L'Apparizione al confine tra realtà naturale e realtà trascendente
Data: Mercoledi 14 Ottobre 2009, alle ore 10:44:26
Argomento: Mariofanie


Un approfondimento del prof. Antonino Grasso

Secondo S. Tommaso la “presenza” dell'essere soprannaturale non comporterebbe nel luogo dell’apparizione la presenza “reale” del corpo glorificato che può essere solo visto là dove esso definitivamente si trova,(1) bensì la percezione da parte del veggente di una forma sensibile o luminosa che lo rappresenta, il che spiegherebbe, ad esempio, come Maria appaia ora in una forma e ora in un’altra.(2) S. Teresa d’Avila a questo proposito scrive che Gesù, dopo essere salito al cielo, non è mai più disceso sulla terra per comunicarsi agli uomini, tranne nel SS. Sacramento.(3)

Partendo da quanto S. Tommaso e S. Teresa affermano, circa l'inamovibilità del corpo glorioso e volendo comprendere che cosa avviene in una apparizione, c'è da chiarire le nozioni di "luogo dell'apparizione” e di "luogo del Trascendente”. Il "luogo dell'apparizione” è inteso  come un luogo naturale e inserito nella storia, distinto chiaramente dal "luogo del Trascendente” dove non vi è più storia, ma l'eternità e quindi si trova al di là delle nostre categorie di tempo e di spazio. Tuttavia anche il "luogo dell'apparizione”, facente parte della realtà e della storia, si può ritenere anch'esso come  “parte” dell'eternità di Dio, nel senso che tutta la realtà e tutta la storia, sono misteriosamente “vicine” a Lui che ne è l’autore e il Signore, da Lui dipendono, verso Lui si orientano. In questa prospettiva il "luogo del Trascendente”, pensato da S. Tommaso, non è un "luogo" remoto alla nostra realtà, ma ci è così vicino che persino la nostra pelle è lontanissima dalle nostra ossa, messa a confronto con la “vicinanza” e presenza del Trascendente accanto a noi. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento, sottolineano costantemente questa “vicinanza” attiva di Dio, il suo “stare presso”, il suo “trovarsi vicino” all’uomo e ai “luoghi” della sua storia, come autore e operatore di salvezza. Lo stesso Corano rende potentemente l'idea dell'estrema "vicinanza"  della realtà trascendente alla nostra realtà, affermando moltissime volte che essa è vicina agli uomini, conosce ciò che è avanti a loro, ciò che è dietro di loro, così vicina "come la carotide" al suo collo.(4)

Riconosciuta dunque l'estrema “vicinanza" del "luogo del Trascendente” al "luogo del tempo e della storia”, c'è da chiedersi in che senso e in quale misura le creature ultraterrene, Gesù, Maria, Angeli e Santi che della Trascendenza fanno parte, sono “vicine" all'uomo, nel momento in cui si rendono visibili e in che modo il veggente percepisce e vive questa vicinanza. Si può pensare, escludendo la "discesa" del corpo glorioso, non necessaria data la vicinanza dei due "luoghi", ad una "attrazione" della persona umana in una situazione che lo rende capace di percepire in maniera "sensibile" la "presenza" del Trascendente, in ogni caso già vicino, situazione che può definirsi come una finestra aperta attraverso la quale l’essere umano, attratto, rapito o trasportato, può vedere, sentire, toccare "l'oggetto" trascendente e persino parlare con esso. Parafrasando l'affermazione di S. Tommaso e non contraddicendo al principio di "staticità" dei corpi gloriosi, si può affermare che non è tanto il Trascendente che si muove verso l'uomo, ma è il trascendente che smuove e che rapisce l'uomo, rendendone visibile la sua “vicinanza”.

Rimane misterioso per ogni veggente il dilemma di Paolo “rapito” al terzo cielo (2 Cor 12, 1-4): il contatto con il Trascendente  avviene con il corpo o senza il corpo? Paolo non seppe dare una risposta. Si può tuttavia affermare che, varcata la soglia della "finestra" verso la realtà del Trascendente, il veggente è come se entri totalmente in un’altra dimensione: la sua sensazione del tempo risulta alterata, per cui al termine dell’apparizione non si rende conto di quanto essa sia durata;  la sua percezione dello spazio viene ridotta al minimo indispensabile, per cui egli percepisce la presenza degli oggetti (la grotta, l’albero, la roccia ecc), come se fossero un mezzo che serve a dare il senso della tridimensionalità, del vicino e del lontano, della lunghezza, dell'altezza e della profondità;  il suo corpo subisce delle alterazioni non solo psichiche ma anche fisiche che sfidano le leggi della realtà terrena (5); la percezione e il controllo del corpo stesso divengono anch'essi funzionali all’apparizione, per cui egli, pur agendo nella massima libertà, compie le sue azioni come se fosse “guidato” o “aiutato” dal Trascendente.(6) 

