Fondamenti biblici del dogma dell'Immacolata? - Parte I
Data: Lunedi 22 Maggio 2017, alle ore 11:46:24
Argomento: Dogmi


Un intervento di Aristide Serra, in Advocata gratiae et sanctitatis exemplar. A 150 anni dalla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. VOL. 3, Pontificia Academia Theologica, 2004/2, pp. 363-386.



I. ALCUNE COORDINATE DEL TEMA

Per situare il presente contributo entro un raggio di visuale discretamente ampio, desidero fare alcune premesse di carattere storico e metodologico. Un giro d’orizzonte sul panorama consentirà, spero, di circoscrivere meglio il punto focale sul quale concentrare poi l’impegno di ricerca.

Un’obiezione ricorrente
       
L’impressione che “la Sacra Scrittura non parla dell’Immacolata” è di antica data. Sono istruttivi in tal senso alcuni richiami di cronaca, anteriori o contemporanei a Pio IX.
    1. Già il cardinale Roberto Bellarmino, in un voto presentato a Paolo V il 31 agosto 1617 sull’argomento, dichiarava: «Sulla Concezione della Vergine immacolata, nelle Scritture non abbiamo niente, e neanche nella Tradizione»! Aggiungeva però che tale dottrina può essere accolta da tutti i fedeli come pia e santa, in base alla Scrittura e ai Padri in genere. Infatti non esistono passi della Scrittura presi a se stanti, mentre si trovano vari Padri che ... ne citano molti»1.
    2. Giovanni Perrone, gesuita, nel suo celebre trattato sull’Immacolata (1847), ritorna a più riprese sugli eventuali fondamenti biblici del dogma che Pio IX intendeva definire. A suo giudizio, bisogna anzitutto riconoscere serenamente che dalla Sacra Scrittura non è possibile ricavare prove evidenti – favorevoli o contrarie – al concepimento immacolato della Beata Vergine
2. Il passo biblico più importante e veramente l’unico che si potrebbe addurre al riguardo è quello di Genesi 3,14-15: «Il Signore Dio disse al serpente: “ ... Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe. Essa [Ipsa nella Volgata] ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”». Gli altri testi biblici che si è soliti invocare soprattutto dell’Antico Testamento, toccano il tema dell’Immacolata solo in senso mistico. Essi traggono tutto il loro peso o dall’esposizione dei Dottori, o dall’uso che ne fa la Chiesa quando è solita applicare alla Vergine non pochi testi biblici che, in senso letterale e proprio, sono riferiti alla Divina Sapienza o al Verbo Divino. Tanto meno sono da invocare le prove ricavate dai testi riguardanti tipi e figure. I passi solitamente presi dal Nuovo Testamento, in particolare il saluto dell’angelo Gabriele (Lc 1,28 ss.), attingono anch’essi la loro forza dalla spiegazione dei Padri; da soli, però, non vanno oltre congetture più o meno probabili in ordine al concepimento immacolato della Vergine3. Risulta invece, conclude il Perrone, che «... la Parola di Dio contenuta nella Scrittura, unita alla Parola di Dio trasmessa [nella tradizione], convergono nella stessa cosa, si integrano a vicenda e si rafforzano nel riconoscere alla Beata Vergine un privilegio così grande»4.
    3. Nei giorni 20, 21, 23 e 24 novembre 1854, a Roma si tennero quattro adunanze dei vescovi convenuti per l’Immacolata. Assieme ai teologi consultori già scelti dal Papa, furono pregati di esprimere il loro parere sul progetto di Bolla inviato loro in antecedenza. Presiedeva le adunanze come delegato del S. Padre il card. Giovanni Brunelli, assistito dai cardinali Prospero Caterini e Vincenzo Santucci. In quell’occasione mons. Giovanni Maria Doney, vescovo di Montauban (Francia) rilasciava un intervento scritto in cui faceva osservare che «
... tutti, o quasi tutti i testi citati dalla Scrittura o dai Santi Padri non sembrano avere per se stessi quella forza e quel valore che i dottissimi teologi della Bolla attribuiscono loro»5.
    4. Carlo Passaglia, anch’egli gesuita, nei suoi tre classici tomi sull’Immacolata (1855), su complessive 1376 pagine ne dedica addirittura 456 ai passi biblici, ripartiti in tre sezioni: “tipi della Vergine”, “passi applicati alla Vergine in senso accomodatizio”, “testimonianze sulla Vergine” (con speciale insistenza su Gen 3,15 e Lc 1,28)
6. In quest’opera (veramente monumentale!), impressiona fra l’altro il continuo e massiccio ricorso alle voci della Chiesa d’oriente e d’occidente (Padri, Scrittori ecclesiastici e Liturgia). Detto altrimenti: la Scrittura è riletta attraverso la Tradizione!

