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  Maria nel ''Commento al Magnificat'' di Lutero 
Riforma

Un articolo di Enrico Sironi in Eco dei Barnabiti, n. 3 2017, pp. 12-17.



“Ciò che Dio opera e vede, avviene nella bassezza e nell’umiltà”
“Maria non vuole essere un idolo”

Pare impossibile, eppure proprio nel momento difficile e sofferto degli inizi della Riforma, l’agostiniano Martin Lutero ha cantato a Dio con Maria, quasi per invocarla con S. Agostino come Madre dell’unità. Il periodo storico nel quale si colloca il commento di Lutero al Magnificat è complesso e burrascoso a motivo dell’ormai imminente divisione della Chiesa d’Occidente. Il 15 giugno 1520 Papa Leone X, con la bolla Exurge Domine condanna gli scritti di Martin Lutero al quale è richiesta la ritrattazione entro due mesi. In vari paesi le sue opere vengono gettate nel rogo. Il 3 dicembre dello stesso anno Lutero getta nel fuoco la bolla pontificia assieme a decretali e altri scritti. La situazione precipita verso l’irreparabile. Con la bolla Decet Romanum Pontificem del 3 gennaio 1521, Lutero è scomunicato. Il 17 aprile è convocato alla Dieta di Worms davanti all’imperatore Carlo V per ritrattare le sue convinzioni e i suoi scritti, ma Lutero rifiuta affermando: «A meno che io non sia convinto sulla base della Scrittura o con ragioni evidenti, non posso ritrattare… Sono stato vinto dagli argomenti biblici che ho riportato e la mia coscienza è vincolata alla parola di Dio. Non posso e non voglio ritrattare nulla, perché è pericoloso e ingiusto andare contro la propria coscienza». I tre motivi: la Sacra Scrittura, la ragione, la coscienza, segneranno la storia e la teologia protestante fino ai nostri giorni. In seguito alla Dieta di Worms, Lutero viene messo al bando ed è richiesta la sua condanna al rogo, ma ne è sottratto grazie all’intervento tempestivo del principe Giovanni Federico di Sassonia che lo nasconde nel suo castello della Wartburg, in Turingia, isolato sul monte presso Eisenach, dal maggio 1521 al marzo 1522, ma sempre molto attivo. Risalgono infatti a quel periodo alcune opere e trattati, ma soprattutto la traduzione in tedesco del Nuovo Testamento. Alla Wartburg inoltre Lutero, che prima di recarsi a Worms da qualche tempo stava già lavorando al commento del Magnificat peraltro già dato alle stampe a Wittenberg il 10 marzo 1521 con la traduzione tedesca del cantico, lo rivede e lo porta a termine. Questo basta per accennare al tempo e al contesto rovente della stesura dell’opera di Lutero dedicata al cantico di Maria che mi appresto a rileggere limitandomi a mettere in risalto solo alcuni punti fondamentali per invogliare alla lettura e alla meditazione dell’intero testo.

Maria nella vita di Lutero

Lutero, nonostante i vari pregiudizi confessionali cattolici e riformati, si è riferito molto spesso a Maria con elevata statura morale e spirituale dai primi lavori accademici, nella predicazione e in altre opere, parlando di filiale che denota il rapporto speciale che aveva con lei viva, considerata «esemplare e archetipo della santità», ma senza la pretesa di arrivare a esporre una mariologia sistematica. Il Commento al Magnificat è comunque la sua opera più ampia e organica che riguarda Maria, letta alla luce della giustificazione per fede, della priorità della grazia e del primato assoluto di Dio. Nei secoli successivi alla Riforma, tra protestanti e cattolici non è certo migliorata la reciproca comprensione sia di Lutero, sia del suo Commento al Magnificat. In linea generale dal lato protestante è calato il silenzio su Maria e dal lato cattolico si sono moltiplicate le devozioni tradizionali. Così Maria per molto tempo è divenuta la cenerentola dell’ecumenismo. Dopo il Concilio Vaticano II, sarà anche il Magnificat di Lutero a stimolare l’area cattolica e pure quella protestante, a rivedere e ripensare il modo di rapportarsi a Maria, sempre ponendo Cristo al centro, in vista di una convergenza ecumenica per una reale comunione nella diversità riconciliata.

