La partecipazione di Maria alla salvezza
Data: Domenica 17 Febbraio 2019, alle ore 10:28:14
Argomento: Spiritualità


Dal libro di Vincenzo Francia, La Tenda dell'incontro. Maria di Nazareth nella fede dei cristiani, Edizioni Viverein, Roma 2014, pp. 125-131.

 



Maternità, verginità e santità: tre dimensioni psicologiche, fisiche e spirituali che sottolineano la completa appartenenza di Maria all'evento-Cristo. È logico, perciò, compiere un ulteriore passo: Maria ha collaborato «in qualche modo» alla redenzione. La comunità cristiana ha sempre creduto e asserito tutto ciò, benché non sia mai giunta ad una formulazione dogmatica in senso stretto. Sarà importante cercare di capire quale sia il modo specifico in cui si è compiuta questa sua collaborazione.
Maria ha contribuito alla redenzione anzitutto donando al mondo il Salvatore: già la stessa incarnazione è un evento di salvezza. Ella, poi, ha accompagnato Gesù non solo durante la sua infanzia, ma anche nelle varie fasi della sua vita pubblica, ascoltandone la predicazione e assistendo almeno a qualcuno dei prodigi da lui compiuti. Infine ella si è unita al sacrificio redentore di Gesù. Il Concilio Vaticano II ha sintetizzato questo cammino di Maria, accennando efficacemente anche agli aspetti psicologici e spirituali della sua intima unione con Cristo: «La Beata Vergine camminò nella peregrinazione della fede e conservò fedelmente la sua unione con il Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata» (LG 58).
Maria è contemplata nel mistero della pasqua, che è l'evento culmine dell'umiliazione e della glorificazione di Gesù. Ogni cristiano partecipa a questo evento; anzi, quanto più vi si lascia coinvolgere, tanto più si addentra nella condivisione e nella comunione con Gesù crocifisso e risorto. Chi più di Maria ha percorso questo cammino, questa «peregrinazione della fede», fino a giungere ad una totale adesione alla vicenda del Figlio di Dio? Chi più di lei potrà ripetere le parole dell'apostolo Paolo: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21)?
È ancora Paolo a suggerirci un altro passo nella riflessione. In 1Cor 3,9 egli parla di se stesso e degli apostoli e predicatori definendoli «collaboratori di Dio». Ogni cristiano, dunque, è chiamato a collaborare all'opera di salvezza compiuta da Cristo una volta per sempre. Gesù, infatti, non va in cerca di servi che stancamente mettano in pratica i suoi ordini; ma di amici che condividano i suoi sentimenti e le sue scelte.
Nel caso di Maria, la collaborazione che ella offre all'opera del Figlio, è «tutta speciale»: è l'espressione usata dal Vaticano II (cfr. LG 61). Questa specialità consiste in due motivazioni: è una collaborazione donata dall'unica persona esente dal peccato ed è accaduta in una fase assolutamente unica e irripetibile della storia della salvezza, cioè la fase di fondazione.
Ebbene, come per Gesù, anche per Maria e per ciascuno di noi il «si» offerto a Dio diventa completo nel momento della croce. Dio conduce la nostra adesione di fede attraverso un'esperienza di purificazione nell'amore, per farci pervenire al luogo del definitivo incontro con Lui, cioè il Calvario. «Dove vado io, voi non potete venire» (Gv 8,21): al Calvario si potrà giungere solo accettando questo cammino. E solo sul Calvario la fede diventa autenticamente matura: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io sono» (Gv 8,28).
La pasqua, però, non è solo umiliazione, abbassamento, sofferenza e morte. Essa è anche apertura alla speranza e alla gioia della risurrezione e della vita nuova: «Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4,13).
Questi due aspetti, intrinsecamente connessi, caratterizzano tutta la vita di Maria. Due pagine del Vangelo secondo Luca sono illuminanti in questo senso. La prima è il Magnificat (Lc 1,46-55), che esprime la partecipazione di Maria alla gioia («tutte le generazioni mi chiameranno beata»); l'altra è la profezia di Simeone (Lc 2,34-35: «e anche a te una spada trafiggerà l'anima»), che sottolinea maggiormente una via di dolore che, iniziata con la persecuzione e la fuga in Egitto, troverà il suo vertice sul Golgota.
Cristo associa Maria alla fase costitutiva della redenzione non solo come la prima creatura che riceve la salvezza (= cooperazione immediata passiva), cioè come «donna», la partner che accoglie, ma anche come «madre», colei che genera, che dà vita, che collabora a dare vita (= cooperazione immediata attiva). Ella contribuirà a dare vita ai discepoli di Gesù. Cristo ha voluto che la redenzione, fin dal suo sgorgare, avesse questo carattere di generazione materna. Ha accolto la maternità di Maria e l'ha estesa a tutti i cristiani. Perciò ha elevato Maria facendo sì che anche i meriti di lei cooperassero alla dinamica della salvezza.
Senza saperlo, San Paolo, che non ha mai parlato di Maria, ha proclamato la sua lode più grande. Quando ha detto che la Chiesa è il corpo di cui Cristo è il capo (Col 1,18), ha detto implicitamente che Maria è la madre della Chiesa, perché colei che genera la testa di un corpo genera anche le altre membra dello stesso corpo.
