Maria in relazione alla vita
Data: Giovedi 16 Febbraio 2017, alle ore 16:56:27
Argomento: Mariologia


Un articolo di Stefano De Fiores in Madre di Dio, n. 2 - febbraio 2006.



Esistono elementi suggestivi sul rapporto Maria-vita,
come l’analogia patristica tra Eva e la Vergine nella contrapposizione morte-vita.

  La riflessione teologica deve ancora affrontare in modo sistematico il rapporto di Maria con la vita. Interessanti, al riguardo, sono gli spunti che vengono dall’enciclica Evangelium vitae (1995) che presenta Maria come "incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita" (EV 102); modello, in particolare, "per la Chiesa, chiamata ad essere la ‘nuova Eva’, madre dei credenti, madre dei ‘viventi’" (EV 103), anche "nella sua lotta contro la morte" (EV 105). Sempre significativi gli spunti teologico-spirituali offerti dal documento "Fate quello che vi dirà", che si sofferma su alcune stimolanti icone di Maria in rapporto con la vita. Ci limitiamo qui a riassumerlo in breve, tentando poi di procedere per la via trinitaria.


1. MARIA CODICE GENETICO - SPIRITUALE DELL'UMANITÁ

La tradizione cristiana medioevale applica a Maria la figura biblica dell’"albero della vita" (Gen 2, 9; Ap 2, 7; 20, 22), metafora con la quale oggi la scienza intende il DNA, la molecola a base della vita. Già l’Akáthistos saluta Maria come "magnifica pianta che nutre i fedeli, bell’albero ombroso che tutti ripari" [Strofa 13]. Poi Bernardo la invoca "vero albero di vita che solo è stato degno di portare il frutto della Salvezza". Un Sinassario armeno del XIII secolo, attribuito al monaco Ter Israel, specifica il significato della Natività di Maria: "La Santissima Madre di Dio è l’albero della vita che dette il frutto della vita, il Cristo, il cui corpo è la vita e la causa della vita". Sulla stessa scia si pone San Luigi Maria di Montfort (†1716) quando afferma che "chi desidera avere il frutto della vita, Gesù Cristo, deve avere l’albero della vita: Maria". Quando dal simbolo si passa alla realtà, cioè alla parte svolta da Maria come Madre nell’Incarnazione del Verbo, si profilano nell’analisi di Langella tre posizioni:

        a) La via del silenzio contemplante
       
È la tesi dell’imperscrutabilità del mistero proposta poeticamente da Efrem, che preferisce all’indagine presuntuosa e sterile, l’atteggiamento dello stupore: "Chi la ama l’ammira, ma chi la investiga si vergogna e tace, poiché non si scruta la Madre che partorì con i suoi segni verginali, essendo troppo alta la spiegazione. Non attentino al suo Figlio gli investigatori! […] A questo prodigio, o misero, non cercare una spiegazione con le tue riflessioni; non incedere inutilmente per la strada della natura, perché per una strada nascosta all’intelligenza [il Figlio] entrò ed abitò nell’utero materno".

       
b)
La via dell’indagine biologica
       
È l’atteggiamento di coloro che cercano l’intelligenza del mistero e tentano di spiegarlo ricorrendo alle categorie scientifiche del tempo. Se per Tertulliano Gesù è concepito "dal seme di Dio Padre, cioè dallo Spirito" e dalla carne (non dal sangue) della Vergine, e per Tommaso d’Aquino (†1274) è il sangue purissimo (non quello mestruale) di Maria a fornire allo Spirito la materia al concepimento verginale, dopo la scoperta dell’ovulo femminile da parte di K.E. von Baer (1827) si attribuisce alla Madre di Gesù una funzione attiva nell’origine di Gesù. Più problematica è l’omologazione della concezione verginale alla partenogenesi, che secondo una rigida interpretazione della genetica non potrebbe riguardare che la generazione di una femmina.

        c) La ricerca del significato teologico
       
Per questa via il concepimento verginale appare un risultato dell’atto di fede di Maria, che precede i meccanismi biologici. Esso rivela l’assoluta trascendenza di Dio e la gratuità della sua azione a favore degli uomini, il valore della corporeità e l’importanza della libera risposta della creatura all’opera dello Spirito. In rapporto alla bioetica, la maternità verginale di Maria mostra il valore della vita umana fin dagli inizi e addita in lei un "incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita" (EV 102). Essa però, se considerata solo biologicamente e non nel contesto del mistero della Salvezza, potrebbe offrire il fianco a conclusioni contrarie alla morale cattolica. Per esempio, se si deducesse da essa la liceità della fecondazione artificiale o assistita, dissociando "la procreazione dal contesto integralmente umano dell’atto coniugale" (EV 14) o si escludesse il padre dalla concezione della prole, come avverrebbe in caso di clonazione. Il concepimento verginale supera questi contesti, elevandosi a segno di una superiore nascita e ad una trascendente paternità.


