Un articolo di Paolo Riva in La Madonna della Neve, n. 10, dicembre 2016, pp. 20-21.
Andrea, come Sofronio di Gerusalemme e Giovanni di Damasco, è originario della Siria. Nacque infatti a Damasco intorno al 660 e ricevette una solida educazione letteraria e cristiana. Appena quindicenne fu portato dai genitori a Gerusalemme dove fu accolto tra il clero della città e divenne monaco della laura di san Saba. Era tanto apprezzato dal patriarca da essere delegato a rappresentarlo al III Concilio di Costantinopoli, dove si discusse la dottrina monotelita che agitava la cristianità del tempo. Rimasto nella capitale bizantina, Andrea si stabilì presso il monastero di Blacheme. Ordinato diacono, si vide affidare la direzione di importanti opere sociali, un orfanotrofio e un ricovero per vecchi. Tra il 700 e il 710 venne nominato metropolita di Gortina in Creta, e da ciò gli derivò l'appellativo di "Andrea di Creta". Nell'isola greca edificò chiese, restaurò la vita monastica, sviluppò opere sociali, s'interessò della formazione dei giovani e sostenne la popolazione provata dalle incursioni arabe. A questo periodo risale anche gran parte della sua opera letteraria, in cui si dimostra strenuo difensore delle immagini sacre contro l'imperatore Leone III l'Isaurico. Tra I'altro, richiamandosi alla tradizione, rievoca l'immagine «non fatta da mano umana di colei che senza seme generò il Signore: si trova a Lidda, chiamata anche Diospolis. L'immagine è dipinta in forma molto nitida sulla superficie e mostra il corpo della Madre di Dio alto tre cubiti». Andrea morì a Militene nel 740, di ritorno da un viaggio a Costantinopoli.
Immacolatissima
L'opera letteraria di Andrea è formata per lo più da omelie e inni liturgici, e celebrano feste di Cristo, della Madonna e dei santi. Quelle relative alla Vergine sono otto: quattro riguardano la Natività di Maria, tre la Dormizione e una I'Annunciazione. Fu anche prolifico autore nel campo dell'innografia liturgica, considerato l'iniziatore del genere dei canoni, che da allora avrà grande spazio nei libri liturgici della Chiesa greca e sono eseguiti anche ai nostri giorni. Il suo capolavoro è il cosiddetto Grande Canone, una rilettura della storia della salvezza in chiave penitenziale. Andrea va annoverato, con Germano di Costantinopoli e Giovanni Damasceno, tra i grandi mariologi greci dell'VIII secolo. Il suo pensiero sulla Vergine, profondamente ancorato alla storia della salvezza, apre nuovi orizzonti sulla figura di Maria. Tanto che anche il capitolo VIII della Lumen Gentium almeno tre volte richiama l'opera di Andrea circa l'Immacolata Concezione, l'intercessione presso Dio a favore degli uomini e I'Assunzione al cielo corpo e anima. L'opera di Andrea non parla esplicitamente di "immacolata concezione", ma ricorre spesso al termine àmamos, cioè "senza macchia", oppure al superlativo "immacolatissima" e "tutta immacolata" e riferisce a Maria le parole del Cantico dei Cantici: «Tu sei bella e macchia non è in te» (Ct 4,7), da cui si deduce che la citazione non rappresenta una generica esaltazione di Maria, ma corrisponde a una profonda convinzione della totale assenza di qualsiasi ombra che possa aver offuscato in qualsiasi modo lo splendore di lei. Altri elementi della straordinarietà di Maria, sui quali questo padre orientale insiste più frequentemente, sono la sua santità, la sua singolarità nella storia della creazione e la sua superiorità rispetto a tutti gli altri esseri.
Dimora di tutti i miracoli
Andrea ha un'altissima concezione della funzione mediatrice di Maria, radicata nella sua qualità di Madre di Dio. Tale mediazione non è che la continuazione della missione a lei assegnata al momento del'Incarnazione; egli la proclama anche "mediatrice" della legge e della grazia, sigillo dell'Antica e della Nuova Alleanza. E, ampliando l'orizzonte, egli fa della mediazione storica di Maria una mediazione cosmica, universale. Maria è «garanzia della divina riconciliazione», «sostegno di ogni ascesa e contemplazione», «dimora di tutti i miracoli che siano mai avvenuti nel passato e sono compiuti ora». Il nostro monaco è anche grande maestro della Dormizione-Assunzione di Maria al cielo. Per lui la Dormizione e un mistero che «si inserisce tra i misteri compiuti da Dio per Maria e attraverso di lei», la somiglianza con il «parto misterioso» ed è «per infinite volte infinitamente superiore ad ogni infinità». É un mistero grandioso, che riempie di stupore e di tremore e, benché non sia stato presentato direttamente dalla Scrittura (forse perché la dipartita di Maria è avvenuta quando il Nuovo Testamento era già stato redatto o forse perché gli autori ispirati erano preoccupati di parlare della vicenda terrena di Gesù fino alla sua ascensione al cielo, e non oltre), tuttavia non è del tutto incomunicabile. La Dormizione di Maria è stata un «evento meraviglioso», un «arcano miracolo», la cui «altezza e profondità» rende Andrea consapevole dell'inadeguatezza delle proprie parole. E in Maria, per prima fra gli esseri umani, si è realizzata completamente, in anima e corpo, quella divinizzazione che è motivo dominante della spiritualità cristiana.
Estatico impeto
In particolare Andrea non rinuncia a parlare della morte di Maria, anche se la colloca su un piano diverso rispetto a quella degli altri uomini: il breve spazio per porre termine alla condizione temporale di Maria e inserirla in quella nuova dell'eternità. «Se bisogna dire la verità, la morte naturale degli uomini giunse fino a lei: ma in realtà non la rinchiuse né la sottomise come avviene in noi - non sia mai! - se non per quel tanto che ella prendesse esperienza di quel sonno che, per così dire, come un estatico impeto ci trasporta dalle cose di quaggiù alle cose separate, essendoci mutati per una condizione simile a quella di Dio: come, ad esempio, quel primo sonno che il primo uomo dormì quando gli fu sottratta la costola per il completamento della nostra forma e ricevette quanto rimaneva per la parte sottratta. In questo modo, naturalmente addormentandosi, io penso, anch'ella gustò la morte, ma non vi rimase trattenuta se non tanto da cedere alle leggi naturali e compiere il piano che la Provvidenza, che ogni cosa pervade, aveva fissato per noi fin da principio: e così ella mostrò il modo con cui si era mossa spostandosi dalle cose caduche a quelle incorruttibili, poiché, essendo avvenuta naturalmente tale separazione delle parti [la separazione tra l'anima e il corpo], null'altro era giusto se non che ella mutasse il corso della sua vita. Infatti se, secondo la sacra parola, non c'è uomo che vivrà e non vedrà la morte - e colei che è ora celebrata fu uomo, anche se al di sopra degli uomini -, certo si mostra chiaramente che anch'ella adempì alla legge della natura uguale alla nostra, ma non ugualmente al modo nostro bensì in modo superiore al nostro, e al di fuori del motivo per cui noi siamo assolutamente costretti a soffrire ciò» (Omelia I per la Dormizione della santissima Madre di Dio).
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