Maria canta per tutti

Il commento di Lutero al Magnificat è dedicato a Giovanni Federico di Sassonia, «amante della Scrittura divina», con una precisa intenzione, quella di aiutare i governanti a «governare bene e a favore della salvezza del popolo», perché «i principi non sono neppure in grado di pensare, se Dio non li ispira in modo speciale». Il richiamo alle sei opere di Dio indicate nel Magnificat è destinato a tutti i credenti: «Maria ha cantato per tutti perché imitassimo il suo canto» e il suo modo di cantare, ma è destinato in particolare a chi ha il compito di governare: «Se noi non insegniamo queste opere divine e non vi acconsentiamo, non ci sarà servizio divino», perché Dio usa misericordia verso coloro che lo temono, disperde i superbi, «tira giù i potenti dai troni e innalza gli umili», ricolma di beni gli affamati, rimanda i ricchi a mani vuote, soccorre i suoi servi. Col Magnificat Maria educa a «lodare le grandi opere di Dio per rafforzare la nostra fede, consolare gli umili e incutere timore a tutti i potenti della terra» che spesso si gonfiano di orgoglio e dimenticano di essere uomini: «Quando la bolla è gonfia e tutti pensano che sono in alto e hanno vinto e sono sicuri di avere ultimata la loro conquista, Dio fa un buco nella bolla e tutto è finito». È quanto accade, prima o poi, a tutti coloro che si gonfiano di presunzione, di vana ambizione e illusoria rivalità, dappertutto, anche nella Chiesa. La ragione però del cantico di Maria che Lutero si appresta ad analizzare «parola per parola», è una sola e vi ritornerà spesso per sottolinearne l’importanza: «Ciò che Dio opera e vede, avviene nella bassezza e nell’umiltà, ciò che gli uomini operano e vedono, avviene soltanto nella superbia». Infatti «Dio è un Signore che null’altro fa se non elevare ciò che è basso e abbassare ciò che è alto. I suoi occhi guardano solo in basso e non in alto. Quanto più basso uno si trova sotto di lui, tanto meglio lo scorge», perché «gli occhi di Dio vedono solo nelle profondità». Ecco perché soltanto «chi è veramente umile sa cantare a Dio con slancio interiore». Anche Antonio M. Zaccaria nei Sermoni tenuti agli adulti in S. Vitale a Cremona da giovane sacerdote, quindi dopo il 1529, ha confermato tale pensiero affermando che «Dio procede in modo contrario all’uomo…Incomincia dall’alto e viene al basso» (S 2), «suole abitare nei luoghi bassi» (S 4), con alcuni avvertimenti e consigli di conseguenza: «non ti presumere delle tue orazioni, non dei tuoi digiuni, non delle tue confessioni e sumptioni della sacratissima Eucaristia, ma va basso come peccatore e ribaldo e perciò più spesso degli altri, come maggior peccatore degli altri» (S 1). Nelle Costituzioni arriverà a parlare della «bassa nihilità dell’umiltà» (C 12), che pare scorgere esemplarmente attuata nella «Madre Vergine intatta, la nostra Madonna, la Vergine Maria» (S 4). Gli occhi del mondo e degli uomini invece, al dire di Lutero, agiscono diversamente: «guardano soltanto al di sopra di sé e vogliono a tutti i costi puntarsi verso l’alto, a onori, potere, ricchezza, vita agiata, a tutto ciò che è grande e alto». Al contrario «nessuno vuol guardare in basso, dove c’è povertà, ignominia, indigenza, miseria e paura. Da ciò ognuno distoglie lo sguardo. Resta dunque una caratteristica divina, quella di guardare in basso, all’indigenza e alla miseria: egli è vicino a tutti coloro che sono in basso». E Maria, «l’amabile Madre di Cristo fa altrettanto e con l’esempio della sua propria esperienza e con le parole ci insegna a conoscere, amare e lodare Dio che le ha rivolto il suo sguardo sebbene fosse umile e da nulla».