Rimane misterioso e insoluto anche il dilemma evangelico di Tommaso: che cosa ha realmente "toccato" del corpo glorioso di Gesù risorto? Il veggente crede di toccare o tocca il corpo glorioso? Quando tocca questo corpo è una sensibilizzazione psichico - intellettiva da parte del Trascendente o vi è un reale contatto? L'esperienza di alcuni veggenti, come Caterina Labouré ed altri contemporanei, conferma la tesi del reale contatto. L’avvicinarsi così “realmente” al Trascendente (7) trovandosi sulla soglia della "finestra aperta", tra le due realtà terrena e ultraterrena, rende infatti possibile al veggente di vedere, sentire e toccare tranquillamente il corpo glorioso, anche se in maniera imperfetta, perché non del tutto staccato dal suo corpo il quale, in qualche misura, interferisce con l'acquisizione pura e completa della realtà ultraterrena anche se nello stesso momento “traduce” sensibilmente i dati acquisiti in questa esperienza. In questo contatto con l’apparizione, bisogna distinguere tra “resistenza” e “sensazione tattile”. L’oggetto che il veggente tocca è qualcosa che si oppone ad un movimento contrario, gli sembra di trovarsi, cioè, di fronte a qualcosa che oppone resistenza al suo movimento opposto, così come avviene in natura al contatto di due solidi. Nello stesso tempo egli trova problematico descrivere in termini comprensibili in che cosa consiste questa sensazione tattile, cioè dire con chiarezza che cosa tocca. L’oggetto toccato (il piede, la veste, le ginocchia, la mano dell’apparizione, ecc.)  ad alcuni sembra un qualcosa di estremamente fine, come un velo dalla trama soffice e delicata, come la superficie quieta dell’acqua, senza tuttavia la sensazione di calore, tepore o freddezza di essa. Insomma il veggente, mentre è sicuro di toccare qualcosa, resta incerto e titubante nel descrivere la natura di che cosa tocca.

Per concludere si può affermare che, data l’estrema e reale vicinanza esistente tra il “luogo dell’apparizione” e il “luogo del Trascendente”, il veggente viene reso idoneo a percepire sensibilmente questa “vicinanza” e che il "luogo dell'apparizione” non è altro che il punto di incontro ravvicinato e privilegiato con il Trascendente, la finestra aperta attraverso la quale si concretizza la “visibilità” del Soprannaturale, il “luogo” dove si assottiglia, fino a scomparire completamente il muro fluido ed esile che “separa” due realtà diverse, ma estremamente vicine nell’eternità di Dio(8).


NOTE

1. Nella Sum. Theol. III, q 76, a. 8. egli infatti afferma: “Corpus Christi non potest in propria specie videri nisi in uno loco, in quo definitive continetur.
2 .Tanquerey Adolfo, Compendio di teologia ascetica e mistica, Società di S. Giovanni Battista, Roma – Turnai – Parigi 1927, pp. 914-915.
3. Ibidem, p. 915, nota 1.
4. Branca Paolo, Introduzione all’Islam, San Paolo, Cinisiello Balsamo, 1995, pp. 216 – 217.
5. Tipico è l’esempio di Bernadetta che durante una delle apparizioni non solo non si rese conto di avere in mano un cero acceso, ma oltre a non sentire dolore, non presentò nessun segno di ustione, pur avendo tenuto la mano sul fuoco per un tempo prolungato. Ora, pur potendo trovare analogie nell’assenza del dolore che può essere attribuita ad una capacità psichica, la mancanza di ustione non è spiegabile con parametri psichici, né ripetibile scientificamente nella vita naturale.
6. Le azioni che compie il veggente sono o "guidate" dal Trascendente, come se il soggetto fosse spinto da una forza interiore oppure "aiutate" affinché il soggetto riesca a compiere gesti spontanei visto che presumibilmente anche le sue facoltà fisiche sono in uno stato non ordinario. Egli non è costretto nella sua libertà, ma è guidato dall'apparizione quando si tratta di forze interiori a cui il soggetto si adegua spontaneamente ( si veda l'esempio dei pastorelli di Fatima che nella prima apparizione, nel momento in cui la S. Vergine comunicò loro un riflesso di luce nel loro intimo, sotto un impulso interiore si inginocchiarono ed espressero una medesima preghiera di adorazione a Dio); invece l'apparizione "aiuta" il soggetto quando questi compie delle azioni di sua volontà ( si veda l'esempio di Bernadette che nella prima apparizione non riuscì a farsi il segno della croce fino a quando non lo fece pure la Vergine).
7. Gli Apostoli del Tabor ebbero così tanto la percezione “reale” di quel che vedevano che pensavano addirittura di fare tre tende per i mirabili personaggi apparsi loro.
8.Tutto il testo è fondato sulla raccolta di testimonianze dirette di alcuni veggenti, appunti e studi personali sul fenomeno delle apparizioni contemporanee.

 

 







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