La posizione assunta da Pio IX nella “Ineffabilis Deus” (1854)

È noto che negli schemi preparatori della Bolla Ineffabilis Deus, dal terzo all’ottavo (il penultimo!), si elencavano prima i passi biblici che sembravano comprovare l’immacolata concezione di Maria; poi seguivano le voci della tradizione che interpretavano la s. Scrittura
7. Nell’immediata vigilia della proclamazione dogmatica, avvenne un fatto denso di sorpresa e di profezia. La sera del 4 dicembre 1854 – riferisce il Sardi – il S. Padre Pio IX «... avendo totalmente avocato a sé questo affare ordinò al Pacifici8 che stendesse la Bolla nel modo sin dal principio ideato, che avesse prima posto il fatto della Chiesa, e quindi quanto si diceva dai Padri, ossia, che la seconda parte del progetto di Bolla avesse formato la prima, e quella ch’era prima avesse formata la seconda. Inoltre ordinò al Pacifici che tanto il fatto della Chiesa e dei Papi quanto l’espressione dei Padri, della tradizione ecc. ecc. si fosse messo in globo, come nel primo progetto. Gli ordinò in pari tempo che fatto il lavoro lo avesse umiliato unicamente alla stessa Santità Sua, la quale riservava a sé totalmente la cosa, non volendo più che si adunasse altra consultazione di sorta su questo affare, né volendo più sentire altri sentimenti. Il Pacifici eseguì religiosamente i comandi del S. Padre, il quale avendo osservato il lavoro con suo venerato scritto ordinò al Pacifici la stampa della Bolla»9. L’effetto più visibile di questo rimpasto voluto da Pio IX è il seguente. Dopo l’esordio, la Ineffabilis Deus invoca come primo argomento la fede viva della chiesa universale. Di tale fede si producono varie testimonianze, quali: la chiesa romana, in quanto madre e maestra di tutte le chiese; i papi, le famiglie religiose, le accademie teologiche, i dottori, i vescovi, il concilio di Trento; poi le voci dell’antica chiesa orientale e occidentale, espresse nei commenti dei Padri e Scrittori ecclesiastici alle Sacre Scritture. In altre parole: nella rielaborazione definitiva della Ineffabilis Deus, l’argomento biblico non appare a sé stante, ma è conglobato nella tradizione. Infatti è introdotto là ove si parla dei Padri e Scrittori ecclesiastici che interpretano la Sacra Scrittura. La Bibbia, pertanto, non è disgiunta dalla lettura che ne ha fatto la Chiesa. Abbiamo quindi “la Scrittura con la Tradizione”. Comprendiamo, allora, come la Bolla si esprima con le seguenti frasi, dal tenore metodologico: «I Padri e gli scrittori ecclesiastici, ammaestrati dai divini insegnamenti, nei libri che scrissero per spiegare la Scrittura, per difendere i dommi e per istruire i fedeli ...»10. Nessuna meraviglia perciò, se i Pastori della Chiesa e il popolo fedele si sono sempre compiaciuti di professare con tanta pietà, devozione e amore la dottrina  dell’Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio, che, a giudizio dei Padri, è contenuta nella Sacra Scrittura ...»11. In concreto, quali sarebbero i brani della Sacra Scrittura, nei quali la tradizione della Chiesa, sia pure germinalmente, ha intravisto la concezione immacolata della Vergine? La Bolla stende una serie copiosa di riferimenti sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.
    1. Cominciamo dal Testamento Antico. Già nella sezione introduttoria della Bolla si ricorda come sia «costume della Chiesa, sia negli uffici ecclesiastici, sia nella Santa Liturgia, usare e applicare all’origine della Vergine le medesime espressioni, con le quali le divine Scritture parlano della Sapienza increata e ne rappresentano le eterne origini; avendo Iddio prestabilita con un solo e medesimo decreto l’origine di Maria e l’incarnazione della divina Sapienza»
12. V’è qui un riferimento implicito a passi del tipo di Proverbi 8,22-36 e Siracide 24,1-21. Pertanto l’uso dei testi sapienziali nella liturgia eucaristica e in quella delle ore è un indizio non trascurabile del “sensus ecclesiae”. La Chiesa ama conservare la densità plurima di significati inerenti alla Sacra Scrittura, inclusi quelli che noi chiamiamo “accomodatizi”. Speciale attenzione è concessa al protovangelo di Genesi 3,15: «Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la stirpe di lei». In questo oracolo i Padri e gli Scrittori ecclesiastici videro prefigurati sia il Cristo che la Vergine sua madre. Commenta la Ineffabilis Deus: «In conseguenza di ciò, come Cristo, Mediatore fra Dio e gli uomini, assunta la natura umana, distrusse il decreto di condanna che c’era contro di noi, attaccandolo trionfalmente alla croce; così la santissima Vergine, unita con lui da un legame strettissimo ed indissolubile, fu insieme con lui e per mezzo di lui, l’eterna nemica del velenoso serpente, e ne schiacciò la testa col suo piede verginale»13. Dal protovangelo si passa alle figure bibliche maggiormente ricorrenti nei Padri. Sono ricordate – senza peraltro le citazioni tecniche di libri, capitoli e versetti: l’arca di Noè (Gen 6,8-8, 19), la scala di Giacobbe (Gen 28,12), il roveto ardente (Es 3,2-3), la torre inespugnabile dalla quale pendono mille scudi e tutta l’armatura dei forti (Ct 4,4), l’orto chiuso (Ct 4,12), la splendida città di Dio [Gerusalemme], che ha le sue fondamenta sopra le montagne sante (Sal 87,1.3), il tempio di Dio, pieno della gloria del Signore (1 Re 8,10-11), e innumerevoli altre figure di ispirazione biblica14. Più avanti è detto che «... la beatissima Vergine fu quel