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  Il reale valore delle apparizioni mariane 
Mariofanie

Dal libro di Antonino Grasso, Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane, Editrice Ancilla, Conegliano 2012, pp. 90-97.

 



Rivelazione pubblica e rivelazioni private

a) Le apparizioni, anche le più importanti, hanno un valore relativo. Questo vuol dire che esse non ci dicono nulla di nuovo e non possono dire nulla di diverso o contrario a quello che Dio ci ha rivelato nella S. Scrittura. La rivelazione ufficiale e fondamentale di Dio, cominciata nell'Antico Testamento, si è realizzata in pieno con la venuta di Cristo. Dio ha così già detto tutto quello che era necessario alla nostra salvezza e non aggiungerà mai più nulla e nulla di nuovo a quello che ci ha rivelato in Cristo. Dopo questa Parola definitiva che è Cristo, Alfa e Omega, il Padre non ha più nulla da comunicare al mondo, né in questo tempo, né in quello futuro. Nessuna apparizione, quindi, è indispensabile alla fede, perché la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo1 e perché, come nota il Balic, non si può assolutamente supporre che, occorrendo altro alla nostra salvezza, Dio l’avesse a suo tempo volutamente taciuto.2
b) Questo, tuttavia, non vuol dire che Dio non possa intervenire nella storia, non allo scopo di dire cose nuove, ma di attualizzare le cose che ci ha già detto, dare un messaggio a vantaggio della comunità ecclesiale e sociale.3 Se le apparizioni che non hanno una novità oggettiva, sono una novità profetica, sono come un imperativo di Dio a valutare, nei momenti storici che l'umanità attraversa, alcuni anziché altri aspetti del Vangelo. Non sono una nuova rivelazione ma manifestano la potenza dello Spirito che irrompe profeticamente nel cuore della Chiesa per meglio orientarla all'ascolto dell'immutabile Parola di Dio. Non può essere escluso, quindi, che le apparizioni possano porre accenti nuovi e significativi nella lettura del Vangelo, approfondendone alcuni aspetti e facendone emergere di antichi.4
La funzione delle apparizioni è, quindi, non quella di rivelare cose nuove, ma quella di essere un segno profetico, un mezzo carismatico, una luce interpretativa e parenetica della Rivelazione,5 attraverso la cui mediazione sensibile:
- viene messa in evidenza la realtà del soprannaturale in cui crediamo;
- viene sottolineato un aspetto particolare e spiritualmente significativo della Rivelazione divina data dal Cristo e conclusa con la morte dell’ultimo apostolo.6
- viene sollecitato un orientamento nuovo del comportamento umano alla luce del Vangelo.7

Valore relativo delle apparizioni

a) Da quanto detto, consegue che quando la Chiesa approva le apparizioni è perché esse non contrastano la fede e la morale e manifestano indizi che permettono di aderirvi con un assenso non di fede ma umano, fondato su una personale valutazione critica.8 Se esse si allontanassero da Cristo e si presentassero come un migliore disegno di salvezza, diverso e più importante del Vangelo "norma normans" della fede, non vengono certamente dallo Spirito Santo e non sono opera di Dio. Pertanto, a questo proposito, già nel 1948 uno studioso osservava: «Si deve ritenere assolutamente falsa ogni apparizione o visione che sia in opposizione evidente con la verità speculare della fede, che offenda la morale e la disciplina della Chiesa, che contenga una qualsiasi affermazione teorica o pratica contro la ragione, che vada apertamente contro il buon senso naturale e cristiano».9 Si può concludere, quindi, con Suh che: «dalla natura delle rivelazioni private, dal loro rapporto con la Rivelazione pubblica e dal loro significato per la Chiesa, si possono ricavare i criteri per valutare l'autenticità di una presunta rivelazione».10
b) Il riconoscimento di un’apparizione da parte della Chiesa, in ogni caso, non è mai un dogma. La Chiesa, approvando un’apparizione, non dice “dovete crederci”, ma “potete crederci”, “vi sono buone ragioni per crederci”, “è buona cosa crederci”. Il vescovo che le approva, in pratica, è come se dicesse: “Io ci credo, ma voi restate liberi”. Perché questo? Perché la Chiesa, quando insegna il Credo e il dogma, lo fa a nome di Dio, quindi con certezza, la certezza della fede che si basa sulla verità e l’autorità suprema di Dio che si rivela; quando approva le apparizioni che dipendono dal discernimento e non dalla Rivelazione divina, essa non ha l’autorità del suo magistero, ma soltanto l’autorità del consiglio e, quindi, non può imporlo.11 Scriveva a questo proposito il teologo olandese Schillebeeckx: «Quando la Chiesa approva apparizioni o rivelazioni private, non è necessario vedervi un’affermazione infallibile della storicità e dell’autenticità dell’apparizione. La Chiesa afferma puramente e semplicemente, in maniera ufficiale, che l’esame dei fatti autorizza l’evidenza di una certezza prudente che permette di considerare come ragionevolmente accettabile l’autenticità soprannaturale dell’apparizione. Si potrebbe dire […] che si tratta unicamente di un parere competente che la Chiesa emette in vista di una adesione prudente da parte nostra».12 Anche Carlo Balic acutamente ribadisce che l’approvazione da parte della Chiesa, il cui mandato fondamentale è quello di conservare, interpretare e difendere il deposito della fede, piuttosto che quello di pronunciarsi sulla realtà delle apparizioni celesti, «vuol soltanto indicare che in queste apparizioni nulla si riscontra contro la fede e i buoni costumi, e che i fedeli sono autorizzati, se vogliono, a praticare il culto».13 Già anni prima, il Concilio Provinciale di Malines del 1937, riferendosi alle rivelazioni private e alle apparizioni, più concisamente dichiarava che «Il giudizio della Chiesa non presenta affatto queste cose come da credersi da tutti quanti: solamente dichiara che esse non si oppongono in nulla alla fede e ai buoni costumi e che vi sono indizi sufficienti per dar luogo a un assentimento pio e prudente di fede umana».14 Questo, tuttavia, non può spingere a sottovalutare la posizione della Chiesa circa le presunte apparizioni, perché essa intervenendo, usa tutte le precauzioni e i mezzi lasciati a disposizione da Cristo, per preservare i fedeli da ogni errore e deviazione. Perciò il suo atteggiamento è importantissimo e decisivo nel discernimento delle rivelazioni degne di fede, da quelle non certe o addirittura false.15