La lode di Maria è solo per Dio

L’inizio del cantico ci presenta Maria immersa nell’amore di Dio con tutta la sua vita, come osserva Lutero: «La parola (magnificat) scaturisce da un grande amore e da una vivissima gioia, per cui l’anima e la vita di lei si elevano nello spirito. Per questo non dice: ‘Io magnifico il Signore’, ma ‘l’anima mia’, come se volesse dire: la mia vita con tutti i miei pensieri sono sospesi nell’amore di Dio, nella lode di lui e nella gioia che è in lui, cosicché io non sono più padrona di me stessa, vengo innalzata più che io mi innalzi a lodare Dio. Lo stesso accade a tutti coloro che vengono inondati dalla dolcezza e dallo spirito divino, cosicché essi sentono più di quello che possano esprimere» La lode di Maria è solo per Dio: «Maria non dice: ‘l’anima mia magnifica se stessa’, ma essa magnifica soltanto Dio». Così, nel suo essere piccola e insignificante, diventa dimora di Dio e della sua grazia: «Non si è inorgoglita per nulla di tutto ciò, ma non è stata altro che un lieto alloggio e una docile albergatrice dell’Ospite divino». Maria è grande perché ha adeguato la propria volontà alla volontà di Dio, ha deciso di vivere in Dio e per Dio. Questo suo atteggiamento ha incantato Lutero che non esita a proporlo a tutti come modello da imitare: «Non pensi che sia un cuore meraviglioso? Questo cuore di Maria rimane sempre uguale, in ogni tempo, lascia che Dio operi in lei secondo la sua volontà…Così dovremmo fare anche noi: allora sì che canteremmo bene il Magnificat!». Leggendo il Commento al Magnificat di Lutero, il pensiero corre spontaneo anche alle produzioni e interpretazioni musicali di numerosi compositori, ma qui intendo riferirmi in particolare al Magnificat in Re maggiore di J. S. Bach, luterano. La sua Cantata, geniale e grandiosa, esultante dalle prime note melodiche corali che non si stancano di ripetere, «magnificat, magnificat…», con l’alternanza successiva delle voci soliste sostenute da quelle dell’organo e dell’orchestra, non fa che mettere in risalto il canto di Maria che esulta festante e si eleva nella perenne lode al suo Signore, ripetendo: «et exultavit spiritus meus...», con voce solista che attrae, guida e coinvolge l’intero coro polifonico, suscitando una grande consolazione anche in chi ascolta e in un certo senso riesce a vedere la Vergine Madre che scrive il suo Magnificat, protetta e confermata dalla mano del Bambino, così bene raffigurata dal Botticelli. «Soli Deo Gloria», così Bach amava dedicare e firmare le sue composizioni «per la gloria del supremo Dio e per l’insegnamento del prossimo», come Maria ha dedicato a Lui l’intera sua esistenza.

Lo sguardo di Dio su Maria

Quando parla dell’umiltà di Maria, Lutero la interpreta non come condizione morale, ma come condizione di vita e la focalizza sullo sguardo di Dio che «ha guardato la bassezza della sua serva». Maria «non si è vantata della sua verginità e neppure della sua umiltà, ma soltanto dello sguardo divino pieno di grazia. Perciò l’accento non viene posto sulla parola humilitatem, ma sul verbo respexit. Infatti non va lodata la sua bassezza, ma lo sguardo di Dio». Lutero tiene molto a distinguere tra la falsa umiltà che «si compiace di sé» e la vera umiltà che «non sa di essere umile». Maria non si è mai accorta neppure di essere umile, tanto era presa dallo sguardo di Dio su di lei, con stupore, e insegna innanzitutto a sapere cogliere i segni della presenza di Dio nella propria vita. Maria serviva il Signore «senza rendersi conto che la sua umile condizione era tenuta in tanta considerazione da Dio». Ha scritto bene Max Thurian, facendo proprio un pensiero di Karl Barth: «Nulla è accaduto tranne un semplice sguardo rivolto alla bassezza di Maria. Se mai nella storia universale qualcosa di capitale è accaduto, è precisamente questo sguardo». A ciascuno inoltre Maria insegna a «volere lodare Dio e a mettere in evidenza le opere che Egli ha compiuto in lui e poi a lodare Dio anche nelle opere che ha compiuto in altri più poveri di noi». L’accento di Lutero è sempre posto sullo sguardo di Dio, sulla sua grazia che agisce liberamente. È Maria stessa a confessare che «la prima opera di Dio in lei è lo sguardo divino che si è posato su di lei, ed è anche l’opera maggiore, dalla quale tutte le altre dipendono e dalla quale tutte scaturiscono». Il Riformatore avverte che «essa non dice che si parlerà molto bene di lei, che si celebrerà la sua virtù, ma si dirà soltanto che Dio ha guardato a lei, per cui essa è beata. Questo significa onorare Dio con una tale purezza che non sarebbe possibile di più». Dobbiamo dire che Maria è chiamata beata proprio per lo sguardo di Dio che sempre «opera in modo silenzioso e misterioso». Quindi «non lei viene lodata, ma la pura grazia di Dio che è scesa su di lei».