tabernacolo fabbricato da Dio, formato dallo Spirito Santo, e veramente di porpora, che quel nuovo Beseleel tessé in oro e con varietà di ricami (Es 31,1-11; 35,30-35; 36,37)»15. Quindi sono menzionati gli scritti dei profeti, là dove i Padri fanno uso dei medesimi per celebrare la Vergine «... come una colomba monda16; come una Gerusalemme santa17; come il trono eccelso di Dio18;come arca santificata19;come la casa, che l’eterna sapienza edificò. Nella sezione dedicata ai Padri e Scrittori ecclesiastici, è scritto: «Per tale motivo, nello spiegare le parole con le quali Iddio, fin dalle origini del mondo, annunziò i rimedi preparati dalla sua misericordia per la rigenerazione degli uomini, confuse l’audacia del serpente ingannatore e rialzò mirabilmente le speranze del genere umano: “Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la stirpe tua e la stirpe di lei”, essi insegnarono che con questa divina profezia fu chiaramente e apertamente indicato il misericordiosissimo Redentore del genere umano, cioè il Figliuolo Unigenito di Dio, Gesù Cristo; fu designata la sua beatissima Madre, la Vergine Maria; e fu insieme nettamente espressa l’inimicizia dell’uno e dell’altra contro il demonio» (op. cit., pp. 42-43: «enarrantes verba ... docuere»). Gli stessi autori, « ... asserirono ... che la gloriosissima Vergine ... fu da Dio preannunciata, quando disse al serpente: “Porrò inimicizia fra te e la donna”; che senza dubbio schiacciò il capo velenoso dello stesso serpente» (op. cit., pp. 46-47: « ... professi sunt ... »). E nell’esortazione conclusiva: «Poi riaffermiamo la Nostra più fiduciosa speranza nella beatissima Vergine, che, tutta bella e immacolata, ha schiacciato il capo velenoso del crudelissimo serpente, ed ha portato la salvezza al mondo (op. cit., pp. 54-55) per se stessa20; e come quella Regina, che ricolma di delizie e appoggiata al suo Diletto21, uscì dalla bocca dell’Altissimo22 assolutamente perfetta, bella, carissima a Dio, e mai imbrattata da macchia23 di colpa»24.
    2. Venendo al Nuovo Testamento, si nota una particolare accentuazione data al saluto dell’Angelo (Lc 1,28: «piena di grazia») e al macarismo di Elisabetta (Lc 1,42: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno»). I Padri e gli Scrittori ecclesiastici, commentando quei brani, manifestano una chiara convinzione: «
La gloriosissima Vergine, per la quale “grandi cose ha fatto colui che è potente”, risplendette di tale abbondanza di doni celesti, di tale pienezza di grazia e di tale innocenza che divenne il miracolo di Dio per eccellenza, anzi il culmine di tutti i suoi miracoli, e degna Madre di Dio; così che collocata, per quanto è possibile ad una creatura, la più vicina a Dio, divenne superiore a tutte le lodi degli uomini e degli Angeli. Di conseguenza, per dimostrare l’innocenza e la giustizia originale della Madre di Dio, non solo la paragonarono spessissimo ad Eva ancora vergine, ancora innocente, ancora incorrotta e non ancora ingannata dalle mortali insidie del serpente menzognero, ma la anteposero a lei con una meravigliosa varietà di parole e di espressioni. Eva infatti ascoltò infelicemente il serpente e decadde dall’innocenza originale e divenne sua schiava; invece la beatissima Vergine accrebbe continuamente il dono avuto alla sua origine, e, ben lungi dal prestare ascolto al serpente, col divino aiuto ne infranse completamente la violenza e il potere»25. In sostanza, dunque, la Ineffabilis Deus insegna che la Scrittura, letta con gli occhi della Chiesa, rivela una pienezza di senso che non emerge dalla semplice formulazione del testo, cioè dalla sola lettera. Anche per quanto riguarda la Vergine, i Libri Sacri contengono espressioni che in germe possono insinuare la perfetta santità della Madre di Dio fin dal primo istante della sua concezione nel grembo materno. La Chiesa, guidata dallo Spirito (cf. Gv 16,13), ha sondato quelle parole, fino a maturare la propria fede nella concezione immacolata di Maria. Questa è la ragione per cui la Bolla conclude che tale dottrina «... è sempre esistita nella Chiesa medesima, come ricevuta per tradizione, e rivestita del carattere di dottrina rivelata. Infatti la Chiesa di Cristo, custode e vindice delle dottrine a lei affidate, non le ha mai alterate, né con aggiunte né con diminuzioni; ma tratta con tutti gli accorgimenti e la sapienza quelle che l’antichità ha delineato e i Padri hanno seminato; e cerca di limare e di affinare quelle antiche dottrine della divina rivelazione, in modo che ricevano chiarezza, luce e precisione. Così, mentre conservano la loro pienezza, la loro integrità e il loro carattere, si sviluppano soltanto secondo la loro propria natura, ossia nello stesso pensiero, nello stesso senso»26. Pio XII, nell’enciclica Fulgens corona (8 settembre 1953), puntualizza con precisione magisteriale la metodologia di Pio IX scrivendo: «Il nostro predecessore ... altro non fece se non raccogliere diligentemente e consacrare con la sua autorità la voce dei santi Padri e di tutta la Chiesa, la quale, fin dai primi tempi, aveva come spaziato lungo il corso dei secoli venturi. Anzitutto il fondamento di siffatta dottrina si scorge nella stessa sacra Scrittura». E a questo punto sono citati Genesi 3,15 e Luca 1,28, letti secondo l’interpretazione viva della Chiesa»27. Volendo fare il punto sull’argomentazione biblica impiegata dalla Ineffabilis Deus, potremmo concludere