Superare fanatismo e scetticismo

Se certamente, dunque, le apparizioni non hanno alcun valore dogmatico, rimangono tuttavia e innegabilmente una realtà attiva che mobilita e orienta, sostiene e favorisce il preciso strutturarsi della personalità credente, il suo più chiaro giudicare e il suo più fermo impegnarsi. Non può essere infatti trascurata l’evidenza che le apparizioni, spesso pretestuosamente indicate solo come private per sminuirne il valore, sono in realtà eventi di dominio pubblico che investono innumerevoli fasce di credenti e non-credenti, inserite, quindi, in una vasta e complicata rete di rapporti che richiede, non l’accantonamento o la svalutazione, ma piuttosto una precisazione sul loro significato e sul loro valore. Orientate più verso l’etica e i comportamenti che non verso i dogmi della fede, le apparizioni autentiche, impegnano pastori e fedeli a riconoscere nell’oggi la volontà di Dio e a praticarla, configurando così il volto concreto della comunità credente.16 La relatività delle apparizioni, non giustifica, come afferma Laurentin, il loro rifiuto e la loro svalutazione, perché esse appartengono sempre alla categoria delle grazie donate gratuitamente dal cielo e devono essere, quindi, accolte, qualora si mostrassero veritiere, con gratitudine non soltanto da parte del veggente che ne è il primo destinatario, ma anche dalla Chiesa e dal Popolo di Dio, a cui il messaggio è quasi sempre rivolto.17 Come scrive Salvatore Maria Perrella: «Dare il giusto peso e posto a questi fenomeni […] uscendo dall’ottuso pregiudizio credito – discredito, qualora siano veraci testimonianze dell’interesse proveniente dal cielo per noi, significa coglierne la loro finalità positiva».18 È errato, da una parte, il fanatismo febbrile di chi va continuamente a caccia di fenomeni straordinari,19 ma anche egualmente errata l’ostilità di quelli che contestano sistematicamente la veridicità delle apparizioni, dato che, come già detto, l’ampiezza del fenomeno non giustifica un giudizio ironico o disinvolto.20 L’ipercritica moderna genera indubbiamente nuove forme sia di credibilità che di incredulità.21 Bisogna, in definitiva, saper superare sia l’entusiasmo acritico che si lascia coinvolgere senza la dovuta prudenza divenendo spesso fanatismo, sia lo scetticismo preconcetto che, ereditato dal razionalismo, nega gli interventi di Dio nella storia.22 I messaggi e gli ammonimenti che, tramite le apparizioni della Madre di Gesù, Egli ci rivolge, vanno accolti e letti, senza sopravalutarli ma nemmeno minimizzarli, alla luce dell’evento centrale della Storia della Salvezza e di Cristo unico mediatore e salvatore universale, evento in cui la Vergine è profondamente inserita e attiva.23 Questo perché, quando si è accettata l’autenticità di una mariofania, si prende atto e coscienza che Dio Uno e Trino ha voluto donare a tutta la Chiesa e non solo al veggente o ai veggenti, un segno tangibile della sua misericordia e tenerezza che non può essere rifiutato.24
Per concludere e sintetizzare, se è profondamente vero, come già notava nel lontano 1951 il Card. Ottaviani che in primo luogo, i cattolici devono sentire e seguire la Parola di Dio che la Chiesa e soltanto la Chiesa conserva e ripete integra ed incorrotta e non devono, quindi, correre come un popolo senza guida dove altre voci risuonano, voci che spesso vogliono coprire quella della Chiesa o che addirittura vi si oppongono,25 rimane egualmente vero quello che scrive il Ferrero, parlando proprio delle apparizioni mariane: «Sarebbe una grossolana ingenuità o mancanza di senso pratico pensare che gli interventi straordinari di Dio siano un elemento superfluo alle nostre necessità spirituali».26