Maria non vuole essere un idolo

Come ognuno può vedere, Lutero insiste molto sullo sguardo divino, sia per mettere in risalto l’assoluta priorità della grazia e la libera elezione, sia per reagire con forza nei confronti di chi vorrebbe attribuire a Maria un culto esagerato, che non le compete: «Maria non vuole essere un idolo». Papa Francesco ha confermato il pensiero di Lutero, affermando senza mezze misure che «la Madonna vera è quella che genera Gesù nel nostro cuore, che è Madre. Questa moda della Madonna superstar come una protagonista che mette se stessa al centro, non è cattolica» (25.11.2017). Il tono di Lutero si fa polemico quando si attribuisce a Maria il merito, perché «tanto si detrae alla grazia divina e si diminuisce la verità del Magnificat». Ma non va taciuto anche un altro tono soffuso del dire di Lutero secondo il quale pare che il contegno di Maria sia soltanto di pura passività davanti a Dio. Francamente su questo punto non è possibile concordare con lui, perché Maria, come risulta dal Vangelo (Lc 1,34-38), ha chiesto inizialmente un chiarimento e poi ha aderito liberamente e fattivamente alla volontà divina. La Chiesa cattolica nel cap. VIII della Lumen gentium (1964), e con Paolo VI nella Marialis cultus (1974), ha tenuto a precisare e a sottolineare quale è il vero culto da attribuire a Maria, senza fronzoli e pietismi inutili che si prestano ad abusi e offuscano il cristocentrismo della vera devozione mariana. In lei, insiste Lutero, va lodato Dio e per lei ognuno può giungere a confidare nella grazia di Dio: «Essa non vuole che tu venga a lei, ma per mezzo di lei tu vada a Dio». Maria è uno strumento privilegiato che conduce a Dio e aiuta a incontrarlo. Con tutto il suo essere Maria rende tangibile la grazia di Dio.

La beatitudine di Maria

«Tutte le generazioni mi diranno beata». Lutero interpreta l’espressione di Maria affermando: «dal momento in cui Dio ha guardato alla mia bassezza, verrò chiamata beata. Con ciò non essa viene lodata, ma la grazia di Dio scesa su di lei». Non si tratta quindi soltanto di «dipingere immagini, fare inchini, riverenze e costruire chiese», ma di giungere per mezzo di lei a gioire in Dio e pensare di tutto cuore a lei come «beata Vergine». Per Max Thurian «l’esclamazione ‘beata’ sale verso Dio senza mai arrestarsi a lei». Lutero afferma che Maria ci fa vedere e toccare le opere della grazia, e con il suo essere e la sua vita rende visibile e tangibile la grazia «affinché tutti i cuori per mezzo di lei possano giungere a tale pensiero di Dio da poter dire con piena fiducia: ‘Vergine beata e madre di Dio’, che grande consolazione Dio ci ha mostrato in te, perché con tanta grazia egli ha guardato alla tua bassezza, ricordandoci in tale modo che d’ora innanzi non disprezzerà, ma guarderà benignamente noi uomini poveri e meschini, secondo il tuo esempio». Così Maria è prototipo dell’umanità redenta dalla grazia, perché solo la grazia agisce in lei, divenuta luogo ed esempio di tale modo di operare e modello per tutti. Lutero ribadisce che Maria è beata per tutte le generazioni proprio perché Dio ha guardato alla sua bassezza e «il cuore, considerando la sua bassezza e la grazia di Dio, giunge per mezzo di lei a gioire in Dio» rimanendo rivolto solo a lui, con amore. L’espressione «per mezzo di lei», ripetuta da Lutero nel commento, presenta Maria come mediatrice e questa dichiarazione può sorprendere proprio in lui che con forza ha sempre proclamato l’unicità della mediazione di Cristo per la salvezza, ma il senso è precisato bene: l’esempio di Maria spinge tutti alla fiducia nella grazia di Dio, all’amore e alla lode, indica Dio, porta a Dio. Maria infatti non si esalta, ma cerca soltanto Dio e la sua volontà, lo ama anche nelle azioni più semplici e quotidiane: «non ricerca onori più di quanto facesse prima, non si inorgoglisce, non si innalza, non proclama ad alta voce che è divenuta madre di Dio, non pretende onore alcuno. Quanto è semplice e puro il suo cuore! Che creatura meravigliosa! Cose grandi sono nascoste sotto sembianze così povere!».

Maria è la Madre di Dio

Maria è la Theotokos, la Madre di Dio, come la Tradizione della Chiesa dal Concilio di Efeso in particolare l’ha definita e proclamata (431). Per Lutero è il titolo e l’onore più grande che si può attribuire a Maria, nella quale si riconoscono le cose grandi operate da Dio: «Le cose grandi non sono altro che questo, che essa è diventata la Madre di Dio. In tale opera le sono dati tanti e così grandi beni che nessuno li può comprendere. Da ciò le viene ogni onore, ogni beatitudine e in ogni generazione umana la sua singolare posizione è sopra tutti, poiché nessuno come lei ha avuto dal Padre celeste un bambino e un simile bambino». Anche per Lutero il posto e il ruolo di Maria, Madre di Dio, è unico perché essa è testimone dell’intervento della grazia di Dio: «Chiamandola Madre di Dio si è compreso tutto il suo onore: nessuno può di lei o a lei dire cosa più grande. Anche il cuore deve riflettere su cosa significhi essere Madre di Dio». Lutero insiste nel dire che solo la grazia ha potuto fare questo, servendosi certamente di uno strumento buono. È Maria stessa che «parla di una libera grazia di Dio, non secondo il suo proprio merito. Maria non era degna di questa maternità se non perché resa adatta e preordinata da Dio a tale scopo».