che questo documento è, in fondo, un saggio di ermeneutica applicata alla Sacra Scrittura. In effetti esso intende mostrare come la tradizione vivente della Chiesa, attraverso una lettura globale del Testo Sacro condotta sotto l’illuminazione dello Spirito, sia giunta a intuire gradualmente anche la “pienezza di grazia” di cui Maria fu ricolma fin nelle radici del suo essere. Qui sta il nodo della questione. E non sono di secondaria importanza i risvolti ecumenici che essa comporta. Osserva Antonio Staglianò: «[Nel] dogma dell’Immacolata Concezione ... viene espressamente a galla – come dato inevitabile e impreteribile – il nodo epistemologico che esiste in ogni riflessione ecumenica: la questione del rapporto tra Scrittura e tradizione ... [L’]Immacolata Concezione quale “dogma moderno” rimanda anzitutto alla questione fondamentale circa la possibilità di uno sviluppo dogmatico, per il quale una verità non presente direttamente nella Scrittura, sia anche “rivelazione di Dio”». A questa questione è legata l’altra circa le vie concrete della realizzazione di questa possibilità e l’altra ancora relativamente a quale autorità possa identificarla dogmaticamente, cioè definirla. È stato opportunamente sottolineato che l’Immacolata Concezione costituisce un caso singolare dello sviluppo del dogma, “una classe a sé”»28. Riassume da parte sua il pastore valdese Renzo Bertalot: «Dobbiamo passare da un ecumenismo “spaziale”, di mero confronto con la situazione teologica attuale, ad un ecumenismo “temporale” capace di farci rileggere insieme la Scrittura e la storia nella speranza di sciogliere quei nodi che non si prestano più alla meditazione contemporanea. Credo che in questa prospettiva ... possiamo interrogarci se il dogma dell’Immacolata, caratteristica della Chiesa romana, possa essere accolto come verità “seconda”, come verità legittima, non separante che, pur non essendo condivisa dall’insieme del cristianesimo, non costituisce più un ostacolo insormontabile alla ricerca ecumenica. Possiamo interrogarci sul nesso profondo del suo contenuto che è stato trasmesso in tempi e culture lontani dai nostri. Il traditum (come ogni aspetto delle varie teologie) va messo al vaglio affinché riporti in evidenza quell’Evangelo, quel tradendum che costituisce la sua ragion d’essere»29.

Una proposta di soluzione

Come si vede da quanto sin qui esposto, l’interrogativo di fondo è il seguente: la Scrittura ha bisogno della Tradizione? Viceversa:
la Tradizione contribuisce realmente a leggere in senso pieno la Scrittura? Per abbozzare un tentativo di risposta dal punto di vista della chiesa cattolica, vorrei prendere l’avvio dall’autorevole istruzione emessa il 21 settembre 1993 dalla Pontificia Commissione Biblica, dal titolo L’interpretazione della Bibbia30. Com’è noto, il documento descrive «... i metodi, gli approcci e le letture adoperati oggi nell’esegesi e, malgrado alcune riserve a volte gravi che è necessario esprimere, si ammette, in quasi tutti, la presenza di elementi validi per un’interpretazione integrale del testo biblico ... L’esegesi cattolica beneficia di tutti i metodi attuali, cercando in ciascuno di essi il “seme del Verbo”»31. Ora, fra gli approcci elencati ve ne sono due basati sulla Tradizione, precisamente: «il ricorso alle tradizioni interpretative giudaiche» e «la storia degli effetti del testo»32.
    1. Venendo a parlare dell’approccio fondato sulle tradizioni interpretative giudaiche, si afferma fra l’altro: «
L’Antico Testamento ha assunto la sua forma finale nel giudaismo degli ultimi quattro o cinque secoli che hanno preceduto l’era cristiana. Questo giudaismo è stato anche l’ambiente di origine del Nuovo Testamento e della Chiesa nascente. Numerosi studi di storia giudaica antica, e in particolare le ricerche suscitate dalle scoperte di Qumran, hanno messo in rilievo la complessità del mondo giudaico, nel corso di questo periodo. L’interpretazione della Bibbia ha avuto origine in questo mondo»33. Scendendo a esemplificazioni più dettagliate, il documento precisa: «Le tradizioni giudaiche antiche permettono, in particolare, di meglio conoscere i Settanta, Bibbia giudaica, divenuta poi la prima parte della Bibbia cristiana durante i primi quattro secoli della Chiesa e in Oriente fino ai nostri giorni. La letteratura giudaica extracanonica, chiamata apocrifa o intertestamentaria, abbondante e diversificata, è una fonte preziosa per l’interpretazione del Nuovo Testamento. I vari procedimenti esegetici praticati dal giudaismo delle diverse tendenze si ritrovano nello stesso Antico Testamento ... e nel Nuovo Testamento, per esempio in certi ragionamenti scritturistici di san Paolo ... I targumim e i midrashim rappresentano l’omiletica e l’interpretazione biblica di ampi settori del giudaismo dei primi secoli»34. Da questi rilievi complessivi, il testo ricava un’indicazione di attualità per gli studi biblici. Essa recita così: «La ricchezza dell’erudizione giudaica messa a servizio della Bibbia, dalle sue origini nell’antichità fino ai nostri giorni, è un aiuto di primaria importanza per l’esegesi dei due Testamenti, a condizione però di usarla con discernimento. Il giudaismo antico era molto vario. La forma farisaica, che ha poi prevalso nel rabbinismo, non era la sola. I testi giudaici antichi abbracciano un periodo di vari secoli; è quindi importante situarli cronologicamente prima di procedere a confronti»35.
