Maria, il volto nascosto di una donna
Data: Sabato 26 Giugno 2021, alle ore 8:13:10
Argomento: Donna


Un articolo di Carla Ricci, in Maria. Bimestrale sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani, n. 1/2020, pp. 2-5 e n. 2/2020, pp.  3-4.



La collocazione fuori dal tempo, ha favorito l’astrazione e la nascita di un’immagine stereotipata di Maria. Una storia nascosta, quella delle donne, da riportare alla luce. Per evidenziare le molte negazioni, cui sono state sottoposte nella storia: la negazione della presenza fisica, la negazione della parola, la negazione della conoscenza. Ma lo Spirito rende tutti partecipi del suo dono: figli e figlie, schiavi e schiave, giovani e anziani… La formazione religiosa ricevuta aveva prodotto in me un’immagine ingombrante, irreale, stereotipata, lontana, ed in fondo estranea di Maria. La Madonna della mia formazione, era una donna di una sola età, irrigidita nell’"immagine". O forse meglio ancora, era una donna di nessuna età, posta fuori dall’umano scorrere del tempo, e con ciò lontana dalla percezione concreta, quotidiana. Mi fu sottratta, quindi, non solo una persona, ma anche una bambina, un’adolescente, una donna. La giovane che è promessa sposa a Giuseppe è, ma anche allo stesso tempo non è, la donna nella cui esperienza sono trascorsi più di trent’anni e alla quale viene ucciso il figlio. Il volto della donna che soffre ai piedi della croce, raccoglie il vissuto di Maria da molti anni addietro: dall’infanzia, dall’incontro con Giuseppe, dal parto di Gesù, dal primo problema creato dalla crescita e dal distacco del figlio, (va a parlare con i dottori), dal momento in cui Gesù abbandona la sua casa per andare ad annunciare il regno. Maria giunge qui, attraverso il succedersi degli anni. Quando Gesù muore, l’età della madre deve porsi verso i cinquant’anni. Un’immagine storpiata di donna. Mi appare chiaro ora che è la collocazione fuori dal tempo che ha favorito l’astrazione e la nascita dell’"immagine". L’eliminazione della categoria di tempo, poi, creò forse un effetto di trascinamento che porta con sé quello di spazio. Dove, dall’ambito più vicino a quello più ampio, Maria è collocata? Lo spazio immediato della persona è costituito dalla sua realtà fisica, il corpo. A questo punto mi si pone innanzi uno scoglio che, se non è possibile in questo ambito affrontare, non posso nemmeno ignorare. Quali complesse operazioni sono avvenute in riferimento alla realtà corporea di Maria? Al di là delle convinzioni di fede, la condizione di verginità è divenuta centro di coagulazione di quali situazioni culturali, interiori, psichiche? La dicotomia male-bene, la contrapposizione corpo-anima, che ruolo hanno avuto nella cristallizzazione di concetti che presentano la sessualità come negativa e affermano, contrapponendola, la verginità come positiva? Le trilogie male-corpo-sessualità e bene-anima-verginità intersecano relazioni articolate con dipendenze interne e conseguenze di intorpidimento di tutte le singole realtà. La sessualità vista negativamente può portare ad una esaltazione della verginità intesa come non-sessualità, non-corporeità. Così come la non accettazione della realtà corporea può indurre a considerare le realtà spirituali in modo disincarnato, disancorato e avulso dalla concretezza anche corporea in cui la persona umana è stata voluta. Maria da questo processo esce con un'immagine storpiata di donna quasi privata del corpo oltre che della componente sessuale, cosicché avviene che mentre il Figlio di Dio in lei "si fa carne", sembra svanire nel nulla la "carne" della madre. E ciò proprio quando il Creatore ha scelto, sia di farsi uomo (con un corpo), sia di farlo attraverso il corpo di una donna.

