Dante Alighieri e Maria
Data: Domenica 24 Gennaio 2016, alle ore 13:10:11
Argomento: Cultura


Dall'intervento di Maria Teresa Sotgiu, L'immagine poetica di Maria (sec. XIII-XVI), in AA. VV., La Madre del Signore dal Medioevo al Rinascimento, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1998, pp. 213-216.



È parere condiviso dagli studiosi che nessuna letteratura abbia offerto alla Vergine Madre un canto poeticamente e teologicamente perfetto come quello della Divina Commedia di Dante Alighieri. Dodici secoli di tradizione cattolica e di sentimento culturale cristiano gli hanno consentito di trovare nella Madonna l’idea cardine sulla quale virtualmente si muove l’intera Commedia: Maria, maternamente mediatrice, toglie l’uomo dalla «selva oscura» e lo spinge alla visione pura di Dio. Ella è sempre presente nell’itinerario spirituale del poeta, che la celebra con profondità dogmatica, compendio di tutta la teologia mariana precedente. Il canto di Dante nasce da pienezza teologica, umana, culturale: il teologo, il credente e l’uomo si fondono nel poeta23.
L’unità spirituale dell’intero poema dantesco riposa sull’ideale concreto della Vergine; la Commedia è un viaggio ultramondano che porta l’uomo dallo stato di peccato (Inferno) attraverso il cammino di purificazione (Purgatorio) alla visione di Dio (Paradiso).
Maria, come madre di Grazia, è presente fin dall’inizio sebbene indirettamente: è la «donna gentile» (Inferno II, 93) che si premura attraverso Lucia e Beatrice di liberare il poeta dal suo smarrimento. Se non può essere presente all’inferno, è invece disegnata con discrezione ed efficacia nelle sette balze della Santa Montagna del Purgatorio; la sua vita viene offerta come esempio plastico e vivo alle anime che attraverso la punizione dei vizi capitali conseguono la purezza di spirito che le renderà pronte a vedere Dio.
I superbi la contemplano umile, mentre dice il suo «Ecce ancilla Dei» ( Purgatorio X, 34-45); gli invidiosi riascoltano la voce della sua attenzione e liberalità: «Vinum non habent» (Purgatorio XIII, 25-30); gli iracondi la vedono dolce e discreta mentre dice al figlio adolescente: «Ecco, dolenti lo tuo padre ed io ti cercavamo!» (Purgatorio XV, 85-93); gli accidiosi, in movimento incessante, odono la parola evangelica: «Maria corse in fretta alla montagna» (Purgatorio XVIII, 97-100); gli avari la contemplano nello squallore del presepio: «povera fosti tanto, /quanto veder si può per quell’ospizio/ ove sponesti il tuo portato santo» (Purgatorio XX, 16-24); i golosi sono invitati a imitare la sua sollecitudine per gli altri nelle nozze di Cana (Purgatorio XXII, 139-144); i lussuriosi infine, compiono la loro purificazione guardando alla scelta verginale di Maria: «gridavano alto: Virum non cognosco» (Purgatorio XXV, 121-129).
Si può ben dire che il purgatorio dantesco compendia nell’esemplarità di Maria tutto il cammino di santità.
Il Paradiso tripudia della luce e della gloria di Maria: qui la Vergine è la «Donna del cielo» circondata dal giubilo degli angeli e dei santi. Cito alcune terzine prima di giungere alla «santa orazione» di Bernardo. Anzitutto la confessione del tenero ricorso quotidiano del poeta a Maria:
Il nome del bel fior ch’io sempre invoco
e mane e sera, tutto mi ristrinse
l’animo ad avvisar lo maggior foco...

( Paradiso XXIII, 88 111);
lo splendore solare della sua gioia diffusiva:
Vidi quivi a’ lor giochi ed ai lor canti
ridere una Bellezza, che letizia
era negli occhi a tutti gli altri santi...

( Paradiso XXXI, 112-138);
l’orientamento deciso a contemplare Colei che prepara alla visione della gloria di Dio:
Riguarda omai nella faccia che a Cristo
più si somiglia; ché la sua chiarezza
sola ti può disporre a veder Cristo...