    2. Circa «l’approccio attraverso la storia degli effetti del testo», ossia «la storia dell’effetto provocato da un libro o da un passo della Scrittura», si afferma che esso intende «valutare l’importanza del ruolo della tradizione per chiarire il senso dei testi biblici»
36. È quello che in area germanica si definisce col termine “Wirkungsgeschichte”. Dichiara poi il documento citato: «Dal confronto di un testo con i suoi lettori scaturisce una dinamica, poiché il testo esercita un’influenza e provoca delle reazioni; fa risuonare un appello, che è sentito dai lettori individualmente o in gruppi. Il lettore non è del resto mai un soggetto isolato, ma appartiene a uno spazio sociale e si situa in una tradizione. Accosta il testo con le sue domande, opera una selezione, propone un’interpretazione e, finalmente, può creare un'altra opera o prendere delle iniziative che si ispirano direttamente alla sua lettura della Scrittura»37. Dall’affermazione di principio, il documento enuclea un paio di riferimenti tratti dalla tradizione ecclesiale: «Gli esempi di un tale approccio sono già numerosi. La storia della lettura del Cantico dei Cantici ne offre un’eccellente testimonianza; essa mostra come questo libro fu accolto all’epoca dei Padri della Chiesa, nell’ambiente monastico latino nel medioevo o ancora presso un mistico come san Giovanni della Croce, permettendo così di scoprire meglio tutte le dimensioni di significato di questo scritto. Similmente per il Nuovo Testamento, è possibile e utile illuminare il significato di una pericope (per esempio, quella del giovane ricco di Mt 19,16-26) mostrando la sua fecondità nel corso della storia della Chiesa»38.

E per l’Immacolata?

Questo tipo di approccio al testo biblico consente qualche suggerimento per il discorso sull’Immacolata? In altri termini: la Tradizione cristiana muove da presupposti legittimi quando ricorre alla Scrittura per affermare la perfetta santità di Maria, a partire dalla sua concezione nel grembo materno? La mia risposta inclina per il sì. E vorrei chiarire il mio assenso in base a questo assioma: l’Immacolata è fondata sull’Alleanza. Voglio dire: l’Immacolata porta alle estreme conseguenze il progetto di Dio, che vuole essere l’Emmanuele-Dio con noi, fino a prendere carne nel grembo di una donna. Un filo diretto corre tra l’Immacolata e l’Alleanza, che attinge il suo vertice espressivo nell’Incarnazione
39. Il concepimento di Maria nel seno di sua madre, avvenuto senza ombra di peccato, è come il tocco perfettivo della paidéia/educazione con la quale Dio andava preparando Israele ad accogliere il Dono supremo, il Figlio suo Cristo Gesù (cf. Gv 3,16). La “novità” di tanto Dono – che andò sicuramente al di là di ogni umana previsione! – spiega la “novità” dell’Immacolata. In vista appunto di inviare il Figlio suo nel mondo, Dio intendeva liberare il suo popolo dal peccato per aprirlo sempre più all’amore. Di Israele, insomma, Egli voleva fare una Sposa «tutta bella, senza macchia alcuna» (Ct 4,7). La pienezza di grazia che risiedeva nel Verbo comportava la pienezza di grazia di colei che doveva esserne l’arca vivente: Maria, Figlia di Sion40! Di questo processo di purificazione - che si distende da Adamo ad Abramo, e da Abramo alla vergine Maria (cf. Mt 1,1-17; Lc 3,23-38) – parlano in particolare i profeti del post-esilio babilonese. Il loro messaggio annuncia un “rinnovamento prodigioso” di Sion-Gerusalemme41; un rinnovamento pari ad un “nuova creazione” (Is 41,17-20; 44,1-5; 51,3)42, ad una “trasformazione” profonda del popolo eletto e di ognuno dei suoi membri. Sotto la guida di un nuovo Davide, pastore modello43 e “germoglio di giustizia”44, Dio realizzerà un’“Alleanza Nuova” (Ger 31,31), un’“Alleanza di pace” (Is 54,10; Ez 34,25; 37,26), un’“Alleanza eterna” (Is 55,3; 61,8). In una parola riassuntiva, la santità è un’esigenza dell’Alleanza. La santità di Dio, dell’Emmanuele “Dio con noi”, esige la santità di Israele. Più si interiorizza l’Alleanza e più Israele diviene santa: «Sarete santi perché io sono santo, dice il Signore» (Levitico 19,2). «Io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà per sempre in mezzo a loro» (Ez 37,27)45. Nei secoli II-I avanti Cristo, l’attesa escatologica (con o senza Messia) raggiunse punte massime. Essa non fu unitaria, ma si concretizzò nelle forme più diverse. Unica, però, era la speranza viva che il Signore offrisse la salvezza piena e