La "storia nascosta" di Maria

Ritrovare la storia delle donne è compito arduo, perché la loro subalternità è generalmente sepolta sotto il silenzio e il disinteresse di secoli di predominio patriarcale che ha visto gli uomini non solo dominare la storia, ma interpretarla e, come storici e letterati, trasmettercela. Maria di Nazareth purtroppo non sfugge a questa regola generale. Come tentare di riportare alla luce ciò che giace nascosto? Come liberare Maria dalle stratificazioni concettuali depositatesi attraverso secoli di elucubrazioni intellettuali di uomini generalmente celibi? Come ritrovare Maria donna? Come "andare" a scoprirla nella Palestina di 2000 anni fa? Due possibili strade: vedere la condizione della donna in quell'epoca e analizzare i brani del Nuovo Testamento al riguardo. In sintesi si può parlare di storia negata alle donne, ma contemporaneamente di una storia nascosta da riportare alla luce. Delle tante negazioni se ne segnalano tre:
- La negazione della presenza fisica: la donna non contava per costituire il numero minimo di dieci persone necessario per svolgere la funzione religiosa nella sinagoga. Incontriamo un'influenza di questa negazione anche nel redattore del vangelo di Matteo, quando per due volte troviamo l'espressione: "senza contare le donne e i bambini" (Mt 14,21; 15,38).
La negazione della parola: era bene che la donna non parlasse, soprattutto in pubblico e anche con parenti stretti; la parola della donna non aveva valore come testimonianza giuridica.
- La negazione della conoscenza: alle donne era interdetta la frequenza di scuole e anche l’insegnamento religioso era strettamente limitato ad alcuni precetti, soprattutto negativi, contraddistintiti dal "non fare". Si trova scritto nel Talmud palestinese: “Le parole della Torah vengano distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne” (Sotah 19°).
Della storia nascosta di Maria affiorano nei Vangeli alcune tracce rivelatrici. All'interno di questa cultura e come madre di un primogenito maschio, Maria avrebbe dovuto vedersi riconosciuto un valore importante. Ma Gesù opera una rottura dei legami parentali e di clan ebraici che coinvolge anche quelli della famiglia. Dalle scarse tracce che il Nuovo Testamento ci ha tramandato del rapporto e dei dialoghi di Gesù con Maria (Lc 2,48-49: "Gesù fra i dottori"; Gv 2,3-5: "Nozze di Cana"; Gv 19,26-27: "Maria presso la croce"; Mt 12,46- 50/Mc 3,3 1-351/Lc 8,19-21: "I veri parenti di Gesù"), si evidenzia un rovesciamento dell'impostazione tradizionale. Nei discorsi diretti Gesù non si rivolge mai a Maria coni l'espressione "madre", la chiama invece "donna": "Che ho da fare con te, o donna?" (Gv 2,4): "Donna, ecco tuo figlio" (Gv 19,26) termine che usa anche con Maria di Magdala quando le appare risorto: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?" (Gv 20,15). E certo allora doveva risuonare in modo inconsueto e di non facile lettura. Ma al di là anche dei problemi di analisi delle redazioni degli scritti evangelici e quindi della storicità dei singoli detti di Gesù e quindi anche di questi, forse è illuminante l'episodio che solitamente viene chiamato "I veri parenti di Gesù" e che si trova in parallelo nei tre vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca. Lo si riporta nella redazione di Marco, quella considerata oggi la più antica: "Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero ‘Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e li cercano’. Ma egli rispose loro: ‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?’. Girando la sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’" (Mc 3,31- 35). Parole probabilmente dure e inconsuete allora per quell'uditorio abituato a considerare la donna soprattutto, e quasi solamente, in quanto madre. Ce lo attesta un'altra espressione. Secondo Lc 11,27-28 una donna si rivolse a Gesù dicendo: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". Ma egli le disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!". La risposta di Gesù nei due brani è omogenea: ciò che ha valore non è un dato biologico o una funzione in se stessi, ma la realtà totale della persona come capace di ascolto e di attuazione della parola. E la donna viene considerata tale: una discepola. E così anche Maria.

