi nel 1946, il seguente episodio che illustra insieme il suo passaggio dal marxismo all'ortodossia e dall'ammirazione per Raffaello alla venerazione dell'icona della propria chiesa. Nel 1898, quando era ancora marxista, egli si recò a visitare il Museo di Dresda. La Madonna Sistina di Raffaello ivi esposta fece su di lui un tale effetto che egli osa parlare di miracolo:
« Là, gli occhi della Regina dei cieli, che sale al cielo con il suo divin Figlio, mi hanno guardato. C'era in quegli occhi una forza infinita di purezza e d'immolazione volontaria, la prescienza della sofferenza e l'accettazione volontaria di questa sofferenza. La stessa destinazione al sacrificio si leggeva negli occhi del Bambino, pieno di una sapienza che non è quella dell'infanzia [...]. Ho perso i sensi, la testa mi girava, dai miei occhi scendevano lacrime dolci e amare insieme, che fecero sciogliere il ghiaccio del mio cuore; era come se un nodo vitale si aprisse improvvisamente. Non era un turbamento estetico, no; era un incontro, una nuova conoscenza, un miracolo. Chiamavo questa contemplazione una preghiera ».
Nel 1918, in piena rivoluzione bolscevica, Bulgakov si convertì e si fece sacerdote. Espulso dalla Russia nel 1923, egli tornò a Dresda e andò a visitare la Madonna di Raffaello.
« La mia prima impressione fu che mi ero sbagliato, che questa non era la Madonna Sistina. Ma riconobbi presto e mi persuasi che era ben lei; ma in realtà non era lei, o anche, sono io che non ero più lo stesso [...]. Il mio cuore rimase insensibile: si sarebbe dunque raffreddato nel corso della mia lunga vita? No, non è questo. Non vi fu incontro, non ho incontrato ciò che aspettavo. E perché tacere e fare il furbo: non ho visto la Madre di Dio. Ciò che qui c'era, è la bellezza, solo la stupenda bellezza umana, con la sua equivocità dal punto di vista religioso e senza la grazia ».
Bulgakov non poté pregare di fronte a questo capolavoro. Ora nota solo gli elementi stridenti del quadro: gli angioletti ben pasciuti, l'acconciatura di santa Barbara, in una posa contorta e atteggiata a un sorriso a mezza bocca. Non è questa irriverenza? É possibile, dopo la contemplazione della Madre di Dio, assumere un tale atteggiamento equivoco e beffardo per così dire verso l'immagine santa stessa? Bulgakov si soffermò a lungo davanti a questo quadro. Più tardi scriverà:
« Una cosa era chiara per me fin dalla prima occhiata: quella non era un'immagine della Madre di Dio, della purissima Semprevergine; non era un'icona. Era un dipinto, opera di un genio sovraumano, sì, ma di tutt'altro significato e contenuto di una icona. Si avvertiva la suprema rivelazione di carattere femminile del dono di sè ma umano, soltanto umano. Ella camminava con sicurezza, con passo umano, su delle spesse e pesanti nubi, come su un mare di neve; giovane madre con uno stupendo bambino. E senza dubbio non è una vergine, ma solo una giovane donna molto bella, piena della seduzione che conferiscono la bellezza e l'intelligenza. Non v'è lì la verginità, non v'è soprattutto la perpetua verginità. Al contrario, ciò che trionfa qui è la femminilità, la donna, il sesso. La perpetua verginità è libera dalla femminilità perché è al di sopra del sesso. Essa libera la donna dalla prigionia del sesso. Per questo la purissima Semprevergine non può essere considerata come una donna, benché esprima l'ipostasi femminile della natura umana. Ma il femminile non è ancora il sesso. La Semprevergine, l'Aeiparthenos, rimane sopra il sesso. «Sempre», non ha qui senso temporale, esso ha un carattere ontologico. Da Maria Semprevergine è assente la femminilità aderente, nelle donne, al peccato; in lei regna nella sua interezza la verginità, sotto la forma femminile. Ecco perché ogni naturalismo nella rappresentazione di Maria sarà senza forza, ingannatore e bugiardo, per quanto perfetto e alto possa essere. Alla luce di questa relazione appare l'abbagliante sapienza dell'icona ortodossa. Ho sentito e compreso chiaramente che proprio essa mi aveva fatto perdere il gusto di Raffaello e di tutta la pittura naturalista, perché essa mi ha aperto gli occhi su questa palese incongruità dei mezzi. Difatti, nel simbolismo ascetico della severa pittura iconografica sono inclusi il rifiuto consapevole ed il rigetto del naturalismo, come inconveniente e fuori posto; in essa traspare la visione del mondo soprannaturale della grazia ».
Bulgakov prosegue la sua meditazione con un giudizio globale sulla pittura religiosa dell'occidente:
« Ciò che sentivo con tale forza davanti alla Madonna Sistina può applicarsi a tutta la pittura religiosa del Rinascimento. Essa è una umanizzazione e una profanazione del divino. È l'estetica come mistica, la mistica erotica come religione, il naturalismo come mezzo dell'iconografia. Se si volesse esprimere ciò in termini di teologia, si direbbe che nel Rinascimento trionfa una specie di arianesimo artistico plastico o un certo monofisismo. Dell'incarnazione sono stati percepiti soltanto gli elementi umani. Il divino si è sbiadito ed è stato ricoperto dalla bellezza umana equivoca e seduttrice, come i sorrisi sulle tele di Leonardo da Vinci. Ora, l'umano senza lo spirito ha cessato di essere umano, è diventato carnale. Questa immersione dell'uomo nel carnale porta alla decadenza religiosa dei tempi moderni. E tutto ciò si è compiuto nelle vene dello spirito, nelle profondità del senso artistico; ciò è più potente di Lutero e della Riforma, ed è ciò che spiega questo. La scissione tra oriente e occidente, lo scisma deplorevole della chiesa, ha impoverito spiritualmente l'occidente in modo più sostanziale che l'oriente »21.

NOTE
16 GIOVANNI DAMASCENO, Difesa delle immagini sacre, III, 130, Città Nuova, Roma 1983, 72.
17 GIOVANNI Dl GERUSALEMME, Discorso all'Imperatore Costantino V: PG PG 95. 325-328.
18 DIONISIO DA FURNÀ, Ermeneutica della pittura, Firenze 1971. 305.
19 GREGORIO PALAMAS, Homilia XXXVII in sanctissima dormitione purissima Domini nostri Deiparae semperque Virginis Mariae: PG 151,468.
20 P. FLORENSKIJ, Le porte regali. Saggio sull'icona. Adelphi, Milano 1977, 75-77.
21 S. BULGAKOV, Notes autobiographiques, YMCA, Paris 1946.

 

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Inserito Lunedi 23 Gennaio 2012, alle ore 12:25:56 da latheotokos
 
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