definitiva a Israele. Sotto la spinta di tale aspirazione – messianica o almeno escatologica – anche i testi profetici del post-esilio furono rimeditati e attualizzati. Come frutti di queste riletture, nacquero – in ambito giudaico – anche nuovi schemi per rappresentare la fede nell’intervento risolutivo di Dio, che salva il suo popolo dal peccato. Una convergenza di pensiero, quasi un denominatore comune è sotteso a ciascuno di questi moduli. Ossia: l’Alleanza, intesa come unione vicinanza- prossimità di Dio col suo popolo, comporta una santità sempre più crescente, una santità che si traduce poi in liberazione dal male, candore immacolato, purezza verginale, bellezza incorrotta, novità di vita ... Questo fascio di aspirazioni, espresso in concerto a più voci, costituisce – così mi sembra – anche una sorta di “preparazione evangelica” alla dottrina sull’Immacolata. Si tratta, infatti, di intuizioni plurime che la tradizione cristiana farà proprie per celebrare sia la persona di Maria, sia la comunità ecclesiale di cui ella è figura. Nel firmamento dell’Alleanza, Maria e la Chiesa splendono come Sposa « ... tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27). A questo livello, pertanto, la Tradizione fa risuonare le armonie nascoste di cui era già gravida la Scrittura.
Nel breve spazio di questo articolo presento – a titolo di saggio – uno dei suddetti schemi di pensiero, elaborato dalla tradizione giudaica in relazione al “rinnovamento” escatologico-messianico
46. Nonostante le sue dimensioni ridotte, potrebbe tuttavia contribuire alla metodologia da seguire nelle future ricerche.

NOTE
1 V. SARDI, La solenne definizione del dogma dell’Immacolato Concepimento di Maria Santissima. Atti e Documenti pubblicati nel cinquantesimo anniversario della stessa Definizione. Vol. I, Tipografia Vaticana, Roma 1904, p. 12: «Non potest definiri sententiam [contrariam] esse haereticam ... Quia Fides Catholica cui contraria est haeresis dependet a revelatione facta Ecclesiae per Prophetas et Apostolos, sive per Scripturam, sive per Traditionem, sive per declarationem Scripturae ab Ecclesia in Conciliis, aut communi sensu omnium Patrum; sed in Scripturis nihil habemus, neque in Traditione de Conceptione Virginis immaculatae. In contrarium aliquid habemus saltem in genere in Scripturis, et tamen hoc non sufficit ut diximus». Poco prima, infatti, il Bellarmino aveva affermato che la sentenza favorevole all’Immacolata – quella più comune – non era da ritenersi eretica, in quanto la Chiesa, ossia la Sede Apostolica, ha definito il contrario. E qui fa riferimento alla costituzione apostolica Grave nimis di Sisto IV (1482), con la quale il Pontefice minacciava di scomunica tutti coloro che giudicavano eretica la dottrina dell’Immacolata Concezione. Ora – conclude il S. Dottore – ciò che la Sede Apostolica ha definito non può essere contrario alla Scrittura e ai Padri (op. cit., p. 11). A p. 10, il Sardi avvertiva: «Fra i voti sull’Immacolato Concepimento di Maria SS., trovo anche quello che già scrisse il Ven. Card. Bellarmino. Essendo esso, per quanto io sappia, tuttora inedito, stimo far cosa grata al lettore, pubblicandolo da una copia tratta dall’autografo». Il parere stilato dal Bellarmino avrà notevole peso sulla letteratura posteriore. Il noto teologo Giovanni Perrone, che lo cita a più riprese, dichiarava di averne l’autografo presso di sé (I. PERRONE, De immaculato B.V. Mariae Conceptu an dogmatico decreto definiri possit disquisitio theologica, X ed., Ex Officina Pirotta et Socii, Mediolani 1852 [I ed., Roma 1847], p. 141, nota 1: «In Voto ms. ex autographo eiusdem card. [Bellarmini] in Congregatione s. Inquisitionis pro immaculata B. Virginis Conceptione habita sub Paulo V die 31 augusti an. 1617; quod apud me servo»).
2 PERRONE, op. cit., p. 67: «Fatendum prius ingenue est, nullum prorsus biblicorum testimoniorum suppetere, quod controversiam pro alterutra sententia plane definiat».
3 Op. cit., pp. 35-38.
4 Op. cit., p. 171: «Hoc igitur superest ostendendum, ut nempe verbum Dei scriptum cum verbo Dei tradito ad unum collineare constet, ac mutuo sese subsidio excipere ac fulciri in tanto hoc B. Virgini privilegio adserendo». Per l’esposizione più dettagliata circa le testimonianze della Tradizione che interpreta la Scrittura, si veda quanto scrive l’autore alle pp. 171-182 e anche le note delle pp. 36-38 relative all’esegesi patristica sul protovangelo di Gen 3,15.