NOTE
1. Cfr. Ratzinger J., Commento teologico, in Congregazione  per la dottrina della fede, Il Messaggio di Fatima, op. cit., 29-33.
2. Cfr. Balic C., Apparizioni mariane dei secoli XIX e XX, op. cit., 261.
3. Cfr. Perrella S. M., Impronte di Dio nella storia, op. cit., 20-25; Battaglia V., Allocuzione di Chiusura, in  Pontificia Academia Mariana Internationalis, Apparitiones Beatae Mariae Virginis in Historia, Fide, Teologia, op. cit., 27; De Fiores S., Maria Madre di Gesù, op. cit., 352-354.
4. Cfr. Perrella S. M., Le apparizioni mariane, op. cit., 165-171.
5. Cfr. Ferrero P., Piccola mariologia. Maria nella Chiesa in cammino, Piemme, Casale Monferrato 1992, 132.
6. Cfr. Laurentin R.,  Apparizioni, op. cit., 134-136; Stilwell P.  - Sá Carvalho C., Apparizioni in Moreira Azevedo C. A. - Cristino L. (a cura di), Enciclopedia di Fatima, op. cit, 36. Tutto l’assunto 29-37; Perrella S. M.,  Le Mariofanie, op. cit., 7.
7. Cfr. De Fiores S., Apparizioni, in Idem, Maria. Nuovissimo Dizionario, EDB, Bologna 2006-2008, vol. 1, 22; Idem, Perché Dio ci parla mediante Maria, op. cit., 43-49; Colzani G., Apparizioni, op. cit., 142.
8. Cfr. Perrella S. M., Teologia e devozione mariana nell’Ottocento, in Aa. Vv., La Madre di Dio, un portico sull’avvenire del mondo, Monfortane, Roma 2001, 212.
9. Oddone  A., Criteri per discernere le vere visioni e le apparizioni soprannaturali, in La Civiltà Cattolica 99 (1948) n. 2, 366. Tutto l’assunto 363-375. Vedi anche Ratzinger J., Commento teologico, op. cit., 32.
10. Suh A., Le rivelazioni private nella vita della Chiesa, op. cit., 253.
11. Cfr. Laurentin R., Apparizioni, in  Sbalchiero P. (a cura di), Dizionario dei miracoli e dello straordinario cristiano, EDB, Bologna 2008, vol. 1, 155-156; Ratzinger J., Commento teologico, op. cit., 32; Castellano M., La prassi canonica circa le apparizioni mariane, op. cit., 478-480; De Candido L. M., Manifestazioni straordinarie per il bene del popolo di Dio, op. cit., 87-88.
12. Schillebeeckx E., Maria madre della Redenzione, Edizioni Paoline, Catania 1965, 156.
13. Balic C., Apparizioni mariane dei secoli XIX e XX, op. cit., 264.
14. Acta et Decreta Concilii Provincialis Mechlinensis Quinti, Malines 1938, 6, citato da Dhanis E., Sguardo su Fatima e bilancio di una discussione, in La Civiltà Cattolica 2 (1953), 397-402.
15.Cfr. Balic C., Apparizioni mariane dei secoli XIX e XX, op. cit., 262.
16. Cfr. Colzani G., Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, 302-303.
17. Cfr. Laurentin R., Le apparizioni della Vergine si moltiplicano, op. cit, 45; Colzani G., Apparizioni, op. cit., 140-141.
18. Cfr. Perrella S., Impronte di Dio nella storia, op. cit., 554.
19. A tal proposito il Colzani, cita un’affermazione del Cardiale Ottaviani del lontano 2 febbraio 1951, ancora oggi di estrema attualità, in cui il porporato in sintesi affermava: assistiamo ad un rincrudimento di passione popolare per il meraviglioso, anche in fatto di religione. Torme di fedeli si recano sul luogo di presunte visioni e pretesi prodigi mentre disertano invece la Chiesa e i sacramenti (Cfr. Colzani G.,  Maria, op. cit., 300, nota 33).
20. Cfr, Ibidem, 300.
21. Cfr. Ferrero P., Piccola mariologia, op. cit, 135-136.
22. Cfr. De Fiores S., Maria Madre di Gesù, op. cit., 358-360.
23. Cfr. Idem, Apparizioni, op. cit., 58-59; Balic C., Apparizioni mariane dei secoli XIX e XX, op. cit., 264-267.
24. Cfr. Battaglia V., Allocuzione di Chiusura, op. cit., 29;
25. Cfr. Ottaviani A., Siate cristiani, a muovervi più gravi, in L’Osservatore Romano, n. 28, del 4 febbraio 1951.
26. Ferrero P., Piccola mariologia, op. cit., 133.

 

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Inserito Lunedi 8 Giugno 2020, alle ore 11:46:59 da latheotokos
 
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