Il rapporto madre-figlio

Il rapporto madre-figlio può essere percepito con due connotazioni diverse, ma poi nemmeno troppo, nell’episodio "Gesù fra i dottori" e alle nozze di Cana.
Nel primo vediamo Gesù dodicenne compiere un gesto di autonomia dalla famiglia e dalla madre, e questo ci fa cogliere in Maria le ansie e le difficoltà che ogni donna vive quando un figlio crescendo promuove il proprio distacco e la propria indipendenza. L'equilibrio precedente si rompe, le proiezioni della madre a seguire e proteggere costantemente il figlio devono essere rivedute alla luce della vitale esigenza della maturazione dell'autonomia del figlio. Maria è qui colta donna dalle donne in questa difficoltà di passaggio per un sentire profondo, collegato alla realtà di comunicazione non verbale, fisica, del corpo nel corpo, del feto nella donna, condizione che la pone in modalità di percezione molto coinvolgenti, nelle quali deve imparare a muoversi e che deve riuscire a gestire. In questa situazione è molto importante la presenza dell'uomo che, partendo da modalità diverse, ma avendo un rapporto profondo con la donna, ne coglie le difficoltà e le è un riferimento a fianco per superarle. Per la donna vivere la maternità in modo non totalizzante significa anche restituire all'uomo, là dove l'avesse persa o non l'avesse acquisita pienamente, la paternità. Una fiducia che va "oltre".
Restano ora i due passi di Giovanni: sono gli stessi citati per l'espressione "donna", usata da Gesù per rivolgersi a Maria (2,4; 19,26). Altro però vi si potrebbe osservare, soprattutto nel racconto delle nozze di Cana e del modo di porsi rispettivamente prima di Maria verso il figlio, e poi di Gesù verso di lei. Solo un accenno che andrebbe approfondito. Questo il dialogo: «La madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà"» (Gv 2,3-5). Al di là delle problematiche redazionali che la pericope presenta si incontra un testo che mette in evidenza l'iniziativa di Maria nel sottoporre al figlio una situazione di disagio. È una sottolineatura importante per un contesto sociale che vedeva la donna non poter assumere certi ruoli e dover evitare di parlare in pubblico. In Giovanni poi il gesto di Maria porta a quello che viene considerato il "primo miracolo". Gesù risponde alla madre con un'espressione che ci fa riflettere per la forza con cui sembra voler mettere in chiaro la distinzione di sé dalla madre, la propria autonomia e quasi l'invito a non interferire con quanto dovrà avvenire, le cui modalità e i tempi hanno altrove il loro fondamento. Questa specie di situazione di contrasto non scompare, ma apparentemente si rafforza nel seguito. Maria si rivolge ai servi dicendo: «Fate quello che vi dirà». E un insistere quasi inopportuno? Forse è la fiducia di Maria che va oltre il proprio figlio, al figlio dell'Uomo, che va oltre questa contingente situazione, oltre la maternità fisica, oltre il tempo presente e immediatamente umano. Pare che ciascuno, madre e figlio, si assuma distintamente la propria specifica responsabilità, esprima la propria voce e risponda alla propria chiamata.

Le altre donne del Vangelo

È difficile fare ipotesi circa contatti concreti di Maria con le donne che assieme ai "dodici"seguivano Gesù. La presenza di Maria vicino a Gesù durante il ministero pubblico assai raramente compare nei testi evangelici. Anche nell'episodio dei veri parenti appare chiaro che Maria non seguiva il figlio nel suo itinerare: lo va infatti a cercare. La sua presenza è esplicitata in Gv 19,25 sotto la croce: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala». Qui troviamo Maria di Nazareth insieme con Maria di Magdala, la donna che emerge all'interno del gruppo del seguito e che, nella successione del racconto giovanneo, è poi scelta da Gesù per la prima apparizione. Il coinvolgimento e la partecipazione di Maria alla realtà del gruppo delle donne che aveva seguito Gesù è invece testimoniata nel racconto degli Atti dove in 1,14 ci viene data una conferma importante della presenza di Maria con le altre donne subito al formarsi della comunità post-pasquale: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui». A questo gruppo verrà fatto dono dello Spirito e di esso sono resi partecipi i "figli" e le "figlie", gli "schiavi" e le "schiave", i "giovani" e gli "anziani" in una realtà di pienezza che nessuno esclude né per sesso, né per condizione sociale, né per età, ma tutti accoglie e, abbracciando i tempi, dà compimento alle parole del profeta Gioele e viene proclamata da Paolo: «...io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni effonderò il mio spirito» (Gi 3,1-2). «Non c'è più giudeo né greco, non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna» (Gal 3,28).







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