5 SARDI, op. cit., vol. II, Tipografia Vaticana, Roma 1905, p. 236: « ... omnes, vel fere omnes textus, qui ex Scriptura, vel ex Sanctis Patribus afferuntur, non videntur habere per se illam vim, illum valorem quem ipsis doctissimi theologi Bullae propositae tribuunt ...». Le notizie di cronaca sono registrate alle pp. 198-214.
6 C. PASSAGLIA, De Immaculato Deiparae semper Virginis Conceptu ... Commentarius. Pars I et II, apud Josephum Dura Bibliopolam, Neapoli 1855, pp. 225-681 (L’Immacolata nella Sacra Scrittura): pp. 225-308 (“Virginis Typi”), 313-490 (“Scripturarum ad Virginem accomodatio”), 491-681 (“Scripturarum de Virgine Testimonia”, soprattutto Gen 3,15 e Lc 1,28). Pars III, Neapoli 1855, pp. 1365-1369 (relativi indici-sommari). Nella prefazione (vol. I, p. VIII), il Passaglia rende omaggio al confratello p. Klemens Schräder, docente di introduzione alla Sacra Scrittura nel Collegio Romano, espertissimo in filologia; lo considera non solo collaboratore, ma coautore dell’opera a pari merito. All’inizio del tomo III, pp. 685-686, è riportata la lettera gratulatoria inviata al Passaglia da Pio IX, in data 14 dicembre 1854.
7 C. BERTI, La “Ineffabilis Deus” di Papa Pio IX, Edizioni “Marianum”, [pro-manuscripto] Roma 19632 [19611], pp. 70-73.
8 Mons. Luca Pacifici fin dal 1 giugno 1848 appare come segretario dei lavori preparatori al progetto di definizione del dogma (cf. SARDI, op. cit., vol. I, pp. 1-2).
9 SARDI, op. cit., vol. II, p. 300. Il contesto che precede immediatamente suona così: «4. Relazione circa la redazione finale della Bolla. Si adunarono, secondo gli ordini del S. Padre, i suddetti Eminentissimi Signori Cardinali la sera del 4 Decembre [sic] 1854, presso Sua Santità alle cinque pomeridiane al Vaticano unitamente a Mons. Pacifici. Avendo questi lette le osservazioni fatte dai Vescovi nelle adunanze sul progetto della Bolla ... , il Santo Padre stabilì gli Emi e Rmi Cardinali Wiseman, Brunelli, Caterini, e Santucci affinché collo stesso Pacifici si fossero occupati sulla Bolla medesima. Quindi si adunarono presso l’Emo Sig. Cardinal Brunelli i prelodati Emi Wiseman, Caterini, e Santucci col suddetto Pacifici una volta soltanto per tale oggetto, mentre la Santità Sua avendo totalmente avocato a sé questo affare ... ». Si vedano anche: BERTI, La “Ineffabilis Deus” ... , 130 pp., in particolare pp. 73-78 (più volte l’autore osserva che le ripetute redazioni sono alla base di alcune oscurità redazionali); S. PERRELLA, Teologia e pietà mariana ai tempi del beato Pio IX. Per una memoria del secolo dell’Immacolata, in Marianum 63 (2001), pp. 177-243 (alle pp. 225-229 la cronistoria degli antefatti ultimi dell’estensione della Bolla); S. CECCHIN, L’Immacolata Concezione. Breve storia del dogma, Pontificia Academia Mariana Internationalis, Città del Vaticano 2003, 248 pp.
10 A. TONDINI, Le Encicliche Mariane, Angelo Belardetti Editore, Roma 19542, pp. 42-43 (« ... Patres Ecclesiaeque scriptores, caelestibus edocti eloquiis, nihil antiquius habuere, quam in libris ad explicandas Scripturas, vindicanda dogmata ... »).
11 Op. cit., pp. 50-51 (« ... de Immaculata Deiparae Virginis Conceptione doctrinam iudicio Patrum divinis litteris consignatam ...»).
12 Op. cit., pp. 32-33 (« ...verba, quibus divinae Scripturae de increata Sapientia loquuntur»).
13 Op. cit., pp. 42-43. Per altre quattro volte la Bolla allude al protovangelo. Nel preambolo leggiamo: «E certo era del tutto conveniente che una Madre così venerabile risplendesse sempre adorna dei fulgori della santità più perfetta e, immune interamente dalla macchia del peccato originale, riportasse il più completo trionfo sull’antico serpente» (op. cit., pp. 30-31).
14 Op. cit., pp. 42-45 (« ... Patres viderunt ... »).
15 Op. cit., pp. 48-49 (« ... testati sunt ... »).
16 Cf. Ct 2,10.14; 4,1; 5,2; 6,9 ... Come abbiamo già rilevato, la Bolla non si impegna in citazioni.
17 Cf. Sal 87.
18 Cf. Sir 24,4.
19 Cf. Es 25,10; 40,34-35; 1 Re 8,10-11; Ez 43,1-7.
20 Cf. Pv 9,1.
21 Cf. Ct 8,5.
22 Cf. Sir 24,3.
23 Cf. Ct 4,7.
24 TONDINI, op. cit., pp. 44-45.
25 Op. cit., pp. 44-47.
26 Op. cit., pp. 40-43 (« ... sed omni industria vetera fideliter sapienterque tractando si qua antiquitus informata sunt, et Patrum fides sevit, ita limare, expolire studet, ut prisca illa caelestis doctrinae dogmata accipiant evidentiam, lucem, distinctionem, sed retineant plenitudinem, integritatem, proprietatem, ac in suo tantum genere crescant, in eodem scilicet dogmate, eodem sensu, eademque sententia»).