2. MARIA E LA VITA TRINITARIA

La teologia avverte, oggi più di prima, che qualsiasi realtà non può comprendersi se non inserita nel piano salvifico escogitato dal Dio Uni-Trino, quindi in rapporto con le tre Persone divine. Ora, alla luce dello Spirito "che dà la vita" [zoopóoion] la Theotókos appare come colei che "riceve la fecondità per essere anch’essa datrice di vita, madre di tutti i Cristiani". Questa vita eterna che Maria riceve e trasmette, questa eternità "non è qualche cosa, ma Qualcuno, o piuttosto l’amore di tre Persone". Eccoci dunque obbligati ad elevarci al mistero trinitario onde potere inquadrare la maternità di Maria nel rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

        a) Maria partecipa della vita dell’eterno Generante
        JHWH è il "Signore, amante della vita" (Sap 11, 26). Non può essere altrimenti perché da tutta l’eternità genera il Verbo della vita ed è origine dello Spirito che dà vita. Il "Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (2Cor 1, 3) si mostra da sempre Signore "misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà" (Es 34, 6), "buono verso tutti, pieno di compassione per tutte le sue opere" (Sal 145, 8-9). Contro ogni concezione stoica o epicurea che pensa Dio come indifferente alle vicende della storia, il Dio biblico è pieno di pathos e vibra d’amore, di tenerezza e di gelosia per il popolo con il quale ha stabilito una relazione viva d’Alleanza. Non mancano i teologi che parlano del dolore di Dio, che viene espresso anche nel cordoglio di Maria alla morte del Figlio. È certo che nell’AT si ricorre alla simbologia materna per esprimere l’amore di Dio verso il suo popolo (cfr Is 49, 15; 66, 13; Os 11, 1-8), anche quando si allontana da lui. In quanto madre, Maria partecipa al fluire eterno della vita divina da parte del Padre, da cui ogni paternità e ogni comunicazione di vita prende nome (cfr Ef 3, 15). Sta il fatto incontestabile che solo Dio Padre nell’eternità e Maria nel tempo possono rivolgersi al Verbo dicendogli: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (cfr Sal 2, 7). La vergine appare in certo modo una continuazione e manifestazione visibile del Padre, così da potersi dire icona del Padre generante il Verbo nell’eternità e in lei e mediante lei nel tempo secondo l’umanità. Anche la tenerezza materna del Dio d’Israele non si contenta più del simbolo generico di una madre che ama sempre il frutto delle sue viscere, ma trova nella Madre di Gesù, nella Vergine della tenerezza, una manifestazione e un segno altamente comprensibile.

        b) Maria relazionale al Verbo della vita
       
Colpisce il fatto che gli Autori neotestamentari preferiscano definire Maria con il titolo relazionale di "Madre di Gesù". Se il rapporto di Gesù con la vita fosse occasionale o aggiunto, si potrebbe slegare la maternità di Maria nei suoi riguardi da quel fondamentale valore. Ma i Vangeli scorgono la vita indissolubilmente legata a Cristo da fare tutt’uno con essa: nel Verbo "era la vita e la vita era la luce degli uomini" (Gv 1, 4) e Cristo è venuto nel mondo perché gli uomini "abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10). Egli stesso è il "pane della vita" (Gv 6, 35.48), anzi la vita stessa e la risurrezione (Gv 11, 24; 14, 6). La Vergine, dando alla luce Cristo, ha dato vita alla stessa Vita, almeno ponendo la condizione essenziale perché la Vita potesse essere comunicata agli uomini. Ma il Vaticano II procede oltre quando interpreta l’opera materna di Maria nei riguardi del Figlio come una collaborazione alla rinascita spirituale dell’umanità: "Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel Tempio, soffrire col Figlio suo morente in Croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime" (LG 61).

Colpisce il fatto che gli Autori neotestamentari preferiscano definire Maria con il titolo relazionale di "". Se il rapporto di Gesù con la vita fosse occasionale o aggiunto, si potrebbe slegare la maternità di Maria nei suoi riguardi da quel fondamentale valore. Ma i Vangeli scorgono la vita indissolubilmente legata a Cristo da fare tutt’uno con essa: nel Verbo "" (Gv 1, 4) e Cristo è venuto nel mondo perché gli uomini "" (Gv 10, 10). Egli stesso è il "" (Gv 6, 35.48), anzi la vita stessa e la risurrezione (Gv 11, 24; 14, 6). La Vergine, dando alla luce Cristo, ha dato vita alla stessa Vita, almeno ponendo la condizione essenziale perché la Vita potesse essere comunicata agli uomini. Ma il Vaticano II procede oltre quando interpreta l’opera materna di Maria nei riguardi del Figlio come una collaborazione alla rinascita spirituale dell’umanità: "" (LG 61).

        c) Maria madre secondo lo Spirito che dà vita
       
Se lo Spirito Santo "è Signore e dà la vita" [Simbolo costantinopolitano], Maria è uno dei casi tipici di sinergia con lui nel concepire verginalmente Cristo. Poiché questi è "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine", lo stesso effetto è attribuito dai simboli congiuntamente allo Spirito e a Maria. Ma la sinergia di Maria con lo Spirito continua nell’opera di rigenerazione degli uomini, poiché ella "con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo" (LG 62), "alla rigenerazione e formazione dei quali coopera con amore di madre" (LG 63). Si comprende allora perché i fedeli si rivolgano a lei, invocandola nell’antifona Salve Regina "vita, dolcezza, speranza nostra".

 







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