Quanto più c'è partecipazione, tanto più c'è comunione: nella missione, nella sofferenza, nella gioia. Con il «si» dell'annunciazione Maria inizia ad intrecciare consapevolmente la sua vita con la missione di Cristo; il Magnificat è la presa di coscienza della sua condivisione alla gioia messianica; più tardi, nel dolore, Maria comprende il mistero dell'adesione alla croce. Proprio sul Calvario si compie quel cammino di Maria testimoniato nelle pagine dei Vangeli: presso la croce la comunione con il Figlio e la distanza nei suoi confronti raggiunge il vertice e il suo coinvolgimento materno si esprime nel definitivo consenso alla volontà del Padre. Unita a Cristo crocifisso, ella abbraccia liberamente il destino dell'intera umanità in un unico atto redentivo al quale Gesù l'ha associata.
L'evento della croce comporta una dimensione di sconfitta e di sofferenza. Il dolore di Maria, perciò, è una conseguenza della sua maternità messianica, come profetizzato dal vecchio Simeone nel tempio di Gerusalemme: «Anche a te, o donna, una spada trafiggerà l'anima». Il suo dolore, poi, è causato non solo dalla vicenda del figlio, ma anche dal tradimento dei figli che, nel corso della storia, rifiuteranno Gesù. Alla passione di Gesù fa eco la com-passione di Maria, che ai piedi della croce accoglie tra le braccia il figlio morto: è Dio nella estrema situazione di debolezza, il Dio irriconoscibile e incomprensibile.
Nella storia cristiana la contemplazione di Maria addolorata ha raggiunto vertici altissimi di teologia, di spiritualità, di arte e di poesia. Una sintesi straordinaria fu composta nel Medio Evo dal francescano Jacopone da Todi che, nel Pianto della Madonna, dà voce all'amore materno di Maria straziato per i tormenti del Figlio. Ancora all'ambito francescano, forse a Tommaso da Celano che fu il primo biografo di Francesco, risale un'altra celebre composizione mariana, lo Stabat Mater, che descrive i sentimenti della Vergine presso la croce e invita i credenti a condividerli con affetto: qui, anzi, compare quella parola, «dolorosa» (Stabat Mater dolorosa), che, tradotta con «addolorata», avrà una enorme diffusione popolare.
Esistono tre livelli nell'esperienza del dolore.
C'è anzitutto un dolore legato ai nostri limiti, alle nostre infermità, alle condizioni della fragilità umana. Esiste poi una seconda forma di dolore, quello che deriva dal nostro peccato, dalle cattive azioni, dalla volontà malvagia, che procura afflizione agli altri e non di rado anche a se stessi. Ma esiste un terzo livello della sofferenza, il livello più alto e più puro: accettare la sofferenza per essere fedeli a Gesù Cristo, partecipare al suo progetto per la salvezza del mondo, condividere i suoi desideri e le sue scelte. Soffrire perché Gesù soffre e per i motivi per i quali Gesù soffre.
Tutti questi livelli di sofferenza sono accolti, compresi e trasfigurati nella croce del Messia, che si è fatto compagno della nostra fatica e fratello del nostro dolore.
«Chi si umilia sarà esaltato», è il grande insegnamento del vangelo (cfr. Lc 14,11). Ed è un insegnamento che Gesù ha vissuto in sé prima ancora di comunicarlo agli altri: egli, in realtà, che era nella condizione gloriosa della natura divina, si è umiliato fino a diventare uomo, anzi a diventare servo dell'umanità e ad assumere la morte infamante dello schiavo.
Ma, ed è qui la novità del vangelo, Gesù ha fatto tutto ciò non per un dovere o per una necessità, ma per una scelta di amore. L'umiliazione di Gesù è motivata dall'amore. Egli ha accettato di percorrere la via dell'abbassamento per venire incontro alla nostra miseria, condividere la nostra fatica, prendere su di sé le nostre colpe, farci risollevare dalla caduta, avviarci sulle strade dell'autentico progresso.
Ora, nella reale situazione della storia del mondo, questo amore che vuole essere concreto e vuole realizzare qualcosa a favore degli altri, si incontra inevitabilmente con il dolore. Anzi, sembra quasi una legge di natura che, per poter produrre vita, si debba passare attraverso la sofferenza.
La riflessione incentrata sul coinvolgimento di Maria nel mistero della croce tende a svilupparsi e a distinguere i diversi aspetti di esso, dall'incontro tra la Vergine e il Figlio carico della croce fino al compianto sul Cristo morto e deposto nella tomba. Maria è la personificazione della Chiesa orante, che intercede per la salvezza del mondo.
La collaborazione di Maria alla redenzione corrisponde perfettamente all'alleanza che Dio stabilisce con l'umanità.
Sul volto della Vergine Madre appaiono, sì i segni della sofferenza, ma anche e soprattutto l'annunzio della misericordia. Come nell'evento del Natale, ella continua ad essere colei che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (cfr. Lc 2,19), quel cuore trafitto dalla spada della profezia e aperto a generare nuovi figli per la salvezza.

 

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