27 TONDINI, op. cit., pp. 732-733.
28 A. STAGLIANÒ, L’Immacolata Concezione nella coscienza ecclesiale ecumenica. Linee di orientamento per una sintesi, in AA.VV., Maria Santa e Immacolata, segno profetico dell’amore salvifico di Dio Trinità. Prospettive ecumeniche. Atti del 2° Colloquio internazionale di mariologia (Ascoli Piceno, 5-7 ottobre 1998). A cura di S. De Fiores - E. Vidau, Edizioni Monfortane, Roma 2000, p. 231-232 [alla nota 4 è citato W. BEINERT, Mariologisches Handbuch, Pustet, Regensburg 1997, vol. II, pp. 283-284].
29 R. BERTALOT, L’Immacolata Concezione. Una riflessione nel contesto valdese, in op. cit., p. 138.
30 La stesura originale francese è reperibile in Biblica 74 (1993), pp. 451-528. La versione italiana, a cura di Carlo Valentino, veniva edita in un opuscolo a parte intitolato L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Discorso di Sua Santità Giovanni Paolo II e Documento della Pontificia Commissione Biblica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano [1993]. Il testo francese, con la citata versione italiana, sono stati poi inseriti nell’Enchiridion Vaticanum, 13. Documenti ufficiali della Santa Sede (1991-1993), Edizioni Dehoniane, Bologna [1995], pp. 1554-1733.
31 Cf. l’edizione citata della Libreria Editrice Vaticana, p. 14, n. 13.
32 Enchiridion Vaticanum, cit., pp. 1600-1607 (I/C, nn. 2-3). Per un’illustrazione riccamente documentata di questa sezione del documento rinvio all’articolo di F. MOSETTO, Approcci basati sulla Tradizione, in AA.VV., L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Commento a cura di G. Ghiberti e F. Mosetto, Elle Di Ci, [Leumann/Torino 1998], pp. 162-194.
33 Enchiridion Vaticanum, cit., pp. 1600-16001 (I/C, n. 1).
34 Op. cit., pp. 1600-1603 (I/C, n. 2).
35 Op. cit., pp. 1602-1603 (I/C, n. 2).
36 Op. cit., pp. 1604-1605 (I/C, n. 3).
37
L. c.
38 Op. cit., pp. 1604-1607 (I/C, n. 3).
39 In effetti, la Ineffabilis Deus perseguiva anche questa linea. I Padri e gli Scrittori ecclesiastici – rilevava – « ... affermarono che la medesima beatissima Vergine fu per grazia immune da ogni macchia di peccato e libera da ogni contagio di corpo, di anima e di intelletto, non fu mai nelle tenebre; che essendo stata unita e congiunta con Dio da un’eterna alleanza (“ac semper cum Deo conversatam, et sempiterno foedere cum illo coniunctam”), non fu mai nelle tenebre, ma in una luce perenne: e quindi pienamente degna di divenire abitazione di Cristo». Cf. TONDINI, op. cit., pp. 46-47.
40 Si vedano le note 74 e 75.
41 Rinnovamento di Sion (Is 33,17-24; 54,1-12; 61,10-11; 62,1-5); rinnovamento della terra (Ez 36,33-36) e del popolo (Is 54,13-14a; Ez 34,11-22; 36,21-32.37-38; Ger 31,33-34), al quale è concesso il perdono dei peccati (Is 33,24; Ger 31,34; Sal 103,10-13) e l’apertura cordiale alla Legge del Signore (Is 11,9; 32,3-8; cf. 6,9-10; 29,10).
42 E. FARFÁN NAVARRO, El desierto transformado. Una imagen deuteroisaiana de regeneración, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 1992, pp. 186-206 (ottime pagine sulla “nuova creazione”); J. RIBERA FLORIT, Traducción del Targum de Jeremías, Editorial Verbo Divino, Estella (Navarra) - España 1992, p. 152 nota 19, sul Tg Ger 23,23: «Io, Dio, ho creato il mondo fin dal principio – ha detto il Signore. Io, Dio, ho disposto di rinnovare il mondo per i giusti».
43 Is 7,13-14 (con le riletture di Is 9,5-6; 11,1-5; 16,5; 55,3); Ger 33,17; Ez 34,23-24; cf. Sal 89,50.
44 Is 4,2; Ger 23,5; 33,15; Zc 3,8; 6,12; Sal 132,17.
45 Proponevo, in abbozzo sintetico, questi filoni di ulteriori sviluppi nella voce Immacolata, da me redatta per il Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di S. De Fiores e S. Meo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo/Milano, 1985, pp. 691-693 («Il rinnovamento di Sion-Gerusalemme», «una nuova creazione», «la dimora di Dio nel tempio»).







Questo Articolo proviene dal PORTALE DI MARIOLOGIA


L'URL per questa storia è:
/modules.php?name=News&file=article&sid=1629