L’intercessione di Maria

Toccando il tema mariologico a Lutero preme sempre dare a Dio il suo giusto posto, polemizzando con coloro che esagerano nel culto reso a Maria e contro ogni abuso, dimenticando che è Dio ad operare in lei. Pure affermando che «Maria non vuole essere un idolo», arriva a dire che comunque «la si deve invocare perché per mezzo di lei Dio conceda e faccia ciò che chiediamo». Le intenzioni di Lutero sono limpide, a differenza delle interpretazioni posteriori che ne hanno mortificato il pensiero. È un fatto che, al di là delle controversie a proposito dell’intercessione di Maria, il commento di Lutero al Magnificat inizia e termina ricorrendo proprio all’intercessione di Maria: «La dolce Madre di Dio mi conceda lo spirito necessario a commentare questo suo canto nel modo più utile e profondo e noi tutti ne possiamo trarre un’intelligenza che ci conduca alla così cantare e lodare poi nella vita eterna questo eterno Magnificat» e lo conclude così: «Cristo ce lo conceda per l’intercessione e la volontà della sua diletta madre Maria. Amen». Sembrano affermazioni contradditorie che lasciano perplessi a proposito di certi condizionamenti storici e teologici, ma le esatte espressioni di Lutero continuano a interrogare e a scuotere tuttora, a favore di una lettura più attenta e intelligente del suo Commento, al fine di evitare sterili polemiche. Oltretutto questi sono i temi che tornano anche nei dialoghi teologici ecumenici. Giovanni Paolo II nella Ut unum sint (1995) ha scritto che possono essere individuati «gli argomenti da approfondire per raggiungere un vero consenso di fede», tra i quali spicca «la Vergine Maria, Madre di Dio e icona della Chiesa, Madre spirituale che intercede per i discepoli di Cristo e tutta l’umanità» (79). Allora Maria non è soltanto ortodossa e cattolica, ma è anche evangelica! A tale proposito, avviandomi a concludere, amo ricordare quanto l’amico biblista e Pastore della Chiesa riformata di Zurigo, Martin Cunz, già ospite a Sanzeno per la preghiera ecumenica del venerdì sera col gruppo Samuele, ebbe a dire in una ispirata meditazione tenuta alla Mendola nel 1987 commentando Lc 1,48, la beatitudine di Maria: «Noi protestanti non abbiamo paura di Maria. E voi cattolici non idealizzatela! Voi cattolici dovrete fare ancora molti sforzi per far capire a noi protestanti che Maria non sia la quarta persona della Trinità e dovrete farci capire bene la differenza tra adorazione e venerazione, anche nella prassi del culto mariano». Rivolgendosi in particolare ai suoi fratelli protestanti aveva aggiunto: «Ma noi protestanti, perché non cerchiamo il dialogo con Maria? Perché non cerchiamo di pregare con Maria, di meditare i misteri del Cristo, che sono anche i nostri propri misteri, con Maria, non per ultimo per diventare anche noi Maria? Lasciamola ritornare nelle nostre chiese e nelle nostre preghiere. Lasciamo agire l’Onnipotente, le grandi cose che Egli ha fatto in Maria, anche in mezzo a noi. Penso che Maria sia ancora davanti a noi perché è la garante che il Cristo sia davvero la nostra vita e non semplicemente la nostra ideologia». Penso, senza ombra di dubbio, che Lutero stesso approverebbe le affermazioni e le proposte del Pastore riformato, di felice e grata memoria. Lutero conclude il suo Commento richiamandone l’inizio, dove Maria canta e magnifica «l’opera più grande di tutte le opere divine: l’incarnazione del Figlio di Dio», e con un invito alla preghiera: «Preghiamo Dio che ci conceda una retta comprensione del Magnificat, che non soltanto risplenda e parli, ma arda e viva nel corpo e nell’anima». Per ottenere questo, Lutero si affida all’intercessione della «diletta madre Maria».

 

Inserito Martedi 12 Dicembre 2017, alle ore 9:40:03 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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