La fretta di Maria. La Madonna in visita da Elisabetta
Data: Mercoledi 8 Luglio 2020, alle ore 12:34:43
Argomento: Bibbia


Un approfondimento della filosofa e giornalista Primavera Fisogni, per sua gentile concessione.



«Abituati a trascorrere la nostra esistenza sempre di corsa, l’aspirazione ad un mondo lento, che va adagio, appartiene al vivere contemporaneo come una sorta di mantra. Alla fretta si tende ad attribuire una valenza eminentemente negativa, ritrovando in essa qualcosa di quella frenesia, la cui radice (fren-) rinvia alla possibilità di perdere il controllo della propria umanità. Anche per questo, anzi, soprattutto a ragione di una simile premessa, non può che incuriosire la fretta di Maria, la madre di Gesù, ricordata dall’evangelista Luca, in una delle prime pagine del suo racconto. A poche ore dall’aver ricevuto la notizia della maternità divina, alla quale ha acconsentito, la Vergine si mette in viaggio per dirigersi dalla cugina Elisabetta. Anche lei futura madre, nonostante l’età avanzata, per una speciale grazia di Dio. Tutto si risolve in poche parole (1,39-40), lasciando al lettore il senso soprannaturale di un evento carico di mistero, rispetto al quale il testo appare fitto di rimandi, denso di impliciti e sottintesi, nonostante la linearità estrema del narrato. Una donna ha fretta di incontrare la parente, e parte. Perché questa accelerazione degli eventi? E perché, poi, la Madonna ha fretta? Tra i misteri gioiosi del rosario, preghiera per eccellenza alla Vergine, della fretta di Maria si sono perse le tracce, perché ad essere focalizzato risulta il viaggio della giovane di Nazaret dalla parente, non lo stato d’animo con il quale lo affronta. Se ci chiediamo il perché, si profilano, in prima battuta, due risposte plausibili: nell’economia del versetto di Luca, quell’espressione – la fretta di Maria – è tutto sommato marginale; oppure è così decisiva da costituire il motore stesso dell’azione, la radice drammaturgica. Una terza via la fornisce un’idea sviluppata dal filosofo Jacques Derrida, non a proposito di Maria, bensì riguardo all’invisibile. Egli sostiene che, accanto a un invisibile nascosto, in alcun modo afferrabile con i sensi, vi è un invisibile-visibile. Pensiamo a un abito, a come rivela il corpo, pur celandolo. In altre parole, per un verso quel corpo non si vede, però è visibile, eccome: può comunicare se una persona è snella, robusta, alta, bassa, atletica o goffa. È questa suggestione che, a mio giudizio, si adatta meglio alla fretta di Maria e della quale intendo avvalermi come chiave per entrare nel testo. A nulla serve munirsi di un pezzo di ferro qualsiasi per accedere ad un’abitazione: bisogna disporre della chiave plasmata a misura. Fuor di metafora, il mio tentativo sarà di meditare il testo di Luca alla luce del Vangelo e dell’Antico Testamento, del quale il primo annuncia il compimento [...].

 







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