(Paradiso XXXII, 85 114);
infine, l’apostrofe di Paradiso XXXIII, 1-39 che è lauda e preghiera24. Giustamente perciò è stata annoverata tra gli inni liturgici, nell’ufficio delle letture nella solennità dell’Assunta e nel Comune della B.V. Maria:
Vergine Madre, Figlia del tuo figlio,
umile ed alta più che creatura
termine fisso d’eterno consiglio...

(Paradiso XXXIII,1-3)
Innumerevoli sono i commenti a questi versi danteschi; possiamo notare, con Matteucci, la sintesi potente che in appena tre versi compendia «tre piani di una metafisica religiosa mariana, tre ordini della teologia della storia:
Vergine Madre Figlia del tuo Figlio (ordine e piano storico della redenzione);
umile e alta più che creatura (ordine e piano ideale della creazione);
termine fisso d’eterno consiglio (ordine e piano ideale della Provvidenza divina)»25.
Mi piace riportare anche un piccolo brano di commento interpretativo della preghiera dantesca di M. Maria Oliva Bonaldo, la Fondatrice del nostro Istituto, che ha elaborato un’ampia e interessante tesi di laurea su La Vergine nell’Umanesimo : «Dante nella sua lode antitetica aveva cercato un equilibrio di armonia, e la Verginità e la Maternità, l’umiltà e l’altezza, l’eternità e il tempo, il Fattore e la fattura, il cielo e la terra si richiamano, nella terzina iniziale, con il fascino degli opposti. Sono come ampie volute musicali che preludiano a un vortice d’onde soprane, trabocco dell’anima tutta. ... E per l’eccesso della foga poetica le vibrazioni declinano e il corale s’attenua nella preghiera che ricorda l’esilio, l’inno gaudioso del santo nell’elegia del pellegrino. La supplica quindi risale, con lo spirito umiliato di Dante, dall’‘infima lacuna dell’universo’ ‘al ciel dell’umiltà ov’è Maria’ (Vita nova, c. XXXV) per protendersi finalmente in Dio col fervore di tutti gli eletti»26 .
Maria è dunque, per Dante, via ineludibile per il ritorno a Cristo e per avere accesso alla contemplazione di Dio.

NOTE
23 Cf. MATTEUCCI Benvenuto, La Madonna nella letteratura , in AA.VV., Mater Christi, Roma 1957, p. 712.
24 «La lauda si snoda in magnifiche antinomie che accoppiano quanto la rivelazione divina e l’immaginazione umana avevano potuto dire e ideare; la preghiera porta al cuore della Vergine Madre il cuore di Dante e ottiene all’uomo nuovo, missionario dell’umanità, l’investitura di Dio»: BONALDO Maria Oliva, La Vergine nell’umanesimo, Treviso 1931, p. 122.
25 MATTEUCCI B., o.c., p. 715-716. La preghiera di S. Bernardo a Maria, secondo B. Matteucci, è «tesoro della nostra civiltà, voce della nostra fede: lodi trasfigurate in inno, attributi d’esaltazione divenuti un corale pacato e commosso. Ciascuna espressione sembra la più grande possibile appena pronunciata e un’altra più grande subito s’aggiunge. Un movimento ascensionale preme parole e immagini, con- cetti e forme, sì che par semplice e ingenuo levarsi a volo, ed è confluenza meditata di una tradizione di Padri, di dottori, di mistici, della Chiesa univer- sale orante per bocca di Bernardo. Maria è sentita e amata in tutta la sua bel- lezza, contemplata e goduta in tutta la sua miracolosa rivelazione»: o.c ., p. 714.
26 BONALDO M.O., o.c., p. 156-157. Nelle pagine successive M. Oliva sottolinea il fatto che la preghiera di Dante ha conosciuto quasi subito plagi, spigolature, ricalchi, traduzioni, interpretazioni figurative sia pittoriche che miniaturistiche, chiose. Possiamo ricordare che a Firenze c’erano i “commentatori” designati per la “lettura” della Commedia, tra cui il Boccaccio.

 





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